La particolarità più significativa dell’approccio italiano all’Indo-Pacifico risiede nella profondità con cui si punta a estendere le relazioni coi Paesi del Sud-Est Asiatico: quasi un unicum in Europa
Di Emanuele Ballestracci
Quando nel 2008 l’amministrazione Obama inaugurò una nuova era della politica estera americana con l’ormai celebre formula del “Pivot to Asia”, pochi avrebbero immaginato che poco più di un decennio dopo anche l’Europa ne avrebbe in parte seguito i passi. La regione dell’Indo-Pacifico – la cui precisa delimitazione geografica varia a seconda dei parametri adottati da ciascun attore – si colloca infatti sempre più al centro degli interessi strategici dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri. Dal 2018, anno della pubblicazione della strategia francese per l’Indo-Pacifico, tali interessi si sono tradotti in documenti programmatici elaborati dai governi europei. Paesi Bassi, Germania, Regno Unito, Repubblica Ceca e Lituania, nonché la stessa Unione Europea, hanno infatti seguito l’esempio francese. L’Italia, invece, ancora priva di una strategia ufficiale, ha avviato nel 2023 i lavori parlamentari per definirla.
Sebbene non disponga ancora di principi codificati organicamente e non possieda risorse paragonabili a quelle di potenze con presenza stabile come Regno Unito e Francia, l’impegno italiano nell’Indo-Pacifico ha nondimeno contribuito a posizionare Roma come partner credibile per gli attori regionali. Da oltre quindici anni l’Italia ha infatti approfondito i propri legami con la regione seguendo un approccio multidimensionale e costante, nonostante la proverbiale discontinuità dei suoi esecutivi.
Un punto di svolta fondamentale nella traiettoria indo-pacifica dell’Italia è giunto nel 2007, quando Roma è entrata a far parte del Pacific Islands Forum come Dialogue Partner – dopo Francia e Regno Unito, ma prima di Germania e Spagna. Da allora, l’Italia ha ampliato una rete di partnership strategiche con gli storici alleati regionali: con la Corea del Sud nel 2018 e con India e Giappone nel 2023, cui sono seguiti nel 2024 i Piani d’Azione Strategici Congiunti con Nuova Delhi e Tokyo. Nel 2019 ha inoltre aderito all’Indian Ocean Rim Association (IORA) come Dialogue Partner, uno dei soli tre Paesi europei a farlo.
Sul piano della difesa, la cooperazione industriale e quella militare sono emerse come ambiti cruciali, in particolare con il lancio nel 2022 del Global Combat Air Programme (GCAP), un partenariato trilaterale con Regno Unito e Giappone per lo sviluppo di un caccia di sesta generazione. Negli ultimi dieci anni, la Marina Militare ha inoltre effettuato regolari missioni nell’area: la fregata Carabiniere nel 2017, l’ITS Morosini nel 2023, l’ITS Montecuccoli e gli F-35A in Giappone nel 2024, e l’ITS Antonio Marceglia nel 2025. A ciò si aggiunge la partecipazione italiana alla Operazione AGENOR – l’iniziativa europea di sicurezza marittima nello Stretto di Hormuz – dal luglio 2022 al gennaio 2023, assumendo il comando e contribuendo con due fregate e assetti aerei.
La particolarità più significativa dell’approccio italiano risiede tuttavia nella profondità con cui Roma ha esteso le proprie relazioni con i Paesi del Sud-Est Asiatico, quasi un unicum rispetto agli orientamenti di altri Paesi europei come Paesi Bassi e Germania. Quest’ultimi tendono infatti a enfatizzare la cooperazione con “like-minded partners” — Stati Uniti, Giappone, Corea del Sud, India e Australia — per ampliare la propria presenza regionale, mentre il Regno Unito fa ampio affidamento su forum minilaterali che escludono l’ASEAN.
L’Italia ha invece rafforzato in modo significativo il proprio impegno con il Sud-Est asiatico, avviando collaborazioni e consolidando partnership su più livelli. Memoranda of Understanding di natura economica sono stati firmati con Indonesia e Thailandia, mentre nel 2020 Roma è diventata ASEAN Development Partner. Le imprese italiane hanno inoltre collaborato con Vietnam, Indonesia e Thailandia nella fornitura di macchinari e attrezzature industriali per la modernizzazione manifatturiera, oltre a sviluppare progetti con Filippine e Malaysia nei settori delle energie rinnovabili e della transizione climatica. L’ASEAN è stata inoltre identificata come priorità strategica nel “Piano d’Azione per le Esportazioni Italiane nei Mercati Extra-UE ad Alto Potenziale” presentato nel giugno 2025, con le esportazioni italiane che hanno raggiunto 10,7 miliardi di euro nel 2024: una crescita del 10,3% rispetto all’anno precedente.
In questo quadro, il rafforzamento dei legami con la Malaysia costituisce un tassello emblematico: la visita del primo ministro Anwar Ibrahim a Roma nel luglio 2025, culminata in un vertice con la premier Giorgia Meloni, ha sancito l’evoluzione delle relazioni con Putrajaya in partnership strategica. I rapporti italo-malaysiani si sono infatti consolidati su tutti i livelli, grazie anche al contributo del settore privato e dei giganti italiani come Leonardo, Fincantieri ed Eni. Inoltre, le relazioni con l’Indonesia hanno registrato un’altrettanta significativa crescita: nel 2024 il Paese è divenuto il principale importatore di armamenti italiani, con acquisizioni per 1,25 miliardi di euro e un contratto storico con Fincantieri e Leonardo per due pattugliatori multiruolo. Sono inoltre circolate indiscrezioni su possibili nuovi accordi, tra cui la vendita della portaerei Garibaldi.
L’approfondimento delle relazioni con i Paesi ASEAN costituisce quindi un architrave del rinnovato interesse italiano verso l’Indo-Pacifico. Parallelamente alla cooperazione con i partner tradizionali, Roma ha infatti saputo rafforzare significativamente i rapporti con le capitali del Sud-Est asiatico a livello diplomatico, economico e di difesa. Tale approccio differisce da altri attori europei, nonostante UE e ASEAN siano accomunati dal supporto a principi quali multilateralismo e centralità del diritto internazionale.

