Global Lens

Affari, prosperità e pace sul Pacifico

Il discorso del Presidente indonesiano Prabowo Subianto al summit della Cooperazione Economica Asia-Pacifico (APEC) a Lima

Come tutti sappiamo, la pace e la prosperità sono guidate dall’attività economica, dal ruolo della comunità imprenditoriale, dal ruolo degli imprenditori, dal ruolo dell’industria. Senza la partecipazione dinamica del settore economico, fondamentalmente non possiamo avere crescita e prosperità. Senza crescita, non possiamo alleviare la povertà, non possiamo creare occupazione. La regione del Pacifico è una delle aree più dinamiche del mondo. La crescita economica, i potenziali risultati tecnologici, la demografia, le risorse disponibili  lasciano presagire un futuro economico brillante per tutti. Al momento ci sono tensioni geopolitiche, ma io sono un ottimista nell’interesse dell’umanità. Credo che i leader delle grandi potenze del mondo, in ultima analisi, opteranno sempre per il bene comune. La rivalità è storica, ci sarà sempre, ma il nostro pianeta è diventato più piccolo. Le enormi scoperte tecnologiche richiedono che i leader siano più saggi, più pazienti, più accomodanti, perché il potere della tecnologia può portare progressi significativi alla vita umana, ma il potere della tecnologia può anche distruggere la vita umana molto velocemente. Pertanto, scelgo sempre la strada della collaborazione, dell’impegno, della comunicazione, della negoziazione. Certo, dobbiamo rispettare e vivere secondo le leggi comuni, le regole internazionali, ma dobbiamo anche avere una comprensione comune degli interessi di tutti. Vengo da un Paese, l’Indonesia , che è uno dei più grandi Paesi del mondo, il quarto per popolazione. Il nostro territorio, da ovest a est, è lungo quasi quanto l’Europa. L’Europa ha 27 Paesi o più, noi siamo un solo Paese. Abbiamo le nostre sfide importanti, ma siamo benedetti da risorse abbondanti e abbiamo la fortuna di poter essere in pochi anni completamente autosufficienti dal punto di vista energetico. Saremo forse uno dei pochi Paesi in grado di raggiungere il 100% di energia rinnovabile entro pochi anni. Possiamo sostituire i combustibili fossili con le energie rinnovabili. Abbiamo il più grande potenziale geotermico e di energia solare, ma la nostra forza principale verrà dalla bioenergia, dal carburante di origine vegetale che possiamo produrre. L’Indonesia è aperta a fare affari. Sono determinato a proteggere tutti gli investimenti, a creare una condizione economica favorevole, a partecipare alle principali organizzazioni economiche del mondo e a lavorare insieme a tutti voi per creare prosperità reciproca. Credo che la prosperità possa venire solo dalla pace. La pace viene dalla comprensione. La comprensione deriva dall’impegno e dalla negoziazione. Invito alla cooperazione tra tutti voi, il settore privato del Pacifico, per raggiungere insieme la prosperità. Prosperità che, alla fine, garantisce pace e stabilità.

L’ASEAN alla COP29

Il documento programmatico approvato dall’ASEAN sul contrasto al cambiamento climatico, apripista alla partecipazione al vertice in corso a Baku

I Paesi membri dell’ASEAN esprimono profonda preoccupazione per il continuo aumento delle emissioni globali di gas a effetto serra e per la conseguenza dell’aumento dei rischi climatici e degli impatti sui sistemi naturali e umani, che rimane una minaccia significativa per la diversità ecologica nella regione dell’ASEAN e, in generale, per la sostenibilità dei guadagni di sviluppo che abbiamo raggiunto finora. Vogliamo richiamare l’attenzione sul costo dei cambiamenti climatici per le economie dell’ASEAN, che rappresenta una perdita economica stimata di 97,3 miliardi di dollari tra il 2009-2020 e un costo di adattamento stimato in 422 miliardi di dollari fino al 2030 per la regione. Vogliamo evidenziare i progressi significativi e le nuove opportunità offerte dalla COP28 e dal Consenso degli Emirati Arabi Uniti per garantire un clima stabile, che costituisce una base importante per sostenere i guadagni in termini di sviluppo nella regione dell’ASEAN, tenendo conto delle responsabilità comuni ma differenziate degli Stati Parte dell’ASEAN. Per questo motivo, chiediamo che venga accelerata l’attuazione delle azioni per il clima e dei meccanismi finanziari previsti dall’UNFCCC, come prova dell’impegno a favore di un’azione per il clima e di una transizione energetica rapida ed equa. Chiediamo di riconoscere le persistenti lacune nell’attuazione delle ambiziose azioni concordate in materia di clima, tra cui la mitigazione, l’adattamento e la finanza. E auspichiamo l’adempimento dei mezzi di attuazione, come da impegni assunti dai Paesi sviluppati, ossia finanziamenti, sviluppo e trasferimento di tecnologie e sviluppo di capacità, compreso lo sviluppo e l’attuazione di tecnologie a basse emissioni e di infrastrutture abilitanti, che sono fondamentali per la nostra transizione verso un’economia regionale a basse emissioni di carbonio e per garantire la capacità dell’ASEAN e dei Paesi in via di sviluppo di accedere ai finanziamenti per il clima. Auspichiamo inoltre l’attuazione delle decisioni adottate nelle precedenti COP per rafforzare il sostegno finanziario all’azione per il clima nei Paesi in via di sviluppo. Chiediamo poi di riconoscere i contributi potenziali degli Stati membri dell’ASEAN attraverso l’evitamento delle emissioni, la riduzione delle emissioni, l’eliminazione delle emissioni e l’aumento dello stock di carbonio, in funzione dei progressi scientifici e tecnologici, della cooperazione internazionale e di un maggiore sostegno da parte dei Paesi sviluppati, comprese le iniziative pertinenti relative ai mercati del carbonio da parte degli Stati membri dell’ASEAN per fungere da modello per un approccio integrato allo sviluppo sostenibile e alla resilienza climatica nella regione.

Italia e Singapore, visione comune

Il discorso del Vice Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Valentino Valentini, al Villaggio Italia di Singapore durante la visita della nave Amerigo Vespucci

Singapore è uno dei porti più importanti di tutta l’Asia, una delle piazze finanziarie più importanti e qui non solo portiamo l’Italia e quello che rappresenta ma con il Villaggio Italia portiamo l’esperienza italiana. Questo serve non soltanto come messaggio di amicizia e collaborazione ma anche a favorire sempre di più gli investimenti reciproci che in questo momento si stanno svolgendo dalle due parti degli oceani. L’arrivo dell’Amerigo Vespucci in questo straordinario porto simboleggia l’incontro di due nazioni con storie ricche e intrecciate. Italia e Singapore sono geograficamente distanti, ma vicine nella loro visione di progresso e di sviluppo sostenibile. L’importanza del libero scambio e dei commerci internazionali rimane fondamentale per la prosperità delle nostre nazioni. In un mondo in rapida evoluzione, o piuttosto in pericolosa involuzione, Italia e Singapore rappresentano portali di accesso privilegiati all’Asia, e all’ Europa e attraverso il Mediterraneo al continente africano, facilitando non solo lo scambio di merci, ma anche di idee, tecnologie vettori di pace e stabilità. Italia e Singapore intendono rappresentare un modello per un commercio internazionale che sia al contempo dinamico ma equo, responsabile ed orientato al futuro. Nei prossimi giorni, attraverso una serie di eventi mirati, esploreremo le molteplici opportunità di cooperazione nei settori dell’economia blu, dello spazio, delle tecnologie avanzate e dell’innovazione sostenibile. Le nostre economie, caratterizzate da un tessuto di piccole e medie imprese dinamiche e innovative, trovano in questa collaborazione un terreno ideale per crescere e prosperare. Lo scambio di conoscenze, tecnologie e capitale umano tra i nostri paesi può catalizzare l’innovazione e aprire nuove frontiere in settori strategici come la digitalizzazione, le scienze della vita e le tecnologie pulite. L’Italia, con la sua ricca tradizione manifatturiera, il suo patrimonio culturale e la sua creatività nel design si combina armoniosamente con Singapore, hub globale di innovazione, finanza e tecnologia. Questa sinergia offre opportunità uniche per entrambi i paesi di espandere i propri orizzonti economici e culturali.

Il quadro delle relazioni economiche Italia-ASEAN

Negli ultimi anni, l’interscambio commerciale bilaterale e gli investimenti diretti sono aumentati in modo esponenziale, anche grazie all’HLD. Ora ci sono spazi per crescere ancora

Le relazioni economiche tra Italia e ASEAN sono in continuo approfondimento. L’High Level DIalogue on ASEAN Italy Economic Relations 2024, che si è svolto il 5 e 6 novembre a Manila, è stato un’occasione per mettere in evidenza lo stato attuale delle relazioni e discutere di come rafforzarle ulteriormente. Come si evince dal position paper pubblicato da The European House Ambrosetti in occasione dell’evento, l’interscambio commerciale ASEAN-Italia vale oltre 20 miliardi di dollari, di cui 9,7 miliardi sono rappresentati dall’export italiano verso l’ASEAN e 12 miliardi si riferiscono all’export ASEAN verso l’Italia. Negli ultimi sei anni, l’interscambio commerciale complessivo tra Italia e ASEAN è cresciuto del 38%, più di Regno Unito, Germania e Francia, evidenziando il grande dinamismo delle relazioni economiche Italia-ASEAN. 

Gli strumenti di cooperazione economica tra l’ASEAN e l’Italia sono diversi e sfaccettati. Comprendono accordi commerciali, trattati di investimento, joint venture e programmi di cooperazione economica e tecnica. Questi strumenti mirano a ridurre le barriere commerciali, a promuovere gli investimenti, a favorire il trasferimento di tecnologia e a rafforzare i legami economici tra le due regioni. Insieme, costruiscono partenariati economici resistenti e reciprocamente vantaggiosi. Ad oggi, gli IDE italiani nell’ASEAN valgono 7,7 miliardi di euro, mentre gli IDE ASEAN ammontano a più di 800 milioni di euro. Si tratta di aumenti esponenziali da quando sono iniziate le edizioni dell’HLD e da quando è stata fondata l’Associazione Italia-ASEAN. 

Come evidenzia Lorenzo Tavazzi, Senior Partner e Board Member di The European House Ambrosetti, nel suo position paper, i risultati concreti raggiunti negli ultimi anni sono ragguardevoli. Qualche esempio? L’apertura di unità produttive, centri di progettazione e di assistenza in Vietnam, Thailandia e Indonesia da parte di un’azienda italiana operante nel settore metallurgico; l’apertura di uno stabilimento di produzione da parte di 2 produttori italiani di motocicli in Thailandia e Indonesia; l’inaugurazione di un nuovo impianto di produzione di pneumatici in Thailandia; l’acquisizione di una quota di minoranza di un’azienda italiana produttrice di cosmetici da parte di un fondo sovrano di proprietà del governo di Singapore; l’aumento delle esportazioni di prodotti Made in Italy nell’ASEAN, in particolare a Singapore, Malesia, Thailandia e Vietnam; l’introduzione di corsi di formazione e di business per l’accesso al mercato ASEAN offerti da agenzie governative italiane.

In alcuni settori ci sono enormi potenzialità di crescita. Per esempio sul digitale. L’ASEAN presenta oggi diversi livelli di preparazione digitale e ambientale e sta dando priorità alla crescita verde e all’adozione di tecnologie, con l’obiettivo di migliorare la competitività regionale, soprattutto attraverso la diffusione dell’intelligenza artificiale, un solido ecosistema di startup e l’infrastruttura 5G. L’Italia, con la sua forte base industriale e le sue tecnologie avanzate, sta puntando sull’energia pulita, sulle pratiche sostenibili e sulla digitalizzazione per stimolare la crescita economica e la resilienza e può contribuire ad aumentare la competitività dell’ASEAN. Poiché i Paesi ASEAN continuano a dare priorità alla resilienza e all’innovazione, i settori ad alta tecnologia come quello spaziale offrono un supporto fondamentale per garantire la continuità aziendale, la stabilità regionale e la cooperazione in un settore altamente strategico. L’Italia, rinomata per le sue competenze in materia di tecnologia avanzata e ricerca, ha molto da contribuire alla crescita dell’ASEAN in questi settori. Il potenziale per i progetti congiunti, il trasferimento di tecnologia e la condivisione delle conoscenze è significativo e offre a entrambe le regioni vantaggi unici di collaborazione. Non a caso, proprio nelle scorse settimane si è concluso con un evento presso la sede dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) a Roma il progetto ASEAN-Italy Cooperation Initiative on Space and Smart Technologies. L’iniziativa, finanziata dal Ministero degli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale, Direzione Generale per la Mondializzazione e le Questioni Globali, rientra nel quadro formale della partnership stipulata tra il MAECI e il Segretariato ASEAN e denominata ASEAN-Italy Development Partnership (2022-2026). E mira tra le altre cose a creare opportunità di business, aumentare la presenza internazionale, migliorare la conoscenza scientifica sulla base di esperienze condivise, best practices e lessons learned. 

Nuovo slancio al libero scambio Indonesia-UE

Le amministrazioni entranti a Bruxelles e a Giacarta offrono la speranza di un progresso nei negoziati

Dopo quasi un decennio di negoziati, la proposta di un accordo di libero scambio tra Unione europea e Indonesia potrebbe farsi più realizzabile. È quanto sostiene Alif Alauddin in un’analisi pubblicata su The Diplomat. L’Indonesia mira infatti concludere i negoziati sotto l’amministrazione del nuovo Presidente Prabowo Subianto, entrato ufficialmente in carica domenica 20 ottobre. Allo stesso tempo, l’Unione Europea ha presentato una nuova squadra della Commissione Europea sotto il secondo mandato di Ursula von der Leyen, iniziato il 17 settembre. L’ultima tavola rotonda tra Bruxelles e Giacarta, svoltasi a luglio, ha dimostrato che le questioni ancora aperte sono in gran parte legate agli interessi interni di entrambe le parti, preoccupate di proteggere le industrie nazionali da eventuali svantaggi una volta che l’accordo entrerà in vigore. Dall’inizio dei negoziati nel 2016, l’UE è rimasta ferma nel far rispettare gli standard di sostenibilità, mentre l’Indonesia ha incontrato difficoltà nel soddisfare queste aspettative. “Entrambe le parti devono ora considerare in modo più ampio il cambiamento del panorama geopolitico”, sostiene The Diplomat, secondo cui Prabowo desidera cercare partner occidentali per il commercio e gli investimenti. Ciò include l’accelerazione degli sforzi per ottenere la certificazione ambientale, di sostenibilità e di governance (ESG) per i siti di estrazione del nickel, al fine di conformarsi agli standard di mercato dell’UE e degli Stati Uniti. L’ambizione di raggiungere una crescita economica annua dell’8% durante il suo primo mandato sarà in gran parte guidata dagli investimenti esteri, con particolare attenzione all’energia verde, alla produzione di veicoli elettrici, alla tecnologia avanzata e al settore dei servizi digitali. “L’insediamento di Prabowo dovrebbe quindi essere accolto dall’UE come un’opportunità per rilanciare i colloqui sull’accordo di libero scambio” si legge. “Allo stesso modo, garantire l’accesso al mercato indonesiano è una priorità della Commissione UE”, visto che Giacarta potrebbe aiutarla a diversificare le sue relazioni economiche, riducendo la dipendenza da Pechino. Peraltro, sottolinea the Diplomat, “rispetto all’imposizione di misure unilaterali come per dettare le condizioni sui principali prodotti indonesiani, un accordo di libero scambio può essere uno strumento più efficace di influenza esterna per soddisfare gli standard globali di sostenibilità”. 

Thailandia e Malesia in prima fila per i BRICS

Bangkok e Kuala Lumpur sono i primi due governi del Sud-Est asiatico ad aver manifestato interesse ad aderire al gruppo

Di Silvia Zaccaria

Con l’acronimo BRICS si intende il raggruppamento che comprende le economie emergenti Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Nel 2024 si sono uniti Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Solo i cinque Paesi membri originari costituiscono circa il 26% della superficie terrestre, il 30% dell’economia globale e il 43% della popolazione globale, dato in continua crescita. Così come i BRICS hanno tra i loro propositi l’obiettivo di riunire le economie del Sud Globale, anche l’ASEAN contribuisce allo sviluppo economico, sociale e culturale dei Paesi del Sud-Est asiatico, assicurandone la stabilità, favorendone la promozione economica, la riduzione della povertà e incoraggiando gli scambi tra Paesi con livelli economici e di sviluppo profondamente diversi. In virtù della sempre maggiore importanza economica e politica che i BRICS stanno conquistando, molti membri ASEAN, hanno espresso interesse più o meno concreto su una loro possibile entrata nel raggruppamento, già dal summit 2023 di Johannesburg. Il 28 maggio scorso, la Thailandia ha approvato la lettera che manifesta ufficialmente l’intenzione di aderire ai BRICS. Pronta a seguire la Malesia, il cui Primo Ministro Anwar Ibrahim ha espresso un forte interesse sul possibile ingresso. Anche l’Indonesia, che ha partecipato come ospite al Summit dei BRICS del 2023, tramite la Ministra degli Esteri Retno Marsudi ha affermato di essere in fase di valutazione dei possibili benefici derivanti dall’entrata nel gruppo. Da ultimo, anche il Vietnam ha asserito che prendendo in seria considerazione l’entrata nei BRICS. Paesi come la Thailandia e la Malesia puntano all’entrata nei BRICS per importanti obiettivi di crescita economica e sociale di interesse nazionale. Il governo di Bangkok ritiene che “l’adesione ai BRICS gioverebbe alla Thailandia sotto molti punti di vista, ad esempio accrescendo il suo ruolo sulla scena internazionale e aumentando le sue prospettive di essere uno dei responsabili della politica economica internazionale”.

“ASEAN way significa successo”

Il discorso di Thongloun Sisoulith, Presidente del Laos, in apertura del summit ASEAN di Vientiane

Quest’anno la Repubblica Democratica Popolare del Laos ha l’onore di assumere la presidenza dell’ASEAN per la terza volta dalla nostra adesione all’ASEAN il 23 luglio 1997. Ogni volta, abbiamo ricevuto un sostegno inestimabile e assistenza da parte della nostra famiglia ASEAN, dei partner del dialogo e delle nazioni amiche. L’ASEAN è definita dalla sua diversità. Nel corso della sua evoluzione, ha superato con successo numerose sfide, che hanno portato alla creazione della Comunità ASEAN nel 2015. Oggi, l’ASEAN è casa di quasi 700 milioni di persone, il che la rende la terza economia più grande in Asia e la quinta  a livello mondiale. Le proiezioni indicano che l’ASEAN diventerà la quarta economia mondiale entro il 2030. Nel prossimo futuro, l’ASEAN comprenderà tutte le nazioni del Sud-Est asiatico con l’adesione di Timor Est come membro a pieno titolo, riaffermando la sua diversità e creando allo stesso tempo nuove opportunità per le sue relazioni esterne. I risultati conseguiti dall’ASEAN nel corso degli anni hanno apportato benefici tangibili alle persone, riflettendo le aspirazioni, le intenzioni, l’unità e la solidarietà condivise della regione in mezzo alla diversità. Questi risultati dimostrano ulteriormente che la cooperazione, guidata dall’ASEAN way, risuona con l’obiettivo condiviso di mantenere e promuovere la pace, la stabilità, e uno sviluppo socioeconomico sostenibile. Gli ambienti regionali e internazionali stanno attraversando una fase rapida e complessa di cambiamenti e nuove sfide. In questo contesto, l’ASEAN deve continuare a sostenere la sua causa comune di pace, stabilità e sviluppo sostenibile, così come il suo impegno per un multilateralismo basato sull’uguaglianza e sul vantaggio reciproco. La RDP del Laos ha costantemente perseguito una politica estera di “pace, indipendenza, amicizia e cooperazione”. La RDP del Laos è orgogliosa di essere un membro della famiglia ASEAN, i cui risultati, comprese le sue fiorenti relazioni esterne, hanno contribuito in modo significativo allo sviluppo socio-economico del nostro Paese. Sotto il tema “ASEAN: Enhancing Connectivity and Resilience”, questa presidenza si allinea con all’obiettivo di promuovere la connettività e la resilienza, e mostra la nostra aspirazione a trasformare il Laos da un Paese senza sbocco sul mare in un hub regionale dotato di connettività internazionale. Credo fermamente, con la lunga tradizione di cooperazione e sostegno reciproco all’interno della famiglia ASEAN e dai nostri partner esterni, che il summit e i vertici correlati di questi giorni saranno un grande successo.

L’ASEAN e il possibile Trump bis

Pubblichiamo qui lo stralcio di un’analisi di Joshua Kurlantzick per il Council on Foreign Relations

Dopo il dibattito per le elezioni presidenziali degli Stati Uniti, anche nei Paesi del Sud-Est asiatico ci si inizia a interrogare sul possibile significato di un eventuale ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Negli ultimi anni, con l’eccezione delle Filippine sotto Ferdinand Marcos Jr., che sostanzialmente si è schierato con gli Stati Uniti, i Paesi dell’area ASEAN hanno tentato di mantenere il loro tradizionale approccio multipolare tra le due grandi potenze. Lo dimostrano benissimo le azioni, sempre basate sul principio della neutralità, di Indonesia e Vietnam. Ma una seconda amministrazione Trump potrebbe aumentare le tensioni tra Stati Uniti e Cina al punto che anche i Paesi del Sud-Est asiatico, da tempo abili nel trovare un equilibrio, potrebbero avere difficoltà a evitare di schierarsi. È improbabile che una seconda amministrazione Trump si concentri molto sulla regione. Nel suo primo mandato, Trump ha stretto legami personali con alcuni leader del Sud-Est asiatico, come l’ex Presidente filippino Rodrigo Duterte. In generale, tuttavia, Trump ha attribuito alla regione una priorità relativamente bassa. Inoltre, il suo approccio protezionistico al commercio era in netto contrasto con l’integrazione economica avvenuta in tutta l’Asia orientale. In questo vuoto, invece, sono state le grandi potenze come il Giappone e la Cina a guidare l’economia. Trump ha tenuto molti discorsi nella stagione elettorale 2023-2024 e ha parlato molto della Cina. Ha fatto poche, se non nessuna, menzione di un futuro approccio al Sud-Est asiatico. Oltre a cercare di mantenere saldamente le Filippine nel campo degli Stati Uniti, una seconda amministrazione Trump eserciterebbe probabilmente un’enorme pressione su stati come Indonesia, Malesia, Vietnam, Singapore e forse altri affinché assecondino gli sforzi degli Stati Uniti per spingere le multinazionali, comprese quelle con sede nel Sud-Est asiatico, a lasciare la Cina, spostando le proprie catene di approvvigionamento. Trump, fortemente concentrato sulla convinzione che praticamente tutti i Paesi stranieri commerciano ingiustamente con l’America, potrebbe essere anche meno timido, in un secondo mandato, nell’imporre tariffe sugli stessi stati del Sud-Est asiatico.

Italia-ASEAN: a Manila l’ottavo High Level Dialogue

Torna a novembre l’High Level Dialogue on ASEAN Italy Economic Relations, l’iniziativa che The European House – Ambrosetti e l’Associazione Italia ASEAN realizzano dal 2016

Di Lorenzo Tavazzi, The European House – Ambrosetti

Torna l’appuntamento di riferimento per le relazioni bilaterali tra l’Italia e i Paesi ASEAN: l’High Level Dialogue on ASEAN Italy Economic Relations, l’iniziativa che The European House – Ambrosetti e l’Associazione Italia ASEAN realizzano dal 2016 e che quest’anno giunge all’ottava edizione.

Ogni anno l’High Level Dialogue viene ospitato da un Paese ASEAN: quest’anno si svolgerà a Manila, nelle Filippine, presso il Dusit Thani Hotel, martedì 5 e mercoledì 6 novembre 2024, con il supporto del Governo filippino, attraverso il Ministero del Commercio e dell’Industria (DTI), come co-organizzatore dell’evento.

Il Dialogo, sin dalla prima edizione del 2017 in Indonesia, e nelle successive a Singapore, in Vietnam, in Malesia e in Thailandia, insieme alle due edizioni digitali nel 2020 e 2021, ha riunito oltre 3.500 Presidenti, Amministratori Delegati e leader di Governo e istituzionali dei Paesi ASEAN e dell’Italia. Solo l’edizione 2023, tenutasi a Bangkok, ha visto la partecipazione di oltre 450 delegati di alto profilo.

Quest’anno il Dialogo affronterà una serie di temi prioritari per lo sviluppo delle relazioni Italia-ASEAN con un carattere duplice nelle opportunità di partnership tra le imprese italiane e le controparti del Sud Est Asiatico. Tra questi: la filiera delle materie prime critiche per i settori strategici del futuro, l’intelligenza artificiale e l’innovazione digitale, il ruolo della blue economy per la cooperazione economica, l’evoluzione dell’industria creativa, le opportunità di collaborazioni tecnologiche e industriali in ambito spazio, difesa e produzione high-tech, finanziamenti e servizi a sostegno dello sviluppo di imprese e infrastrutture sostenibili. 

In questo quadro verranno anche approfondite le specificità e le opportunità offerte dalle Filippine con cui nel 2022 l’Italia ha celebrato i 75 anni delle relazioni bilaterali.

La partecipazione all’High Level Dialogue è gratuita e solo su invito. 

Per registrarsi all’evento: Registrazione

Per avere maggiori informazioni sulle edizioni precedenti dell’evento: Sito web dell’High Level Dialogue

Thailandia e Malesia verso l’ingresso nei BRICS

Pubblichiamo qui un estratto di un articolo a firma di Maria Siow pubblicato sul South China Morning Post

La prospettiva che i Paesi del Sud-Est asiatico entrino a far parte dei BRICS ha suscitato un acceso dibattito tra gli analisti: i sostenitori sostengono che l’adesione potrebbe sbloccare lucrose opportunità commerciali e geopolitiche, mentre gli scettici avvertono che rischia di trascinare i Paesi nell’orbita di Cina e Russia e di erodere ulteriormente l’unità regionale. Thailandia e Malesia hanno annunciato nelle scorse settimane che chiederanno l’adesione alla piattaforma, seguendo le orme di Laos e Myanmar, che hanno dichiarato il loro interesse lo scorso anno. Contrariamente ai timori che l’adesione ai BRICS possa erodere l’unità e la centralità dell’ASEAN, diversi analisti asiatici ritengono che l’Associazione abbia la flessibilità e la capacità di resistenza necessarie per mantenere la sua importanza per gli Stati membri. Molti membri dell’ASEAN appartengono anche ad altre organizzazioni come l’Organizzazione della cooperazione islamica, l’Associazione dell’Oceano Indiano e il forum della Cooperazione economica Asia-Pacifico. Altre istituzioni multilaterali a cui i membri dell’Asean appartengono già sono la Banca asiatica di sviluppo, la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e la Banca asiatica d’investimento per le infrastrutture. “L’adesione ai BRICS darà accesso a una nuova fonte di finanziamento per le numerose esigenze di sviluppo dei Paesi della regione del Sud-Est asiatico”, ha dichiarato Jayant Menon, senior fellow dell’ISEAS-Yusof Ishak Institute di Singapore, riferendosi alla Nuova Banca di Sviluppo istituita nel 2015 dai Paesi BRICS. Anche l’Indonesia e il Vietnam hanno dichiarato che stanno valutando i vantaggi dell’adesione ai BRICS. L’adesione al gruppo delle economie emergenti potrebbe fornire un migliore accesso a mercati lucrativi, un aumento degli investimenti stranieri e opportunità di collaborazione per progetti infrastrutturali. L’adesione ai BRICS può essere vista anche come una mossa strategica per diversificare i partenariati economici e ridurre la dipendenza dalle istituzioni finanziarie guidate dall’Occidente. La mossa, se gestita in modo efficace, potrebbe rafforzare la voce e l’influenza del Sud-Est asiatico negli affari globali. L’Indonesia punta ad aderire anche all’OCSE entro tre anni, come ha ribadito il ministro dell’Economia coordinatore del Paese a maggio, dopo la visita a Giacarta del segretario generale dell’organizzazione, che ha incontrato il Presidente Joko Widodo. Secondo le proiezioni dell’OCSE, il prodotto interno lordo dell’Indonesia raggiungerà i 10.500 miliardi di dollari entro il 2050, diventando una delle maggiori economie insieme a Cina, Stati Uniti e India.

Modi vuole avvicinare India e ASEAN

Tra gli obiettivi del terzo mandato del Premier indiano c’è quello di rafforzare i rapporti col Sud-Est asiatico

Il terzo mandato da Primo Ministro di Narendra Modi può avvicinare India e ASEAN? Se lo chiede un commento di Syed Munir Khasru, pubblicato sul South China Morning Post. La politica indiana “Act East” è pronta per una ricalibrazione. L’impegno economico e strategico di Nuova Delhi con il Sud-Est asiatico ha registrato un’impennata durante i suoi primi due mandati, anche se con alcune carenze che richiedono una correzione di rotta. Modi potrebbe ora dare nuovo vigore a questa politica estera chiave, mentre l’India cerca di stabilire una presenza più forte nell’Indo-Pacifico. Sul fronte economico, i legami commerciali e d’investimento con i Paesi del Sud-Est asiatico hanno ricevuto un notevole impulso, con un’impennata del commercio bilaterale annuale da circa 80 miliardi di dollari nel 2014 a oltre 110 miliardi di dollari entro il 2021-22. Tuttavia, l’accordo commerciale esistente con l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico – l’Area di Libero Scambio Asean-India – è visto come fortemente favorevole alla parte Asean, frustrando l’India. Le esportazioni indiane verso il Sud-Est asiatico hanno registrato un moderato aumento nell’anno finanziario 2023, passando a 44 miliardi di dollari dai 42,3 miliardi dell’anno precedente. Nel frattempo, le importazioni dai Paesi dell’ASEAN sono aumentate a un ritmo più sostenuto, passando da 68 a 87,6 miliardi di dollari, con un conseguente sostanziale deficit commerciale di 43,6 miliardi di dollari per l’India. La necessità di affrontare lo squilibrio commerciale è ancora più urgente se si considera che nel 2011 il deficit commerciale era di soli 5 miliardi di dollari. Ma il governo di Modi non ha colto tutte le opportunità di avvicinamento economico ai Paesi dell’ASEAN a causa della riluttanza a intraprendere riforme di mercato e a liberalizzare le tariffe. Sul fronte strategico, gli sforzi dell’India nell’ambito della politica Act East hanno contribuito a far entrare sette membri dell’Asean nell’Indo-Pacific Economic Framework, un’iniziativa volta a rafforzare la cooperazione economica tra le due regioni. La partecipazione a queste strategie indo-pacifiche complementari consente un maggiore coordinamento dei rispettivi interessi in questa regione strategicamente vitale. Le iniziative che riguardano la connettività, come il progetto di trasporto multimodale Kaladan da 484 milioni di dollari che collega l’India al Myanmar e l’autostrada trilaterale India-Myanmar-Thailandia, sono esempi di ciò che la collaborazione tra ASEAN e India può raggiungere in questo settore.

Armi nucleari in Asia: l’approccio dell’ASEAN

I Paesi del Sud-Est asiatico sono quelli maggiormente attivi e volenterosi a evitare la proliferazione delle armi nucleari nella regione

Di Francesca Leva

A un discorso tenuto alle Nazioni Unite lo scorso marzo, il Segretario Generale Antonio Guterres ha dichiarato che il rischio di una guerra nucleare è al punto più alto dopo decenni e che le armi nucleari stanno crescendo in potenza, gittata ed in modo sempre meno rilevabile. Antonio Guterres ha inoltre aggiunto che “un lancio accidentale è a un solo errore, una sola valutazione errata, un solo atto impulsivo di distanza”.

L’Asia non rappresenta un’eccezione: nell’area le armi nucleari hanno infatti avuto un profondo impatto sulla salute pubblica e sull’ambiente, portando all’evacuazione e allo spostamento di persone e impattando negativamente su sviluppo, educazione, preservazione della cultura e delle tradizioni locali e sulla stabilità economica.

Le armi nucleari arrivarono in Asia nel 1945 con gli eventi tragici a Hiroshima e a Nagasaki. Qualche anno dopo, l’URSS annunciò i suoi programmi per lo sviluppo di armi nucleari: durante la Guerra Fredda, dal 1950 al 1990, il termine MAD – “Mutual Assured Destruction” – venne coniato per descrivere la fase di armamento nucleare in Stati Uniti e in URSS. Avendo riconosciuto la necessità di uno sviluppo pacifico e controllato del nucleare, nel 1957 le Nazioni Unite fondarono l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica. Nel 1968 adottarono inoltre il Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP), stando al quale solo le cinque potenze nucleari dell’epoca – Stati Uniti, Cina, Russia, Regno Unito e Francia – potevano possedere armi nucleari, al contempo impegnandosi a ridurre il proprio arsenale e ad applicare la tecnologia nucleare a scopi pacifici. Tuttavia, plurimi Paesi non firmatari del Trattato cominciarono a sviluppare il proprio arsenale indipendentemente: tra questi India, Pakistan e Israele. Nel 1988 l’India detonò infatti tre bombe vicino al confine con il Pakistan, azione che fu immediatamente seguita dai test nucleari condotti da Islamabad.

Una pattern osservabile è quello per il quale quando un Paese sviluppa delle armi nucleari i suoi vicini inizieranno a sviluppare il proprio arsenale per proteggere i propri confini e per pregio nazionale. Questa dinamica rappresenta un pericolo concreto e attuale in Asia dove Cina, Pakistan, India. Corea del Nord e Federazione Russa sono tutti Paesi dotati di arsenali nucleari.

Una delle aree più soggette a questa dinamica è il cosiddetto “triangolo nucleare”, costituito da Cina, India e Pakistan. In questo caso il rischio è accentuato da competizione regionale, situazioni domestiche instabili e rapidi sviluppi tech. Lo sviluppo della deterrenza nucleare ad ampio spettro adottata dal Pakistan ha infatti portato l’India a sviluppare preventivamente il proprio arsenale. Questo meccanismo è accentuato dalla competizione tra Stati Uniti e Cina: mentre Pechino tenta di sviluppare le proprie testate in risposta agli Stati Uniti, l’India è a sua volta incentivata a massimizzare il proprio arsenale, allontanandosi dalla sua tradizionale politica del “no first use”. La situazione interna in evoluzione del Pakistan, così come l’incremento della competizione tra Islamabad e Nuova Delhi, aumentano ulteriormente il rischio di utilizzo accidentale ed escalation involontaria. 

Un’ ulteriore potenziale area di crisi è costituita da Nord Corea e Sud Corea: in questo caso il rischio non è solo di una guerra tra Seoul e Pyongyang, ma anche che Giappone e Corea del Sud sentano la necessità di sviluppare le proprie armi. Altre possibili aree di tensione si trovano infine nel Mar Cinese Meridionale, dove competizione regionale e priorità nazionali entrano in collisione.

Nel 1995 gli Stati Membri dell’ASEN hanno firmarono il Southeast Asia Nuclear-Weapon-Free Zone Treaty – SEANWFZ, conosciuto anche come Trattato di Bangkok – inizialmente ideato per riaffermare l’ importanza dell’ NPT e per stabilire una a nuclear weapons-free zone (NWFZ). Vi sono al momento cinque NWFZ al mondo che rappresentano un approccio regionale volto alla non -proliferazione e al disarmo nucleare. Nelle aree coperte dai Trattati di Nuclear Free Zone è esplicitamente proibito svolgere attività relative ad acquisizione, possesso, test e utilizzo di armi nucleari. Inoltre, gli Stati che hanno ratificato suddetti trattati stanno attivamente lavorando per istituzionalizzare trattati legalmente vincolanti per assicurare che Paesi dotati di armi nucleari non utilizzino i propri arsenali contro Paesi localizzati entro queste zone.

Vi è stata tuttavia crescente preoccupazione e scetticismo tra i Paesi firmatari dell’NPT, poiché’ le cinque potenze nucleari hanno continuato a sviluppare i propri arsenali, i paesi non firmatari – India, Pakistan e Israele – non sono stati integrati nell’NPT e la Corea del Nord non è stata reintrodotta. Di conseguenza, nel 2017 è stato ideato il Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons (TPNW) a supporto dell’NPT. Il TPNW è stato firmato da tutti i Paesi ASEAN tranne Singapore. Sebbene l’esito di queste misure rimanga incerto, è evidente che la minaccia nucleare rappresenta un rischio inaccettabile per i paesi asiatici, soprattutto considerando il numero, la densità e la vicinanza delle aree urbane e abitate.