Global Lens

Nuovi orizzonti di cooperazione tra Italia e Thailandia

Il bilancio della visita a Roma del premier thailandese Srettha Thavisin

Di Alice Freguglia

Il 21 maggio 2024 Palazzo Chigi ha ospitato il Primo Ministro thailandese Srettha Thavisin, in visita alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Infrastrutture, digitalizzazione, energia e promozione del turismo sono stati i temi maggiormente trattati dai due leader, nell’ottica di promuovere i rapporti bilaterali in favore di una maggiore coesione socio politica e con l’obiettivo di garantire il pieno sviluppo di entrambi i Paesi.

Già l’anno scorso, nel 2023, in occasione del 155esimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Italia e Thailandia, le Camere di Commercio di entrambe le nazioni hanno sottoscritto un memorandum di intesa, promosso dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e da Unioncamere, il quale ha rafforzato ulteriormente i legami economici e commerciali, oltre a sottolineare l’importanza della Thailandia come partner. Con una popolazione giovane e in costante crescita, infatti, il territorio thailandese rappresenterebbe davvero un’importante risorsa per l’economia italiana, in grado di offrire notevoli opportunità per le imprese, come sottolineato anche dallo stesso Andrea Prete, Presidente di Unioncamere.

La Thailandia, infatti, in quanto cuore politico dell’ASEAN, rappresenta un punto d’ingresso naturale per le aziende italiane che desiderano accedere ai mercati del Sud-Est asiatico, un’area che, oltre a comprendere più di 600 milioni di persone, possiede un interessante potenziale di mercato. Notevole, infatti, è il volume degli scambi Roma — Bangkok, il quale nel 2023 ha raggiunto un valore di circa 4 miliardi di euro, con un export italiano di 1,9 miliardi e un import di oltre 2,1, rappresentando un mercato alleato e affidabile, fonte di stabilità economica e politica.

“Intendiamo discutere della cooperazione con l’ltalia, che si tratti di commercio e investimenti, agricoltura, moda o energie rinnovabili. Così come di turismo. Infatti, più di 190.000 italiani vengono in Thailandia ogni anno”. Sono queste le parole del leader thailandese, preludio di un incontro successivamente definito ‘soddisfacente’ da parte di Giorgia Meloni, nel quale l’ItaIia ha promosso e rafforzato le sue relazioni internazionali con il partner.

L’ampliamento e il miglioramento degli spostamenti all’interno del territorio, infatti, rappresenta uno degli obiettivi chiave di politica interna per la Thailandia, e quale esempio migliore dal quale prendere ispirazione se non l’ItaIia? Il nostro Paese, infatti, vanta alcune delle aziende di maggiore spicco e riconoscimento mondiale per quanto riguarda qualità e innovazione. Il timbro Made in Italy, infatti, si può apporre su numerosissimi progetti di grande scala, come la rete di alta velocità ferroviaria, ma anche sulla costruzione e gestione di opere civili quali ponti, strade, porti e aeroporti.

Allo stesso modo, anche recenti iniziative come il PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, focalizzato sulla realizzazione di importanti investimenti volti a garantire una maggiore digitalizzazione della pubblica amministrazione e a sostenere le industrie italiane, costituisce un imprinting esemplare per la Thailandia che, a suo modo, con l’implementazione del cosiddetto piano ‘Thailand 4.0’ mira a realizzare un’economia basata sulI’innovazione e la tecnologia.

Anche l’ambiente verrà positivamente influenzato da questo rafforzamento dei rapporti italo-thailandesi. In particolar modo, l’esperienza maturata daII’Italia in merito alle energie rinnovabili rappresenterebbe un significativo ‘know how’ per la Thailandia, la quale potrebbe non solo prendere spunto dalle tecnologie adottate per far fronte all’emergenza del surriscaldamento globale, ma anche contare su preziosi investimenti che gli permetterebbero di sfruttare al massimo il proprio potenziale naturale.

Se c’è qualcosa che accomuna, però, queste due realtà apparentemente distanti è, sicuramente, la bellezza che ogni anno attira milioni e milioni di turisti, amanti sia della pizza che del pad thai. Rafforzare le relazioni commerciali, infatti, sarà in grado di garantire anche un maggiore afflusso di ospiti e visitatori in entrambi i territori, una fonte economica importantissima, soprattutto per due Paesi che dal punto di vista storico, naturalistico e monumentale, hanno molto da offrire agli occhi di chi li guarda con curiosità e desiderio di ampliare i propri orizzonti.

Srettha Thavisin, inoltre, sembrerebbe aver convinto anche Giorgia Meloni riguardo al desiderio di adesione della Thailandia all’interno deIl’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e Io Sviluppo Economico. Fondata nel 1961, l’OCSE rappresenta una piattaforma a disposizione dei governi per discutere e coordinare politiche economiche e sociali. Gli Stati membri collaborano su questioni come la crescita economica, l’occupazione, l’educazione, l’innovazione e il commercio, con l’obiettivo di creare un’economia globale più forte e sostenibile. Entrare a farne parte, quindi, eleverebbe notevolmente lo status del Paese, permettendo alla Thailandia di farsi riconoscere sul piano internazionale e di usufruire di uno scambio di conoscenze socioeconomiche che le permetterebbero di promuovere un migliore dialogo politico e di cooperazione economica.

A tal proposito, inoltre, sembrerebbe che Giorgia Meloni abbia accettato l’invito da parte del Primo Ministro Thavisin di recarsi in Thailandia, significativo passo avanti nella cooperazione bilaterale tra i due Paesi, oltre che conferma dell’impegno italiano nelI’aprire la strada a ulteriori discussioni e collaborazioni su temi strategici.

ASEAN e Taiwan nell’era Lai

L’insediamento del nuovo presidente Lai Ching-te a Taipei e le possibili ripercussioni economiche e politiche nel Sud-Est Asiatico

Di Luca Menghini

Il 20 maggio, Lai Ching-te diventerà ufficialmente il nuovo presidente di Taiwan. Questo evento sarà di grande rilievo non solo per l’isola ma anche per il contesto geopolitico dell’intero Sud-Est asiatico. Taiwan si sta infatti preparando a un cambiamento significativo con l’insediamento del leader del Partito Progressista Democratico (DPP), noto per le sue inclinazioni verso l’indipendenza dell’isola dalla Cina. Lai ha ottenuto il 40,1% dei voti, superando i candidati del Kuomintang (KMT) e del Taiwan People’s Party (TPP). Nonostante la vittoria del DPP, il partito ha perso il controllo dell’assemblea legislativa, costringendo il nuovo presidente a cercare un consenso più ampio che lo porterà a moderare le sue politiche più estreme.

La perdita della maggioranza parlamentare potrebbe essere vista dall’ASEAN come un elemento di stabilità, in quanto potrebbe mitigare le politiche di Lai, riducendo così le tensioni nello Stretto di Taiwan. Questa area è di vitale importanza strategica, essendo un corridoio marittimo cruciale per il commercio globale. L’ASEAN, che tradizionalmente segue una politica di non interferenza e di consenso, ha reagito all’elezione di Lai con cautela. I Paesi membri, posizionati in una regione incrociata da svariate rotte commerciali e sfere di influenza di grandi potenze, cercano di mantenere un equilibrio per evitare conflitti. La stabilità dello stretto è essenziale non solo per la sicurezza regionale ma anche per l’economia globale.

Durante il periodo che ha preceduto le elezioni, le tensioni tra Taiwan e Cina sono cresciute, specialmente durante la presidenza di Tsai Ing-wen, che ha cercato di rafforzare i legami con gli Stati Uniti. La Cina ha risposto aumentando la pressione militare e diplomatica sull’isola, che considera una provincia ribelle da dover riunificare in futuro. Se la reazione dell’ASEAN e della maggioranza dei suoi paesi membri all’elezione di Lai è stata generalmente contenuta, con la maggior parte dei paesi che hanno evitato di prendere posizioni forti pubblicamente, lo stesso non si può dire per il presidente filippino Ferdinand Marcos Jr. Marcos è stato l’unico leader a distaccarsi da questa linea, esprimendo pubblicamente congratulazioni a Lai e riferendosi a lui come presidente, sottolineando la speranza di una collaborazione stretta e il rafforzamento degli interessi reciproci. Questa mossa non è stata vista favorevolmente dalla Cina, che, rivendicando Taiwan come parte del suo territorio, non riconosce a Lai il titolo di presidente. Ancora più critica è stata la reazione della Cina alle congratulazioni estese dagli Stati Uniti attraverso il Segretario di Stato Antony Blinken, accusando il governo statunitense di inviare “un segnale gravemente sbagliato alle forze separatiste per l’indipendenza di Taiwan”.

Sul fronte economico, la politica del Nuovo Corso verso il Sud, avviata dall’ex presidente Tsai Ing-wen a partire dal 2016, ha avuto l’obiettivo di ridurre la dipendenza economica di Taiwan dalla Cina, promuovendo la cooperazione economica con 18 paesi, inclusi i membri dell’ASEAN, sei stati del Sud Asia, l’Australia e la Nuova Zelanda. Questa iniziativa ha cercato di incentivare la cooperazione economica e commerciale, oltre allo scambio di talenti e risorse. Tuttavia, nonostante gli sforzi, le reazioni sono state miste, influenzate anche dalla cautela dei vari governi che cercano di non irritare la Cina. Il ministro degli Affari Economici di Taiwan, Wang Mei-hua, ha indicato come nel 2022 gli investimenti delle aziende taiwanesi nel Sud-Est e nel Sud Asia abbiano superato gli investimenti in Cina, raggiungendo i 5,2 miliardi di dollari. Questo incremento è stato spinto dalle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, ma la vicinanza geopolitica alla Cina continua a rappresentare un ostacolo significativo per un’espansione più libera delle relazioni commerciali di Taiwan.

Adesso, con l’insediamento di Lai, si prevede che l’impegno di Taiwan verso il Sud-Est asiatico continui ad aumentare e anzi si intensifichi ulteriormente, con una particolare attenzione alla cooperazione nell’industria ad alta tecnologia. Tuttavia, la crescente influenza della Cina nella regione rappresenta una sfida imminente. Un sondaggio recente ha evidenziato che la maggior parte dei paesi del Sud-Est asiatico favorisce la Cina rispetto agli Stati Uniti. La complessa situazione richiederà infatti a Lai di bilanciare attentamente la promozione degli interessi economici di Taiwan con la necessità di navigare le sensibilità politiche e diplomatiche del Sud-Est asiatico.

In conclusione, l’insediamento di Lai Ching-te come presidente di Taiwan rappresenta un momento significativo per la politica dell’isola. Confrontato con la perdita della maggioranza parlamentare e le crescenti tensioni con la Cina, Lai dovrà navigare un contesto geopolitico di crescente complessità, cercando di bilanciare le aspirazioni indipendentiste del suo partito con la necessità di mantenere stabilità e rapporti pacifici nella regione. Le sue politiche, in particolare il rafforzamento delle relazioni con i paesi del Sud-Est asiatico e oltre, saranno cruciali per la sicurezza e il progresso economico di Taiwan. In questo delicato equilibrio, la capacità di Lai di attuare una diplomazia efficace e di promuovere una crescita economica sostenibile, pur gestendo le pressioni esterne, definirà il successo del suo mandato e potenzialmente influenzerà l’ordine regionale del Sud-Est asiatico per gli anni a venire.

L’ASEAN vuole evitare una nuova guerra fredda

Pubblichiamo qui uno stralcio di un commento di Alex Lo, pubblicato sul South China Morning Post

La Cina ha detronizzato gli Stati Uniti come partner privilegiato della superpotenza nel Sud-Est asiatico. I risultati emergono dall’ultimo sondaggio annuale condotto su 1.994 politici, giornalisti, uomini d’affari e analisti dei Paesi ASEAN dal think tank con sede a Singapore, l’ASEAN Studies Centre dell’ISEAS-Yusof Ishak Institute. Alla domanda su quale superpotenza si schiererebbero se costretti a farlo, il 50,5% ha scelto la Cina contro il 49,5% che ha scelto gli Stati Uniti. È un margine molto ristretto e rientra nel margine di errore. Quindi, diciamo che è un pareggio. Questo dovrebbe comunque preoccupare Washington, perché l’anno scorso i risultati sono stati 61,1% per gli Stati Uniti e 38,9% per la Cina. Vale la pena sottolineare che si tratta di un sondaggio tra le élite, non tra i cittadini comuni. Quindi, anche se non riflette direttamente i sentimenti popolari, può dire molto sulle reali direzioni politiche dei Paesi interessati. C’è un’altra ovvia conclusione: il Sud-Est asiatico non vuole scegliere da che parte stare, così come l’America Latina e l’Africa. Così, mentre è normale che gli alleati degli Stati Uniti debbano seguire la guida di Washington, il resto del mondo, in particolare il Sud globale, non ritiene che sia nel proprio interesse unirsi alla rivalità tra superpotenze. Anzi, ritengono che possa causare molti danni. Non sorprende che l’ASEAN consideri la disoccupazione e la recessione la preoccupazione più pressante della regione (57,7%). Che piaccia o no, la sua fortuna economica è legata a quella della Cina. Ecco perché la Cina è considerata “la potenza economica (59,5%) e politico-strategica (43,9%) più influente della regione, superando gli Stati Uniti con margini significativi in entrambi i settori”. La Cina, con un punteggio medio di 8,98 su 11,0, è in cima alla classifica in termini di rilevanza strategica per l’ASEAN, seguita da Stati Uniti (8,79) e Giappone (7,48). I partner di minore rilevanza strategica sono: India (5,04), Canada (3,81) e Nuova Zelanda (3,70). Il  sondaggio appare abbastanza indicativo della situazione nell’ASEAN. La regione che l’Associazione rappresenta vuole la sicurezza fornita dagli Stati Uniti, ma diffida delle loro iniziative economiche. Con la Cina è il contrario. Non vuole che la Cina minacci la sua sicurezza, né che gli Stati Uniti minino la sua prosperità faticosamente conquistata, in una nuova guerra fredda. Nessuno vuole essere intrappolato tra due gorilla.

Filippine, cooperazione con USA E Giappone

Joe Biden ospita Fumio Kishida e Ferdinand Marcos Junior per un inedito summit trilaterale. Ecco il significato del rapporto trilaterale per Manila

Di Walter Minutella

Negli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno costantemente cercato di approfondire i propri rapporti diplomatici e di sicurezza in Asia. In questo contesto, si svolge giovedì 11 aprile un inedito summit trilaterale fra il Presidente statunitense Joe Biden, il Primo Ministro giapponese Fumio Kishida e il Presidente filippino Ferdinand Marcos Junior. Il vertice offre un’occasione unica per analizzare più approfonditamente la natura dei rapporti tra questi tre Paesi e delineare le prospettive future di cooperazione, a partire da quella nel contesto del Mar Cinese Meridionale.

Quest’area si è trasformata in un cruciale teatro geopolitico, con diversi Paesi che rivendicano la sovranità su isole e formazioni rocciose sparse in tutta la regione. La Cina ha avanzato rivendicazioni territoriali decise, militarizzando isole contese e conducendo operazioni marittime sempre più assertive. D’altro canto, anche le conseguenze della guerra in Ucraina hanno portato a un rafforzamento della cooperazione in materia di sicurezza e difesa tra gli Stati Uniti e diversi Paesi della regione.

Giappone e Filippine occupano un ruolo particolare, visto che sono da sempre i pilastri della strategia di sicurezza degli Stati Uniti in Asia-Pacifico. La decisione di organizzare questo summit trilaterale ha radici nella necessità di coordinare le risposte alle sfide nel Mar Cinese Meridionale. 

Oltre alla dimensione geopolitica, la cooperazione economica rappresenta un altro pilastro fondamentale del rapporto trilaterale. Stati Uniti, Giappone e Filippine possono unire le loro forze per favorire la crescita economica attraverso lo sviluppo di infrastrutture, la facilitazione degli scambi commerciali e degli investimenti e la promozione di politiche economiche inclusive. Inoltre, la collaborazione tra questi Paesi può aiutare ad affrontare le nuove sfide emergenti, come la digitalizzazione dell’economia, aprendo nuove opportunità per la crescita e lo sviluppo sostenibile nella regione.

L’innovazione e la tecnologia svolgono un ruolo sempre più significativo nella competitività economica e nella risoluzione delle sfide globali. Stati Uniti, Giappone e Filippine possono collaborare per promuovere lo sviluppo di tecnologie avanzate, garantendo nel contempo la sicurezza delle infrastrutture digitali e l’adozione responsabile delle nuove tecnologie. Attraverso la ricerca congiunta e lo scambio di conoscenze, è possibile affrontare sfide cruciali come il cambiamento climatico e la sicurezza alimentare, contribuendo così alla prosperità e al benessere nella regione.

Il cambiamento climatico e la conservazione dell’ambiente marino sono sfide urgenti che richiedono una risposta globale e coordinata. Stati Uniti, Giappone e Filippine possono unire le forze per promuovere politiche e iniziative volte a mitigare gli effetti del cambiamento climatico, proteggere gli ecosistemi marini e incentivare la sostenibilità ambientale. Questo potrebbe includere la promozione di energie rinnovabili, la gestione responsabile delle risorse ittiche e la conservazione degli ecosistemi marini, contribuendo così a preservare l’ambiente per le future generazioni.

Infine, la sicurezza regionale rimane una priorità essenziale per tutti e tre i Paesi. Stati Uniti, Giappone e Filippine intendono potenziare la loro cooperazione in materia di sicurezza e difesa, attraverso esercitazioni militari congiunte, scambio di intelligence e promozione della sicurezza marittima. Questo può contribuire a rafforzare la deterrenza nella regione, cercando al contempo di preservare il cruciale obiettivo della crescita economica.

L’UE e le foreste della Malesia

La visione del Sud-Est asiatico sul nuovo regolamento che blocca le importazioni di olio di palma derivanti dalla deforestazione


“Può l’Europa salvare le foreste senza uccidere posti di lavoro in Malesia?” Se lo è chiesto in un recente articolo il New York Times, a testimonianza che si tratta di un tema particolarmente rilevante non solo a livello bilaterale ma anche internazionale. L’imminente divieto dell’Unione Europea sulle importazioni legate alla deforestazione è stato salutato come un nuovo standard da rispettare nella politica climatica: un passo significativo per proteggere le foreste del mondo, che aiutano a rimuovere dall’atmosfera i gas serra che uccidono il pianeta. “La legge impone ai commercianti di risalire alle origini di una varietà di prodotti da capogiro: carne di manzo e libri, cioccolato e carbone, rossetto e pelle. Per l’Unione Europea, il mandato, che entrerà in vigore il prossimo anno, è una testimonianza del ruolo del blocco come leader globale sul cambiamento climatico”, scrive il New York Times, che però aggiunge: “La mossa, tuttavia, è rimasta intrappolata in correnti contrastanti su come affrontare i compromessi economici e politici richiesti dal cambiamento climatico”. I Paesi in via di sviluppo non sono infatti certo contenti, con Malesia e Indonesia tra i più espliciti nel criticare la novità normativa. Insieme, i due Paesi del Sud-Est asiatico forniscono l’85% dell’olio di palma mondiale, uno dei sette prodotti critici coperti dal divieto dell’Unione Europea. E sostengono che la legge mette a rischio le loro economie. Ai loro occhi, scrive il New York Times, i Paesi ricchi e tecnologicamente avanzati (ed ex potenze coloniali) “stanno ancora una volta dettando termini e cambiando le regole del commercio quando gli fa comodo”. Questa visione concorda con le lamentele dei Paesi in via di sviluppo secondo cui l’ordine internazionale dominante trascura le loro preoccupazioni. La disputa sull’olio di palma racchiude anche uno snodo centrale nell’economia del cambiamento climatico, sottolinea il quotidiano statunitense: la tesi secondo cui le nazioni a reddito medio e basso sono costrette a sostenere il costo di rovinosi cambiamenti ambientali causati principalmente dalle nazioni più ricche. Nel suo sondaggio annuale del 2022, il World Resources Institute ha rilevato che la Malesia è stato uno dei pochi luoghi in cui la deforestazione non è peggiorata. E forse c’è uno spazio per tutelare sia le esigenze climatiche sia quelle economiche, preservando i fruttuosi rapporti tra i Paesi del Sud-Est asiatico e l’Unione Europea.

UE-Filippine verso un accordo di libero scambio

Riprendono ufficialmente i colloqui tra il blocco dei 27 e Manila. Ecco su quali basi


Luned’ 18 marzo, l’Unione Europea e le Filippine hanno annunciato ufficialmente la ripresa dei negoziati per un accordo di libero scambio. La Commissione Europea ha parlato di progetto “ambizioso, moderno ed equilibrato, con la sostenibilità al centro”. Aggiungendo che “accordi commerciali come questo sono una pietra miliare della sicurezza economica dell’UE, in quanto aprono nuove opportunità per le imprese e i consumatori, rafforzano le catene di approvvigionamento e promuovono pratiche commerciali sostenibili”. Un accordo di libero scambio con le Filippine, un’economia in espansione di 115 milioni di persone nel cuore della regione indo-pacifica, strategicamente importante, sarebbe un’aggiunta preziosa alla rete di accordi commerciali dell’UE. Il blocco dei 27 e Manila hanno già relazioni commerciali consolidate, con un chiaro potenziale per un rapporto ancora più stretto: secondo i dati ufficiali diffusi da Bruxelles, gli scambi di merci hanno raggiunto un valore di oltre 18,4 miliardi di euro nel 2022, mentre gli scambi di servizi hanno raggiunto un valore di 4,7 miliardi di euro nel 2021. L’UE è anche uno dei maggiori investitori nelle Filippine, con uno stock di investimenti diretti esteri dell’UE nelle Filippine che raggiungerà i 13,7 miliardi di euro nel 2021. Oltre a essere un’economia importante e in crescita, le Filippine possiedono anche importanti riserve di materie prime critiche, tra cui nichel, rame e cromite. “Insieme ai rinnovati sforzi delle Filippine per sfruttare il proprio potenziale di energia rinnovabile e alla recente liberalizzazione per gli investitori stranieri nel settore, le Filippine sono un partner importante nella transizione green”, sottolinea la Commissione Europea. L’UE e le Filippine faranno ora i rispettivi preparativi tecnici per il primo round della ripresa dei negoziati, previsto per la fine dell’anno. L’UE ha già concluso accordi di libero scambio all’avanguardia con due Paesi dell’ASEAN (Singapore e Vietnam), sta negoziando accordi di libero scambio con l’Indonesia e la Thailandia e sta effettuando una valutazione per un ulteriore accordo con la Malesia. Le Filippine godono attualmente di preferenze commerciali nell’ambito del Sistema di preferenze generalizzate + dell’UE, un regime speciale di incentivi per lo sviluppo sostenibile e il buon governo che garantisce l’accesso in esenzione doganale al mercato dell’UE per due terzi delle linee tariffarie.

Il ruolo della Cina nel commercio ASEAN

Negli ultimi anni Pechino e i Paesi del Sud-Est asiatico hanno firmato una serie di accordi di cooperazione economica

Editoriale a cura di Lorenzo Riccardi, Managing Partner RsA Asia

Il ruolo di Pechino in Asia è promosso dal volume degli scambi commerciali e dal numero di accordi bilaterali e multilaterali. Nella regione Asia-Pacifico, la Cina ha firmato 42 accordi contro la doppia imposizione, dieci accordi di libero scambio e ha promosso accordi multilaterali di libero scambio con l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN), i Paesi del Partenariato Economico Complessivo Regionale (RCEP), le economie del Golfo (Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti) e i Paesi del Nord-Est Asiatico (Giappone e Corea). Il numero di trattati fiscali, accordi di investimento e accordi di libero scambio è proporzionalmente molto più alto nei Paesi vicini dell’area orientale rispetto ad altre regioni del pianeta. Ciò determina una tendenza all’accelerazione delle relazioni economiche, soprattutto con il principale partner commerciale: il blocco ASEAN. Per rafforzare la partnership commerciale, negli ultimi 20 anni Cina e ASEAN hanno firmato una serie di accordi di cooperazione economica. Tra questi, un accordo globale sulla cooperazione economica globale tra ASEAN e Cina nel 2002, l’istituzione dell’Area di libero scambio ASEAN-Cina (ACFTA) attuata in diverse fasi tra il 2005 e il 2010, l’Accordo di libero scambio Cina-Singapore in vigore dal 2008, un accordo sugli investimenti ASEAN-Cina nel 2009, l’Accordo di libero scambio ASEAN-Hong Kong SAR Cina in vigore dal 2019, il Partenariato economico globale regionale firmato nel 2020 e l’accordo di libero scambio con la Cambogia in vigore dal 2022. Pechino ha inoltre firmato accordi di esenzione reciproca dal visto tra il 2023 e il 2024 con Thailandia, Malesia e Singapore. È prevista una procedura di visto all’arrivo per i cittadini cinesi che si recano in Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos e Myanmar e una procedura semplificata di visto elettronico per il Vietnam. Tra i Paesi ASEAN, solo le Filippine richiedono un visto preventivo per i visitatori cinesi. Nel commercio Cina-ASEAN, Kuala Lumpur è il maggior esportatore con 102 miliardi di dollari di dati delle dogane cinesi nel 2023 (quasi quattro volte il volume delle esportazioni italiane in Cina), mentre Hanoi è il maggior importatore di prodotti cinesi con circa 137 miliardi di dollari. L’ASEAN e Pechino crescono oltre la media globale e la Cina ha nel Sud-Est asiatico il suo primo partner commerciale con 911 miliardi di dollari di scambi nel dicembre 2023, superando il volume aggregato di importazioni ed esportazioni registrato dalla Repubblica Popolare con l’Unione Europea (783 miliardi di dollari) e gli Stati Uniti (664 miliardi di dollari).

L’AUSTRALIA PUNTA SULL’ASEAN

Pubblichiamo qui uno stralcio del discorso della Ministra degli Esteri Penny Wong al summit di Melbourne tra Australia e ASEAN

Quando l’ASEAN era ancora agli albori, circa cinquant’anni fa, il nostro visionario Primo Ministro Gough Whitlam riconobbe che l’ASEAN era già centrale nella gestione delle sfide della regione, e capì che lo sarebbe diventata sempre di più. Per questo motivo, si impegnò con entusiasmo a favore dell’ASEAN e ben presto l’Australia divenne il primo paese non membro a stabilire relazioni formali, quando il Primo Ministro Whitlam firmò per l’Australia come primo partner di dialogo dell’ASEAN. Il Primo Ministro Whitlam sapeva che, sebbene gran parte della nostra storia fosse in Europa, la nostra casa e il nostro futuro sono nella nostra regione. Ha riconosciuto il ruolo che il Sud-Est asiatico avrebbe avuto nel destino dell’Australia e del mondo. A sua volta, Whitlam vedeva l’Australia come “un vero partecipante al destino della regione”. E, come sempre, pensando al futuro, disse: “Non si può tornare indietro da questo impegno”. In effetti, è stato dimostrato che aveva ragione. E il nostro impegno è cresciuto fino a diventare un Partenariato strategico globale tra l’ASEAN e l’Australia, la formalizzazione dell’impegno permanente dell’Australia nei confronti della centralità dell’ASEAN. La formalizzazione di una verità che l’Australia non solo riconosce, ma abbraccia: condividiamo una regione e un futuro. Siamo legati dalla geografia che il destino ha scelto per noi e siamo rafforzati dal partenariato che abbiamo scelto per noi stessi. Le nostre nazioni e i nostri popoli si arricchiscono con gli scambi commerciali. Le nostre nazioni e i nostri popoli beneficiano della pace, della stabilità e della sicurezza che costruiamo insieme. La nostra fede nel successo condiviso è alla base dell’impegno dell’Australia per un maggiore partenariato economico. Abbiamo tutti la responsabilità di plasmare la regione che vogliamo condividere: pacifica, stabile e prospera. I nostri partenariati di difesa di lunga data nella regione, anche con gli Stati membri dell’ASEAN, non costruiscono solo interoperabilità, ma anche amicizia e comprensione. I Paesi della nostra regione dipendono dagli oceani, dai mari e dai fiumi per il loro sostentamento e per il commercio, comprese le rotte marittime libere e aperte nel Mar Cinese Meridionale. Per questo sono lieta di annunciare che nei prossimi quattro anni stanzieremo altri 64 milioni di dollari, di cui 40 milioni di dollari di nuovi finanziamenti, per potenziare i partenariati marittimi australiani nel Sud-Est asiatico. Sono inoltre lieta di annunciare un ulteriore stanziamento di 222,5 milioni di dollari per sostenere la resilienza nella subregione del Mekong. Una seconda fase del Partenariato Mekong-Australia porterà investimenti nella sicurezza idrica, nella resilienza ai cambiamenti climatici, nella lotta alla criminalità transnazionale e nel rafforzamento della leadership subregionale.

ASEAN e India, il legame si rafforza

Il viaggio a Nuova Delhi del Segretario generale dell’Associazione avvicina il blocco al gigante asiatico

Su invito del governo della Repubblica dell’India, S.E. Dr. Kao Kim Hourn, Segretario generale dell’ASEAN, ha effettuato una visita di lavoro in India dal 12 al 15 febbraio 2024. febbraio. La visita ha avuto lo scopo di far progredire ulteriormente il Partenariato Strategico Complessivo (CSC) ASEAN-India partenariato strategico globale (CSP), riattivando gli impegni attraverso lo spettro dei tre pilastri comunitari dell’ASEAN e promuovendo la diplomazia e la visibilità dell’ASEAN in India. Radicato in secoli di legami civili, connettività marittima e scambi interculturali, il Partenariato Strategico Complessivo ASEAN-India ha continuato a guadagnare slancio. Durante la visita, l’India ha riaffermato al Segretario generale dell’ASEAN il suo impegno a collaborare con l’ASEAN e i suoi partner a sostegno della pace, della stabilità e della prosperità della regione. L’India ha espresso il suo incrollabile sostegno alla centralità dell’ASEAN e alle prospettive dell’ASEAN per l’Indo-Pacifico (AOIP) come principio e quadro di riferimento per la promozione della cooperazione nella regione. La visita ha messo in evidenza la posizione dell’India come ottavo partner commerciale dell’ASEAN, con un commercio totale di 113,08 miliardi di dollari, pari al 2,94% del commercio totale dell’ASEAN. Nel frattempo, i flussi di investimenti diretti esteri dall’India all’ASEAN sono stati pari a 0,68 miliardi di dollari nel 2022. Per massimizzare ulteriormente il potenziale della cooperazione economica ASEAN-India e al contempo delle incertezze geo-economiche, il Segretario generale dell’ASEAN ha comunicato all’India la necessità per entrambe le parti di incrementare ulteriormente gli scambi e gli investimenti, anche attraverso l’utilizzo pieno ed efficace dell’area di libero scambio ASEAN-India (AIFTA), un rapido utilizzo della AIFTA (ASEAN-India Free Trade Area), la rapida conclusione dei negoziati di revisione dell’Accordo ASEAN-India sul commercio di beni (AITIGA) e la potenziale partecipazione dell’India al Partenariato economico globale regionale (RCEP). Nel frattempo, nel settore del turismo, le discussioni durante la visita hanno rilevato un aumento significativo del numero di arrivi di visitatori dall’India all’ASEAN, che si è attestato a 2,38 milioni nel 2022. Questo riflette i segnali positivi della ripresa post-COVID-19, che si prevede porterà ulteriori benefici ad entrambe le parti attraverso lo sviluppo di un turismo sostenibile e la collaborazione su iniziative di marketing per presentare l’ASEAN come una destinazione turistica unica per il mercato indiano.

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La visione dell’ASEAN sul 2024

Pubblichiamo qui uno stralcio del documento finale dell’incontro del 28 e 29 gennaio a Luang Prabang (Laos) tra i Ministri degli Esteri dell’ASEAN 

Il 29 gennaio 2024 si è tenuto a Luang Prabang, nella Repubblica Democratica del Laos, il ritiro dei ministri degli Esteri del Laos. Abbiamo avuto discussioni approfondite sull’attuazione della Visione della Comunità ASEAN 2025 e sulle priorità per la presidenza del Laos nel 2024, nonché sui modi concreti e sostenibili per rafforzare ulteriormente la Comunità dell’ASEAN, l’unità, la centralità e la resilienza dell’ASEAN in mezzo alle sfide regionali e globali. Abbiamo abbiamo anche scambiato opinioni sulle relazioni esterne dell’ASEAN e sui recenti sviluppi regionali e internazionali di interesse e preoccupazione comuni. 

Abbiamo ribadito il nostro forte impegno a sostenere il regionalismo e il multilateralismo e abbiamo sottolineato l’importanza di aderire ai principi chiave, ai valori condivisi e alle norme sancite dalla Carta delle Nazioni Unite, dalla Carta dell’ASEAN, dalla Dichiarazione sulla zona di pace, libertà e neutralità, la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) del 1982, il Trattato sulla Zona libera da armi nucleari nel Sud-Est asiatico (SEANWFZ).

Abbiamo riaffermato il nostro impegno comune a mantenere e promuovere la pace, sicurezza e la stabilità nella regione, nonché alla risoluzione pacifica delle controversie, compreso il pieno rispetto dei processi legali e diplomatici, senza ricorrere alla minaccia o all’uso della forza, in conformità con i principi del diritto internazionale.

Abbiamo discusso gli sviluppi in Myanmar e riaffermato la nostra posizione unitaria che il consenso in cinque punti rimane il nostro principale riferimento per affrontare la crisi politica in Myanmar, con l’unico obiettivo di ristabilire la pace, la stabilità e una risoluzione politica globale guidata dal Myanmar. Abbiamo accolto con favore le revisioni e decisioni dei leader dell’ASEAN sull’attuazione del consenso in cinque punti Consenso in cinque punti, adottate in occasione del 40° e 41° Vertice dell’ASEAN nel 2022 e del 43° Vertice dell’ASEAN nel 2023. 

Abbiamo riaffermato l’impegno dell’ASEAN ad assistere il Myanmar nella ricerca di una soluzione pacifica, globale e duratura al conflitto in corso, poiché il Myanmar rimane parte integrante dell’ASEAN. Gli Stati membri dell’ASEAN hanno accolto con favore la nomina di S.E. Alounkeo KITTIKHOUN, ex Ministro presso l’Ufficio del Primo Ministro della Repubblica Democratica del Laos, quale inviato speciale della presidenza dell’ASEAN per il Myanmar per il 2024, in quanto continuiamo a impegnarci per promuovere i progressi nell’attuazione dell’accordo di partenariato con il Myanmar.

Abbiamo apprezziamo gli sforzi compiuti finora per raggiungere le parti interessate e confidiamo nella sua volontà di aiutare la popolazione del Myanmar a trovare una soluzione guidata dal Myanmar verso un Myanmar pacifico, stabile e unificato che contribuisca alla pace e alla prosperità della regione.

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Il Landbridge thailandese avvicinerà Est e Ovest

Pubblichiamo qui uno stralcio del discorso del Premier della Thailandia Srettha Thavisin sul progetto Landbridge

Il progetto della mega infrastruttura Landbridge della Thailandia è uno sforzo verso la creazione di una connettività senza soluzione di continuità per aumentare le prospettive di crescita a lungo termine nella regione ed è pienamente in linea con la diplomazia economica proattiva del mio governo.

Il progetto comprenderà la costruzione di porti d’alto mare a Ranong, sulla costa tailandese delle Andamane, e a Chumphon, nel Golfo della Thailandia. Situati a circa 90 chilometri di distanza, i due porti opereranno secondo il concetto “un porto, due lati”, supportati da un’autostrada e da linee ferroviarie a doppio binario per collegare i porti tra loro e con la rete nazionale del paese.

Ogni porto avrà la capacità di gestire fino a 20 milioni di container standard all’anno. Il piano prevede anche l’installazione di una rete di oleodotti e gasdotti. Il costo totale stimato ammonta a 1 trilione di baht (28 miliardi di dollari).

Il progetto Landbridge rappresenta un’opportunità senza precedenti per migliorare la connettività tra gli oceani Pacifico e Indiano e per collegare l’attività economica tra le due regioni.

Promette di facilitare un maggiore movimento di merci e persone tra Oriente e Occidente, offrendo una via praticabile per il commercio marittimo oltre allo Stretto di Malacca.

Una volta completato, si prevede che il Landbridge ridurrà i tempi di viaggio in media di quattro giorni tra l’Oceano Indiano e il Pacifico e ridurrà i costi di trasporto del 15%. Per un’azienda che spedisce merci da Chennai a Yokohama, ad esempio, ciò potrebbe significare un risparmio fino a cinque giorni e il 4% sui costi.

Coloro che hanno familiarità con lo sviluppo logistico della Thailandia potrebbero vedere il Landbridge come una rielaborazione moderna di una proposta secolare di dragare un canale attraverso l’istmo di Kra.

Nonostante sia stato originariamente approvato nel 1989 come parte del Corridoio Economico Meridionale della Thailandia, varie considerazioni hanno lasciato questo progetto irrealizzato fino ad oggi. Ora i tempi si allineeranno bene con le prospettive di crescita delle economie del subcontinente indiano e dell’Africa.

I piani prevedono che la prima fase di costruzione inizi nel settembre 2025 e duri fino all’ottobre 2030. Gli appaltatori saranno probabilmente in grado di fare offerte per il progetto tra aprile e giugno 2025.

Si prevede che il Landbridge porterà benefici per 1,3 trilioni di baht all’economia tailandese e aumenterà il tasso di crescita annuo del prodotto interno lordo del paese dell’1,5% attraverso maggiori opportunità di esportazione e la creazione di 280.000 posti di lavoro. Porterà anche nuove opportunità di sviluppo per altre province del sud della Thailandia.

ASEAN e Cina: il legame resta profondo

Il Sud-Est asiatico e Pechino sono legati da profondi intrecci commerciali. E questo non cambierà nemmeno nel 2024

Articolo di Lorenzo Riccardi

Ad ottobre 2023, l’Indonesia ha inaugurato la sua prima rete ferroviaria ad alta velocità, con un viaggio del presidente Joko Widodo sul bullet train tra la capitale Jakarta e la città di Bandung. Un investimento da 7.3 miliardi di dollari per una rotta di 140 chilometri costruita da aziende cinesi e indonesiane che permette di viaggiare alla velocità di punta di 350 chilometri all’ora, facilitando il commercio e la logistica nella regione.

A novembre 2023 è stato lanciato il primo treno passeggeri ad alta velocità che collega la città di Pechino, capoluogo cinese, e Vientiane, capitale del Laos.

Si tratta di un lungo itinerario turistico sulla ferrovia Cina-Laos che si aggiunge alle rotte tra la provincia dello Yunnan e la regione ASEAN inaugurate nei due anni precedenti. Un progetto simbolo delle relazioni tra il Sud-Est asiatico e la Repubblica Popolare Cinese che fa parte dell’iniziativa Belt and Road, con l’obiettivo di promuovere il movimento di persone e beni tra la Cina meridionale e il Sud-Est dell’Asia. 

Queste infrastrutture sono parte di un progetto più grande che porterà a collegare con 5.500 chilometri di rete ad alta velocità Pechino con Singapore attraverso Laos, Thailandia, Malaysia e collegando le capitali Vientiane, Bangkok, Kuala Lumpur e Singapore per promuovere la logistica della regione, il commercio e il turismo.

L’iniziativa Belt and Road, da cui Roma è da poco uscita, comprende in Asia 42 delle 49 nazioni del continente e tutti e dieci i paesi del Sud-Est asiatico, dal Brunei all’Indonesia.

Per la Cina la regione ASEAN occupa una posizione geopolitica fondamentale, fungendo da crocevia per le principali rotte marittime e attirando l’interesse di ogni potenza globale. 

Dal punto di vista economico, il prodotto interno lordo aggregato della regione supera 3.600  miliardi di dollari, trainato da una crescita tra le più elevate: 4,2 per cento nel 2023 e 4,6 per cento nel 2024 in base alle stime del Fondo Monetario Internazionale (FMI).

Il ruolo del Sud-Est asiatico nelle catene globali di approvvigionamento, le ricche risorse naturali e gli accordi commerciali evidenziano l’importanza strategica della regione, mentre lo sviluppo delle infrastrutture e le iniziative di connettività ne aumentano la rilevanza globale.

Secondo le stime del FMI dell’outlook di ottobre, la Cina registrerà una crescita al 5 per cento nel 2023 e al 4,2 per cento nel 2024, mentre si osservano variazioni nei trend del PIL per i paesi dell’ASEAN con Cambogia, Filippine, Indonesia e Vietnam che presentano i tassi di crescita più alti per il biennio 2023-2024.

Brunei è l’economia minore della regione e mostra un calo dello 0,8 per cento nel 2023, con una notevole ripresa al 3,5 nel 2024, indicando un’inversione di tendenza. La Cambogia registra la migliore performance, con un aumento del prodotto interno lordo pari al 5,6 per cento nel 2023 e un ulteriore incremento del 6,1 per cento nel 2024.

Le Filippine, prevedono una variazione del 5,3 per cento nell’anno in corso, e un ulteriore aumento al 5,9 per cento nel 2024, confermando la maggior crescita nel Gruppo ASEAN-5 dei cinque paesi a maggior popolazione e PIL.

Indonesia e Laos mantengono un trend costante, con Jakarta al +5 per cento sia per il 2023 che per il 2024 e Vientiane al 4 per cento nel biennio. La Malaysia mostra dati incrementali al 4 per cento nell’anno corrente e al 4,3 per cento per il prossimo anno.

Per la Birmania si stima un aumento del 2,6 per cento sia nel 2023 che nel 2024, mentre per Singapore che ha il maggior PIL pro capite si valuta un’espansione al 1 e al 2,1 per cento nel biennio 2023-2024.

Infine, il Fondo Monetario Internazionale prevede un aumento graduale nei due anni per la Thailandia, con una crescita del 2,7 e 3,2 per cento; il Vietnam, tra le grandi economie della regione, registra il maggior delta con PIL + 4,7 per cento nel 2023 e una proiezione del 5,8 per cento nel 2024.

ASEAN e Pechino crescono oltre la media globale che si ferma al +3 per cento nel 2023 e 2,9 per cento nel prossimo anno. 

La Cina ha nel Sud Est Asiatico il suo primo partner commerciale con 826 miliardi di dollari di scambi a novembre 2023, sopra al volume di import ed export aggregato registrato da Pechino con Unione Europea (716 miliardi di dollari) e Stati Uniti (607 miliardi di dollari) nei primi undici mesi dell’anno. 

Kuala Lumpur, che ha appena siglato accordi per mutua esenzione da visto di ingresso con la Cina è il maggior esportatore con 94 miliardi di dollari nei dati delle dogane cinesi di novembre (quasi quattro volte il volume dell’export italiano verso la Cina che si attesta a 24,9 miliardi di dollari) mentre Hanoi è il maggior importatore di prodotti cinesi con circa 124 miliardi di dollari.

Per promuovere la partnership nel commercio, la Cina e l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico hanno firmato una serie di accordi sulla cooperazione economica con moltissimi trattati bilaterali e multilaterali siglati negli ultimi 20 anni.

-Accordo quadro sulla cooperazione economica globale tra ASEAN e Cina: Firmato nel 2002, questo accordo è servito come fondamento per la cooperazione economica tra Pechino e i paesi membri dell’ASEAN. Ha delineato i principi e le aree di collaborazione, inclusi il commercio, gli investimenti e l’integrazione economica.

-Area di libero scambio ASEAN-Cina (ACFTA): Implementata in diverse fasi tra il 2005 e il 2010, l’ACFTA ha promosso la creazione di un’area di libero scambio tra la Cina e l’ASEAN con la riduzione o l’eliminazione dei dazi su una vasta gamma di beni, favorendo maggiori flussi commerciali.

-Accordo sul commercio di beni e sulla cooperazione economica globale tra ASEAN e Cina: Firmato nel 2004, questo accordo ha introdotto disposizioni specifiche per la riduzione e l’eliminazione dei dazi su vari beni scambiati tra la Cina e i paesi dell’ASEAN.

-Accordo sugli investimenti ASEAN-Cina: Firmato nel 2009, mira a promuovere i flussi di investimenti bilaterali stabilendo un quadro per la protezione e la facilitazione degli investimenti.

-Protocollo di aggiornamento dell’Area di libero scambio ASEAN-Cina: Firmato nel 2015, questo protocollo ha potenziato ulteriormente le relazioni commerciali tra la Cina e l’ASEAN con riduzioni tariffarie e affrontando questioni legate al commercio di beni, servizi e agli investimenti.

-Protocollo di modifica dell’Accordo quadro sulla cooperazione economica globale tra ASEAN e Cina: Firmato nel 2015 con l’obiettivo di approfondire l’integrazione economica affrontando questioni quali le procedure doganali, le regole dei certificati di origine e la facilitazione del commercio.

-Accordo di libero scambio ASEAN-Hong Kong, Cina: in vigore dal 2019.

-Partenariato Economico Globale Regionale: (RCEP, Regional Comprehensive Economic Partnership) entrato in vigore nel 2022 è un accordo di libero scambio multilaterale nella regione dell’Asia-Pacifico. È considerato uno dei più grandi accordi commerciali al mondo in quanto coinvolge un vasto numero di Paesi: i 10 membri dell’ASEAN e i loro sei partner commerciali: Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda e India.