Global Lens

Il ruolo critico di ASEAN e UE tra USA e Cina

Nel nuovo contesto internazionale caratterizzato dal confronto tra USA e Cina, ASEAN e UE possono svolgere un ruolo cruciale per evitare lo scontro e favorire la cooperazione globale

L’attuale panorama internazionale è fortemente influenzato dalla crescente competizione tra gli Stati Uniti e la Cina. Questa rivalità si estende oltre il commercio e l’economia in aree come la tecnologia, la potenza militare e l’influenza geopolitica.

Il recente vertice in California ha messo in mostra la natura radicata e complessa delle relazioni USA-Cina. I Presidenti Xi e Biden, rappresentanti delle due maggiori economie mondiali, hanno discusso su una serie di temi controversi. Tuttavia, il vertice si è concluso con diverse questioni chiave irrisolte, evidenziando l’attrito persistente tra le due nazioni, in particolare sul commercio e le vicende geopolitiche, con riferimento alla situazione a Taiwan e nel Mar Cinese Meridionale.

La rivalità tra USA e Cina si sviluppa su uno sfondo di instabilità globale segnato da conflitti come la guerra in Ucraina e nel Medio Oriente. Questo complesso contesto ha portato a un declino della fiducia e della cooperazione internazionale, suscitando preoccupazioni per un potenziale ritorno alla logica dei blocchi dell’era della Guerra Fredda. Una tale divisione in sfere di influenza sarebbe dannosa, in particolare per l’UE e l’ASEAN, che si sono sviluppate in un sistema internazionale più aperto e cooperativo.

L’UE e l’ASEAN, infatti, pur con una storia e un contesto socio politico molto diverso, condividono un obiettivo fondamentale: promuovere l’integrazione dei mercati regionali per raggiungere pace, stabilità e prosperità. Tuttavia, il modello integrativo che sostengono è ora sotto minaccia dalle tensioni globali che mettono in discussione l’integrità dei mercati comuni e la coesione del modello di sviluppo di queste organizzazioni. La guerra commerciale in corso tra USA e Cina, segnata dall’imposizione di tariffe e barriere commerciali, dimostra che tensioni geopolitiche esterne possono avere un’influenza significativa sulle dinamiche di mercato interne all’UE e all’ASEAN. 

Nonostante queste prospettive difficili, nell’attuale scenario geopolitico ci sono anche notevoli opportunità sia per l’UE che per l’ASEAN. Entrambi, infatti, possiedono un’attrattiva di mercato significativa che può essere sfruttata per influenzare la dinamica politica e commerciale tra USA e Cina. L’UE, con il suo PIL di oltre 15 trilioni di dollari e una popolazione di circa 450 milioni (con un allargamento in vista), rappresenta uno dei più grandi mercati singoli al mondo. D’altra parte, l’ASEAN, con un PIL combinato di circa 3 trilioni di dollari e una popolazione che supera i 650 milioni (di cui circa il 60% è under 35), è una delle regioni in più rapida crescita a livello globale. Queste condizioni economiche mettono sia l’UE che l’ASEAN in una posizione privilegiata per mediare e potenzialmente influenzare le decisioni strategiche degli Stati Uniti e della Cina, specialmente in aree come la politica commerciale e la sicurezza regionale.

L’UE e l’ASEAN possono svolgere un ruolo cruciale nello sviluppo di un ordine mondiale multipolare più stabile, allontanando le tensioni bipolari. Ciò implica non solo rafforzare la loro coesione interna, ma anche migliorare la cooperazione interregionale tra le due organizzazioni. Consolidando le loro relazioni e investendo sull’integrazione dei mercati, questi due blocchi possono svolgere un ruolo cruciale e influente negli affari internazionali.

Iniziative diplomatiche e commerciali congiunte tra l’UE e l’ASEAN possono essere fondamentali per bilanciare l’influenza degli USA e della Cina, concentrandosi principalmente sul potenziamento del commercio e dell’integrazione economica. L’UE e l’ASEAN dovrebbero iniziare a lavorare su un quadro commerciale completo con l’obiettivo di ridurre tariffe e barriere normative. Un tale accordo, esteso a coprire l’intera regione ASEAN, creerebbe una delle più grandi aree di libero scambio al mondo, diversificando le relazioni commerciali e riducendo la dipendenza eccessiva dagli USA e dalla Cina. Stabilire standard congiunti in aree come la sicurezza dei prodotti, la proprietà intellettuale e le pratiche commerciali sostenibili potrebbe essere strategicamente molto utile. Ciò non solo allineerebbe più da vicino i mercati dell’UE e dell’ASEAN, ma potrebbe stabilire anche standard commerciali globali ambiziosi, indipendentemente dall’influenza di USA e Cina, e potrebbe potenziare il loro potere contrattuale collettivo e la loro posizione strategica nel mercato globale.

In conclusione, l’Unione Europea e l’ASEAN si trovano a un crocevia importante per la loro futura evoluzione, in un contesto di instabilità globale segnato dalla rivalità USA-Cina e da più ampie e profonde tensioni internazionali. Sebbene affrontino sfide significative, questi blocchi regionali possiedono anche opportunità uniche per influenzare l’ordine globale. Sfruttando la loro forza economica, e migliorando la cooperazione interregionale, l’UE e l’ASEAN possono svolgere un ruolo vitale nel favorire un sistema internazionale più equilibrato e pacifico. Le loro azioni e decisioni nei prossimi anni saranno cruciali nel plasmare la traiettoria della politica globale e nel garantire la stabilità e la prosperità delle loro rispettive regioni.

Startup italiane a Singapore

Con un ecosistema innovativo in crescita e un ruolo chiave nel commercio globale, Singapore offre opportunità senza pari per le aziende italiane

L’innovazione italiana mette un piede in Asia. Passando da Singapore. Il 7 novembre ha segnato il ritorno del Global Startup Program nella città-Stato, che punta a essere un catalizzatore per l’innovazione e la collaborazione tra l’Italia e la regione del Sud-Est asiatico attraverso i Paesi ASEAN. Organizzato dall’Italian Trade Agency (ITA) in collaborazione con il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il programma rappresenta un’opportunità per otto startup italiane di varie aree, tra cui fintech, healthtech, blockchain, health & fitness, sostenibilità e hrtech. L’evento, ospitato dall’Accelerator Tenity Singapore, offre alle startup la possibilità di rafforzare le proprie capacità tecniche, organizzative e finanziarie durante il processo di incubazione. Le otto startup innovative italiane, tra cui Brain & Fitness Italy, Carchain, Coffeefrom, Fairtile, Hacking Talents SRL SB, iWise, Sensosan Sell e Wibiocard. Dante Brandi, ambasciatore d’Italia a Singapore e nel Brunei, ha sottolineato l’importanza di questa partecipazione, definendo il programma come un catalizzatore per l’innovazione e la collaborazione e il rafforzamento dei legami tra Italia e Singapore. Brandi ha evidenziato il ruolo chiave di Singapore nelle strategie commerciali globali dell’Italia nella regione ASEAN, con cifre significative di esportazioni e investimenti italiani. Singapore, scelta come sede ideale, rappresenta un trampolino di lancio cruciale per le startup italiane. Con un ecosistema innovativo in crescita e un ruolo chiave nel commercio globale, Singapore offre opportunità senza pari per le aziende italiane. Ilaria Piccinni, vice commissario al commercio per Singapore e Filippine presso l’Agenzia per il commercio italiano, ha sottolineato la sinergia e l’energia nell’ecosistema delle startup di Singapore, evidenziando il potenziale delle startup italiane di prosperare e avere un impatto significativo. Con una vasta gamma di attività programmate fino al 1 dicembre 2023, il programma si propone di consolidare ulteriormente la presenza e l’influenza delle startup italiane nel panorama globale dell’innovazione. Singapore e l’ASEAN rappresentano uno snodo nevralgico per raggiungere l’obiettivo.

Climate Finance: la COP28 vista dall’ASEAN

Nel tentativo di rispondere alle esigenze regionali, i 10 membri dell’Organizzazione stanno attualmente sviluppando l’ASEAN Climate Finance Access and Mobilization Strategy, strumento volto ad armonizzare l’uso di strutture e quadri di riferimento per il monitoraggio dei flussi finanziari

Di Sibeles Chiari

A meno di un mese dalla COP28 di Dubai, aumentano le aspettative sul raggiungimento di un accordo trasformativo che allontani l’umanità da scenari catastrofici. Allarma notevolmente la situazione nella regione del Sud-Est asiatico, dove si trovano ben 6 dei 20 Stati identificati come i più vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico: Filippine, Indonesia, Malesia, Myanmar, Thailandia e Vietnam. Preoccupazioni basate su previsioni che annunciano perdite economiche maggiori rispetto a qualsiasi altra parte del mondo, con una diminuzione del PIL stimata all’11% entro il 2100. Di fatto, solo con un incremento copioso dei finanziamenti per il clima e uno sforzo congiunto da parte dei governi, investitori, banche centrali e autorità di regolamentazione finanziaria, si riusciranno a limitare perdite di natura economica e umana. Uno sforzo che, a livello globale, dovrà generare circa 2.400 miliardi di dollari di investimenti totali annui entro il 2030 per riuscire a sostenere i mercati emergenti. In effetti, al vertice di Dubai, la finanza climatica sarà al centro del dibattito politico in quanto, la mobilitazione delle risorse finanziarie e l’attivazione dei meccanismi di finanziamento innovativi (p.e Loss and Damage fund) svolgeranno un ruolo fondamentale nella lotta al cambiamento climatico e nell’accelerazione verso un’economia più sostenibile. Ciò posto, non sorprende il fatto che le dinamiche connesse alla disciplina del climate finance avranno un impatto sempre più consistente sull’andamento delle economie dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN). 

Durante le varie COP del UNFCCC, le nazioni ASEAN hanno continuamente sollecitato i Paesi più industrializzati a rispettare l’impegno preso nel 2009 di fornire 100 miliardi di dollari all’anno ai Paesi in via di sviluppo entro il 2020. Un impegno che è stato più verbale che reale, considerando che, tra il 2000 e il 2019, i Paesi ASEAN hanno ricevuto 56 miliardi di dollari dai Paesi sviluppati. Se da un lato, Stati europei come la Germania e la Francia hanno contribuito rispettivamente per l’11,8% e per l’8,4% del totale dei finanziamenti bilaterali per il clima alla regione, dall’altro il Giappone ha destinato ben il 65%. Spicca, infatti, l’influenza del Paese nipponico che ha lanciato congiuntamente ai membri ASEAN il programma SPACE per contrastare il cambiamento climatico, l’inquinamento e la perdita della biodiversità. Ulteriori finanziamenti per il clima arrivano anche dalla Cina che si posiziona come principale fornitore dei flussi Sud-Sud, seguita dall’India. Così come dagli stessi Paesi ASEAN con i loro contributi alla mobilitazione delle risorse del Green Climate Fund (GCF). Ovviamente, nel contesto di finanza climatica, non manca il consistente supporto proveniente dalla Banca Mondiale e dalla Banca asiatica di Sviluppo (AIB), quale più grande fornitore multilaterale di finanziamenti per il clima alla regione. 

In quest’ultimo decennio, più della metà di tutti i finanziamenti per il clima erogati alla regione sono stati destinati ai settori di trasporti e dello stoccaggio (32%), energia (26%) e agricoltura, silvicoltura e pesca (9%). Preme anche evidenziare le crescite elevate registrate in altri settori, quali la sanità (+427%), le imprese e vari servizi (+336%) e la risposta alle emergenze (+218%). Considerando lo spazio ASEAN, l’Indonesia, le Filippine e il Vietnam hanno ricevuto la quota più alta di finanziamenti e, in effetti, la maggior parte dei fondi è stata destinata ai settori dei trasporti, dell’energia e dell’agricoltura. Per esempio: il Vietnam ha attratto investimenti significativi in campo d’energia eolica e solare; l’Indonesia ha ricevuto finanziamenti e sostegno internazionale alle iniziative per combattere la deforestazione e promuovere la riforestazione attraverso il programma REDD+; così come gli accordi di prestito stipulati recentemente tra le Filippine e la Banca Mondiale per un valore di 876 milioni di dollari volti a finanziare tre progetti di agricoltura sostenibile (MIADP, FISHCORE e PRDP). Con dati alla mano, l’Asia riceve la quota più alta di finanziamenti per il clima tra tutte le regioni del mondo. Senza dubbio è un dato che ispira ottimismo, sebbene la quota pro-capite dei Paesi del Sud-Est asiatico rimanga la più bassa.Infine, nel tentativo di rispondere alle esigenze regionali, i 10 membri dell’Organizzazione stanno attualmente sviluppando l’ASEANClimate Finance Access and Mobilization Strategy, strumento volto ad armonizzare l’uso di strutture e quadri di riferimento per il monitoraggio dei flussi finanziari. Pertanto, tale strategia accelererà gli investimenti per l’attuazione delle azioni di mitigazione e adattamento basate sulle esigenze identificate dagli Stati membri. Un’iniziativa che favorirà l’accesso ai finanziamenti per il clima perseguendo come obiettivo finale, nonché speranza comune tra tutti noi, la salute del nostro caro pianeta.

Più cooperazione tra ASEAN e Paesi del Golfo

ASEAN e Consiglio di Cooperazione del Golfo stanno valutando un potenziale accordo di libero scambio, tema peraltro affrontato due anni fa dall’Associazione Italia-ASEAN a Dubai. Qui pubblichiamo uno stralcio del comunicato congiunto pubblicato al termine del vertice bilaterale di venerdì 20 ottobre

Ispirati dagli interessi comuni e dai legami storici profondamente radicati tra le due parti, i leader hanno scambiato opinioni su questioni regionali e internazionali comuni e hanno discusso i modi per migliorare e sviluppare la loro partnership per trarre vantaggio dalle opportunità di crescita che possono essere sfruttate attraverso la cooperazione tra le due regioni, sulla base delle visioni condivise per il futuro del loro partenariato e dei valori incarnati nella Carta delle Nazioni Unite. I leader si impegnano a:

  1. Unire gli sforzi per promuovere la pace, la sicurezza, la stabilità e la prosperità, attraverso il rispetto reciproco e la cooperazione tra i Paesi e le regioni per raggiungere lo sviluppo e il progresso e mantenere l’ordine internazionale basato sulle regole e sull’adesione alla Carta delle Nazioni Unite.
  2. Intraprendere consultazioni ed esplorare la cooperazione su aree specifiche di interesse comune per attuare le quattro aree prioritarie dell’ASEAN Outlook on the Indo-Pacific (AOIP): cooperazione marittima, connettività, Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), economica.
  3. Riconoscere l’importanza degli oceani e dei mari come fattori chiave per la crescita e la prosperità della regione e riaffermare l’importanza di mantenere e promuovere la pace, stabilità, sicurezza marittima, libertà di navigazione e di sorvolo nella regione, e di altri usi legittimi dei mari e di un commercio marittimo legittimo e senza ostacoli, nonché di promuovere la risoluzione pacifica delle controversie, in conformità con i principi universalmente riconosciuti del diritto internazionale, tra cui la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) del 1982.
  4. Rafforzare i legami tra le due parti, a livello multilaterale e bilaterale, e in forum globali, perseguendo opportunità per lo sviluppo sostenibile, la pace, la sicurezza e la stabilità e per affrontare le sfide e i rischi globali e regionali; per garantire catene di approvvigionamento sostenibili, interconnessione dei trasporti e rafforzare la sicurezza alimentare, energetica e idrica, nonché costruire una cooperazione in materia di fonti e tecnologie energetiche verdi e rinnovabili, infrastrutture turistiche, creazione di fonti energetiche.
  5. Condurre ulteriori consultazioni per esplorare nuove opportunità di commercio, investimenti e cooperazione tecnica tra l’ASEAN e il CCG, compresa la possibilità di sviluppare un accordo quadro sulla cooperazione economica, commerciale e di investimento.

Testo integrale qui.

Diplomazia climatica UE-ASEAN

Al via la Green Diplomacy Week 2023 in collaborazione tra l’Unione Europea e l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico. Ecco il programma

Domenica 15 ottobre prende il via la EU-ASEAN Green Diplomacy Week 2023. Presentata per la prima volta al pubblico nel 2019, la Settimana della diplomazia climatica è diventata un evento annuale di riferimento in cui le delegazioni e le ambasciate degli Stati membri dell’Unione Europea in tutto il mondo ospitano eventi per promuovere il dialogo e la cooperazione sui cambiamenti climatici. Il tema è particolarmente importante nell’ambito della cooperazione con il blocco dell’ASEAN. Chiamata quest’anno “Settimana della diplomazia verde”, la manifestazione intende ancora servire da piattaforma per mostrare le storie di successo e ispirare ulteriori azioni. Alla fine del 2022, l’UE ha lanciato la strategia Global Gateway, una nuova strategia globale per costruire connessioni resilienti con il mondo, con connettività sostenibile e transizioni verdi come due pilastri principali. In questo contesto, la Settimana della diplomazia verde 2023 sarà anche l’occasione per continuare a dare impulso alla nuova strategia globale. In programma una serie di eventi online, offline e ibridi. Gli eventi comprenderanno tavole rotonde, mostre e sessioni di pulizia, oltre a una divertente passeggiata/corsa/ciclismo. Gli eventi si concentreranno sul coinvolgimento dei giovani e del pubblico dell’ASEAN. Un totale di 10 eventi (online, offline e ibridi) saranno organizzati dal progetto Comunicazione e visibilità dell’UE per l’ASEAN in collaborazione con le delegazioni dell’UE negli Stati membri dell’ASEAN, i partner UE-ASEAN, le comunità e le organizzazioni giovanili degli Stati membri dell’ASEAN. Tra gli eventi inclusi nel programma: un workshop sul riciclo dei rifiuti di plastica organizzato con la Thailandia, un campo di apprendimento di 2 giorni per “giovani guardiano della natura” nelle Filippine, una serie di incontri per l’educazione alla gestione dei rifiuti in Malesia, presentazioni interattive e giochi per i bambini delle scuole indigene della foresta di Pu Mat in Vietnam. In agenda attività anche molto concrete come la pulizia di un fiume in Brunei e un concorso di fotografia e opere d’arte in Laos. Conclusione domenica 22 ottobre, con la pulizia del litorale del fiume Mekong e la piantumazione di alberi in Cambogia.

Come è andato il summit dell’ASEAN

Si è svolto a Giacarta, in Indonesia, il 43esimo vertice dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico. Sottoscritti diversi accordi dentro e fuori dal gruppo

Editoriale a cura di Lorenzo Lamperti

Ancora unito, nonostante le differenze. Joko Widodo, Presidente dell’Indonesia e padrone di casa del 43esimo summit dell’ASEAN, ha definito così il blocco dei Paesi del Sud-Est asiatico. Un blocco non nel senso geopolitico del termine, visto che l’ASEAN più di tutti promuove una terza via fatta di non competizione ma semmai di cooperazione. All’interno e all’esterno dell’Associazione, come dimostrano i risultati raggiunti durante il vertice che si è svolto nei giorni scorsi a Giacarta. Almeno 93 progetti, per un valore complessivo di 38,2 miliardi di dollari, sono stati identificati al Forum indo-pacifico dell’ASEAN, una piattaforma per i membri del blocco per mobilitare finanziamenti pubblici e privati e promuovere una più profonda cooperazione economica. Inclusi piani industriali, infrastrutturali e sulla transizione energetica. Sono state inoltre discusse altre 73 opportunità potenziali, per un valore di 17,8 miliardi di dollari. Adottate dichiarazioni su uguaglianza di genere, sostenibilità, cooperazione agricola, sicurezza alimentare e cambiamento climatico. Inoltre, durante l’incontro ASEAN +3, che oltre ai Paesi del Sud-Est include anche Cina, Giappone e Corea del Sud, è stato concordato di lavorare insieme per sviluppare un ecosistema di veicoli elettrici. Un tema cruciale per lo sviluppo economico e tecnologico del futuro prossimo, con un occhio alla sostenibilità. E, soprattutto, un settore nel quale il Sud-Est asiatico sembra destinato a giocare un ruolo di assoluto protagonista. Non è tutto. Con Pechino, alla presenza del Premier Li Qiang, è stata rilasciata una dichiarazione congiunta ASEAN-Cina sulla cooperazione reciprocamente vantaggiosa nell’Indo-Pacifico. Con Pechino si discute anche del rinnovamento dell’accordo di libero scambio entro il 2024 e di nuovi importanti investimenti sul settore strategico dei microchip. Risultati interessanti anche a livello bilaterale. Le Filippine hanno firmato un accordo di libero scambio con la Corea del Sud, mentre l’Indonesia ha chiesto agli Stati Uniti di avviare colloqui su un accordo commerciale sulle risorse minerarie. Sul fronte diplomatico, l’Australia ha annunciato che ospiterà i leader ASEAN a Melbourne il prossimo marzo per un vertice speciale in occasione dei 50 anni di relazioni. Sullo sfondo, ma neanche troppo, resta irrisolta la vicenda della crisi in Myanmar, su cui è stata predisposta la revisione del consenso in 5 punti del 2021. Permangono anche le tensioni sul Mar Cinese Meridionale, anche a causa della competizione tra Cina e Stati Uniti. Competizione in cui, come ribadito da Widodo nel suo discorso conclusivo, l’ASEAN gioca un ruolo da “teatro di pace e inclusione”.

Italia e Vietnam partner sempre più strategici

La visita del Presidente vietnamita a Roma ha rafforzato ulteriormente i rapporti tra i due Paesi. Chiuso anche un accordo tra Hanoi e Santa Sede

Editoriale a cura di Lorenzo Lamperti

Il cinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche ufficiali tra Italia e Repubblica Socialista del Vietnam ha vissuto uno dei suoi momenti più rilevanti tra il 26 e il 27 luglio, quando il Presidente vietnamita Vo Van Thuong si è recato in visita ufficiale a Roma su invito del Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella. L’incontro è stato il primo evento ufficiale tra i Capi di Stato dei due Paesi in sette anni. Ma è stata anche l’occasione per celebrare un altro anniversario, il decimo, del partenariato strategico stabilito nel 2013. Durante la visita, le due parti hanno discusso e rafforzato i legami di fiducia politica e di cooperazione strategica tra Vietnam e Italia. I due Paesi sono ormai importanti partner reciproci in vari settori, tra cui l’economia, la difesa e la sicurezza, l’istruzione e la formazione, la scienza e la tecnologia, la cultura, il turismo e altro ancora. Per quanto riguarda la cooperazione politica, diplomatica, di difesa e di sicurezza, le due parti hanno concordato di rafforzare la cooperazione tra i rispettivi Ministeri degli Affari Esteri e di mantenere consultazioni politiche a livello ministeriale tra i Vice Ministri degli Affari Esteri. Hanno inoltre sottolineato l’importanza della cooperazione nel campo della difesa e della sicurezza, concordando la possibilità di visite della Marina Militare italiana in Vietnam. In termini di cooperazione economica, commerciale e di investimenti, entrambe le parti si sono impegnate ad attuare pienamente ed efficacemente l’Accordo di libero scambio Vietnam-UE e a migliorare il reciproco accesso al mercato eliminando le barriere commerciali inutili e ingiustificate. Il Vietnam ha accolto con favore la ratifica da parte del Parlamento italiano dell’Accordo UE-Vietnam sulla protezione degli investimenti, che creerà condizioni favorevoli per gli investitori di entrambe le parti. Si è inoltre discusso delle opportunità di cooperazione in vari settori come lo sviluppo delle infrastrutture, l’economia digitale, le tecnologie avanzate, le energie rinnovabili, le industrie creative e l’agricoltura intelligente. Italia e Vietnam puntano inoltre a espandere la cooperazione nei settori scientifici e tecnologici, nell’istruzione e nella formazione e hanno incoraggiato gli scambi culturali e artistici. Il viaggio del Presidente vietnamita ha prodotto anche un importante annuncio con la Santa Sede, con la quale è stato raggiunto uno storico accordo per l’invio di un rappresentante vaticano ad Hanoi. Il Vietnam è sempre più vicino.

UE e Filippine verso il libero scambio

Importante visita a Manila della Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen. Si va verso un accordo di libero scambio

Articolo di Tommaso Magrini

Si è svolta nei giorni scorsi un’importante visita nelle Filippine di Ursula Von der Leyen. La Presidente della Commissione Europea ha incontrato il Presidente Ferdinand Marcos Junior nel palazzo presidenziale di Malacañang. Qui Von der Leyen ha manifestato l’intenzione di dare “un nuovo slancio alle relazioni bilaterali tra Unione europea e Filippine”. In cima all’agenda: commercio, transizione ecologica, innovazione digitale e sicurezza. Sul primo punto i due leader hanno annunciato l’intenzione di perseguire il rilancio dei negoziati per un accordo di libero scambio “ambizioso, moderno ed equilibrato, incentrato sulla sostenibilità”. Piano ambizioso, che segue gli accordi di libero scambio conclusi dall’Unione europea con Singapore e Vietnam negli scorsi anni. A testimonianza del fatto che Bruxelles punta molto sul Sud-Est asiatico, area in grande ascesa che consente anche una diversificazione dei rapporti commerciali e diplomatici nella regione asiatica rispetto alla Cina. “Le Filippine sono per noi un partner fondamentale nella regione indo-pacifica e con l’avvio di questo processo di valutazione stiamo aprendo la strada per portare il nostro partenariato al livello successivo”, ha detto von der Leyen. “Insieme, realizzeremo il pieno potenziale della nostra relazione, creando nuove opportunità per le nostre aziende e i consumatori, sostenendo anche la transizione verde e promuovendo un’economia giusta”. Per la Presidente della Commissione europea, il futuro accordo di libero scambio comprenderà impegni ambiziosi in materia di accesso al mercato, procedure sanitarie e fitosanitarie rapide ed efficaci, nonché la protezione dei diritti di proprietà intellettuale, comprese le indicazioni geografiche”. Al centro però anche il tema della sostenibilità, dossier su cui è già arrivato un annuncio durante la visita. Von der Leyen e Marcos hanno infatti lanciato l’iniziativa Team Europe sulla green economy, che prevede un contributo Ue di 466 milioni di euro per la gestione “verde” dei rifiuti. Il tutto nell’ambito del programma Global Gateway lanciato dalla Commissione europea. Previsto anche il trasferimento di competenze, formazione e tecnologie volte a costruire un modello alternativo di gestione dei rifiuti di plastica. “Le Filippine e l’Ue sono partner affini grazie ai nostri valori condivisi di democrazia, prosperità sostenibile e inclusiva, Stato di diritto, pace e stabilità e diritti umani”, ha detto invece Marcos. “I continui scambi tra me e la presidente von der Leyen, iniziati a Bruxelles l’anno scorso, testimoniano il nostro comune desiderio di portare le nostre relazioni bilaterali a livelli più alti”, ha aggiunto.

L’Ambasciatore Mario Vattani saluta Singapore

Il diplomatico lascia la città-stato. Pubblichiamo qui un estratto del suo commiato alla comunità italiana, effettuato in un video su youTube 

Nel momento in cui mi preparo a lasciare questa sede, tengo a salutare i membri della nostra comunità italiana a Singapore. Il vostro sostegno e la vostra presenza sono stati essenziali per sviluppare con Singapore questa partnership dinamica. Credo che siamo riusciti davvero a far conoscere meglio in Italia le opportunità offerte da Singapore, del resto le prove di ciò sono i tanti accordi firmati, le tante visite di alti funzionari che abbiamo accolto, dai responsabili degli esteri e dei trasporti fino a quelli per le infrastrutture, nonché le missioni del nostro ministero degli Interni, della Banca d’Italia e di tanti accademici. Con questo governo l’Italia guarda sempre di più al Sud-Est asiatico come regione di grande crescita per le nostre imprese e l’impegno aumenterà a Singapore vista la sua centralità geopolitica e economica. Ricorderete che proprio qui, il 1° maggio, è iniziata la primissima fase della campagna nell’Indo-Pacifico della nostra più moderna nave della Marina militare, la Francesco Morosini. Per noi Singapore è una vetrina importante, un Paese in grado di anticipare tendenze che saranno seguite dal resto di una regione che conta 600 milioni di abitanti e per questo motivo da quando sono arrivato ho cercato in tutti i modi di aumentare la nostra visibilità con eventi popolari come l’Italian Festival che quest’anno ha totalizzato qualcosa come 300 mila visitatori. Abbiamo aumentato la nostra presenza anche da un punto di vista strutturale. Dal settembre dello scorso anno siamo riusciti a trasferire l’Ambasciata in una nuova sede prestigiosa e centrale che ospita anche uno showroom a disposizione delle nostre aziende. Sappiamo che una caratteristica di Singapore è l’alta concentrazione di capitale e per questo lo scorso anno abbiamo lanciato il Global Sorta, portando con successo qui le nostre startup. Non a caso il nostro ministro degli Affari Esteri il presidente Antonio Tajani ha scelto proprio Singapore insieme a San Francisco e Tel Aviv per creare un Innovation Hub italiano. Singapore ha piani ambiziosi per il futuro e noi possiamo lavorare insieme per realizzarli. Ora la mia nomina a commissario generale per l’Italia all’Expo Osaka 2025 è una nuova sfida e sono sicuro che riusciremo a creare una vetrina eccezionale a Osaka per le aziende, creando nuove sfide per il futuro.

Il peculiare approccio dell’UE sulla Cambogia

Sotto il regime preferenziale EBA (Everything But Arms), l’UE azzera i suoi dazi per i Paesi in via di sviluppo che si impegnano nella promozione dei diritti umani e politici. Ma Bruxelles ha spesso soprasseduto in modo pragmatico, anche col Myanmar. La Cambogia, che si appresta alle elezioni del 23 luglio, è un’eccezione.

Il 12 febbraio 2020, la Commissione Europea ha sospeso parzialmente il regime commerciale EBA (Everything But Arms, “Tutto tranne le armi”) accordato alla Cambogia a causa delle violazioni dei diritti civili e politici da parte del Paese guidato da Hun Sen. La scelta di Bruxelles non ha praticamente precedenti e, ad oggi, la Cambogia è l’unico Paese al mondo colpito da tale provvedimento. Persino il Myanmar post-golpe gode ancora dell’EBA, nonostante molti osservatori e ONG chiedano alla Commissione di intervenire in modo simile contro il regime del Tatmadaw. La revoca dell’EBA è ancora in vigore e la scelta europea rivela che le relazioni, politiche e commerciali, tra il blocco e il Paese asiatico non godono di buona salute. Ma, nel complesso scacchiere del Sud-Est asiatico, Bruxelles e Phnom Penh devono osservare le mosse degli altri giocatori e mantenere un approccio pragmatico, se non vogliono finire in un angolo.

Per capire la portata della misura della Commissione, occorre prima conoscere le caratteristiche di questo strumento di politica commerciale. L’EBA è uno dei tre regimi del GSP (Generalised Scheme of Preference, in italiano Sistema di Preferenze Generalizzate), nonché il più vantaggioso. Gli altri due sono il GSP “semplice” e il GSP+. I regimi GSP concedono ai paesi in via di sviluppo maggiore accesso al mercato UE, riducendo in modo consistente i dazi su merci esportate verso l’Unione. L’EBA permette ai suoi beneficiari di esportare in UE senza quote e dazi quasi tutti i prodotti, “eccetto le armi”. Il Sistema ha due obiettivi: da un lato, stimolare lo sviluppo economico dei partner; dall’altro, promuovere in questi Paesi il rispetto dei diritti. Diritti in senso ampio: umani, politici, sindacali e anche ambientali. Questa seconda finalità si realizza attraverso un meccanismo di “condizionalità”: uno Stato può accedere al GSP+ o all’EBA se si impegna a ratificare e attuare concretamente una serie di convenzioni internazionali; ad esempio quelle ONU sui diritti umani e l’ambiente, o quelle dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL/ILO) sulle condizioni di lavoro e la libertà sindacale. Se il partner non si impegna in questo senso o, addirittura, si muove in senso contrario, l’UE può sospendere il regime di preferenze, portando a un immediato aumento dei dazi sulle merci che provengono da quel Paese.

Prima della Cambogia, l’UE aveva revocato un paio di volte il regime GSP e GSP+ tra 1997 e 2010, ma mai l’EBA. La scelta di Bruxelles è arrivata in risposta alla durissima repressione dell’opposizione da parte del regime di Hun Sen, particolarmente intensa a partire dal 2017. Dopo lo scioglimento per via giudiziaria del principale partito d’opposizione, il Partito della Salvezza Nazionale della Cambogia, nel 2017, tutti i suoi membri sono stati prima espulsi da ogni livello delle istituzioni cambogiane e poi arrestati, costretti all’esilio e, in alcuni casi, persino assassinati in circostanze poco chiare. Prima di prendere tale drastica decisione, Bruxelles aveva indicato a Phnom Penh alcune misure urgenti da attuare per tutelare l’opposizione, ricevendo un secco rifiuto dal Governo cambogiano. Hun Sen aveva risposto beffardo a Bruxelles, minimizzando l’importanza del supporto europeo e confondendo se stesso con l’intero Paese: “Non provate a spaventarmi. Non minacciatemi. Non minacciate la Cambogia tagliando gli aiuti allo sviluppo”.

In effetti, i rapporti commerciali tra UE e Cambogia, anche se buoni, hanno un’importanza relativa per entrambe le parti. Cina (23.4% degli scambi), Stati Uniti (15.5%), Giappone e il resto dell’ASEAN sono partner più stretti di Phnom Penh, con l’UE che complessivamente si piazza al quinto posto (9%). Ciononostante, il tono sprezzante e l’affettata sicurezza di Hun Sen stridono con l’importanza che l’UE ha per lo sviluppo del Paese e l’effettiva preoccupazione degli apparati cambogiani rispetto alla revoca dell’EBA. Nei mesi precedenti alla decisione, sia i rappresentanti cambogiani sia le lobby dei gruppi industriali più presenti nel Paese (in particolare, le aziende dello sportswear e delle biciclette) si erano dati da fare per provare a dissuadere la Commissione. E anche tra gli apparati europei c’erano prospettive differenti sulla linea da prendere. Infatti, sul piano commerciale, l’EBA liberalizza il commercio internazionale “a senso unico”, ossia favorisce l’export dalla Cambogia verso l’UE, ma non viceversa. Alcune aziende europee però ne traggono beneficio. Stabilire la produzione in Cambogia portava a un doppio risparmio: manodopera a basso costo e nessun dazio. La sospensione dell’EBA spinge perciò tali aziende a investire altrove. Non tanto per dissenso verso le politiche di Hun Sen, ma, più prosaicamente, per mantenere “efficienti le catene di approvvigionamento globali”.

Sul piano più squisitamente politico, la situazione si complica ulteriormente. Bruxelles deve tenere insieme due esigenze contrapposte. Da un lato, mantenere la credibilità del GSP e, più in generale, della sua politica commerciale orientata allo sviluppo sostenibile. Ignorare gli allarmanti sviluppi in Cambogia e continuare business as usual potrebbe sembrare ipocrita… Anche se, forse, l’UE dovrebbe prendere provvedimenti simili anche verso altri Paesi per rimanere coerente. Limitandosi al GSP, ci sono molti casi di violazioni dei diritti umani, ma tutti i Paesi “controversi” hanno beneficiato di una certa flessibilità da parte europea. Tutti tranne la Cambogia. Dall’altro lato, tagliare i legami commerciali e rendere esplicita una dura condanna politica potrebbe non avere l’effetto desiderato di promuovere i valori democratici nel Paese, ma, al contrario, potrebbe spingerlo verso altri partner “meno esigenti” che forniscono aiuti senza condizionalità. Anche su questo, Hun Sen è stato abbastanza diretto: “La Cina non mi ha mai dato preoccupazioni e non ha mai minacciato né ordinato di fare qualcosa alla Cambogia. Anche gli altri partner non dovrebbero minacciare la Cambogia”.

Anche queste parole nascondono le reali preoccupazioni della leadership cambogiana. Per Phnom Penh dipendere troppo dall’ingombrante vicino potrebbe diventare un problema, quindi è meglio seguire una sorta di “politica dei due forni”: approfittare degli aiuti (per ora) senza condizioni della Cina, ma cooperare anche con Stati Uniti e i loro alleati, in modo da “diversificare” le fonti di sostegno economico e legittimazione politica. In questo senso, è interessante osservare la postura cambogiana riguardo alla guerra russo-ucraina, nettamente pro-Kyiv. Questo riavvicinamento a Washington potrebbe spingere i Paesi liberal-democratici a chiudere un occhio sulle violazioni dei diritti umani e politici in nome della realpolitik. Il pragmatismo potrebbe anche aiutare a riavviare un dialogo tra UE e Cambogia. Per il momento, Bruxelles mantiene la linea dura, ma potrebbe riconciliarsi con il Paese asiatico in futuro. Forse non in nome dei diritti, ma del pragmatismo.

L’Ambasciatore Alessandro saluta il Vietnam

Il diplomatico italiano si prepara a lasciare Hanoi. Il commiato raccontato dai media vietnamiti

In Vietnam dal novembre del 2018, l’Ambasciatore italiano Antonio Alessandro, ha effettuato la scorsa settimana due importanti visite di commiato. Nello specifico al Presidente del Comitato del Popolo di Hanoi, Tran Sy Thanh, e al Ministro degli Affari Esteri, Bui Thanh Son. “Nel corso degli anni, gli scambi interpersonali hanno favorito la fiducia e la comprensione reciproca tra il Vietnam e l’Italia in generale, e tra Hanoi e Roma in particolare, aprendo la strada a un’ampia cooperazione in campo economico, commerciale e degli investimenti”,  ha dichiarato Tran Sy Thanh. Come racconta l’Hanoi Times, ha poi espresso gratitudine all’ambasciatore per le sue preziose intuizioni e ha riconosciuto il suo contributo allo sviluppo complessivo delle relazioni bilaterali tra le due nazioni. Con l’impegno di promuovere la cooperazione, Tran Sy Thanh ha assicurato che il governo locale continuerà a facilitare le attività dell’Ambasciata italiana ad Hanoi creando condizioni favorevoli. Il media vietnamita racconta che “durante l’incontro, l’Ambasciatore Antonio Alessandro ha espresso la sua profonda gratitudine e il suo senso di appartenenza dopo aver prestato servizio in Vietnam per oltre quattro anni, affermando di sentirsi un cittadino di Hanoi”. Alessandro ha poi affermato che l’Ambasciata d’Italia ha ricevuto un eccellente sostegno e collaborazione da parte del Comitato del Popolo di Hanoi, che ha portato a notevoli risultati nei vari campi della cooperazione tra Vietnam e Italia, che spaziano dalla cultura alla società, dall’economia al commercio e al turismo. Il commercio bilaterale tra Vietnam e Italia ha registrato una crescita positiva, con le imprese italiane che partecipano sempre più attivamente al mercato del Paese del Sud-Est asiatico. L’Ambasciatore ha poi anticipato nuovi progressi nelle relazioni tra Vietnam, Hanoi e diverse località italiane. Iniziative come il Memorandum d’intesa sulla cooperazione tra Roma e Hanoi e la candidatura di Roma a ospitare l’EXPO 2030 offrono prospettive promettenti per una maggiore cooperazione. Il tutto mentre proprio quest’anno si celebra il 50esimo anniversario dell’avvio delle relazioni diplomatiche ufficiali. Concludendo il suo intervento, racconta l’Hanoi Times, “Alessandro ha affermato che sebbene il suo mandato sia ormai concluso, il suo affetto e il suo legame con Hanoi e il Vietnam dureranno a tempo indeterminato”. 

Il problema dell’acqua

Gli effetti dell’aumento delle temperature sull’Himalaya in un nuovo report: la principale riserva idrica del continente rischia di andare a secco nel 2100. Con conseguenze per un’area in cui nascono Yangtze e Fiume Giallo, Indo, Gange e Mekong

L’Asia perderà la sua principale riserva d’acqua entro il 2100. È l’allarme lanciato dai ricercatori dell’International Centre for Integrated Mountain Development (ICIMOD) di Kathmandu, che nel loro ultimo report prevedono una riduzione dei ghiacciai himalayani fino all’80% dell’attuale volume. La stima si basa sulle previsioni di aumento delle temperature globali di 4°C, ben oltre i limiti promessi dall’Accordo per il clima di Parigi ma vicini alle proiezioni reali qualora non venga intrapresa un’azione significativa. 

L’area dell’Hindu Kush, oggetto della ricerca, ospita quella che è oggi la riserva di ghiaccio più estesa al mondo dopo i due Poli. Qui si trovano 15mila ghiacciai per un totale di 100mila chilometri quadrati di superficie, da dove iniziano il loro percorso lo Yangtze e il Fiume Giallo, così come l’Indo, il Gange e il Mekong. Un’area tanto vasta da interessare direttamente le 240 milioni di persone che abitano sull’altopiano e altre 1,65 miliardi lungo i bacini fluviali. 

Secondo le previsioni di ICIMOD lo scioglimento dei ghiacciai provocherà un picco dell’approvvigionamento idrico a valle entro la metà del secolo, per poi iniziare lentamente a declinare. A partire da quel momento la disponibilità di acqua inizierà a diminuire e non vi saranno più sufficienti riserve a monte per il mantenimento degli ecosistemi locali.

Dalla dipendenza dei sistemi energetici dall’idroelettrico fino all’instabilità delle risorse idriche per l’agricoltura, lo scioglimento dei ghiacciai avrà e ha già adesso un impatto epocale sul continente. Questo in una regione dove l’80% delle precipitazioni si concentra nei quattro mesi della stagione monsonica, oggi sempre più intensa, breve e calda. Nel 2021 la presidente dell’Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio di disastri Mami Mizutori aveva definito la siccità “la prossima pandemia”. Peccato, aggiungeva, che per la siccità non esiste alcun vaccino. 

La scarsità di risorse idriche entra in gioco in un’area dove, negli ultimi vent’anni, gli investimenti nell’energia idroelettrica sono esplosi. Cento dighe sono oggi operative nei sedici paesi raggiunti dalle acque provenienti dall’altopiano, mentre è prevista la costruzione di altre 650 dighe nei prossimi anni. L’entusiasmo verso le opportunità derivanti da questa fonte apparentemente sostenibile è stato presto smorzato dalle ondate di calore record che si susseguono di anno in anno. Un picco delle temperature prolungato che, come sta accadendo in Vietnam da oltre cinque settimane, ha portato alla graduale chiusura di alcune delle principali centrali idroelettriche del paese. 

Ma l’appetibilità delle risorse idriche per sostenere la rampante domanda energetica dei nuovi poli industriali ha generato narrazioni ben diverse nella comunità degli investitori internazionali. Dall’Irrawaddy per il Myanmar al Mekong per il Laos, sono tante le aziende e le istituzioni che vorrebbero cogliere l’occasione di trasformare questi paesi nelle “batterie dell’Asia”. Il potenziale idrico dei grandi fiumi asiatici viene spesso definito “un’opportunità mancata” o “ampiamente sottosfruttata”. 

A ciò sta contribuendo una graduale conversione delle catene di approvvigionamento globali nell’Asia meridionale e nel Sud-Est asiatico dovuta all’aumento dei costi della manodopera cinese e alle tensioni internazionali. Non meno importanti sono gli sgravi fiscali adottati dai governi per attirare gli investitori stranieri, così come i numerosi accordi commerciali. Tutte misure che stanno ampliando l’accesso ai mercati asiatici e, facilitando gli scambi regionali, permettono di delocalizzare un’intera filiera produttiva sulla base dei benefici fiscali o economici dei vari paesi.

La contrazione della calotta polare sta alle esplorazioni energetiche nei mari del nord come lo scioglimento dei ghiacciai sta alle ambizioni infrastrutturali e minerarie di Pechino. È infatti la Repubblica Popolare, in particolare, a puntare sulla crescente accessibilità dell’altopiano himalayano. Recentemente alcuni ricercatori hanno identificato una vena di terre rare che potrebbe estendersi per mille chilometri lungo il confine meridionale del Tibet, fattore che potrebbe tanto rafforzare la posizione dominante della Cina su uno dei mercati più strategici nel nostro tempo, quanto far riaffiorare le tensioni con la vicina India.

Una maggiore presenza di attività antropiche sull’altopiano himalayano, infatti, sta già facendo ritornare alla luce le rivendicazioni territoriali dei diversi governi della regione. È il caso della contea tibetana di Lhunze, uno dei maggiori bacini di terre rare localizzati in un’area tuttora contestata dall’India e dove gli investimenti infrastrutturali sono più che raddoppiati tra il 2016 il 2019. L’escalation di un conflitto legata tanto alle nuove risorse minerarie potrebbe presto rappresentare solo l’anteprima di un più aspro scontro per le risorse idriche. Escludendo il Trattato delle acque dell’Indo firmato da India e Pakistan, non esiste alcun meccanismo regionale dedicato alla redistribuzione e ai diritti di utilizzo delle acque dei fiumi che attraversano più stati asiatici. 

La massiccia presenza di dighe cinesi a monte del Mekong è solo un esempio di quanto sia ancora considerata marginale l’emergenza idrica che, prima o poi, non sarà più solo un problema di pochi contadini. La sua marginalità, conclude il report, è anche dovuta al vuoto conoscitivo sugli ecosistemi oltre i dati: la dimensione umana, sottolinea il documento, è fondamentale per capire quali conseguenze e quali soluzioni si stanno mettendo in campo. Le popolazioni locali si stanno adattando, ma lo stanno facendo attraverso forme di sostegno e ridefinizione autonomi e su scala ridotta. Ma la crisi climatica è transfrontaliera, e i suoi effetti sulle già complesse relazioni tra gli attori della regione sono – ancora – tutte da vedere.