Pubblichiamo qui un estratto di un articolo a firma di Maria Siow pubblicato sul South China Morning Post
La prospettiva che i Paesi del Sud-Est asiatico entrino a far parte dei BRICS ha suscitato un acceso dibattito tra gli analisti: i sostenitori sostengono che l’adesione potrebbe sbloccare lucrose opportunità commerciali e geopolitiche, mentre gli scettici avvertono che rischia di trascinare i Paesi nell’orbita di Cina e Russia e di erodere ulteriormente l’unità regionale. Thailandia e Malesia hanno annunciato nelle scorse settimane che chiederanno l’adesione alla piattaforma, seguendo le orme di Laos e Myanmar, che hanno dichiarato il loro interesse lo scorso anno. Contrariamente ai timori che l’adesione ai BRICS possa erodere l’unità e la centralità dell’ASEAN, diversi analisti asiatici ritengono che l’Associazione abbia la flessibilità e la capacità di resistenza necessarie per mantenere la sua importanza per gli Stati membri. Molti membri dell’ASEAN appartengono anche ad altre organizzazioni come l’Organizzazione della cooperazione islamica, l’Associazione dell’Oceano Indiano e il forum della Cooperazione economica Asia-Pacifico. Altre istituzioni multilaterali a cui i membri dell’Asean appartengono già sono la Banca asiatica di sviluppo, la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e la Banca asiatica d’investimento per le infrastrutture. “L’adesione ai BRICS darà accesso a una nuova fonte di finanziamento per le numerose esigenze di sviluppo dei Paesi della regione del Sud-Est asiatico”, ha dichiarato Jayant Menon, senior fellow dell’ISEAS-Yusof Ishak Institute di Singapore, riferendosi alla Nuova Banca di Sviluppo istituita nel 2015 dai Paesi BRICS. Anche l’Indonesia e il Vietnam hanno dichiarato che stanno valutando i vantaggi dell’adesione ai BRICS. L’adesione al gruppo delle economie emergenti potrebbe fornire un migliore accesso a mercati lucrativi, un aumento degli investimenti stranieri e opportunità di collaborazione per progetti infrastrutturali. L’adesione ai BRICS può essere vista anche come una mossa strategica per diversificare i partenariati economici e ridurre la dipendenza dalle istituzioni finanziarie guidate dall’Occidente. La mossa, se gestita in modo efficace, potrebbe rafforzare la voce e l’influenza del Sud-Est asiatico negli affari globali. L’Indonesia punta ad aderire anche all’OCSE entro tre anni, come ha ribadito il ministro dell’Economia coordinatore del Paese a maggio, dopo la visita a Giacarta del segretario generale dell’organizzazione, che ha incontrato il Presidente Joko Widodo. Secondo le proiezioni dell’OCSE, il prodotto interno lordo dell’Indonesia raggiungerà i 10.500 miliardi di dollari entro il 2050, diventando una delle maggiori economie insieme a Cina, Stati Uniti e India.