Nel Sud-Est asiatico è in corso una rivoluzione agro‑digitale: frutto di investimenti pubblici, partenariati internazionali e startup locali
Di Tommaso Magrini
Negli ultimi anni la Malesia ha intrapreso una trasformazione profonda nel settore agricolo, puntando su tecnologie avanzate per rafforzare la sicurezza alimentare e ridurre la dipendenza dalle importazioni. Nel pieno della “12ª Malaysia Plan”, il governo ha introdotto una serie di misure volte a spingere l’agricoltura verso modelli più efficienti, digitalizzati e sostenibili. Al centro di questa strategia ci sono le smart farm, ovvero aziende agricole altamente automatizzate che adottano strumenti come IoT, droni, robot e analisi di big data. Queste tecnologie permettono di monitorare in tempo reale variabili come pH, temperatura e umidità del suolo, ottimizzando l’irrigazione e la fertilizzazione con precisione, riducendo sprechi e aumentando le rese. Alcuni esempi pilota in stati come Perak e Johor includono sistemi di agricoltura integrata acqua‑pesce (aquaponica) e serre dotate di sensori controllati da remoto via smartphone. L’obiettivo è di poter controllare l’intera coltivazione anche a distanza, migliorando al contempo la qualità del cibo prodotto. Le smart farm non intendono soppiantare l’agricoltura tradizionale, ma affiancarla con modalità più redditizie e adatte ai mercati urbani. Il governo intende favorire la diffusione di queste tecnologie anche attraverso un fondo dedicato, formazione per agricoltori e cooperazione con piattaforme e‑commerce, per favorire la diffusione e profitto delle produzioni locali. Un altro esempio emblematico è il progetto Sunway FutureX, un laboratorio urbano che fa leva su coltivazioni verticali in ambienti controllati, sensori e algoritmi per ottimizzare la crescita e prevedere le esigenze delle colture. Questa innovazione tecnologica si inserisce in una visione più ampia: rafforzare la resilienza nazionale, rendere le produzioni più sostenibili e coinvolgere le nuove generazioni di giovani agripreneurs. Un approccio multidisciplinare che segna una svolta nella mappa alimentare della Malesia, spostando il focus da quantità a qualità, da importazioni a sovranità alimentare.
Più in generale, in tutta l’ASEAN è in corso una rivoluzione agro‑digitale: frutto di investimenti pubblici, partenariati internazionali e startup locali. In Thailandia, il progetto “Smart Farmer” di dtac ha formato oltre 20.000 agricoltori 4.0 in 7 province, incrementando introiti del 25% grazie al marketing online e all’adozione di strumenti come il sistema Farm Man Yum, che ha aumentato i raccolti di mais e manioca di 400 kg/rai, riducendo i danni del 44% e aumentando profitti di circa 2.500 baht/rai. Il programma “1 Tambon 1 Digital” ha inoltre promosso centri locali per droni agricoli in 500 comunità, generando almeno 350 milioni di baht di valore economico. In Vietnam, startup come MimosaTEK hanno introdotto sistemi IoT e smart irrigation nel delta del Mekong: grazie a sensori collegati al cloud, gli agricoltori possono ottimizzare l’irrigazione via smartphone, con applicazioni pilota nella provincia di Cần Thơ. Alcuni programmi universitari come il progetto IoT ed edge computing a Đà Lạt (Vietnam) hanno dimostrato come droni intelligenti possono monitorare malattie e nutrimento, mentre impianti intelligenti di fertirrigazione hanno migliorato l’efficienza idrica. L’ASEAN sta sperimentando un vero salto digitale: dai droni in Thailandia ai sensori in Malesia e Vietnam, fino all’agrivoltaico e all’agricoltura urbana a Singapore. Notevoli i progressi in resa e sostenibilità, ma permangono sfide: alfabetizzazione digitale, finanziamenti e scala rimangono fattori critici. Le storie di successo però confermano una tendenza chiara: la smart agriculture è ormai la prossima frontiera nel cuore verde dell’Asia.