Le PMI dell’ASEAN nell’economia circolare

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Considerando che le PMI sono la spina dorsale delle economie ASEAN, costituendo l’85% dell’occupazione e contribuendo per il 44,5% al PIL della regione, il loro ruolo risulta cruciale per la transizione energetica

Di Sibeles Chiari

Più che un semplice modello di produzione, l’economia circolare potrebbe presentarsi come una strategia di sopravvivenza mirata a frenare la deriva distruttiva dell’ecosistema terrestre. Si tratta di un sistema produttivo alternativo a quello del “take-make-dispose” in quanto si basa sui concetti di riduzione, riutilizzo e riciclaggio delle risorse impiegate nel ciclo di vita del prodotto. Quindi, che il futuro del business debba essere circolare è una condicio sine qua non per mantenere il pianeta vivibile. Assodati i benefici che l’ambiente e la salute dell’uomo ne ricaverebbero, il passaggio all’economia circolare presenta anche una serie di opportunità economiche, dalla creazione di posti di lavoro, allo sviluppo di industrie sostenibili e allo stimolo dell’imprenditorialità. Considerando che le PMI sono la spina dorsale delle economie ASEAN, costituendo l’85% dell’occupazione e contribuendo per il 44,5% al PIL della regione, il loro ruolo risulta cruciale per la transizione verso l’economia delle “3 R”. Coinvolgendo le PMI nelle strategie nazionali, questi Paesi possono affrontare le sfide ambientali, favorire la crescita economica e la competitività in un mercato globale sempre più attento alla sostenibilità. Per la riuscita di questa transizione, le PMI dovranno sempre più focalizzarsi sullo sviluppo di nuovi prodotti o servizi che contribuiscano alla mitigazione e all’adattamento climatici e alla riduzione dei rifiuti generati. Proprio per il fatto che le PMI sono un agente vitale verso la decarbonizzazione, alcuni Paesi ASEAN come Cambogia, Malesia e Myanmar, hanno già stabilito obiettivi di stampo qualitativo mirati a fornire informazioni, sviluppo di capacità e sostegno finanziario e tecnologico per l’adozione di pratiche e tecnologie industriali verdi. Preme ricordare che, l’area geografica in questione ricopre una posizione importante per le dinamiche internazionali, specie in seguito ai cambiamenti degli equilibri geoeconomici degli ultimi tempi, essendo la terza area più popolosa del mondo con un PIL che aumenta del 4-5% annuo e con un ruolo sempre più significativo nella supply chain globale. In effetti, oltre all’aspetto ambientale ed economico, il passaggio a un’economia circolare nei Paesi ASEAN è guidato da una combinazione di fattori geopolitici, politici e di riconoscimento della tendenza globale verso la sostenibilità. Tendenza che si concretizza nel Forum Globale sulla Economia Circolare (WCEF), ovvero uno dei principali eventi al mondo dedicato al progresso della circolarità che riunisce leader aziendali, politici ed esperti per presentare le migliori soluzioni di economia circolare del mondo volte ad affrontare le crisi planetarie. A livello regionale, l’ASEAN ha compiuto passi significativi per promuovere la collaborazione sulla transizione all’economia circolare. Ne sono un esempio le seguenti iniziative: il Quadro per l’Economia Circolare per la Comunità economica dell’ASEAN (2021), integrato da un Piano di attuazione e da un Programma di lavoro; il Quadro per il Consumo e la Produzione sostenibili dell’ASEAN (2022); la Piattaforma delle parti interessate all’economia circolare (2023); infine, le Linee guida sul cambiamento climatico per le PMI (2023). Definire soluzioni che aumentino la resilienza delle PMI rispetto ai cambiamenti climatici e accelerare il passaggio ad una crescita sostenibile sono alla base degli sforzi a livello regionale, come lo ha enfatizzato il primo forum dell’ASEAN sulla Economia Circolare tenutosi l’8-9 novembre 2023 a Giacarta che ha riunito rappresentanti del mondo politico, imprenditoriale, accademico e del terzo settore. Come si può notare, si tratta di iniziative alquanto recenti verso le quali sforzi congiunti di vari stakeholders si stanno concentrando per spingere la transizione alla circular economy e creare sinergie tra di esse. I tentativi di innovare l’intero processo produttivo arrivano anche dal basso. Di fatto, negli ultimi tempi sono nate varie imprese sociali, come Bambuhay (Filippine) che produce cannucce e spazzolini da denti in bambù per sostituire i prodotti in plastica, o CoFarm (Laos) piattaforma agricola che mette in contatto gli agricoltori urbani direttamente con i ristoranti, rivoluzionando la catena di approvvigionamento di verdure fresche. O ancora, Rubysh (Indonesia) che ha utilizzato centinaia di kg di rifiuti come materiale di ricambio per i gioielli. Infine, per elencare un’ulteriore azienda tra le tante esistenti, MoreLoop (Thailandia) vende tessuti in eccedenza che altrimenti andrebbero sprecati e, mediante l’upcycling, prende i tessuti in eccesso e li trasforma in prodotti nuovi, dando loro una seconda vita quindi riducendo l’impatto ambientale. In conclusione, ciò che forse da più speranza e ottimismo, al di là di tutte le iniziative politiche, è proprio la forte ascesa di una nuova generazione di imprenditori appassionati e orientati ai principi green, e seriamente intenzionati a cambiare la rotta dell’economia mondiale, quindi le sorti del nostro pianeta.

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