Una strategia “rinnovabile”: la sfida ASEAN per il 2023

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Tra il 2025 e il 2029, il Sud-Est asiatico diventerà importatore netto di gas naturali e carbone, quindi dalla sua strategia climatica futura dipenderà non solo una parte importante della produzione mondiale di energia, ma anche la sorte dell’Accordo di Parigi sul clima

Articolo di Chiara Suprani

Se numerose sono le previsioni degli analisti che vedrebbero il Sud-Est asiatico diventare la prossima centrale elettrica mondiale, allora la strategia che il blocco ASEAN deciderà di adottare per il suo sviluppo energetico futuro sarà decisiva. Quarto per consumo energetico al mondo, il gruppo dei dieci Paesi del Sud-Est asiatico soddisfa ancora oggi l’83% del suo fabbisogno energetico con combustibili fossili. Secondo un report pubblicato al Settimo ASEAN Energy Outlook (AEO7) tra il 2025 e il 2029, il Sud-Est asiatico diventerà importatore netto di gas naturali e carbone, quindi dalla sua strategia climatica futura dipenderà non solo una parte importante della produzione mondiale di energia, ma anche la sorte dell’Accordo di Parigi sul clima. La maggior parte dei Paesi ASEAN hanno aderito all’Accordo, che prevede zero emissioni entro il 2050, ad eccezione delle Filippine, mentre l’Indonesia ha optato come scadenza il 2060. Al fine di sostenere la transizione del Paese di Joko Widodo, il G20 del 2022 si è concluso con il lancio del Just Energy Transition Partnership (JETP) un programma da 20 miliardi di dollari americani per la decarbonizzazione del sistema energetico indonesiano. L’accordo tra Indonesia e i suoi partner internazionali prevede la decarbonizzazione del 34% di produzione energetica indonesiana entro il 2030. Una formula di mix di prestiti agevolati, prestiti di mercato, sovvenzioni, garanzie e investimenti privati da parte di enti pubblici e privati: questo sta alla base del JETP. Formula che è stata accolta positivamente perché elaborata sulle necessità di ogni Paese. Gli investitori del mondo dei combustibili fossili sono però molto combattivi. Infatti, al COP27 di novembre 2022 il numero di rappresentanti dell’olio e del gas  è aumentato rispetto a quello del COP26 da 503 a 636, superando la rappresentanza al summit di ogni singolo Paese.

Per capitalizzare sulle energie rinnovabili occorre che le strategie nazionali posino su un terreno fertile di cambiamento: riadattare le abitudini dei cittadini in maniera incrementale e carpire le potenzialità energetiche di ogni Paese sono la chiave per creare un clima favorevole agli investimenti. I segnali sono graduali ma si vedono. Molteplici sono i casi di querele e denunce di cittadini nei confronti di governi o soggetti privati per inadempienza ai diritti o insufficienza di impegno a, per esempio, favorire aria pulita o dimezzare le emissioni. Sfruttando il potenziale energetico di ogni Paese, in Indonesia, la cui capacità geotermica è seconda solo agli Stati Uniti, è stato costruito l’impianto geotermico di Muara Laboh nel Sumatra occidentale. Mentre sull’Isola di Jurong a sud-est di Singapore, è stato realizzato il più grande impianto energetico del Sud-Est asiatico, che punta a coprire il 3% di fabbisogno annuo di energia di 300 mila abitazioni. Dal momento che la regione si sta affidando sempre più all’energia rinnovabile, dall’ASEAN Centre of Energy arrivano alcune raccomandazioni. I nuovi progetti energetici nei Paesi ASEAN procureranno un ulteriore stress alla rete elettrica nazionale, che è soggetta ancora oggi a numerosi blackout. Ai Paesi che mancheranno di formulare una strategia flessibile, diversificata e resistente si potrebbe presentare una situazione di sviluppo “boom and bust”, espansione e contrazione, come quella che ha colpito il Vietnam nel 2019. Scovare il catalizzatore per la transizione energetica dell’ASEAN è perciò un obiettivo chiave del 2023.

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