Il 30 aprile 1975 finiva la guerra del Vietnam. Il Paese, da allora, è fortemente cambiato
Di Anna Affranio
Il 30 aprile 1975 segna una delle date più drammatiche del XX secolo: la caduta di Saigon (oggi Ho Chi Minh City) sanciva la fine della guerra del Vietnam e l’inizio di una nuova era che pose termine a un ventennio di divisioni, lutti e distruzioni. Cinquant’anni dopo, il Paese che fu teatro di uno dei conflitti più laceranti della Guerra Fredda è oggi un attore dinamico sulla scena internazionale e un nodo strategico nelle catene di approvvigionamento globali.
Le immagini iconiche dell’elicottero in decollo dal tetto dell’ambasciata americana, delle folle in fuga, del silenzio che calò su una città devastata, fanno parte della memoria collettiva non solo vietnamita, ma mondiale. Per molti, la caduta di Saigon fu sinonimo di sconfitta di un modello sociale ed economico, di perdita di riferimenti politici ed ideologici, di esilio per quanti avevano appoggiato convintamente uno sviluppo di tipo occidentale. Oggi, a mezzo secolo di distanza, la memoria resta viva: i musei, i monumenti, ma anche il modo in cui la società vietnamita ha saputo elaborare il passato senza rimanerne prigioniera.
Negli anni immediatamente successivi alla riunificazione, il Vietnam ha affrontato sfide enormi: embargo economico, isolamento internazionale, e una ricostruzione lenta e difficile. Ma a partire dalla fine degli anni ’80, con la politica del Đổi Mới (letteralmente, “rinnovamento”), il Paese ha avviato un percorso di riforme economiche e apertura al mercato che ha trasformato radicalmente la sua struttura produttiva e sociale, portando il Paese dall’essere tra i piu’ poveri al mondo ad uno a medio reddito nel corso di appena una generazione1.
Oggi il Vietnam è completamente integrato nelle catene di approvvigionamento globali: è uno dei maggiori esportatori mondiali di elettronica, tessile, calzature, mobili e prodotti agricoli. Aziende come Samsung, Intel, Nike, e Apple hanno stabilito impianti produttivi nel Paese, attratte da una forza lavoro giovane, qualificata e competitiva, e da una stabilità politica che rappresenta un asset strategico in un’ Asia sempre più turbolenta. Inoltre, il settore dell’elettronica e dei semiconduttori è cresciuto a ritmi impressionanti: oggi il Vietnam è uno dei principali esportatori mondiali di smartphone e componenti elettroniche, mentre Hanoi e Ho Chi Minh City stanno emergendo come hub per startup tecnologiche, sostenute da un crescente ecosistema di venture capital e innovazione digitale.
Il Vietnam non è solo un hub manifatturiero: negli ultimi anni è diventato uno degli attori diplomatici più attivi del Sud-est asiatico. Ha sottoscritto una lunga serie di accordi di libero scambio (FTA) con partner strategici, tra cui l’UE, il Giappone, il Regno Unito e il blocco CPTPP. Ha saputo bilanciare abilmente i rapporti con Cina e Stati Uniti, mantenendo una postura indipendente ma cooperativa, e diventando uno dei principali promotori della cooperazione ASEAN. Non per niente, la politica estera Vietnamita è stata soprannominata la “diplomazia del bambù”, come l’ha definita Nguyen Phu Trong, segretario del partito comunista: ben radicata nel terreno, solida nei principi, flessibile nelle strategie.
Il Paese ha anche assunto un ruolo sempre più visibile nelle missioni di pace delle Nazioni Unite e nei forum multilaterali, presentandosi come una nazione aperta, pragmatica, e impegnata nella costruzione di un ordine internazionale stabile e multilaterale.
Non si può poi non menzionare il Paese come meta turistica sempre più gettonata: il Vietnam è diventato oggi una delle mete turistiche più popolari del Sud-est asiatico, tanto che il governo punta a raggiungere la cifra di 23 milioni di turisti quest’anno. Nel 2023, il Paese ha accolto oltre 12 milioni di turisti internazionali, attratti dai paesaggi naturali mozzafiato (come Ha Long Bay, le montagne del Nord, le spiagge di Da Nang e Phu Quoc) a un ricco patrimonio storico e culturale: templi antichi, architetture coloniali, street food iconico e città vibranti come Hanoi e Ho Chi Minh City.
A soli 50 anni dalla caduta di Saigon, il Vietnam ha saputo superare l’immagine di “paese della guerra”, trasformandosi in una realtà moderna, dinamica, e con una visione strategica ben definita. La memoria del conflitto resta scolpita nella coscienza nazionale, ma non è più il solo orizzonte narrativo. Il Vietnam di oggi è un Paese in movimento, che guarda al futuro con consapevolezza, determinazione e uno spirito profondamente internazionale.