Vietnam

La strada del Vietnam verso la ricchezza

Il Paese del Sud-Est asiatico è uno di quelli posizionati meglio per aumentare il suo benesse

Di Tommaso Magrini

La crescente rilevanza geopolitica del Vietnam si basa sulla sua forte performance economica, oltre che sulla geografia. Quando il Vietnam iniziò ad aprirsi, a metà degli anni ’80, il reddito annuo pro capite era la metà di quello del Kenya. Grazie a politiche pragmatiche e sempre più favorevoli alle imprese, da allora è cresciuto di sei volte fino a raggiungere i 3.700 dollari. Oggi, l’ambizione del governo di trasformare il Vietnam in un paese ricco entro il 2045 è plausibile, sostiene l’Economist. Dal punto di vista economico, il Vietnam probabilmente non ha mai dovuto affrontare un contesto globale più favorevole. La geopolitica sta spingendo gli investimenti verso questo obiettivo, mentre l’America cerca di sganciarsi dalla Cina e le aziende private di tutte le nazionalità intuiscono la direzione in cui soffia il vento. La maggior parte dei produttori non può semplicemente ritirarsi dalla Cina. Ma per mitigare il costo delle barriere commerciali attuali e future, possono coprire le loro scommesse facendo cose anche altrove (una strategia nota come “Cina + 1”). Le aziende che esportano in Occidente stanno spostando la produzione in Vietnam. Marchi come Samsung e Apple stanno realizzando gadget lì. Intorno a loro si stringono i fornitori, compresi quelli cinesi. Nei primi tre trimestri del 2023 gli afflussi di investimenti diretti esteri in Vietnam in percentuale del Pil sono stati due volte più grandi che in Indonesia, Filippine o Thailandia. Secondo l’Economist, i numerosi e giovani lavoratori del settore manifatturiero del Vietnam sono diligenti, ragionevolmente istruiti e costano la metà di quelli delle zone costiere cinesi. Bene anche sul fronte della sicurezza. Il Vietnam, a differenza dell’Indonesia e delle Filippine, non ha problemi con il terrorismo islamico. Offre peraltro grossi incentivi agli investitori stranieri, a partire da agevolazioni fiscali, terreni a buon mercato.

Apple, altro passo decisivo in Vietnam

I colossi tecnologici globali sempre più presenti ad Hanoi e dintorni

Articolo di Tommaso Magrini

Il Vietnam si prepara a uno sviluppo cruciale per le sue ambizioni economiche e tecnologiche. Apple sta infatti assegnando per la prima volta risorse per lo sviluppo del prodotto iPad al Paese del Sud-Est asiatico, un passo importante verso il rafforzamento della posizione del Paese del Sud-Est asiatico come hub di produzione alternativo al di fuori della Cina. Apple sta collaborando con la cinese BYD, uno dei principali assemblatori di iPad, per spostare in Vietnam le risorse per l’introduzione di nuovi prodotti. È la prima volta che accade per un dispositivo Apple così importante. La verifica ingegneristica per la produzione di prova di un modello di iPad inizierà verso la metà di febbraio del prossimo anno, sostiene Nikkei Asia. Il modello sarà disponibile nella seconda metà del prossimo anno. BYD è stato anche il primo fornitore di Apple ad aiutare il colosso tecnologico statunitense a spostare per la prima volta l’assemblaggio dell’iPad in Vietnam nel 2022. La mossa richiede ingenti risorse sia per l’azienda tecnologica sia per i suoi fornitori, come ingegneri e investimenti in attrezzature di laboratorio per testare nuove caratteristiche e funzioni. La maggior parte dell’introduzione di nuovi prodotti di Apple viene svolta in Cina, in collaborazione con gli ingegneri di Cupertino, per sfruttare la decennale esperienza del Paese nella produzione di hardware. Ma le incertezze geopolitiche stanno costringendo l’azienda a rivedere questo approccio. Apple ha anche in programma di inviare in India alcuni processi per l’iPhone. Il Vietnam è emerso come il più importante polo produttivo tecnologico di Apple al di fuori della Cina. Il gigante tecnologico di Cupertino ha chiesto ai fornitori di costruire nel Paese del Sud-Est asiatico nuove capacità produttive per quasi tutti i suoi prodotti, tranne l’iPhone, dagli AirPods ai MacBook, dagli Apple Watch agli iPad. Apple continuerà a lavorare a stretto contatto con i fornitori cinesi nel suo spostamento della catena di fornitura, ma il Vietnam sta acquisendo una centralità sempre più evidente.

Boom degli investimenti esteri in Vietnam

Il ruolo di Hanoi è in progressivo rafforzamento anche sul fronte dell’elettronica e della tecnologia di alta qualità

Di Tommaso Magrini

Il Vietnam continua ad attrarre l’interesse internazionale. Gli investimenti esteri nel Paese del Sud-Est asiatico hanno registrato un’impennata nel mese di ottobre, quando l’hub manifatturiero ha attratto più del doppio degli impegni finanziari ricevuti mensilmente quest’anno, in un contesto di forte incremento della spesa per nuovi impianti. Nel mese di ottobre, il Vietnam ha ricevuto impegni di investimento esteri per un valore di 5,3 miliardi di dollari, contro una media mensile di 2,2 miliardi di dollari nel resto dell’anno. Circa il 90% degli afflussi di ottobre sono stati guidati da progetti di costruzione di fabbriche, secondo i dati del ministero degli investimenti vietnamita. Dall’inizio dell’anno, il Paese ha ricevuto impegni di investimento esteri per 25,76 miliardi di dollari, il 14,7% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’industria manifatturiera rimane una roccaforte degli investimenti in Vietnam. Nei primi dieci mesi del 2023, le aziende estere hanno investito quasi 18,84 miliardi di dollari in progetti manifatturieri, pari al 73,1% degli afflussi totali di IDE registrati nello stesso periodo. Ma il ruolo del Vietnam è in progressivo rafforzamento anche sul fronte dell’elettronica e della tecnologia di alta qualità. Gli investitori stranieri si stanno rivolgendo sempre più al Vietnam per diversificare le loro catene di approvvigionamento. Tra alcuni degli esempi più recenti c’è quello del 23 settembre, quando l’azienda tecnologica giapponese Kyocera Document Solutions ha annunciato l’intenzione di investire 237 milioni di dollari per espandere la propria fabbrica di macchine e attrezzature a Hai Phong. Gli impegni provenienti dalla Cina continentale e da Hong Kong insieme sono stati i più alti di quest’anno, seguiti da Singapore e dalla Corea del Sud. I dati mostrano che gli investimenti effettivi nei primi dieci mesi del 2023 sono aumentati del 2,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, raggiungendo i 18 miliardi di dollari.

Italia e Vietnam rafforzano i legami

Nei giorni scorsi, il Sottosegretario Maria Tripodi ha co-presieduto l’VIII Commissione Economica Mista tra Roma e Hanoi

Continuano gli scambi diplomatici ad alto livello tra Italia e Vietnam, in un anno particolarmente importante anche a livello simbolico per le relazioni bilaterali, che nel 2023 celebrano i loro primi 50 (fruttuosi) anni. Lo scorso 25 ottobre, infatti, il Sottosegretario Maria Tripodi ha co-presieduto alla Farnesina, insieme il Vice Ministro dell’Industria e del Commercio del Vietnam Nguyen Sinh Nhat Tan, l’VIII Commissione Economica Mista, alla presenza di ministeriali e rappresentanti del settore privato. L’edizione di quest’anno avviene in una fase molto positiva e in costante crescita della collaborazione con il Vietnam, partner chiave nella regione dell’Indo-pacifico e nell’area ASEAN. Quest’anno non si celebra infatti solo il 50° anniversario delle relazioni diplomatiche, ma anche il decimo anniversario del partenariato strategico tra l’Italia e il Vietnam. I lavori hanno permesso di rinnovare l’impegno a rafforzare le già eccellenti relazioni tra i due Paesi, anche alla luce del successo della visita di Stato in Italia del Presidente del Vietnam, Vo Van Thuong, lo scorso luglio. Un’attenzione particolare è stata data ai principali settori di comune interesse, tra cui: commercio e investimenti, industria, energia, ambiente, infrastrutture, salute, agricoltura, scienza e tecnologia, cultura, turismo. Il Sottosegretario Tripodi e il Vice Ministro Tan si sono dati appuntamento al prossimo anno a Hanoi per la tenuta della IX edizione della Commissione Economica Mista. La riunione è stata preceduta da un breve colloquio bilaterale in cui si è colta l’occasione per promuovere la candidatura di Roma a EXPO 2030. L’Italia e il Vietnam registrano una costante crescita negli scambi bilaterali. Nel 2022 sono stati registrati i 6,2 miliardi di dollari di interscambio, in aumento dell’11% rispetto all’anno precedente, con il Vietnam che è attualmente il primo partner commerciale dell’Italia nella regione dell’ASEAN, mentre l’Italia rappresenta uno dei principali partner del Vietnam in Europa. Nello specifico, le esportazioni del Vietnam verso l’Italia lo scorso anno sono state pari a 4,4 miliardi di dollari, in crescita del 14% rispetto all’anno precedente, e le sue importazioni dall’Italia sono state pari a 1,7 miliardi di dollari, in crescita del 3,6%. Ad oggi, l’Italia occupa anche il 33° posto su 143 Paesi e territori che investono direttamente in Vietnam, mentre il Vietnam è una delle dieci principali destinazioni degli investimenti italiani tra i Paesi in via di sviluppo. Il legame sembra destinato solo a rafforzarsi.

La lingua italiana in Vietnam

Fitto calendario di eventi ad Hanoi per la Settimana della Lingua Italiana. Edizione particolarmente significativa visto il 50esimo anniversario delle relazioni bilaterali

Dal 14 al 20 ottobre si è celebrata ad Hanoi la XXIII Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, dedicata quest’anno al tema “L’italiano e la sostenibilità”. La manifestazione, che si svolge sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, ha avuto un ricco programma di eventi e iniziative volte a promuovere la conoscenza e la diffusione dell’italiano in Vietnam, organizzate in collaborazione con il Dipartimento di Italianistica dell’Università di Hanoi e con Uni-Italia Vietnam. Lunedì 16 ottobre si è svolta l’apertura ufficiale dell’evento. Nel corso della cerimonia, sono intervenuti l’Ambasciatore d’Italia in Vietnam Marco della Seta, il Rettore dell’Università di Hanoi Nguyen Van Trao e la Direttrice del Dipartimento di Italianistica Pham Bich Ngoc. I media vietnamiti hanno dato ampia copertura all’evento. “In Vietnam ci sono poche scuole superiori che insegnano l’italiano. Spero che nei prossimi tempi promuoveremo più scuole superiori per l’insegnamento di questa lingua”, ha detto l’Ambasciatore Della Seta a Dan Tri. Ma l’Italia ha previsto pacchetti di supporto che comprenderanno borse di studio per studenti, materiale didattico e corsi professionali per docenti che insegnano italiano in Vietnam. L’Università di Hanoi conta attualmente 500 studenti che studiano italiano e 50 studenti italiani che studiano in Vietnam: secondo l’Ambasciatore i due Paesi hanno ancora molto spazio per la cooperazione allo sviluppo in questo campo. Il precedente accordo 2019-2022 sul fronte della formazione è destinato a essere ulteriormente rafforzato. Secondo Dan Tri, nei prossimi anni, insieme alla trasformazione dell’economia del Paese, la scuola e il Dipartimento di lingua italiana continueranno a fornire una formazione professionale orientata agli standard internazionali “Si spera che in futuro il Dipartimento di lingua italiana continui ad essere supportato dall’Ambasciata e dagli enti governativi italiani ad Hanoi nelle sue attività professionali, in particolare nello svolgimento della missione di diffusione e sviluppo dell’insegnamento e dell’apprendimento”, ha detto il Rettore Nguyen Van Trao. “Obiettivo: imparare la lingua italiana, conosciuta come linguaggio dell’amore, in Vietnam”.

Sull’onda del K-Pop: l’influenza della cultura sudcoreana in Vietnam

Da quando Vietnam e Corea del Sud hanno stabilito rapporti diplomatici formali nel 1992, la cultura popolare si è però rivelata la migliore ambasciatrice di Seul nel Paese del Sud-Est asiatico

A cura di Annalisa Manzo 

Il cosiddetto “Korean Wave” – hallyu in coreano – l’incremento della diffusione globale della cultura sudcoreana ha ormai raggiunto tutti gli angoli del globo e in Vietnam si estende a un’ampia gamma di settori: intrattenimento, affari, moda e persino calcio. I legami economici tra i due paesi sono profondi. La Corea del Sud è stato il più grande o il secondo più grande investitore in Vietnam quasi ogni anno per più di un decennio. Choi Bundo, presidente della Camera di Commercio e Industria coreana per il Vietnam centrale e meridionale, ha dichiarato a Nikkei Asia che gli accordi fiscali e commerciali hanno contribuito ad alimentare i legami economici tra i due Paesi. Inoltre, l’elevata soddisfazione per la forza lavoro di alta qualità del Vietnam e le aspettative che possa assumere il ruolo attualmente ricoperto dalla Cina – a causa delle relazioni instabili tra Stati Uniti e Cina – sono ragioni altrettanto importanti per cui le aziende coreane scelgono il Vietnam, ha affermato Choi. 

Da quando Vietnam e Corea del Sud hanno stabilito rapporti diplomatici formali nel 1992, la cultura popolare si è però rivelata la migliore ambasciatrice di Seul nel Paese del Sud-Est asiatico. Tutto è iniziato alla fine degli anni Novanta, quando le serie televisive coreane – i cosiddetti K-dramas – cominciarono ad essere trasmesse dalla televisione locale grazie agli sponsor di alcune società coreane, suscitando l’interesse del pubblico per la musica pop, K-pop e altre esportazioni culturali coreane come film, cibo, viaggi, moda e cosmetici. Ora, dopo più di due decenni, questa “onda coreana” continua ad essere molto popolare in Vietnam e in tutto il Sud-Est asiatico. 

Molti studiosi ritengono che ciò sia in parte il risultato della politica del governo coreano di promuovere la Corea del Sud come “un’economia da sogno fatta di icone ed esperienza estetica”. Le tracce estetiche della cultura pop coreana in Vietnam sono tangibili. Immagini di artisti coreani pervadono i luoghi pubblici, decorando cartelloni pubblicitari, grandi magazzini e saloni di bellezza.

La popolarità di tutto ciò che riguarda la Corea – cibo, cellulari e marchi di cosmetici in particolare – riflette un atteggiamento generale che vede la Corea del Sud come una cultura moderna e intrigante. Sebbene i vietnamiti si mostrino molto aperti anche alla cultura occidentale, permangono tuttavia le differenze culturali sottostanti. La Corea del Sud risulta invece un modello di modernità asiatica più vicina, il cui sviluppo sembra quindi più alla portata del pubblico vietnamita. Dopo tutto, la miracolosa crescita economica della Corea del Sud è piuttosto recente, e la Corea condivide chiare somiglianze culturali con il Vietnam, tra cui un patrimonio culturale confuciano, un’enfasi sui legami familiari e il rispetto per gli anziani, e un valore collettivista che mette in primo piano il conformismo.

Molti vietnamiti intravedono negli stili di vita metropolitani e glamour incarnati dalle star coreane sugli schermi un futuro seducente e desiderabile. Le storie di successo proposte dai K-drama fungono da ispirazione per riflettere sulla propria vita e lottare per raggiungere il proprio successo. La rappresentazione dell’instancabile ricerca di status e denaro da parte dei personaggi dei K-drama fa breccia in molti spettatori vietnamiti, incoraggiati a essere autosufficienti dalla recente politica sociale neoliberista del governo vietnamita. Decenni dopo il Doi Moi (“rinnovamento”) del 1986, segnato dalla transizione del Vietnam verso un’economia di mercato e dall’integrazione nel commercio globale, il governo ha trasferito alcune responsabilità in materia di welfare al mercato e ora promuove la ricchezza e il successo autoprodotti come patriottismo. Inoltre, alcuni hanno notato che il predominio della cultura pop sudcoreana in Vietnam si sta unendo ai recenti sviluppi socio-culturali del Paese. I K-drama romantici e le ballate sentimentali K-pop, che enfatizzano l’amore romantico puro e ideale, l’amor proprio e la consapevolezza di sé, hanno toccato le corde di una società vietnamita in cambiamento, che sta portando nei propri media una svolta verso l’ordinario e il privato.

Nella diffusione della cultura pop coreana, la musica K-pop svolge un ruolo predominante. Da tendenza locale a fenomeno globale, il K-pop si è diffuso in tutto il mondo dall’inizio degli anni Duemila, partendo dal mercato musicale giapponese e diffondendosi nei Paesi dell’Asia orientale fino alla metà degli anni 2010. In particolare, il 2012 ha visto il genere debuttare nell’industria musicale globale. Nell’estate 2012 Psy ha infatti stabilito record senza precedenti nelle classifiche musicali, guadagnando la fama internazionale con la sua mega hit “Gangnam Style”. In seguito, la parola “K-pop” è stata inserita nell’Oxford English Dictionary per designare la “musica pop coreana”.

È passato un decennio e il K-pop non è più considerato solo un genere musicale regionale che ha temporaneamente catturato l’attenzione di un pubblico globale. Si è radicato come un importante genere sottoculturale e sta guadagnando importanza sulla scena internazionale come nuovo standard per il settore. Uno dei fattori chiave che definiscono il K-pop, e che continua a mostrare il potenziale di crescita di questo genere, è la sua ricettività a cambiamenti e nuove fonti. Ha dimostrato infatti un’eccezionale vigilanza nell’adattare e utilizzare i progressi tecnologici per sviluppare un modello di business altamente redditizio.

Proprio come ha dimostrato il recente concerto del famosissimo girl group sudcoreano Blackpink, uno dei tanti modi in cui l’influenza sudcoreana ha travolto il Paese. Il concerto delle superstar ha dato al Vietnam la più grande dose di K-pop finora, per la gioia del fandom locale in rapida crescita. 

Secondo i dati della Korea Foundation, che conduce sondaggi annuali sull’hallyu in tutto il mondo, nel 2022 il Vietnam contava 13,3 milioni di fan di questa cultura, il terzo più alto al mondo, dopo Cina e Thailandia.

Il prezzo dei biglietti non è servito a scoraggiare i fan, anche se lo stipendio medio mensile di un lavoratore vietnamita si aggira intorno ai sette milioni di dong, sebbene il numero dei ricchi vietnamiti è aumentato del 110% dal 2016 al 2021, la quarta crescita più alta dell’Asia, riporta il Knight Frank Wealth Report.

I biglietti più economici partivano da 1,2 milioni (68,30 dollari) fino a 9,8 milioni di dong vietnamiti per i posti VIP. La mattina del secondo concerto, il 30 luglio scorso, i media locali hanno riferito che alcuni biglietti VIP venivano venduti fino a 30 milioni di dong ciascuno. Come ultima tappa in Asia del loro tour mondiale in corso, la richiesta è stata elevata fin dall’uscita delle date. Circa 67.000 spettatori hanno gremito lo stadio My Dinh per quello che gli operatori del settore hanno descritto come il “più grande evento musicale” mai organizzato in Vietnam.

Tran Tuan Tai, docente di finanza alla Massey University of New Zealand, ha notato che il costo del biglietto in Vietnam, rispetto al PIL pro capite, era il più alto tra le altre tappe del Born Pink World Tour. È interessante notare che il biglietto più costoso in Vietnam – pari a 9,8 milioni di dong – era superiore a un biglietto simile in altri Paesi come Indonesia (3,8 milioni di rupie – 335 dollari) e Singapore (398 dollari), che hanno entrambi un PIL pro capite più elevato rispetto al Vietnam. Secondo Tai, ad alimentare la domanda in Vietnam è il fatto che il Paese di solito non è una destinazione comune per spettacoli musicali globali; le mete più gettonate del Sud-Est asiatico restano Thailandia e Singapore. Il Vietnam, con una popolazione di 100 milioni di abitanti, ha una classe media ampia e in crescita, che ha voglia di spendere in attività culturali e di intrattenimento come i concerti K-pop, ha aggiunto Tai. Secondo il World Data Lab, si stima che la popolazione della classe media del Vietnam sarà una delle popolazioni in più rapida crescita al mondo tra il 2020 e il 2030. “Pagare prezzi elevati per i biglietti dei concerti non significa che i vietnamiti siano ricchi, ma piuttosto sottolinea la loro disponibilità a spendere”, ha affermato Nguyen Cuong Bach, amministratore delegato dell’agenzia di marketing focalizzata sul turismo Asia Lion. “Ciò dimostra un mercato turistico per l’intrattenimento più maturo in Vietnam”. 

I due concerti delle Blackpink hanno avuto un impatto molto positivo sull’economia del Vietnam. Il Dipartimento del Turismo di Hanoi ha affermato che la città ha ricevuto 170.000 visitatori durante i due giorni degli spettacoli, di cui 30.000 stranieri. In tutto hanno speso circa 630 miliardi di dong. Il tasso medio di occupazione degli hotel ad Hanoi nel mese di luglio è stato stimato al 60,8%, con un aumento del 19,2% rispetto a luglio 2022. Anche il numero di visitatori nelle destinazioni turistiche di Hanoi nel fine settimana del 29-30 luglio è aumentato dal 15 al 20% rispetto al fine settimana precedente. Nelle settimane precedenti e subito dopo i concerti, è stato osservato un aumento significativo delle prenotazioni da parte di visitatori sudcoreani e cinesi per crociere nella baia di Ha Long, sito patrimonio mondiale dell’UNESCO a circa 160 chilometri da Hanoi.

Dopo lo spettacolo delle Blackpink, Tran Sy Thanh, presidente del Comitato popolare di Hanoi, ha inviato una lettera di ringraziamento alla band, sottolineando che i loro concerti hanno migliorato l’immagine e la posizione di Hanoi come destinazione pacifica, sicura e amichevole. 

Lang Minh, docente di alfabetizzazione mediatica e digitale e consulente educativo presso MindX, ha affermato che l’approccio del governo vietnamita all’industria culturale è un modo per esercitare il “soft power” – la capacità di influenzare gli altri con mezzi non coercitivi. “Il Vietnam soffre di enormi pressioni orizzontali derivanti dai Paesi circostanti con industrie culturali in rapido sviluppo, Thailandia, Corea del Sud, Cina e Giappone. Questo spinge il Vietnam a prestare attenzione al miglioramento della propria industria culturale, non solo per guadagnare denaro ma anche per sottolineare i suoi valori nazionali”. Si fanno quindi spazio alcune opinioni secondo cui il Vietnam voglia trarre vantaggio dalla popolarità del K-pop per sfruttare i vantaggi economici – sia soft che hard – con la Corea del Sud, uno dei suoi partner commerciali più importanti. Lo scorso dicembre, le relazioni bilaterali tra Corea del Sud e Vietnam sono state trasformate in un partenariato strategico globale.Cavalcando l’onda hallyu, i due Paesi sono pronti a scrivere un nuovo futuro.

Il significato della partnership USA-Vietnam

Scenari e prospettive sulle relazioni tra Washington e Hanoi dopo la recente visita del Presidente Joe Biden

Di Tommaso Magrini

Domenica 10 settembre si è recato in Vietnam il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden. “Il rafforzamento della partnership tra Stati Uniti e Vietnam rimedierà in parte all’oscillazione dell’equilibrio regionale nel Sud-Est asiatico e nel Mar Cinese Meridionale verso la Cina che si è verificato nell’ultimo decennio”. Lo sostiene in un’analisi pubblicata su Nikkei Asia Alexander L. Vuving del Daniel K. Inouye Asia-Pacific Center for Security Studies di Honolulu ed esperto soprattutto di politica estera vietnamita. Oltre a rappresentare un’aggiunta significativa all’architettura regionale, l’elevata partnership tra Stati Uniti e Vietnam sarà una componente critica della “rete di sicurezza” internazionale del Vietnam, sostiene Vuving. I fili più spessi di questa rete includono relazioni strategiche speciali con Laos e Cambogia, “partenariati strategici globali” con Cina, Russia, India e Corea del Sud – e in via di definizione con Australia e Singapore – e un “ampio partenariato strategico” con il Giappone. Ma sebbene gli Stati Uniti, come la Cina, siano considerati da Hanoi una “nazione indispensabile” nella regione dell’Asia-Pacifico, Vuving sottolinea come fin qui si siano trovati al terzo livello delle relazioni estere del Vietnam come semplice “partner globale”. Secondo Vuving, il Vietnam deve evitare di schierarsi nella rivalità tra grandi potenze, ma deve aderire o addirittura creare meccanismi che promuovano la sua sovranità, integrità territoriale, prosperità e resistenza. Pur mantenendo le relazioni bilaterali e multilaterali che ha coltivato in passato, non deve esimersi dal partecipare a raggruppamenti “minilaterali” estemporanei che potrebbero contribuire alla difesa e allo sviluppo del Paese. Durante la visita del Presidente degli Stati Uniti si è parlato molto anche di affari e di tecnologia. Le principali aziende statunitensi di semiconduttori e prodotti digitali, tra cui Intel, GlobalFoundries e Google, hanno partecipato a un incontro business che mira a rafforzare il ruolo globale del Vietnam in diversi segmenti della produzione di chip.

Il Vietnam nuovo polo di estrazione di terre rare

Non solo i grandi colossi tecnologici e dell’elettronica internazionali, ora Hanoi punta anche a espandere il proprio ruolo in un altro anello della produzione tech: l’estrazione delle terre rare

Di Tommaso Magrini

Fabbricazione, assemblaggio, realizzazione di prodotti a sempre maggiore valore tecnologico. Il Vietnam non si accontenta e punta ad ampliare il proprio ruolo su una fase che sta alla radice della transizione energetica e dello sviluppo tecnologico: l’estrazione delle terre rare. Hanoi è infatti pronta a lanciare le prossime gare d’appalto per le aziende interessate a investire nella miniera di Dong Pao. Il sito si trova nel Vietnam settentrionale e rappresenta uno dei più grandi giacimenti di terre rare al mondo.  I tempi dell’asta potrebbero variare, ma il governo prevede di riavviare la miniera l’anno prossimo, ha dichiarato alla Reuters Luu Anh Tuan, presidente di Vietnam Rare Earth JSC, il principale raffinatore del Paese e partner di Blackstone nel progetto.

La mossa segue forse non a caso la recente visita ad Hanoi del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che ha parlato di accordi anche in materia di terre rare con la controparte vietnamita. La proposta di riavvio di Dong Pao – di cui non sono stati resi noti in precedenza i tempi, l’entità e il grado di sostegno finanziario straniero – giunge mentre molti Paesi sono preoccupati per la loro vulnerabilità alle interruzioni delle forniture dovute alla morsa della Cina sui minerali strategici e alle sue dispute con gli Stati Uniti e i suoi alleati. Quest’anno Pechino ha imposto dei limiti all’esportazione di metalli minori utilizzati nei semiconduttori, che un influente consigliere politico cinese ha avvertito essere “solo un inizio”. Soprattutto qualora Washington dovrebbe ampliare le restrizioni, come sempre destinata a fare il prossimo 7 ottobre. 

Secondo il Servizio geologico degli Stati Uniti, il Vietnam possiede il secondo più grande giacimento di terre rare. Tuttavia, questi giacimenti sono rimasti in gran parte inutilizzati e gli investimenti sono stati scoraggiati dai prezzi bassi, fissati di fatto dalla Cina a causa del suo quasi monopolio sul mercato globale. Nelle interviste rilasciate a Reuters, 12 dirigenti dell’industria, investitori, analisti e funzionari stranieri hanno descritto i piani per il Vietnam, compresi gli investimenti che, a loro dire, dimostrano come i discorsi sulla derisking delle catene di approvvigionamento per ridurre la dipendenza dalla Cina si stiano traducendo in azione. Alcuni hanno riconosciuto le difficoltà di creare un hub per le terre rare, ma hanno affermato che la strategia potrebbe rendere il Vietnam un attore valido e fornire una valvola importante per investimenti e importazioni, anche se il ruolo cinese dovesse restare dominante. 

Un maggiore ruolo sul fronte dell’estrazione delle terre rare interesserebbe molto anche i produttori di auto elettriche, tra cui il campione nazionale VinFast che mira peraltro alla quotazione a Wall Street nei prossimi mesi e si sta lanciando anche sul mercato europeo. Lo sfruttamento effettivo di Dong Pao – che è rimasto inattivo per almeno sette anni, secondo un funzionario del minerario statale Lavreco, che possiede una concessione – proietterebbe il Vietnam tra i primi produttori di terre rare. Ma la raffinazione delle terre rare è complessa e la Cina controlla molte tecnologie di lavorazione. 

In ogni caso, si tratta di un’ennesima conferma della centralità del Vietnam nelle strategie globali di produzione tecnologica. 

Italia e Vietnam partner sempre più strategici

La visita del Presidente vietnamita a Roma ha rafforzato ulteriormente i rapporti tra i due Paesi. Chiuso anche un accordo tra Hanoi e Santa Sede

Editoriale a cura di Lorenzo Lamperti

Il cinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche ufficiali tra Italia e Repubblica Socialista del Vietnam ha vissuto uno dei suoi momenti più rilevanti tra il 26 e il 27 luglio, quando il Presidente vietnamita Vo Van Thuong si è recato in visita ufficiale a Roma su invito del Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella. L’incontro è stato il primo evento ufficiale tra i Capi di Stato dei due Paesi in sette anni. Ma è stata anche l’occasione per celebrare un altro anniversario, il decimo, del partenariato strategico stabilito nel 2013. Durante la visita, le due parti hanno discusso e rafforzato i legami di fiducia politica e di cooperazione strategica tra Vietnam e Italia. I due Paesi sono ormai importanti partner reciproci in vari settori, tra cui l’economia, la difesa e la sicurezza, l’istruzione e la formazione, la scienza e la tecnologia, la cultura, il turismo e altro ancora. Per quanto riguarda la cooperazione politica, diplomatica, di difesa e di sicurezza, le due parti hanno concordato di rafforzare la cooperazione tra i rispettivi Ministeri degli Affari Esteri e di mantenere consultazioni politiche a livello ministeriale tra i Vice Ministri degli Affari Esteri. Hanno inoltre sottolineato l’importanza della cooperazione nel campo della difesa e della sicurezza, concordando la possibilità di visite della Marina Militare italiana in Vietnam. In termini di cooperazione economica, commerciale e di investimenti, entrambe le parti si sono impegnate ad attuare pienamente ed efficacemente l’Accordo di libero scambio Vietnam-UE e a migliorare il reciproco accesso al mercato eliminando le barriere commerciali inutili e ingiustificate. Il Vietnam ha accolto con favore la ratifica da parte del Parlamento italiano dell’Accordo UE-Vietnam sulla protezione degli investimenti, che creerà condizioni favorevoli per gli investitori di entrambe le parti. Si è inoltre discusso delle opportunità di cooperazione in vari settori come lo sviluppo delle infrastrutture, l’economia digitale, le tecnologie avanzate, le energie rinnovabili, le industrie creative e l’agricoltura intelligente. Italia e Vietnam puntano inoltre a espandere la cooperazione nei settori scientifici e tecnologici, nell’istruzione e nella formazione e hanno incoraggiato gli scambi culturali e artistici. Il viaggio del Presidente vietnamita ha prodotto anche un importante annuncio con la Santa Sede, con la quale è stato raggiunto uno storico accordo per l’invio di un rappresentante vaticano ad Hanoi. Il Vietnam è sempre più vicino.

Vietnam, quanto è difficile mollare il carbone

Hanoi sta affrontando uno dei periodi più critici per la fornitura di energia elettrica nelle zone colpite dalle ondate di calore. Le fonti fossili tornano a essere la prima scelta in un paese considerato tra i più promettenti per la produzione di energia pulita nel Sud-Est asiatico

In Vietnam non è ancora tempo per dire addio al carbone. Il dato è emerso lo scorso 31 maggio in occasione di un incontro tra società e istituzioni del mondo Esg (Environment, Society, Governance) a Ho Chi Minh City ed è stato riportato da diverse testate asiatiche. Ma il problema esiste da tempo, ed è sintomatico di un processo di sviluppo rapido e disordinato. Da pochi anni il paese è al centro di un significativo processo di conversione alle rinnovabili mai visto prima nel Sud-Est asiatico, ma la corsa all’energia verde non è ancora sufficiente a sostenere una domanda energetica che è raddoppiata in meno di dieci anni.

Come accade oggi per la Cina – stretta tra le promesse di sviluppo sostenibile e un sistema energetico ancora da stabilizzare – anche per Hanoi il problema di equilibrare domanda e offerta energetica è già realtà. E il cambiamento climatico aggiunge un ulteriore difficoltà nella tenuta della rete elettrica e nella gestione dei picchi energetici. A partire da maggio diverse aree industriali nel nord del paese hanno iniziato a registrare una serie di interruzioni della corrente elettrica senza precedenti: “È la prima volta che accade in dieci anni”, racconta a VnExpress un lavoratore della provincia di Bac Ninh. Il manager dell’impianto, che si occupa dell’assemblaggio di alcune componenti telefoniche, ha avvertito i dipendenti che il giorno dopo non sarebbe stato possibile lavorare a causa di un’interruzione della corrente di dodici ore consecutive.

Crisi energetica e transizione

A giustificare la crisi energetica di queste settimane è senz’altro un aumento record delle temperature, fattore che causa a sua volta un picco della domanda energetica legata a impianti di raffreddamento industriali e utilizzo di condizionatori negli edifici. Ma anche il lato dell’offerta manca di continuità. Secondo quanto riferito dal ministero dell’Economia e del Commercio ben undici centrali idroelettriche sono state chiuse a causa della carenza di acqua, mentre sarebbe necessario almeno un milione di tonnellate di carbone per far funzionare le centrali termiche del nord.

Lo scorso 7 giugno il direttore dell’Autorità di regolamentazione dell’elettricità del ministero dell’Industria Tran Viet Hoa aveva parlato di “gravi carenze” nella fornitura energetica, affermando che – importazioni comprese – la disponibilità effettiva era di soli 18 mila megawatt, contro una previsione di domanda energetica capace di toccare punte di 24 mila megawatt. A fine maggio l’output delle dighe era capace di sostenere solo altri quattro giorni di picco energetico, pochi giorni dopo – il 3 giugno – i principali impianti idroelettrici non erano in grado di produrre energia per l’intera giornata. 

La dipendenza dal carbone

La crisi idrica è senz’altro un fattore che rallenta l’avanzamento vietnamita nel mondo dell’energia rinnovabile, e riporta inevitabilmente il paese verso una fonte considerata – almeno in teoria – più sicura e disponibile. Se da un lato il crollo della produzione di energia idroelettrica ha fatto emergere un deficit nello stock di carbone per la produzione di corrente elettrica, dall’altro le fonti fossili non hanno mai lasciato un vuoto nel mix energetico nazionale. Anzi, sono semplicemente aumentate per sopperire al boom economico. Come riferisce l’International Energy Agency (IEA) il Vietnam è uno di quei paesi che, pur essendo uno dei più grandi investitori ASEAN nelle rinnovabili, prevede di raddoppiare la produzione delle centrali termoelettriche a carbone. 

Inoltre, “il problema del Vietnam è che le centrali a carbone sono molto giovani, alcune hanno meno di 10 anni”, ha spiegato a Nikkei Asia Tung Ho, responsabile nazionale della consulenza energetica Allotrope. Tant’è che i legislatori stanno valutando non tanto l’abbandono di questa fonte energetica, bensì la conversione degli impianti a tecnologie che cadono sotto l’ombrello semantico del “carbone pulito (clean coal technologies)”. Tra queste, l’utilizzo dell’ammoniaca come co-combustibile per ridurre le emissioni nocive, una tecnologia ancora molto dibattuta perché non esistono ancora prove certe della sua efficacia.

Quale futuro per la transizione energetica vietnamita?

Il carbone in Vietnam occupa oltre il 50% del mix energetico, superando tutti gli altri paesi del gruppo ASEAN. Il secondo consumatore di carbone nella regione è il Laos, paese chiave per le forniture di questo combustibile ad Hanoi. Mentre le prospettive del Power Development Plan 8 (PDP8) parlano di transizione verde come opportunità per attrarre capitale straniero e raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050, la leadership vietnamita continua a valutare una serie di ambiziosi progetti infrastrutturali legati al carbone. È il caso di un’autostrada di 160 km che collegherebbe le province laotiane di Sekong e Salavan al distretto vietnamita di Hai Lang.

Lo stesso PDP8 prevede la costruzione di nuove centrali a carbone fino al 2030, anno che dovrebbe segnare l’inizio effettivo di una transizione esclusiva – almeno a livello infrastrutturale – verso gli impianti di produzione energetica sostenibile. Si tratta dunque di scadenze che non prevedono la chiusura delle centrali a carbone, ma del solo divieto a nuovi appalti. Sebbene le previsioni mostrino un graduale calo della produzione legata al carbone (una riduzione del 10% nei prossimi dieci anni), è importante ricordare che le prospettive di produzione totale sono ambiziosamente al rialzo. Secondo il piano di sviluppo, infatti, Hanoi punta a produrre più energia di paesi come Francia e Italia.

I piani del Vietnam dovranno fare i conti anche con le promesse internazionali. Dal 2022 il paese è entrato a far parte della Just Energy Transition Partnership. Lo schema, adottato insieme a partner quali Usa, Giappone, Regno Unito e Unione Europea, prevede di sbloccare oltre 15 miliardi di dollari per sostenere la transizione energetica dei paesi membri. Alla COP26 di Glasgow, inoltre, Hanoi ha dichiarato che smetterà di utilizzare il carbone come fonte energetica entro il 2040. Nel 2022 l’Economist aveva definito il Vietnam come “un punto luminoso in una mappa altrimenti nera come la notte” per il suo rapido sviluppo nel campo dell’energia solare. Ma la strada da percorrere è ancora lunga.

Il versatile sistema politico vietnamita

Hanoi sta crescendo a livello commerciale e diplomatico, ma si trova al centro degli interessi delle potenze globali. Continuare ad approfittarne in modo positivo non sarà semplice, ma il Vietnam vuole continuare il processo che ha tirato fuori dalla povertà milioni di persone dopo la guerra

Quasi due anni prima il XX Congresso del Partito comunista cinese, si è svolto il XIII Congresso del Partito comunista vietnamita. Quasi due anni prima che Xi Jinping ottenesse uno storico terzo mandato da segretario generale, aveva fatto lo stesso Nguyen Phu Trong. In quella sede sono stati nominati i 19 membri del Politburo e soprattutto le quattro cariche cruciali del sistema vietnamita: segretario generale del partito, presidente della Repubblica, primo ministro e presidente dell’Assemblea nazionale (il corpo legislativo unicamerale). Sono le figure su cui si basa il cosiddetto principio dei “quattro pilastri”, che reggono il sistema politico vietnamita.

Eppure, il numero 4 è stato nel recente passato parzialmente eroso. Dopo la morte di Tran Dai Quang avvenuta nel 2018, Trong è stato presidente proprio fino al Congresso del gennaio 2021. In quella sede ha ottenuto una conferma a segretario generale di portata storica. Trong, 76 anni e condizioni di salute da più fonti definite “precarie”, è oggi il leader più longevo del Vietnam dai tempi di Le Duan, successore di Ho Chi Minh, e dal Doi Moi, il programma di riforme e aperture lanciato nel 1986. Accantonato il limite dei due mandati, visto che Trong è segretario generale dal 2011. Segnale che non è stato trovato un accordo sul possibile erede, ma anche completamento di un processo di accentramento di poteri iniziato già all’alba del suo primo mandato, quando la direzione del comitato centrale anticorruzione è passata dal primo ministro al segretario. Trong, in modo simile a Xi Jinping, ha costruito la sua reputazione su una ostentata inflessibilità in materia di sicurezza e di anticorruzione, promossa attraverso la spietata campagna della “fornace ardente” che gli ha consentito di sbarazzarsi dei rivali politici sconfitti al 12esimo congresso del 2016. Strumento utilizzato da Trong, subito dopo il congresso del 2016, per lanciare la campagna della “fornace ardente”, con la quale ha accresciuto la propria popolarità e si è sbarazzato di alcuni rivali politici.

Il percorso è proseguito anche negli scorsi mesi, quando sono arrivate le dimissioni “guidate” di Nguyen Xuan Phuc, l’ex presidente lambito da un’inchiesta anticorruzione nell’ambito del nuovo impulso alla campagna anticorruzione. Phuc era il grande deluso del XIII Congresso, visto che si aspettava la promozione da premier a segretario del Partito. Al suo posto è stato nominato Vo Van Thuong, che con “solo” 52 anni è il membro più giovane del Politburo. Thuong significa continuità, visto che come Trong il neo presidente si pone su una linea ideologica piuttosto ortodossa, ammantata di una forte retorica anticorruzione ma anche di una spinta verso gli affari. Nato nella provincia meridionale di Vinh Long, interrompe una parentesi nella quale tutti e 4 i pilastri venivano espressi dalle province settentrionali. La sua nomina riporta dunque una sorta di bilanciamento regionale che aveva sempre caratterizzato la politica vietnamita. C’è anche chi vede la nomina di un politico in età ancora relativamente giovane come il primo segnale di una futura successione a Trong, magari al prossimo Congresso del 2026.

Nel frattempo, Hanoi cercherà di continuare ad attrarre investimenti stranieri. Diversi colossi internazionali, a partire da quelli dell’elettronica, stanno scegliendo il Vietnam per posizionarsi in Asia o diversificare le proprie catene di produzione rispetto alla Cina. Fenomeno incentivato dagli accordi di libero scambio sottoscritti da Hanoi con Unione Europea e Regno Unito. Ma anche dagli effetti collaterali delle tensioni tra Cina e Stati Uniti,che ha portato della rilocalizzazione di linee produttive in un paese meno esposto politicamente e con un costo del lavoro più basso rispetto a quello della Repubblica Popolare. L’economia vietnamita è cresciuta dell’8,02% nel 2022, il ritmo annuale più veloce dal 1997. Si tratta di un dato superiore anche all’ambizioso +6,%-6,5% che era stato fissato dal governo. A stabilirsi in Vietnam non solo linee produttive di bassa qualità, ma anche produzioni di colossi tecnologici e dell’elettronica. Un elenco lunghissimo in cui figurano, tra gli altri, anche diversi fornitori di Apple.

Ma la geopolitica bussa alla porta. Il Vietnam è sempre più al centro delle attenzioni degli Stati Uniti, che stanno cercando di migliorare i rapporti con un attore importante sullo scenario a cui tengono di più, quello dell’Asia-Pacifico. Non a caso ad aprile si è svolta un’importante visita di Antony Blinken ad Hanoi. Non solo. Il 29 marzo, Joe Biden ha avuto un colloquio telefonico con Trong. Mossa non così usuale, visto che di solito il presidente americano parla con l’omologo vietnamita. Interessante anche il tempismo, visto che il colloquio è avvenuto in concomitanza del summit per la democrazia organizzato dalla Casa Bianca. I più maligni hanno sottolineato che un sistema politico non certo democratico possa alla fine andare bene a Biden qualora questo rientri in una sua strategia o calcolo. Come già accade peraltro con l’India. La visita di Blinken è servita a porre le basi per l’elevazione dei rapporti, che dovrebbe avvenire a luglio. Ma il Vietnam non ha intenzione di lasciarsi “arruolare”, da una parte e dell’altra. Per continuare un processo storico che ha portato fuori dalla povertà milioni di persone, dopo le devastazioni della guerra.

Laos e Vietnam puntano sull’energia eolica

I Paesi dell’ASEAN stanno facendo progressi nel loro impegno verso le energie rinnovabili. In questa strategia l’energia eolica sta diventando sempre più importante.

Secondo un rapporto del Southeast Asia Energy Outlook 2022, negli ultimi vent’anni la domanda di energia nel Sud-Est asiatico è aumentata in media del 3% all’anno. Si prevede che questa tendenza continui fino al 2030. Sebbene la pandemia di Covid-19 abbia rallentato lo sviluppo economico della regione, il rapporto prevede che il PIL della regione crescerà in media del 5% all’anno fino al 2030, per poi scendere a una media del 3% fino al 2050. L’energia svolge un ruolo fondamentale in questa crescita economica. Dalla metà degli anni Novanta, la regione ha fatto grande affidamento sulle importazioni di petrolio dal Medio Oriente e dall’Africa. Se le politiche attuali rimarranno invariate, le importazioni di petrolio aumenteranno. Tuttavia, le recenti impennate dei prezzi e la crisi ucraina potrebbero avere un impatto a lungo termine sull’utilizzo del gas naturale nella regione, influenzando la percezione pubblica dell’accessibilità economica e l’atteggiamento dei governi nei confronti degli investimenti in infrastrutture per l’importazione di gas.

In questo contesto, i Paesi dell’ASEAN stanno facendo progressi verso il loro impegno per le energie rinnovabili. Infatti, nel 2020/2021, hanno aggiornato i loro obiettivi NDC e hanno piani per raggiungerli entro anni specifici. Ad esempio, la Thailandia mira a ridurre le emissioni di gas serra del 20-25%, mentre l’Indonesia punta a una riduzione del 29-41% entro il 2030. Altri Paesi hanno fissato i loro obiettivi e attuato strategie per raggiungerli. Durante la COP26, 8 dei 10 Paesi dell’ASEAN hanno annunciato la loro volontà di raggiungere obiettivi netti zero, il primo entro il 2050 e il secondo entro il 2065. Per raggiungere questi obiettivi, i governi dell’ASEAN stanno diversificando le risorse energetiche rinnovabili. Tra queste, l’energia eolica sta diventando sempre più importante.

Prima del COVID-19, si prevedeva che la domanda di elettricità in Vietnam sarebbe aumentata del 10% all’anno. Secondo le previsioni, entro il 2050 la domanda dovrebbe quintuplicare il livello attuale. Pertanto, è essenziale diversificare le tecnologie per le energie rinnovabili e impegnarsi con i partner e i governi locali. Al momento, in Vietnam, il governo sta dando priorità all’energia eolica rispetto a quella solare. Con una linea costiera di oltre 3.000 km, l’energia eolica offshore offre eccellenti opportunità. Il Vietnam ha un potenziale tecnico di 599 GW, superiore a quello di altri Paesi del Sud-Est asiatico. Il governo ha intrapreso azioni tempestive per stimolare la crescita dell’energia eolica, aggiornando i meccanismi di sostegno e introducendo un modello di partnership pubblico-privato. L’impegno del Vietnam per la decarbonizzazione è promettente e l’energia eolica ha un immenso potenziale di crescita. 

Tuttavia, per il momento la capacità di generazione del Vietnam non è in grado di soddisfare il suo fabbisogno energetico e l’obiettivo di emissioni nette zero entro il 2050. Vietnam e Thailandia hanno infatti fissato l’obiettivo di raggiungere l’azzeramento delle emissioni di gas serra entro il 2050. Il Laos sta cercando di capitalizzare questa domanda. La crescente domanda di energia rinnovabile nei Paesi limitrofi ha spinto il Laos ad adottare una strategia di investimento nell’energia eolica. Il Laos esporta circa l’80% dell’elettricità verso i vicini Thailandia e Vietnam, contribuendo al 30% del valore delle esportazioni. Inoltre, il Paese sta costruendo infrastrutture di trasmissione per fornire energia anche alla Cambogia. 

Il Laos, un importante esportatore di energia idroelettrica in Asia, sta infatti diversificando il proprio portafoglio energetico con l’ingresso nell’energia eolica per ridurre la propria dipendenza dalle risorse idriche. In questo contesto, il Laos sta compiendo uno sforzo significativo per ridurre la sua dipendenza dall’energia idroelettrica per la produzione di elettricità. Sebbene l’energia idroelettrica rappresenti attualmente il 70% della produzione totale di elettricità del Paese, le preoccupazioni per questa dipendenza hanno spinto il Laos a passare alla produzione di energia eolica. Questo spostamento è dovuto a un paio di ragioni. In primo luogo, la produzione di energia idroelettrica del Laos di solito diminuisce durante la stagione secca. In secondo luogo, il controllo della Cina sui fiumi a monte comporta il rischio di improvvisi cambiamenti nei livelli dell’acqua, che rappresentano una minaccia per l’agricoltura e la pesca. Inoltre, nel 2018 è scoppiata una diga idroelettrica costruita da società sudcoreane e thailandesi nella provincia di Attapeu, nel Laos sudorientale, causando almeno 71 morti e oltre 6.000 senzatetto. Oggi la generazione di energia eolica è diventata un’opzione promettente per il Laos. I parchi eolici sono più efficienti dei pannelli solari, poiché le turbine possono funzionare quasi giorno e notte. 

Il Paese sta attualmente costruendo un parco eolico nella regione montuosa poco popolata del Laos sud-orientale, che dovrebbe entrare in funzione nel 2025. Il progetto coinvolge diverse società, tra cui Mitsubishi Group (Giappone) e BCPG Renewable Energy Company (Bangchak, Thai Energy Group). Fornirà elettricità al Vietnam per un periodo di 25 anni. Il parco eolico Monsoon occuperà un’area estesa di 70000 ettari e comprenderà 133 turbine eoliche, diventando così uno dei più grandi parchi eolici onshore del sud-est asiatico, con una capacità di generazione di 600 megawatt. La politica energetica del Laos è orientata all’esportazione e il Paese ha già pianificato progetti eolici simili.