Si riapre il dialogo per un accordo commerciale UE-Malesia

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Nonostante la controversa questione dell’olio di palma, i gruppi industriali europei e malesi spingono per riavviare i negoziati commerciali

Dopo gli accordi di libero scambio con Singapore e Vietnam, l’Unione Europea punta a espandere la sua rete di intese bilaterali nel Sud-Est asiatico. Con una situazione economica disastrata dalla crisi pandemica, Thailandia e Filippine hanno manifestato interesse a riaprire i colloqui, mentre procedono i negoziati con l’Indonesia. E ora sembra proprio che ci siano le premesse per rilanciare le trattative anche con la Malesia, dopo che alcuni gruppi industriali hanno annunciato di voler fare pressione su Bruxelles e Kuala Lumpur per la conclusione di un accordo.  

La Malesia si presenta oggi come uno dei Paesi complessivamente più progrediti del Sud-Est asiatico: è la terza regione in termini di Pil (12%) ed il terzo partner dell’UE nell’ASEAN. È  il secondo produttore di petrolio della regione ed il terzo maggiore esportatore di gas naturale liquefatto al mondo, grazie anche alla posizione strategica tra le principali rotte per il commercio di energia.

La Malesia ha già provato ad avviare colloqui con l’Unione Europea nel 2010, che si sono però interrotti due anni dopo, a causa della difficoltà a trovare un’intesa su alcuni elementi chiave. L’ostacolo principale, oggi come allora, rimane la controversa questione dell’olio di palma. Da tempo, infatti, in Indonesia e Malesia, che riforniscono  l’84% della produzione globale di olio di palma, le lobby si oppongono alle norme di protezione ambientale europee sull’import di biodiesel. Soprattutto perché le coltivazioni rappresentano una fonte di reddito importante per gli abitanti delle zone rurali, che costituiscono a loro volta una fetta consistente dell’elettorato in entrambi i Paesi. Dall’altro lato si trovano gli ambientalisti, che lottano strenuamente contro la produzione intensiva di olio di palma, causa primaria della deforestazione che distrugge l’habitat degli oranghi e di altre specie a rischio.

Ecco perché nel 2018, con la Renewable Energy Directive II e con il successivo Regolamento Delegato, la Commissione ha stabilito rigorose “misure eco-friendly” per il settore energetico europeo, che includono il bando totale delle importazioni di tutti quei biocombustibili che causano anche indirettamente l’aumento di emissioni di gas serra entro il 2030, incluso l’olio di palma.

Ora però, analogamente all’Indonesia, Kuala Lumpur ha deciso di aprire a gennaio di quest’anno un procedimento contro l’UE utilizzando il meccanismo di risoluzione delle controversie del WTO. Entrambi gli Stati accusano l’UE di perseguire pratiche commerciali discriminatorie e protezionistiche. Una mossa rischiosa, che potrebbe mettere a repentaglio le negoziazioni con l’Unione Europea, e tutto per un prodotto che rappresenta meno del 5% delle esportazioni verso il vecchio continente.

Tuttavia, considerata l’importanza economica di un accordo di libero scambio, alcuni analisti ritengono che la ben nota questione dell’olio di palma verrebbe agitata soprattutto per ragioni di politica interna ed evidenziano come il Primo Ministro malese, Muhyddin Yassin, e il suo governo di minoranza, in vista delle elezioni generali previste nel 2023, sono impegnati a condurre un’agenda nazionalista a beneficio della maggioranza musulmana del Paese, che rappresenta la gran parte dei proprietari e dei lavoratori nell’industria del settore.

Ma intanto sta crescendo la pressione sul governo malese, portata avanti soprattutto dalle imprese locali, ben consapevoli che un accordo di libero scambio con l’UE stimolerebbe la ripresa post-pandemica. E allo stesso tempo il riavvio del negoziato consentirebbe ai Paesi europei di trarre vantaggio dalle opportunità commerciali e di investimento offerte da un mercato dinamico in un’area di mondo sulla quale le imprese comunitarie puntano molto. Oggi, dunque, dopo i falliti tentativi del recente passato, i tempi sembrano finalmente maturi affinché Malesia e UE si siedano attorno a un tavolo per riavviare i negoziati.

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