Vo Van Thuong, chi è il nuovo Presidente del Vietnam

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Vicino al Segretario Trong e membro più giovane del Politburo, la sua parabola politica si inserisce nel più ampio rimpasto politico degli ultimi tempi

“Sono carne e sangue con il mio popolo / lo stesso sudore, la stessa goccia di sangue bollente”. È citando il più noto poeta vietnamita del XX secolo che Vo Van Thuong assume ufficialmente la carica di presidente della Repubblica socialista del Vietnam il 2 marzo 2023. Dopo le inaspettate dimissioni di Nguyen Xuan Phuc (le prime nella storia della Repubblica socialista) lo scorso 17 gennaio, l’élite politica sembra pronta a lasciarsi alle spalle un periodo di scandali e arresti. 

Prima di Phuc, sempre a gennaio, anche i due vice ministri Pham Binh Minh e Vu Duc Dam hanno consegnato le proprie dimissioni. Per tutto il corso del 2022 la campagna anticorruzione del Partito comunista vietnamita (PCV) si è intrecciata con lo scandalo delle tangenti per i rimpatri durante la pandemia e quello della truffa intorno ai test per il Covid-19.  A voler segnalare la necessità di ripulire l’immagine della leadership politica rientra anche la tempestività nell’eleggere un nuovo presidente senza attendere l’Assemblea nazionale di maggio. Il nuovo presidente si chiama Vo Van Thuong e la sua elezione è stata approvata con un voto del 98,8%.

Chi è Vo Van Thuong

Vo Van Thuong è originario della provincia meridionale di Vinh Long. È nato nel 1970 ed è il membro più giovane dell’attuale Politburo. Non è un caso che il PCV e l’Assemblea nazionale abbiano scelto un sudvietnamita per ricoprire la carica di presidente. Tradizionalmente i “quattro pilastri” della politica vietnamita – ovvero il segretario generale PCV, il capo di stato, il primo ministro e il presidente dell’Assemblea nazionale – rappresentano equamente i due poli del paese. Dal 2021, però, nessun vietnamita aveva ancora assunto una delle quattro cariche principali. Nel caso di Thuong è però importante ricordare che la famiglia si era trasferita nel Vietnam del nord e vi rimase fino alla fine della guerra.

Diversamente dal suo predecessore, laureato in Economia, Thuong si è laureato in Filosofia marxista-leninista presso l’Università di Ho Chi Minh. Ma come Phuc ha presto scalato le gerarchie di Partito dopo anni di militanza attiva nel mondo dell’associazionismo giovanile che ruota intorno al PCV. È entrato nel Partito nel 1993, a 23 anni, ed è stato eletto membro del Politburo durante il 12° Congresso, nel 2016. Gli analisti lo identificano come un fedelissimo dell’attuale Segretario Nguyen Phu Trong, che al 13° Congresso gli ha affidato la Segreteria esecutiva del PVC. Con questo curriculum Thuong era da tempo considerato uno dei possibili eredi di Trong e oggi si conferma una scelta rassicurante in tempi agitati. Non solo: l’economia vietnamita sta vivendo uno dei periodi più floridi degli ultimi anni e la fiducia non è più solo una questione di politica interna.

Cosa significa l’elezione di Thuong per l’economia vietnamita

Oggi il Vietnam è uno dei paesi più promettenti dal punto di vista economico: la crescita del Pil ha superato l’8% nel corso del 2022 e il Fondo monetario internazionale (Fmi) vede la continuazione di questa parabola ascendente con un saldo +6,2% per il 2023 (rispetto ai dati dell’Istituto nazionale di statistica – citati sopra – il Fmi aveva stimato la crescita del 2022 al +7%). Dopo la riconferma di Trong alla dirigenza del Partito, inoltre, sembrano consolidati quelli che la leadership interpreta come segnali di stabilità nei confronti dei cittadini e degli investitori esteri. 

Coerentemente con quello che sembra un percorso prettamente politico avviato con il 13° Congresso (2021), nel suo discorso inaugurale Thuong ha preferito dare spazio alla lotta alla corruzione e alla costruzione di “un apparato statale pulito [dalla corruzione, ndr.] e forte”. Ha poi citato gli obiettivi di sviluppo interno quali il raggiungimento del reddito medio entro il 2030 e il coronamento della costruzione di un paese socialista ad alto reddito entro il centenario della fondazione della repubblica, il 2045.

Il moloch burocratico vietnamita rimane un ostacolo all’innovazione ma, sottolineano gli analisti, i recenti sommovimenti anche ai piani più alti dell’élite politica di Hanoi potrebbero influire positivamente sull’attrattività economica del paese. Come evidenzia Le Hong Hiep, senior fellow di ISEAS – Yusof Ishak Institute, il repentino passaggio di consegne degli ultimi due anni sarebbe da interpretare come un’accelerazione nella transizione politica del paese. Il terzo (eccezionale) mandato di Trong sarebbe, quindi, funzionale alla costruzione di una discendenza solida e rassicurante. Sebbene sia ancora da mettere alla prova la competenza dei funzionari prescelti.

Per il Vietnam si sta aprendo un periodo di opportunità, sostenute da spinte interne ed esterne a Hanoi: l’allontanamento delle catene globali del valore dalla Cina, gli incentivi governativi in materia di sviluppo high-tech e l’apertura agli investimenti per la costruzione di un apparato energetico resiliente. Ma il Partito dovrà saper bilanciare l’entusiasmo degli investitori con le problematiche strutturali del paese, dalle infrastrutture alla burocrazia. Per fare questo non basterà un uomo (o meglio, non ne basteranno quattro) alla guida della nazione. Intanto, la presidenza potrebbe essere solo una prima piattaforma di lancio per Thuong che – come sostiene una dichiarazione rilasciata da un diplomatico di Hanoi all’agenzia stampa Reuters – potrebbe poi diventare il successore di Trong alla dirigenza del Partito e quindi passare al ruolo più importante nella gerarchia politica.




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