RCEP: l’accordo che cambierà gli equilibri mondiali

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La firma dell’accordo di libero scambio, attesa per la fine del 2020, aumenterà la fiducia nella cooperazione internazionale 

Nasce nel 2012 l’idea di dare vita ad un mega accordo commerciale regionale, capace di riunire quasi tutti gli attori dell’Asia orientale. I Paesi membri dell’ASEAN, radunati in occasione del 21° ASEAN Summit in Cambogia, delinearono all’epoca una strategia di convergenza commerciale da adottare negli anni a venire e che terminerà con la definizione della cosiddetta Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP), un accordo di libero scambio di dimensioni mastodontiche e di importanza globale, la cui conclusione è prevista entro la fine del 2020. 

Inizialmente al tavolo delle trattative si sono presentate ben 16 nazioni, ma successivamente l’India ha deciso di abbandonare il progetto a causa delle condizioni relative all’abbattimento progressivo delle tariffe doganali. Cosa che, secondo Nuova Delhi, avrebbe reso più agevole l’accesso al mercato interno indiano ad articoli di provenienza cinese e australiana, andando a danneggiare i produttori locali e conducendo a squilibri economici non indifferenti. Dunque, le nazioni aderenti si sono ridotte ai 10 membri dell’ASEAN (Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Birmania, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam) più Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda.

Nonostante la defezione dell’India, il RCEP è destinato a diventare il più grande accordo di libero scambio al mondo. I 15 partecipanti della partnership sono, infatti, tra i maggiori Paesi in via di sviluppo e comprendono collettivamente circa il 30% del PIL e della popolazione mondiali. Allo stesso tempo, il RCEP si configura come un accordo ampio e esaustivo, in grado di osservare le diverse sfaccettature dell’agire economico, includendo oltre a disposizioni di tipo commerciale anche forme di cooperazione tra i membri e meccanismi di risoluzione delle controversie. Si propone, da un lato, di incorporare gli impegni stabiliti dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) per un’ulteriore riduzione delle barriere tariffarie e, dall’altro, di integrare disposizioni che esulano dall’OMC, volte ad affrontare altre questioni normative. Tra queste assumono rilievo i capitoli dedicati alle piccole e medie imprese, l’e-commerce, la risoluzione delle controversie, la proprietà intellettuale e la definizione di procedure per la cooperazione economica e tecnica interstatale. 

Sotto il profilo politico-economico, il RCEP ha tutto il potenziale per diventare un punto di riferimento per gli standard commerciali relativi ai nuovi accordi di libero scambio in Asia e oltre, andando a costituire un precedente legale per i futuri rapporti regionali e internazionali. Al di là di numeri e statistiche la conclusione di un accordo di tale portata avviene in un momento cruciale per la governance economica globale, in cui il multilateralismo cede sempre più spesso il passo a politiche nazionaliste e, occasionalmente, unilaterali. La recessione economica dovuta alla pandemia di Covid-19 è, di fatto, andata a consolidare un trend che si è mostrato in crescita negli ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda gli Stati Uniti, un attore tutt’ora dominante sulla scena mondiale. Proprio quando la presidenza Trump erige barriere tariffarie e riduce la presenza commerciale estera in nome del motto “America First”, parte del continente asiatico si muove verso una direzione differente, a sostegno del multilateralismo con un approccio cooperativo, nel rispetto dell’ordine economico internazionale basato su regole condivise. 

Con la ratifica del RCEP, in aggiunta al Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership, l’Asia orientale potrà fare affidamento su due giganteschi accordi commerciali che hanno il pregio di promuovere l’integrazione e la stabilità regionale e di rafforzare la centralità dell’ASEAN, tanto nell’Indopacifico, quanto nel panorama internazionale. Tali accordi combinati plasmeranno il più grande blocco commerciale del mondo, coprendo più di un terzo del PIL globale, e contribuendo a questo per circa 137 miliardi di dollari USA nel lungo periodo.

Nel contesto delle controversie commerciali tra Stati Uniti e Cina, il RCEP invia un forte segnale al mondo, manifestando a gran voce la volontà di apertura del continente asiatico. Non a caso, dopo la crisi finanziaria del 1997, la risposta dell’ASEAN alle turbolenze politiche e monetarie è stata quella di raddoppiare i suoi sforzi per un’integrazione economica sempre più inclusiva. La conseguenza finale potrebbe essere uno slittamento degli equilibri mondiali a favore dell’emisfero asiatico, rendendo il RCEP un’importante opportunità di cooperazione con Paesi finora ritenuti quasi secondari e un’occasione di ristabilire la fiducia collettiva nonostante la crescente instabilità del sistema globale. 

A cura di Emilia Leban

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