L’Indonesia è entrata ufficialmente nel gruppo. Malesia, Thailandia e Vietnam tra i Paesi partner
L’ingresso ufficiale dell’Indonesia nei BRICS è una novità rilevante. L’immenso arcipelago, quarto Paese più popoloso al mondo, è uno snodo cruciale su diversi fronti. Innanzitutto, si tratta della principale economia del Sud-Est asiatico, regione dove tra venti di guerre commerciali e minacce di dazi, da tempo diversi colossi internazionali hanno messo radici. L’Indonesia sta attraendo diversi investimenti. Elon Musk sta lavorando alla costruzione di un impianto di batterie per veicoli elettrici Tesla, mentre il governo indonesiano sta trattando con Apple un piano di ampio respiro. Non è un caso, visto che il Paese è ricco di risorse cruciali per l’industria tecnologica verde. Come il nichel, su cui le imprese cinesi hanno conquistato una posizione di privilegio. Ma l’Indonesia ha ruolo notevole anche sul fronte politico-diplomatico. Giacarta ha spesso giocato un ruolo di stabilizzatore regionale, mediando su temi sensibili come il Mar Cinese meridionale. L’Indonesia è anche l’unico rappresentante ASEAN al G20, dove si è spesso fatto portavoce di una visione di mondo basata su libero commercio, neutralità, pacifismo e pragmatismo. Per il neo presidente Prabowo Subianto, aderire al gruppo significa portare avanti gli obiettivi di sicurezza alimentare, indipendenza energetica, riduzione della povertà e sviluppo del capitale umano. Secondo gli analisti, la mossa è una svolta della storica politica indonesiana di non allineamento, che si sta tramutando in un multi allineamento che rafforzi i legami sia coi Paesi occidentali che con quelli del cosiddetto Sud globale. Non a caso, l’Indonesia porta contestualmente avanti il suo processo di adesione all’Ocse. “Tuttavia, i BRICS sono sempre più attraenti per le potenze emergenti”, scrive Richard Heydarian su Nikkei, secondo cui questo non solo riflette il rapido spostamento dell’equilibrio di potere sulla scena globale, ma, cosa fondamentale, consente ai Paesi emergenti di esprimere il proprio malcontento nei confronti dell’ordine internazionale guidato dagli Stati Uniti e di proteggersi collettivamente dall’impatto potenzialmente dirompente della seconda presidenza Trump. Dopo l’allargamento del 2023, il gruppo rappresenta ora circa metà della popolazione mondiale e il 30% del prodotto interno globale, contribuendo a oltre il 50% della crescita. Dopo l’Indonesia, potrebbero presto aderire anche Turchia e Malesia, mentre il Brasile ha già annunciato l’inclusione nella nutrita lista dei paesi partner di Cuba, Bolivia, Kazakistan, Uzbekistan, Thailandia e Uganda.