Singapore

Singapore punta sulle cripto-valute

Come Singapore sta diventando la nuova capitale delle monete virtuali in Asia 

Alla fine di ottobre di ques’tanno sul sito della DBS di Singapore, una delle maggiori banche del Sud-Est asiatico, sono apparse per errore informazioni relative all’imminente lancio di un exchange di cripto-valute; prontamente eliminate, vennero però riportate da un utente su Twitter. Stando a queste indiscrezioni, la nuova piattaforma permetterebbe di scambiare le nascenti monete elettroniche con alcune delle principali valute asiatiche. Il progetto includerebbe anche una piattaforma per security tokens e per la digitalizzazione di assets, oltre a servizi di custodia di cripto-valute e tokens. Ad oggi il progetto risulterebbe ancora in lavorazione e in attesa di autorizzazione da parte delle autorità locali. Si tratta di una delle ultime notizie che confermano non solo l’interesse di Singapore per la digitalizzazione della finanza, ma anche della presa d’atto da parte di istituti bancari tradizionali del ruolo che le cripto-valute già svolgono nei nostri sistemi economici. 

Nella città-stato hanno già sede diverse aziende leader nell’ecosistema delle cripto-valute, quali Binance (piattaforma di trading), Wirex (piattaforma di pagamenti) e Coinbase (exchange di cripto-valute). Singapore inoltre, ha visto incrementare le proprie start-up blockchain con 91 nuovi progetti nel 2020, per un totale di 234 nuovi attori nel settore. Alcune di queste sono coinvolte in progetti con Mastercard, Visa, Alibaba, Tencent e Facebook.

Nella più vasta area dell’Asia-Pacifico, i primi ad aver autorizzato le cripto-valute sono stati il Giappone, le Corea del Sud e la Cina, salvo poi, in alcuni casi, porre restrizioni o bandirne l’utilizzo. Singapore, al contrario, ha adottato una strategia meno improvvisata. La Monetary Authority of Singapore (MAS) – la Banca centrale e autorità di vigilanza e regolamentazione dei mercati finanziari – ha proattivamente seguito l’evoluzione di queste tecnologie e le relative iniziative imprenditoriali. In un primo momento ha tutelato i consumatori e gli investitori sia consigliando di prestare attenzione ai rischi connessi ad alcuni tipi di investimenti, sia intervenendo direttamente, chiedendo che venissero rimborsati investitori locali di un Initial Coin Offerings ritenuta in violazione delle regolamentazioni locali. Infine mettendo sotto sorveglianza degli exchange di cripto-valute che operavano senza aver fornito informazioni sulle loro attività. 

Gli interventi di regolamentazione non sono volti ad impedire o ostacolare queste iniziative, quanto piuttosto servono a monitorare il settore ed elaborare progressivamente una normativa specifica. Un percorso iniziato nel 2017 con un “Guide to Digital Tokens Offerings”, perfezionato nel 2019 con il Payment Services Act,  entrato in vigore a gennaio 2020. La recente normativa serve a regolare i servizi di pagamento digitali (che includono anche gli exchange di cripto-valute con sede a Singapore): le società di cripto-valute, per poter operare a Singapore, devono ora registrarsi per ottenere una licenza. 

L’aver definito un quadro normativo chiaro in un settore economico in espansione, consentirà a Singapore non solo di mantenere il proprio status di centro finanziario internazionale, ma anche di approfittare di queste tecnologie innovative per attirare nuovi investimenti. Intanto, ricadute positive a livello occupazionale hanno già iniziato a manifestarsi. 

Le applicazioni di tecnologie come la blockchain, inoltre, non sono circoscritte al solo mondo della finanza. La struttura con cui vengono organizzati e custoditi i dati garantisce un alto livello di sicurezza; consente di creare quello che viene comunemente definito un “autentico digitale”. Le sue applicazioni quindi, oltre a quelle a vocazione prettamente monetaria come nel caso del Bitcoin, possono riguardare anche altri ambiti di interesse per una pubblica amministrazione, quali gestione di dati anagrafici, di archivi e altri servizi pubblici.   

La MAS ha anche recentemente comunicato che stanzierà l’equivalente di $180 milioni di dollari nei prossimi tre anni per lo sviluppo del settore finanziario. I fondi verranno allocati per sostenere progetti Fintech e di digitalizzazione della finanza, incluso lo sviluppo dell’intelligenza artificiale applicata al settore finanziario. In associazione con la National University of Singapore e la National Researche Foundation, la MAS ha anche costituito l’Asian Institute of Digital Finance con l’intento di coordinare le sinergie tra università, istituti di ricerca e mondo imprenditoriale, e promuovere iniziative Fintech, la blockchain, piattaforme per la finanza digitale fino ai servizi finanziari di nuova generazione su network 5G. Il tutto inizierà ad operare entro la fine dell’anno. 

Sembra quindi che Singapore stia creando le condizioni per essere un punto di riferimento nell’innovazione tecnologica nel settore della digitalizzazione della finanza e nelle sue varie declinazioni. Le sinergie che sta creando tra indirizzo pubblico e iniziative private potrebbero sicuramente determinare il successo di questi sforzi.  

A cura di Luca Annone

Singapore tra Innovazione e Rinnovamento

Nell’attuale contesto di crisi pandemica, innovazione tecnologica e capacità di rinnovamento saranno cruciali per determinare il futuro del modello Singapore  

La straordinaria trasformazione di Singapore da avamposto commerciale del fu impero britannico a vibrante centro economico del nascente mondo globalizzato è motivo di orgoglio per i Singaporiani e materia di studio per il resto del mondo. Al tempo dell’espulsione dalla Federazione della Malesia, nel 1965, la “Città del Leone” era una piccola isola all’estremo della penisola malese, senza risorse naturali, a parte una posizione geografica strategica ed il potenziale ancora inesplorato di una popolazione giovane e volenterosa formata in gran parte da migranti cinesi. Eppure, nei due decenni immediatamente successivi all’indipendenza, l’economia singaporiana ha registrato una crescita dell’8,5% annuo e, come ricordano spesso i suoi governanti, la neonata città-stato è passata dal terzo mondo al primo nel giro di appena una generazione. 

In molti si sono chiesti quale sia il segreto del successo di Singapore: posizione geografica o conformazione demografica; identità culturale o regime politico; fattori importanti ma, di per sé, non determinanti. “La risposta semplice – secondo l’ex diplomatico singaporiano Kishore Mahbubani – è una leadership fuori dal comune.” Una classe dirigente formata nelle migliori università del Regno Unito e tornata a Singapore con l’ambizione di mettere il tradizionale pragmatismo britannico al servizio del nascente sentimento nazionale. Lo stesso Lee Kuan Yew, padre fondatore e Primo Ministro di Singapore, l’uomo che ha governato la città stato, direttamente e indirettamente per oltre 50 anni, sosteneva che il successo del modello Singapore derivasse dalla sua capacità di rispondere efficacemente all’emergere di nuove situazioni.

Effettivamente il grandioso sviluppo di Singapore non sarebbe forse stato possibile se i suoi leader non fossero stati guidati nelle loro scelte da una salda fede nell’innovazione tecnologica e da una ferma convinzione che anche il successo economico dipenda dalla capacità di innovarsi e rinnovarsi. È anche in virtù di questa ‘fede’ che una città-stato conosciuta oggi in tutto il mondo come hub commerciale e finanziario non ha mai voluto rinunciare al settore manifatturiero. Il manifatturiero, motore della crescita economica degli anni ’60, ha attraversato una grande trasformazione tecnologica e rappresenta oggi un settore ad alto valore aggiunto che vale il 20% del PIL. Meg Whitman, CEO di Hewlett Packard Enterprise, una delle tante grandi aziende che ha deciso di puntare su Singapore, ha soprannominato la città-stato una “Silicon Valley in miniatura”. Le notizie di queste settimane sembrano confermarlo: messe alla porta nell’America di Donald Trump, le cinesi ByteDance e Tencent hanno pensato di ripartire proprio da Singapore con investimenti di svariati miliardi di dollari.

Da diversi anni ormai Singapore occupa le prime posizioni del Global Competitiveness Index e dell’Ease of Doing Business Index, solo per citare due degli innumerevoli indicatori mondiali che celebrano la città-stato come uno dei miglior luoghi al mondo per fare impresa. Ciò è possibile non solo grazie all’avanzato sistema finanziario e giudiziario, ma anche grazie a infrastrutture fisiche e digitali all’avanguardia. E’ proprio su queste ultime che il governo intende puntare per superare la crisi innescata dalla pandemia di Covid-19, che ha trascinato la città-stato nella peggiore recessione dal 1965. Singapore, nelle parole dell’attuale Primo Ministro Lee Hsien Loong, si deve preparare ad “un futuro molto diverso” che, come ha spiegato un alto funzionario al Financial Times, sarà fatto di “bit e byte, cavi sottomarini e dati”, non solo cargo e container. 

L’esecutivo ci stava lavorando da tempo: il Covid-19 ha reso necessaria un’accelerata. Già un anno fa, infatti, l’Enterprise Development Board, l’agenzia governativa che da sempre guida lo sviluppo industriale del Paese, presentava ai potenziali investitori esteri i risultati già ottenuti: la più grande concentrazione di cavi sottomarini al mondo, la connessione a banda larga più veloce ed un tasso di penetrazione di cellulari e smartphone del 159%. Il Digital Readiness Index 2019, l’indicatore elaborato da Cisco per identificare i Paesi più preparati ad accogliere le sfide della digitalizzazione, collocava Singapore al primo posto. Complice anche la crescente tensione tra Stati Uniti e Cina e la rapida involuzione della situazione di Hong Kong, anche grandi multinazionali del calibro di Amazon e Alibaba non hanno potuto resistere alla chiamata.

Cinque anni fa, Kishore Mahbubani, in un libro dal titolo evocativo, “Può Singapore Sopravvivere?”, individuava tre pericoli che la città-stato avrebbe dovuto affrontare negli anni a venire: la sfida del populismo, lo scontro geopolitico tra Stati Uniti e Cina, ed un ‘Cigno Nero’, un evento estremamente raro e difficile da prevedere che avrebbe messo in questione la posizione di Singapore nell’ordine mondiale. Almeno per quanto riguarda la sua dimensione internazionale, la profezia può dirsi avverata nel 2020. Dopo un iniziale momento di smarrimento, Singapore sembra aver reagito tornando in sé stessa: una città-stato connessa con il mondo, seppure attraverso nuove vie digitali, senza rinunciare mai all’ambizione di essere amica di tutti e nemica di nessuno. La fede nell’innovazione che ha accompagnato Singapore sin dalla nascita potrebbe garantirle ora la sopravvivenza.

A cura di Francesco Brusaporco

Singapore e la gestione dell’emergenza Covid-19

La particolarità del caso Singapore rivela la complessità del fenomeno pandemico e l’importanza di un approccio cauto.

Il 25 giugno l’Associazione Italia-ASEAN ha organizzato un incontro su Singapore e la sua risposta alla crisi causata dalla pandemia con l’Ambasciatore d’Italia a Singapore, Raffaele Langella, e il Presidente del Singapore Institute of International Affairs, Simon Tay. 

Quando il 23 gennaio Singapore ha accertato il primo caso di Covid-19 sul suo territorio, il governo ha implementato misure rapide ed efficaci che sono riuscite a contenere il virus e a limitare in modo significativo il numero degli infetti. Successivamente, tra febbraio e marzo, Singapore ha vissuto una seconda moderata ondata di contagi, riconducibili ai flussi di Singaporiani rimpatriati dall’estero. Fino ad inizio aprile, dunque, Singapore contava meno di 1000 casi e solo 3 decessi dovuti al virus. Tuttavia, ad aprile, Singapore è stata colpita da una terza ondata di Covid-19. Questa volta la grande maggioranza dei casi si sono verificati tra gli oltre 300.000 lavoratori immigrati che vivono nei grandi condomini alla periferia della città, e il numero delle infezioni è aumentato rapidamente nel giro di poche settimane. A causa di questa nuova impennata, il governo singaporiano è stato costretto a imporre misure più restrittive sugli spostamenti dei cittadini, che in precedenza non erano state ritenute necessarie. Dal 7 aprile, i cittadini singaporiani hanno dovuto infatti rispettare misure preventive chiamate nel loro insieme ​circuit breaker​, che prevedono la chiusura di tutte le attività non essenziali e l’obbligo di rispettare il distanziamento sociale. 

Sul versante dell’impatto economico, si prevede che il PIL di Singapore si contrarrà quest’anno di un valore tra il -7% e il -4% circa. Pertanto, il governo della città-stato ha risposto con un aumento significativo della spesa pubblica, tramite quattro pacchetti di stimoli economici per sostenere l’economia, per un valore pari a circa il 19% del PIL di Singapore. Gli interventi puntano a sostenere le famiglie, le aziende e i lavoratori con misure quali sussidi, moratorie, deduzioni fiscali e forme di finanziamento agevolato per le imprese più colpite (in particolare turismo e aviazione).  

L’evoluzione della crisi sanitaria nella città-Stato ha mostrato allo stesso tempo i punti di forza e le debolezze del sistema Singapore. Le infrastrutture tecnologiche e la ricerca scientifica di alto livello hanno permesso al governo di rispondere con efficacia ai primi casi di coronavirus nel Paese, rivelando una certa prontezza dal punto di vista scientifico. Questo ha permesso a molte attività economiche di proseguire nonostante la pandemia, riducendo l’impatto del virus sul tessuto produttivo del Paese. La pandemia ha però anche mostrato alcune debolezze del sistema Singapore. Come hub commerciale e finanziario, la sua dipendenza dalle interconnessioni regionali e globali ha pesato e peserà molto sulla capacità del governo di rilanciare il Paese. Il traffico aereo e navale è calato drasticamente, e questo rischia di creare gravi problemi all’economia di Singapore. Inoltre, il caso dei lavoratori immigrati ha fatto emergere uno dei pochi punti deboli della città-Stato: una dipendenza diretta dalla manodopera straniera che è fondamentale per l’efficace funzionamento di una smart-city come Singapore. 

Sarà dunque cruciale per la città-Stato riaprire quanto prima il suo sistema economico agli scambi internazionali, al fine di intercettare nuovi trend e rafforzare la dimensione globale dell’economia singaporiana.

Articolo a cura di Tullio Ambrosone