Singapore

La nave militare italiana Morosini a Singapore

La modernissima nave militare Morosini si trova in questi giorni a Singapore. Una mossa che accresce la presenza dell’Italia nel Sud-Est asiatico, area sempre più strategica dal punto di vista economico e diplomatico

Articolo di Tommaso Magrini

L’Italia si proietta nel Sud-Est asiatico e nell’Asia-Pacifico. Non solo a livello commerciale e diplomatico, ma anche con la modernissima nave Francesco Morosini. La nave è giunta a Singapore lunedì 1° maggio e vi rimane sino a sabato 6 maggio. Fermata alla Changi Naval Base, ha partecipato alla International Maritime Defence Exhibition-Asia (IMDEX), prestigiosa vetrina internazionale in cui confluiscono le eccellenze mondiali nel settore della difesa, in particolare quella navale.

Il Morosini, 143 metri di lunghezza, 17,5 metri di larghezza, 6400 tonnellate di stazza, è la seconda Unità della Classe Thaon di Ravel ed è l’ultima tra le navi consegnate alla Marina Militare. Rappresenta la punta di diamante della cantieristica militare navale nazionale che, come noto, si colloca ai vertici a livello mondiale. L’unità, consegnata il 22 ottobre 2022 alla Marina Militare Italiana presso lo stabilimento Fincantieri di Muggiano, rappresenta d’altronde l’avanguardia della tecnologia italiana nel settore navale ed elettronico. 

La sua presenza è stata occasione anche per partecipare all’evento di apertura dell’Italian Festival Singapore è stato il palcoscenico per promuovere le eccellenze italiane in altri campi, tra cui la cultura e la ricerca scientifica. Dal 2 al 5 maggio, un concerto jazz, visite di scuole locali e lezioni in collaborazione con le università di Singapore daranno ai partecipanti la possibilità di toccare con mano tecnologie all’avanguardia e sistemi innovativi. Il Pattugliatore ha ospitato anche diverse iniziative promozionali e aperte al pubblico, tra cui diverse visite a bordo.

Si tratta di un passaggio importante per la presenza italiana a Singapore e in generale nel Sud-Est asiatico. Martedì 2 maggio, l’Ambasciatore d’Italia a Singapore e il Comandante della nave hanno tenuto a bordo una conferenza stampa nella quale sono state illustrate le peculiarità della nave e il suo impegno nella Campagna in Indo-Pacifico, in promozione dell’eccellenza italiana nel mondo. L’Ambasciatore Mario Vattani ha illustrato il significato della presenza della nave Morosini in questo quadrante, la sua importanza nei rapporti dell’Italia con Singapore e con i Paesi dell’area, e ha presentato gli eventi organizzati dall’Ambasciata a margine di questo appuntamento.

“La rilevanza geopolitica ed economica dell’Indo-Pacifico” ha dichiarato l’Ambasciatore Vattani “porta oggi l’Italia con lungimiranza ad accrescere la propria presenza nell’area. Da tempo l’Italia – che e’ partner di sviluppo ASEAN dal 2020 – realizza attività in vari coincidenti con i sette pilastri della Strategia UE per la cooperazione nell’IndoPacifico”. L’Italia è infatti impegnata nell’attuazione del Partenariato di Sviluppo con l’ASEAN. In tale cornice, diverse attività di capacity building sono state realizzate a favore dei Paesi ASEAN in molteplici settori: protezione dei civili nelle missioni di peacekeeping ONU, lotta al terrorismo e al crimine transnazionale organizzato, cybercrime, tutela del patrimonio culturale, gestione sostenibile delle coste, anti-pirateria e diritto del mare. Sono in programma nuove iniziative in materia di tutela ambientale, meccanizzazione agricola, formazione di magistrati, contrasto al crimine organizzato transnazionale. “Noi italiani riguardo a questa regione del mondo abbiamo una visione inclusiva”, ha spiegato Vattani “che mira a collaborare con tutti gli attori dell’area e le Organizzazioni regionali. Oggi lo facciamo a Singapore portando la nostra eccellenza tecnologica con la Nave Morosini, la più giovane unità della Marina Militare che rappresenta uno strumento di eccezionale flessibilità operativa, capace di svolgere una molteplicità di compiti sia militari, sia di protezione civile”.

Singapore, sempre più donne nei ruoli manageriali

Continua ad aumentare il numero delle donne nelle posizioni apicali del mondo imprenditoriale di Singapore. Secondo uno studio annuale del Council for Board Diversity, il 36% delle nomine nei consigli di amministrazione delle 100 maggiori società quotate alla borsa di Singapore è stato affidato a donne nel 2022, un record e un aumento rispetto al 23% del 2021. L’afflusso di donne fa seguito alle nuove regole che impongono alle società quotate a Singapore di dire di più sulle loro politiche di diversità nei consigli di amministrazione. Secondo il rapporto del CBD, alla fine del 2022 il 21,5% dei ruoli di amministratore era ricoperto da donne, rispetto al 18,9% della fine del 2021. Il rapporto rileva che il “pool di talenti” femminili di Singapore è in crescita. Tra tutti gli amministratori nominati per la prima volta nelle prime 100 società, le donne rappresentano il 45%, rispetto al 25-30% precedente. Numeri molto rilevanti e significativi, ma permangono tuttavia degli ampi margini di miglioramento. Oltre il 90% dei consigli di amministrazione di Singapore sono presieduti da uomini. Inoltre, solo il 7% delle prime 100 società ha un consiglio di amministrazione equilibrato dal punto di vista del genere, definito come composto per il 40-60% da uomini o donne. L’afflusso di donne nei consigli di amministrazione dimostra che Singapore si sta muovendo nella giusta direzione, ha dichiarato al South China Morning Post Mak Yuen Teen, professore dell’Università Nazionale di Singapore, che si occupa di corporate governance. Ma il fatto che ci siano ancora relativamente poche posizioni di leadership per le donne nei consigli di amministrazione “suggerisce che al momento vengono nominate nei consigli di amministrazione candidate relativamente meno esperte”. Ma di certo il percorso intrapreso da Singapore e dalla sua realtà imprenditoriale per garantire maggiore rappresentatività alle donne è quello giusto.

Singapore, un’isola calma in acque turbolente

Le ultime classifiche registrano l’avanzata della città-stato, il cui governo introduce nuove agevolazioni fiscali. I super ricchi dalla Cina alla Thailandia sembrano prediligerla per depositarvi i propri patrimoni

Per la prima volta dal 2010, anno in cui Vistra ha avviato le sue classifiche sulle giurisdizioni chiedendo a centinaia di dirigenti di servizi aziendali di valutare l’importanza dei centri finanziari globali, Singapore ha scavalcato Hong Kong.

Negli ultimi dodici anni, Hong Kong è sempre stata la più dominante delle due giurisdizioni asiatiche presenti nella Top Ten. Ma nel 2022 Singapore si è qualificata terza, dietro solo a Regno Unito e Stati Uniti, mentre a Hong Kong è spettato il quarto posto.

Si tratta di un vantaggio marginale: il 46% degli intervistati ha valutato Singapore come un centro finanziario molto importante per la propria organizzazione, mentre “solo” il 43% ha affermato lo stesso di Hong Kong. Tuttavia, le condizioni non sembrano favorire un’inversione di rotta.

“Singapore è un’isola calma in acque molto turbolente” ha affermato uno degli intervistati a Vistra, un avvocato privato con sede nel Regno Unito. Il suo sembra essere un riferimento alla turbolenza politica che ha afflitto Hong Kong negli ultimi anni e alla sempre più invasiva erosione del principio ‘un paese, due sistemi’ regolante i rapporti con Pechino. 

È infatti dalla capitale della Repubblica Popolare Cinese (RPC) che soffia un vento preoccupante per i cosiddetti super ricchi. La spinta di Xi a consolidare la sua leadership promuovendo alleati che hanno preso una posizione dura contro il settore privato, insieme alla prospettiva di possibili nuove tasse di successione, hanno spinto alcuni cinesi – particolarmente benestanti – a recidere almeno parzialmente i legami finanziari con il proprio paese, in quello che si potrebbe definire un esodo di ricchezza. Di fatto, la spinta di Xi alla “prosperità comune” sembrerebbe spingere gli investitori – che una volta abbracciavano la massima di Deng Xiaoping secondo cui diventare ricchi è glorioso – a riversarsi in luoghi più accoglienti per i propri patrimoni, come appunto Singapore.

Via dalla Cina

“Il settore privato in Cina è davvero in declino” ha affermato Drew Thompson, ricercatore senior in visita presso la Lee Kuan Yew School of Public Policy della National University of Singapore in un’intervista a Bloomberg. “Ciò accelera gli sforzi per migrare e mettere al sicuro la propria ricchezza all’estero”.

Non è chiaro se Xi sia intenzionato a fermare il deflusso di persone e capitali. La società di consulenza sulla migrazione degli investimenti Henley & Partners stima che soltanto nel corso del 2022 una coorte di circa 10.000 residenti facoltosi abbia cercato di prelevare 48 miliardi di dollari dalla RPC: si tratterebbe del secondo più grande deflusso di ricchezza e persone dopo quello russo.

A giocare un ruolo chiave nell’avanzata di Singapore sono poi state le normative anti-Covid. Mentre la città-stato è tornata rapidamente alla normalità nel 2022, inclusa la revoca lo scorso agosto dell’obbligo di mascherina all’interno – una delle ultime restrizioni rimaste – Hong Kong rimane, come il resto della Cina, uno dei territori con norme anti-Covid più stringenti al mondo. Anche in questo caso si parla di esodo. Secondo l’Ufficio dell’Unione europea per Hong Kong e Macao nel corso di quest’anno circa il 10% dei cittadini dell’UE residenti a Hong Kong ha lasciato la città e un numero crescente di dipendenti ha chiesto di essere trasferito altrove. La multinazionale americana di banche di investimento e società di servizi finanziari Citigroup ha trasferito silenziosamente una serie di banchieri azionari a Singapore e in altri mercati, e altrettanto hanno fatto gli amministratori delegati della JP Morgan nel corso di quest’anno.

L’ascesa di Singapore non dovrebbe però essere interamente attribuita alle recenti turbolenze o alle restrizioni legate al Covid. Anche il governo della città-stato ha i suoi meriti.

La reputazione di Singapore come bastione di sicurezza e stabilità a bassa tassazione l’ha resa un hub regionale per i ricchi, dalla Thailandia all’Indonesia. La città-stato è stata efficace nell’affermarsi per attività come gestione di fondi e pianificazione patrimoniale.

Per esempio, al fine di aumentare la propria attrattività come sede di fondi alternativi, nel 2020 Singapore ha introdotto la Variable Capital Company (VCC), una nuova struttura di entità societaria in base alla quale diversi organismi di investimento collettivo (siano essi aperti o chiusi) possono essere riuniti sotto l’ombrello di un’unica entità societaria e tuttavia rimanere separati l’uno dall’altro. La VCC offre maggiore flessibilità agli investitori e risparmi sui costi operativi e vantaggi fiscali, sfidando i principali domicili di fondi come le Isole Cayman o il Regno Unito.

La legislazione favorevole di Singapore

Negli ultimi anni Singapore ha inoltre cercato di attrarre una quota maggiore di clienti asiatici con un patrimonio netto in crescita. Le sue leggi sul Trust offrono riservatezza a disponenti e beneficiari, nonché esenzioni fiscali. La città-stato si è poi mobilitata per diventare un hub di talenti globali, con l’introduzione dell’Overseas Networks and Expertise (ONE) pass, un visto che consentirà ai suoi detentori e ai loro partner di lavorare nella città-stato per cinque anni.

Anche se Singapore non fornisce statistiche dettagliate sulla provenienza dei suoi flussi di ricchezza, l’aumento esplosivo dei family office, società di servizi che gestiscono il patrimonio di una o più famiglie facoltose agendo come centro di coordinamento per la gestione finanziaria e amministrativa, secondo Bloomberg sarebbe sintomatico dell’arrivo di molteplici nuovi tycoon, in particolare cinesi. Alla fine del 2021 il numero di questi uffici è quasi raddoppiato rispetto all’anno precedente. Michael Marquardt, la cui azienda IQ-EQ Asia aiuta a creare family office, ha affermato che il numero di richieste da parte di clienti cinesi è aumentato dal 25% al ​​50% da prima a dopo l’ultimo Congresso del Partito comunista cinese. Vikna Rajah, responsabile fiscale e fiduciario dello studio legale Rajah e Tann Singapore LLP, ha dichiarato lo scorso giugno che oltre il 30% dei clienti che ha supportato nella richiesta di esenzione fiscale proviene dalla Cina, inclusa Hong Kong.Non si tratta solo di scegliere Singapore come base per gli affari, ma di veri e propri ricollocamenti. Sean Shi Yonghong, co-fondatore della catena di hot pot del Sichuan Haidilao International, ha pagato 50 milioni di dollari per un cosiddetto Good Class Bungalow (GCB) nella città-stato lo scorso settembre e il suo socio in affari, Zhang Yong, che è l’amministratore delegato di Haidilao International, si era già stabilito a Singapore e ne aveva preso la cittadinanza nel 2018. Anche Sun Tongyu, uno dei cofondatori di Alibaba, vi ha acquistato un attico da 51 milioni di dollari. Altri importanti imprenditori cinesi che si sono già stabiliti a Singapore includono Zhang Yiming, fondatore di ByteDance Ltd; il criptomiliardario Jihan Wu e Cindy Mi fondatrice di VIPKid, un’azienda edutech di grande successo fino a quando Pechino non ha represso il tutoraggio online. Nuovi arrivati che hanno generato una serie di effetti a catena, dall’aumento delle vendite di auto di lusso ai prezzi alle stelle per ville e… abbonamenti di golf.

Intervista a Mario Vattani, Ambasciatore d’Italia a Singapore

L’Ambasciatore d’Italia a Singapore racconta l’attività della sede diplomatica nella città-stato, illustra i risultati raggiunti e le potenzialità da sfruttare

Intervista a cura di Lorenzo Lamperti

Ambasciatore Vattani, com’è stato l’impatto con Singapore e come si è evoluta l’attività dell’Ambasciata in questi mesi?

Ora che è passato un anno dal mio arrivo posso tracciare un primo bilancio. Abbiamo sfruttato i primi mesi in cui, a causa delle restrizioni anti Covid, era difficile avere incontri e svolgere attività verso l’esterno per lavorare su progetti strutturali. In particolare, abbiamo spostato la sede. Non si tratta di un semplice trasferimento, ma del simbolo della presa d’atto da parte dell’Italia della crescente importanza di Singapore in questa regione. Il Sud-Est asiatico avrà un ruolo sempre più strategico nei prossimi 20 anni e Singapore ha un’importanza speciale. Prima questa era una sede piccola con poco personale, all’opposto di quello che accade con le aziende internazionale che da tempo usano proprio Singapore come base d’accesso alla regione. L’apertura della nuova sede dell’Ambasciata si inserisce in una dinamica di maggiore presenza in cui c’è stata l’apertura dell’ufficio della difesa e quella della Banca d’Italia.

Quali sono i fattori che stanno rendendo Singapore sempre più centrale?

I fattori sono diversi. Certo, anche le dinamiche degli ultimi anni a Hong Kong hanno contribuito. Anche dalla Cina c’è un flusso costante di professionisti e aziende, soprattutto da Shanghai. Quando sono arrivato questo processo era già cominciato e quindi siamo riusciti ad ampliarci. Il vantaggio è quello di poter mostrare adesso ai singaporiani che c’è stato un cambio di passo e il risultato è che l’Italia ha una visibilità maggiore. Sia gli uffici della nostra rappresentanza, sia le stesse aziende. 

Quali iniziative sono state avviate dopo l’allentamento delle restrizioni pandemiche?

Abbiamo avviato un’azione visibile sul territorio. Per esempio è stato organizzato il primo Italian Festival, formula che avevo utilizzato già in Giappone dove lavoravo a capo dell’Ufficio Commerciale. L’idea di fondo è moltiplicare sotto lo stesso logo tutta una serie di attività senza limitarci alle aree di presenza più classiche dell’Italia, dal food al fashion fino al turismo. Abbiamo lavorato a eventi anche su scienza, tecnologia e ricerca. Stiamo cercando di far conoscere anche questi lati dell’Italia. Siccome Singapore non è un hub manifatturiero, non esiste un’intima conoscenza del nostro sistema produttivo e della nostra meccanica, al contrario di altri Paesi. Il Giappone importa alta tecnologia made in Italy da decenni, a Singapore invece conoscono soprattutto i nostri prodotti. Eppure qui abbiamo grandi aziende presenti in infrastrutture importanti come Mapei nella costruzione del porto. Tecnologia italiana è presente anche in Gardens by the Bay e nella metropolitana. Abbiamo approfittato del recente Gran Premio di Formula Uno, che qui ha rappresentato davvero il ritorno di Singapore sulla scena internazionale dopo la pandemia. Noi come Italia abbiamo fatto uno showcase in Ambasciata di tutte le aziende più importanti che sono legate al mondo della Formula Uno. Non solo la Ferrari, ma anche chi fa le infrastrutture o gli pneumatici. Anche chi si occupava delle luci era un’azienda italiana. 

Quanto è importante pilotare l’azione sull’agenda del Paese ospitante?

L’errore che si fa in Asia ogni tanto è arrivare qui guardandosi l’ombelico, invece bisogna usare il percorso opposto: guardare l’altro e adeguarsi a quello che fa, per fargli capire che quello che io faccio funziona anche per lui. Singapore poi è un Paese con una classe dirigente orgogliosa di quello che sta portando a termine, bisogna fargli capire che siamo il partner giusto. Ad esempio, durante la design week l’Italia è stato l’unico Paese presente con una mostra sui nuovi materiali e sulle startup italiane che riciclano in modo intelligente. Siamo stati l’unico Paese partner del Design Center di Singapore durante la Design Week. Ora grazie alla Farnesina abbiamo gli strumenti per avere un atteggiamento più propositivo: abbiamo una showroom, la sede è al centro del Financial District della città. C’è uno spazio che prende il nome di Sala Italia dove verranno adibite mostre. Anzi già è in funzione: è appena venuto qui Giordano Bruno Guerri per un incontro su D’Annunzio, anche la Pirelli ha fatto qui la sua mostra. Io ho firmato due decreti che mettono a disposizione delle aziende sia la residenza sia la Sala Italia 

Di recente è entrato anche in funzione l’accordo bilaterale di cooperazione scientifica e tecnologica. Quali vantaggi può portare?

L’accordo fu firmato nel 2016, ma mancava il protocollo esecutivo. Da quando siamo arrivati ci siamo messi in moto per riattivarlo. Ora è finalmente in funzione. Ci saranno diversi progetti legati anche alle startup su cui abbiamo terreno da recuperare. Il vantaggio di Singapore è che qui c’è un vasto hub di talenti ed è un laboratorio di ricerca dalle grandissime potenzialità. 

Singapore ha un ruolo rilevante anche a livello politico nell’area, oltre a quello economico e finanziario. 

Assolutamente sì, la classe dirigente è a un livello molto alto e il governo locale è ascoltato e rispettato ovunque. Singapore gioca una partita molto complessa, grazie alla sua stabilità e alla sua posizione strategica svolge un ruolo di garante un po’ per tutti. Aggiungo che per l’Italia è interessante anche trarre lezioni per la gestione di una società multi-identitaria in modo efficace. Così come si può osservare l’esperienza di Singapore nella lotta al terrorismo. Anche questi sono temi su cui è bene approfondire il dialogo bilaterale.

Singapore contende a Hong Kong il ruolo di hub finanziario globale

Il ruolo finanziario di Hong Kong sta cambiando e sembra che Singapore ne trarrà vantaggio. 

Per la prima volta Singapore ha superato Hong Kong nell’ultima classifica delle giurisdizioni globali di Vistra. Più di 600 dirigenti di servizi aziendali hanno valutato l’importanza dei principali centri finanziari. Hong Kong e Singapore si contendono da tempo il primato di hub finanziari midshore, che fungono anche da accesso per l’Asia. Dal 2010, quando Vistra ha avviato l’elaborazione della classifica, Hong Kong è sempre stata predominante. Quest’anno Singapore è salita al primo posto insieme a Regno Unito e Stati Uniti, mentre Hong Kong è scivolata in quarta posizione.
Anche se si tratterebbe di un vantaggio marginale, – il 46% degli intervistati ha preferito Singapore come centro finanziario per la propria organizzazione, contro il 43% che ha affermato lo stesso di Hong Kong – è il capovolgimento delle sorti dei due rivali ad essere di fondamentale importanza per comprendere la traiettoria futura di ciascuno.

La turbolenza politica che affligge Hong Kong è sicuramente uno dei fattori più favorevoli per Singapore, ma la sua ascesa è dovuta specificamente alle azioni governative in ambito finanziario. Singapore è stata proattiva nell’aumentare la sua attrattività finanziaria, in particolare la gestione di fondi e la pianificazione patrimoniale. Nel 2018 Singapore ha introdotto una nuova struttura di fondi di investimento, la Variable Capital Company (VCC), per far aumentare il domicilio di fondi alternativi. Il VCC offre maggiore flessibilità agli investitori, risparmi sui costi operativi e vantaggi fiscali, entrando in sfida con i principali domicili di fondi come le Isole Cayman. Negli ultimi anni, Singapore sta attirando anche un’importante quota di clienti asiatici con un patrimonio netto in crescita. Le sue trust law offrono riservatezza a migranti e beneficiari, nonché esenzioni fiscali. Attratti da aliquote fiscali favorevoli e da un contesto normativo stabile, sempre più imprenditori miliardari decidono di stabilire family office nella città-stato. L’Autorità Monetaria di Singapore ha approvato più di cento domande di family office nei primi quattro mesi di quest’anno. Oltre al capitale portato a Singapore, questi investitori richiedono anche servizi finanziari sofisticati, creando posti di lavoro per i gestori patrimoniali. L’accumulo di capitale finanziario e umano contribuisce ad aumentare la competitività di Singapore come hub finanziario.

Lo sviluppo economico regionale è un altro aspetto vincente. Le politiche zero-COVID della Cina hanno spinto i produttori a spostare le catene di approvvigionamento verso il Sud-Est asiatico. Singapore può facilitare tali spostamenti grazie alla sua duratura presenza commerciale nella regione e alla familiarità con i processi cinesi. Le istituzioni finanziarie mettono in contatto i clienti con gli investitori, gli studi legali supportano l’apertura di nuove filiali e le società di consulenza forniscono indicazioni sull’approvvigionamento dei fornitori regionali e provvedono alla formazione del personale. 

Oltre a quello finanziario, Singapore e Hong Kong si contendono anche il primato delle proprietà commerciali ecologiche. Entrambe attraggono importanti finanziamenti per sostenere lo sviluppo di progetti urbani ecocompatibili. La città-stato si è classificata al primo posto nell’ultimo indice di sostenibilità per l’Asia-Pacifico, elaborato dalla società di consulenza immobiliare Knight Frank. Shenzhen e Hong Kong sono state le successive città asiatiche meglio classificate, appena sotto Australia e Nuova Zelanda, con le città di Sydney e Wellington. Tokyo ha completato la top 10. La classifica di Knight Frank considera come fattori principali il numero di edifici verdi e la volontà dei governi locali di spingere verso un’urbanizzazione sostenibile, guardando anche al mercato degli asset verdi investibili. Il report di Knight Frank ha evidenziato il piano singaporiano “80-80-80 nel 2030”, con l’obiettivo di avere l’80% degli edifici con caratteristiche eco-compatibili, l’80% dei nuovi edifici a risparmio energetico, e per quelli che sono già leader nella sostenibilità ambientale è previsto un ulteriore efficientamento energetico dal 65% all’80%. Singapore, come Hong Kong, sta lottando anche per il finanziamento verde nel settore immobiliare. L’anno scorso, le società immobiliari City Developments e MCL Land hanno annunciato di aver ottenuto prestiti verdi per un importo di 610 milioni di dollari per finanziare due progetti nella città-stato nell’ambito di una joint venture.

La distanza tra Singapore e Hong Kong come hub finanziari si sta riducendo. La percezione globale di Hong Kong è stata indubbiamente alterata e ora deve adattarsi a una nuova realtà, ma in quanto porta d’ingresso alla Cina e storico centro finanziario globale, continuerà a mantenere un ruolo importante a livello internazionale.

La nuova (controversa) legge sulle interferenze straniere a Singapore

Alcuni critici sono preoccupati che il nuovo disegno di legge possa rappresentare uno strumento per reprimere il dissenso. Ma cos’è veramente il Foreign Interference Countermeasure Act?

Il 4 ottobre scorso, dopo quasi dieci ore di dibattito, il parlamento di Singapore ha approvato una nuova legge per limitare le ingerenze straniere nella politica nazionale, denominata Foreign Interference Countermeasure Act.  

Questa nuova legge permette alle autorità di intervenire in casi di interferenze nella politica interna della città-stato da parte di entità straniere. Secondo il Ministero degli Affari Interni, l’interferenza straniera rappresenta una seria minaccia per la sovranità e la sicurezza nazionale di Singapore e la legge in questione è una necessità urgente dato l’aumento dei casi di ingerenza straniera, soprattutto via Internet, negli affari locali. 

La legge consente alle autorità, ad esempio, di obbligare i fornitori di servizi Internet e le piattaforme di social media a fornire informazioni sugli utenti, bloccare i contenuti e rimuovere le applicazioni utilizzate per diffondere contenuti ritenuti ostili. La legge stabilisce inoltre i requisiti per identificare individui ed entità definiti come “persone politicamente significative”, inclusi partiti politici, titolari di cariche politiche, parlamentari e candidati alle elezioni. Tali individui o entità dovranno segnalare donazioni superiori a 10.000 dollari di Singapore (circa 6.400 dollari americani) e divulgare i propri rapporti con gli stranieri. Anche i civili possono essere designati come persone politicamente significative se le loro attività sono dirette a un fine politico e risulta nell’interesse pubblico applicare contromisure. È comunque importante ricordare che questa legge non include i singaporiani o altre organizzazioni locali che esprimono le loro opinioni, a meno che queste non vengano utilizzate da entità straniere come agenti di interferenza. 

Il processo avverrà secondo le seguenti modalità: in primo luogo, le autorità identificano una sospetta campagna di informazione di origine straniera ritenuta ostile. Se stabiliscono che la campagna è diretta a un fine politico ed è nell’interesse pubblico prendere contromisure, vengono emanate indicazioni per arginare la diffusione della disinformazione. Dunque, anche terze parti come piattaforme online, fornitori di servizi Internet e operatori di siti web possono essere costrette a bloccare determinati account o contenuti nel Paese. Una volta identificati, i colpevoli possono essere arrestati ed eventualmente perseguiti, ma non possono essere detenuti senza processo. Tuttavia, le sanzioni per la violazione dell’atto sono particolarmente severe e includono fino a 14 anni di carcere e 100.000 dollari di Singapore (circa 64.000 dollari americani) di multa. Le parti coinvolte possono presentare ricorso  al Ministro degli Interni o a un tribunale di revisione indipendente guidato da un giudice della Corte Suprema.

Nonostante lo scalpore che la notizia ha suscitato tra i media stranieri e le critiche espresse da alcune ONG, tra cui Human Rights Watch e Reporter Senza Frontiere, l’approvazione del disegno di legge è stata una mera formalità, data la decennale maggioranza legislativa del Partito d’Azione Popolare (PAP), al governo dal 1959. 

Alcuni critici hanno  espresso la preoccupazione che la legge possa rappresentare una minaccia per realtà legittime, tra cui accademici che studiano questioni controverse o stranieri che esprimono opinioni sulla politica di Singapore. Si teme infatti che termini come “interferenza straniera” siano definiti in modo così ampio da includere “quasi ogni forma di espressione e associazione relativa alla politica”, come affermano 11 organizzazioni per i diritti umani in una lettera aperta. Tuttavia, il Ministro per gli Affari Interni ha rassicurato che la legge non sarà applicata nei confronti della maggior parte delle attività accademiche, gli articoli scritti per riviste internazionali e la ricezione di finanziamenti internazionali. Il Ministro ha poi aggiunto che la misura non intende prendere di mira gli stranieri che commentano le questioni locali in modo aperto e trasparente.

Un’altra motivo di contestazione emerso, inoltre, è che questa legge è stata portata in Parlamento senza essere sottoposta a consultazione pubblica o scrutinio da parte di un comitato ristretto. Anche su questo, il governo ha però risposto che la questione dell’ingerenza straniera è stata ampiamente discussa per più di tre anni in varie sedi. In ogni caso, il governo sostiene che la maggior parte dei singaporiani è concorde sul fatto che la minaccia è grave e che occorra fare qualcosa. Rimane però la preoccupazione delle numerose aziende straniere presenti nel territorio nei confronti del futuro impatto di una legge così potenzialmente ampia.

Così Forrest Li (Sea) è diventato il più ricco di Singapore

Il 31 agosto 2021 Forrest Li, a soli 43 anni, è diventato l’uomo più ricco della città-stato, con un patrimonio che supera i 20 miliardi di dollari statunitensi. La sua storia conferma che la pandemia ha fatto schizzare alle stelle la domanda di servizi digitali.

Forrest Xiaodong Li, nativo della città portuale cinese di Tianjin e successivamente naturalizzato singaporiano, si laurea in Ingegneria presso l’Università Jiaotong di Shanghai e nella stessa città lavora per quattro anni nella divisione risorse umane di Motorola e Corning, prima di decidere di imprimere una svolta decisiva alla sua vita e alla sua carriera. Con il Master in Business Administration, “lo Steve Jobs di Singapore” inizia a gettare le fondamenta del proprio successo imprenditoriale: è tra i presenti quando il fondatore della Apple pronuncia il celebre discorso “Stay Hungry, Stay Foolish” rivolto ai neolaureati a Stanford nel 2005. Forrest Li non solo fa di questo il proprio motto di vita, l’invito di Jobs di “unire i puntini” (“connecting the dots”) diventa la tagline del gruppo Sea Limited, la più grande azienda del Sud-est asiatico per capitalizzazione di mercato (185 miliardi di dollari statunitensi), di cui oggi è presidente e amministratore delegato. 

In un periodo in cui moltissime persone sono costrette a casa o a mantenere le distanze sociali, la maggior parte delle interazioni si è inevitabilmente spostata online. Lo stesso Li, convinto che la pandemia non abbia fatto che accelerare una trasformazione avviata già da tempo, ha sottolineato che la “forte performance in termini di crescita e coinvolgimento degli utenti mostra che l’adozione del digitale sta ancora crescendo in modo sano”.  Il gruppo Sea Limited, holding di cui è co-fondatore insieme a Gang Ye e David Chen, opera simultaneamente nei fiorenti settori dell’e-commerce, del gaming online e dei pagamenti digitali, che durante il periodo pandemico hanno ricevuto un forte impulso di crescita. 

Dopo l’esordio nel mondo dello sviluppo e della distribuzione dei videogiochi con la fondazione di Garena nel 2009, il trio di imprenditori ha lanciato SeaMoney, fornitore di pagamenti digitali e servizi finanziari, e Shopee, un sito di e-commerce che adotta un approccio mobile-first e porta avanti una politica di basse commissioni ai rivenditori. La piattaforma è progettata per ottimizzare l’esperienza dello shopping online in modo da renderla più comoda e funzionale alla navigazione da smartphone. 

Accanto all’ambizione di cogliere le opportunità dell’accelerata digitalizzazione, il gruppo Sea Limited coltiva anche un senso di responsabilità nei confronti di coloro che sono meno facilitati nell’accesso alla tecnologia. Già nell’aprile 2020, Shopee annunciava l’introduzione di un pacchetto di supporto del valore di 15 milioni di ringgit malesi, a beneficio di circa 70.000 piccole e medie imprese locali. Il programma prevede una serie di misure volte ad “aiutare i venditori a digitalizzarsi, ridurre le spese e incrementare le vendite”: non solo sussidi sottoforma di voucher e significativi tagli dei costi operativi per i venditori vessati dalle sfide della pandemia, ma anche una vasta offerta di corsi formazione che mirano a fornire una guida passo-passo per coloro che vogliono rilanciare il proprio business ripartendo dall’e-commerce. L’impresa volge lo sguardo anche al di fuori dell’area ASEAN, nel tentativo di intercettare i bisogni di un sempre più ampio bacino di consumatori orientati ad abbracciare i vantaggi del nuovo stile di vita online e Shopee sta lavorando attualmente per espandere le proprie operazioni in America Latina, India e Europa. 

Quella di Li è infatti una visione di lungo termine, in cui cogliere le opportunità di crescita e conquistare nuove quote di mercato è prioritario rispetto a fare profitti rapidamente. Durante la cerimonia dei trentacinquesimi Singapore Business Awards nel novembre dello scorso anno, in occasione dei quali è stato nominato “Uomo d’affari dell’anno”, il CEO ha ribadito la propria fiducia nelle potenzialità della strategia del conglomerato, fondata sulla sinergia tra i business che lo compongono. Lo stesso nome del gruppo (Sea) è in realtà al tempo stesso un acronimo che richiama la regione del Sud-Est asiatico, centro di gravità delle attività dell’azienda, e l’immagine del mare che, connettendo tra loro i paesi, rende possibile tenere fede a uno dei valori cardine della compagnia tech guidata da Forrest Li: “Rendere il mondo una comunità ancora più connessa attraverso prodotti e servizi innovativi.”

Anthony Tan: l’uomo dietro il successo dell’unicorno Grab

Tra i 50 uomini più ricchi di Singapore, Anthony Tan è CEO e co-fondatore di Grab, l’app di ride-hailing dominante nel Sud-Est asiatico e primo unicorno della regione.

Nato a Kuala Lumpur nel 1982, Anthony Tan è l’erede di una delle famiglie più ricche della Malesia. Suo padre, Tan Heng Chew, è l’Amministratore Delegato di Tan Chong Motor Holdings Bhd, uno dei più grandi gruppi automobilistici del Paese. La sua formazione accademica include una laura con lode in Economia e Public Policy presso l’Università di Chicago e il prestigioso Master in Business Administration all’Harvard Business School (HBS), completato nel 2011. Tutto è nato proprio da lì. In un’intervista per il Financial Times nel 2014, Tan ha detto di essere stato fortemente influenzato dai corsi di capacità imprenditoriale e dagli incontri con Steve Chen, co-fondatore di YouTube, ed Eric Ries, che gli hanno fatto intravedere nuove opportunità, con molto dispiacere della sua famiglia.

Tan ha incontrato Tan Hooi Ling, che diventerà co-fondatrice di Grab, all’Harvard Business School nel 2009, mentre potavano avanti i loro MBA. Insieme hanno scritto un business plan per un’app mobile che avrebbe collegato i ricercatori di taxi direttamente ai tassisti più vicini alla loro posizione. Entrambi di origini malesi, volevano trovare una soluzione per spostarsi nel grande caos urbano. Gli autisti sarebbero stati dotati di smartphone in modo da poter comunicare direttamente con i potenziali clienti. Un’app simile a Uber ideata per dare benefici sia ai tassisti, assediati e sempre alla ricerca di corse, sia ai clienti, per farli sentire più sicuri.

Quel progetto si è classificato secondo alla HBS New Venture Competition nel 2011. Utilizzando i 25 mila dollari della vincita e i loro fondi personali, a giugno 2012 Anthony Tan e Tan Hooi Ling hanno lanciato l’app MyTeksi. Rinunciando al ruolo nell’azienda di famiglia, Anthony è riuscito a trovare vari finanziamenti anticipati da diversi investitori negli Stati Uniti e in Asia, continuando strenuamente a far crescere il suo progetto, mentre i familiari stentavano a capire cosa stesse facendo. Tan non ha mai avuto rimpianti: “Costruire qualcosa da zero, da un semplice PowerPoint e vedere le vite che miglioriamo è molto più gratificante”, ha affermato.

Dopo aver raccolto i fondi utili a sostenere un’espansione regionale, nel 2016 la startup viene trasferita a Singapore e rinominata Grab. Oggi, oltre al ride-hailing, comprende servizi di consegna (cibo, spesa, pacchi), pagamenti online e servizi finanziari ed è presente in ben 8 Paesi dell’ASEAN: Singapore, Cambogia, Indonesia, Malaysia, Myanmar, Filippine, Thailandia, Vietnam. Gli investitori di Grab includono Softbank, Didi Chuxing e Toyota. Uber ha acquisito una partecipazione dopo che Grab ha rilevato le sue operazioni regionali nel 2018. Quando è stato annunciato l’investimento di Softbank, Tan ha confermato l’obiettivo di voler crescere così velocemente, continuando “la lotta per le quote di mercato”.

“Quello che abbiamo costruito sembra affascinante, ma se vuoi davvero sopravvivere in questa gara, devi essere iper paranoico e pensare costantemente che il ragazzo alla tua destra stia cercando di ucciderti”, ha detto Tan. Tenace e motivato, le persone che lavorano con lui dicono che vuole sempre essere “il numero uno”. Ha un profondo lato spirituale, e cita Gesù Cristo come uno dei suoi esempi di leadership. Sente il suo lavoro come una “missione” per soddisfare i bisogni quotidiani degli abitanti del Sud-Est asiatico. Prima della pandemia, ha incontrato molti ministri in diverse città della regione per sostenere la legalizzazione del ride-hailing.

È sposato con Chloe Tong, la figlia del fondatore della Phileo Allied Bank, e aspettano il loro quarto figlio. Le persone che lo conoscono dicono che i suoi punti di forza sono la determinazione e la capacità di gestione del tempo. È noto per studiare casi aziendali o rispondere alle chiamate mentre corre sul tapis roulant. D’altronde, Tan ha avuto le idee chiare fin da piccolo: a sei anni disse di voler diventare un uomo d’affari. L’HBS è stato il luogo che ha visto nascere la sua idea, ma uscire per le strade di Kuala Lumpur, andare in taxi, parlare con i tassisti e non aver paura di introdurre la tecnologia in un ambiente riluttante, ha trasformato il suo piano in un business vincente.  

Nell’aprile 2021, Tan ha annunciato la probabile quotazione di Grab negli Stati Uniti, tramite la fusione con una società di acquisizione per scopi speciali (SPAC) di Altimeter Growth. L’accordo dovrebbe chiudersi entro la fine di quest’anno, facendo raggiungere all’azienda una valutazione di circa 40 miliardi di dollari.La perseveranza ha dato i suoi frutti. Con un patrimonio netto di 790 milioni di dollari, Tan si posiziona al 47° posto della classifica 2021 degli uomini più ricchi di Singapore secondo Forbes.

Singapore si impegna per un futuro sostenibile all’insegna del solare

Il cambiamento climatico colpisce il Sud-Est asiatico. Singapore punta  sull’energia solare per la de-carbonizzazione ma, nonostante gli sforzi, la strada per la sostenibilità è ancora in salita

Singapore è uno dei Paesi del Sud-Est asiatico più colpiti dal cambiamento climatico. Tra il preoccupante innalzamento del livello del mare e il caldo estremo dell’unica stagione che caratterizza il clima regionale, la città-stato della penisola malese ha preso molto sul serio gli impegni internazionali dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. È per questo che, negli ultimi anni, sono stati implementati diversi programmi di de-carbonizzazione, tra i quali ha suscitato particolare clamore la realizzazione di un enorme pannello solare galleggiante, situato nello Stretto di Johor. 

L’installazione è stata realizzata dal maggiore fornitore di energia solare a Singapore, il Sunseap Group. È composta da ben 13.312 pannelli, con una superficie pari a circa sette campi da calcio. Sarà poi in grado di compensare fino a 4.000 tonnellate di anidride carbonica l’anno e di alimentare ben 1.400 appartamenti residenziali. Come ha fatto notare un imprenditore locale impegnato nel settore, “dopo aver esaurito i tetti e la terra disponibile, che è molto scarsa, il prossimo grande potenziale è proprio la nostra area idrica”. Il mare è considerato la nuova frontiera per l’installazione del solare, ma per le popolazioni costiere del Sud-Est asiatico il surriscaldamento globale e l’innalzamento del livello dell’acqua rappresentano una minaccia incombente. I pannelli galleggianti del Sunseap Group sono infatti progettati per resistere alle mutevoli condizioni meteorologiche, con un sistema che mantiene stabili sia la piattaforma sia le apparecchiature operative a bordo.

Secondo  i funzionari del Ministero della Sostenibilità e dell’Ambiente, Singapore ha abbracciato la sostenibilità molti anni fa: anche conosciuta come “Garden city”, è considerata una delle città più verdi al mondo e ha implementato politiche virtuose a favore del rispetto ambientale, introducendo anche la tassazione sulle emissioni di carbonio. La Ministra della Sostenibilità e dell’Ambiente, Grace Fu, ha lanciato a febbraio il nuovo Green Plan 2030. Secondo il governo, infatti, la green economy può rappresentare un vantaggio competitivo chiave, in grado di creare nuove opportunità occupazionali e di crescita. Per le imprese è stato lanciato l’Enterprise Sustainability Programme (ESG), con l’obiettivo di accompagnarle verso modelli di business più sostenibili: come ha suggerito un funzionario dell’ESG, “sustainability needs not to be at odds with profitability”(“è necessario che la sostenibilità non contrasti con la redditività”) . Edwin Chow, assistente amministratore delegato per l’innovazione e le imprese di ESG, ha aggiunto “Con la crescente consapevolezza dei consumatori nei confronti della sostenibilità aziendale e del commercio, le aziende si trovano sotto pressione per migliorare le pratiche commerciali, poiché la sostenibilità deve essere incorporata in processi, prodotti e servizi”.

Nonostante i progetti di de-carbonizzazione e per l’economia green, Singapore non è affatto fuori pericolo. La piccola città-stato asiatica si trova da decenni a dover fronteggiare fenomeni climatici estremi. Le cosiddette “sfide gemelle” sono la principale minaccia: si tratta di inondazioni costiere e forti temporali con precipitazioni estreme che  possono causare l’inondazione dell’entroterra. Gran parte del territorio singaporiano si trova a soli 15 metri sopra il livello medio del mare, e il 30% del Paese  a meno di 5 metri. 

I fenomeni meteorologici non sono l’unica sfida legata al clima che le autorità sono chiamate a gestire. La città si surriscalda a velocità doppia rispetto alla media globale. A Singapore, infatti, esiste una sola stagione, che i residenti hanno ironicamente diviso in quattro livelli di tolleranza: “hot, hotter, hottest and hell. Per decenni, i cittadini hanno fatto ampiamente ricorso all’aria condizionata, considerata però una tecnologia divoratrice di energia. Come suggerisce Bloomberg, Singapore è anche un caso emblematico del cosiddetto effetto “urban heat island”: per via delle superfici dure dei palazzi e delle costruzioni che assorbono il calore, la temperatura di un’area urbana edificata può essere decisamente superiore rispetto a quella dei terreni circostanti. La Garden City asiatica non riesce perciò a compensare la produzione di calore antropogenico con i benefici del verde, su cui pure ha investito da lungo tempo.

Singapore deve fare i conti con un dilemma: rendere più vivibile la città per i suoi 6 milioni di abitanti senza aumentare pericolosamente le sue emissioni di carbonio. La realizzazione dell’enorme piattaforma di pannelli solari nello stretto a nord dell’isola sembra andare nella giusta direzione, ma la strada da fare è ancora molta. La  città-stato è uno dei maggiori emettitori di anidride carbonica pro-capite dell’Asia. I movimenti ambientalisti locali accusano il governo di non fare abbastanza per affrontare le sfide del cambiamento antropogenico del clima poiché, nonostante l’espansione del settore delle rinnovabili, il gas naturale resta la principale fonte di energia (secondo alcune organizzazioni per la difesa ambientale produrrebbe ancora il 96% dell’energia impiegata). Secondo il Climate Action Tracker, anche se il Paese restasse fedele agli obiettivi annunciati nel 2020 per contribuire alla diminuzione delle emissioni stabilite dall’Accordo di Parigi, questi impegni resterebbero comunque insufficienti. Singapore ha intrapreso davvero la via per la sostenibilità, ma l’urgenza del cambiamento climatico richiederà misure ancora più coraggiose.

Singapore può sorpassare Hong Kong?

La diatriba tra Pechino e Hong Kong sta portando gli investitori esteri sempre più verso Singapore

Negli ultimi anni la pressione di Pechino sulla politica interna di Hong Kong ha generato risvolti evidenti non solo per quanto riguarda il lato politico-amministrativo dell’isola, ma finendo anche per colpire indirettamente la sua economia. Le rivolte ad Hong Kong hanno messo in allerta gli investitori esteri che avrebbero iniziato a reindirizzare sempre di più i propri investimenti verso Singapore, fino a poco tempo fa il secondo maggiore hub finanziario del Sud-Est asiatico. 

La causa scatenante di questo trend è proprio l’influenza politica della Cina su Hong Kong: per la città-Stato infatti sta velocemente svanendo la definizione di “uno Stato, due sistemi” che era stata adottata nel 1997, anno in cui il Regno Unito aveva restituito la sovranità di Hong Kong alla Repubblica Popolare Cinese. 

Proprio il mese scorso l’Heritage Foundation, un think tank americano che si occupa di analizzare i dati di tutti i Paesi del mondo e di stilare le caratteristiche economiche degli stessi, ha deciso di eliminare Hong Kong dalla classifica e i suoi dati non sono più disponibili sul sito dell’associazione: un duro colpo per Hong Kong che dal 1995 al 2019 era considerata dalla fondazione americana come il Paese con l’economia più libera al mondo, luogo ideale per i grandi investitori esteri. 

La scelta deriva dal fatto che Hong Kong sotto il profilo politico-burocratico non è più considerata autonoma e l’associazione ha quindi deciso di unirla ai dati della Cina, posizionata al 107esimo posto tra le economie più libere. Alla luce di questi sviluppi sorride Singapore che, dopo aver scavalcato Hong Kong lo scorso anno, oggi continua a mantenere il primo posto della lista con il punteggio di 89,7, staccando ampiamente la Nuova Zelanda di quasi sei punti. 

Se già nel 2019 vi erano le prime avvisaglie di una possibile crisi economica per Hong Kong sempre più accentuata, la legge draconiana sulla sicurezza nazionale, promulgata da Pechino lo scorso luglio, ha fatto sì che alcune aziende corressero ai ripari verso i lidi di Singapore. Deutsche Bank ad esempio ha affermato l’intenzione di spostare l’ufficio del nuovo CEO dell’area asiatica a Singapore, non ritenendo più Hong Kong un luogo sicuro: la nuova legge sulla sicurezza intaccherebbe infatti due dei pilastri principali su cui si fondava la forza attrattiva dell’economica di Hong Kong ovvero la protezione dei diritti di proprietà e la certezza del diritto. Per tali ragioni un altro fenomeno che si è accentuato negli ultimi due anni è la scelta di molte società di affidarsi a giudici arbitrari in altre città come appunto Singapore o Londra, temendo la poca trasparenza della nuova burocrazia di Hong Kong. 

Anche per l’espansione aziendale, le società guardano più verso Singapore: secondo un’indagine del Financial Times, alcune aziende di credito e banche mostrerebbero sempre più interesse nell’ampliare le proprie filiali a Singapore piuttosto che ad Hong Kong: su Linkedin le posizioni lavorative aperte da UBS e JP Morgan a Singapore sono otto volte maggiori di quelle ad Hong Kong, mentre Credit Suisse e Goldman Sachs hanno raddoppiato la propria campagna pubblicitaria a Singapore. 

Non tutti gli analisti sono però concordi in merito al declino di Hong Kong: il forte interesse dei tycoon e delle aziende cinesi stanno dando nuova linfa all’economia dell’isola.

In ogni modo, con i suoi ottimi risultati in termini di protezione dei diritti di proprietà e dell’integrità governativa, Singapore ha l’occasione di imporsi come principale hub per gli investimenti internazionali nel Sud-Est asiatico. 

Articolo a cura di Alberto Botto

Il “One Million Trees Movement” a Singapore

La città-stato mira a riportare la natura in città piantando più di un milione di alberi

In quanto città-stato con risorse terrestri limitate, Singapore è stata a lungo combattuta tra lo sviluppo urbano e la protezione della natura perdendo gran parte dei suoi spazi verdi nel XIX secolo a causa del disboscamento, e un secolo dopo, una popolazione in crescita e il rapido sviluppo urbano hanno fatto sì che altri alberi fossero rimossi per la bonifica del terreno.

Ma ora Singapore sta cercando di invertire rotta organizzando un’ambiziosa campagna di riforestazione. Nell’agosto 2020 infatti, il governo ha annunciato il lancio del nuovo Sungei Buloh Park Network, un parco di 990 acri nella parte settentrionale dell’isola che è un sito di rifornimento e una tappa essenziale per gli uccelli migratori provenienti dalla Russia siberiana e diretti in Australia e che ospita buceri orientali, lontre, coccodrilli di acqua salata, e molte altre specie uniche nel loro genere. Sungei Buloh fa parte però di un progetto più ampio che mira a piantare 1 milione di alberi nei prossimi 10 anni, “Il One Million Trees Movement” lanciato a marzo 2020 dall’agenzia governativa National Parks Board (NParks).

Nei prossimi 10 anni NParks prevede infatti di conservare più di 70 specie animali e vegetali autoctone e di riqualificare 30 ettari di habitat forestali, marini e costieri. La semina a più livelli verrà svolta lungo le strade cittadine, chiamate Nature Ways con l’obiettivo di coprire circa 300 km e trasformare quasi ogni strada della città in una Nature Way a lungo termine rendendo le strade più fresche ed esteticamente più gradevoli. Saranno inoltre disponibili 500 km di connettori per parchi entro il 2030, mettendo effettivamente tutte le famiglie a 10 minuti a piedi da un parco.

Per passare da “città in un giardino” a “città nella natura” Singapore avrà bisogno di mettere in atto quattro spinte chiave: più parchi naturali, trasformazione dell’ambiente selvatico in giardini pubblici, integrazione della natura nell’ambiente edilizio e rendere gli spazi verdi più accessibili. Entro il 2030 infatti, ci saranno altri 200 ettari di parchi naturali, che fungeranno da habitat complementari e proteggeranno le riserve naturali dall’urbanizzazione. Solo per il Khatib Bongsu Nature Park ad esempio è previsto uno spazio di 40 ettari. Anche i corsi d’acqua e i corpi idrici nei giardini e nei parchi saranno protetti dall’innalzamento del livello del mare e dalle inondazioni.

“Gli alberi svolgono un ruolo importante nella creazione di un ambiente vivibile”, ha detto Adrian Loo, direttore di NParks Conservation Group. “Fungono da filtri dell’aria naturali, riflettono il calore radiante rendendo le superfici fredde e forniscono la temperatura ambiente attraverso l’ombra e l’evapotraspirazione; aiutano a mitigare il cosiddetto effetto isola di calore urbana e il cambiamento climatico”. Rendere più verde la città infatti aiuterà anche a mitigare il sopracitato effetto “isola di calore” creato dalla pavimentazione e dai grattacieli, che assorbono e irradiano la radiazione solare e aumentano la temperatura del nucleo urbano di Singapore.

Adrian Loo ha affermato però che affinché il progetto One Million Trees sia efficace, tutti dovranno essere coinvolti: “Il successo del progetto si misura anche dalla nostra capacità di instillare un senso di rispetto tra i singaporiani, nei confronti degli alberi e dell’ambiente”. L’agenzia governativa Clean and Green Singapore(CGS) mira infatti a ispirare gli abitanti della città a prendersi cura e proteggere gli spazi comuni e l’ambiente, adottando uno stile di vita pulito e sostenibile. 

Singapore però non è l’unico Paese dell’ASEAN a portare avanti progetti di questo tipo: l’educazione ambientale è infatti un pilastro importante nella cooperazione dei Paesi membri. Ne è un esempio il programma ASEAN Eco-school, che mira a creare una cultura scolastica orientata alla protezione e conservazione dell’ambiente attraverso la gestione, l’impegno e la pulizia del territorio. Tali attività sono dedicate all’istruzione, facilitando e ispirando le comunità scolastiche a proteggere e sostenere l’ambiente, sia nelle scuole che a casa, ma anche nella comunità e all’interno dello stato in generale. Attualmente, diversi stati membri dell’ASEAN hanno già adottato il programma di eco-scuola tra cui Cambogia, Indonesia, Malesia, Filippine e Thailandia.

Ad oggi i Paesi dell’ASEAN devono affrontare un’enorme sfida nel mantenere un delicato equilibrio tra sostenibilità ambientale e sviluppo economico poiché nonostante l’abbondanza di risorse naturali, il rapido aumento della popolazione e la ancor più rapida crescita economica e industriale rischiano di minacciare le risorse naturali causando gravi problemi ambientali. L’ASEAN ha riconosciuto però la necessità di un grande cambiamento di rotta verso un maggiore equilibrio tra persone, pianeta terra e profitto per un corretto sviluppo sostenibile.

Tale trasformazione richiederà un cambiamento nel modo di pensare e agire delle nuove generazioni del Sud-Est asiatico che devono essere istruite a salvaguardare gli spazi verdi e dare peso alla sostenibilità e l’ambiente, sfruttando anche le opportunità della trasformazione digitale. 

Singapore sede del World Economic Forum 2021

La città-stato ospiterà il World Economic Forum quest’anno data la situazione ancora incerta in Europa per il Covid-19

L’incontro annuale tra i principali decision makers del pianeta si terrà a Singapore dal 13 al 16 maggio, e vedrà la partecipazione di capi di Stato e di governo, amministratori delegati, leader della società civile, media globali e leader giovanili provenienti dai sette continenti. «Un vertice sulla leadership globale è di vitale importanza per affrontare il modo in cui possiamo riprenderci insieme. Il World Economic Forum 2021 sarà il momento in cui i leader del mondo degli affari, della politica e della società civile si incontreranno di persona per la prima volta dall’inizio della pandemia. La cooperazione pubblico-privato è più che mai necessaria per ricostruire la fiducia e affrontare le sfide emerse nel 2020», ha affermato il fondatore e presidente esecutivo del WEF Klaus Schwab. 

All’evento infatti parteciperanno molti accademici, leader mondiali della politica e degli affari per discutere delle questioni più urgenti del momento. Lo scopo è quello di focalizzare gli obiettivi da raggiungere, tra cui lo sviluppo sostenibile, e discutere su argomenti quali tecnologia e governance commerciale.

La decisione del WEF di tenere il suo incontro annuale a Singapore riflette la fiducia che la città-Stato si è guadagnata grazie alla sua gestione della pandemia di Covid-19; a differenza delle edizioni precedenti infatti, il meeting del 2021 non si terrà nella cittadina svizzera di Davos. «Dopo un’attenta valutazione, e alla luce della situazione attuale per quanto riguarda i casi di Covid-19, è stato deciso che Singapore era nella posizione migliore per ospitare la riunione» ha affermato un portavoce del  WEF.

La città-stato ha infatti tenuto sotto controllo il virus con misure rigorose come l’implementazione di un blocco parziale per due mesi, l’obbligo di indossare la mascherina e la limitazione degli incontri sociali. Ciò ha permesso all’economia di riaprirsi gradualmente da metà giugno, con casi quotidiani nella comunità che si riducono a cifre minime o addirittura a zero, mentre la maggior parte dei nuovi casi viene importata.

Infatti nonostante l’impatto economico della pandemia, Singapore è riuscita ad attirare investimenti esteri per un valore di 13 miliardi di dollari nei primi quattro mesi del 2020, ha dichiarato Chan Chun Sing, affermando che questi investimenti provengono dai settori dell’elettronica e della tecnologia. Tra le aziende che hanno investito nella città-Stato si annovera l’azienda di elettronica Micron, le piattaforme di e-commerce Lazada e Shopee, e l’azienda di produzione Thermo Fisher Scientific

Anche compagnie come Twitter, Tencent, Zoom, Snap e Rakuten Mobile si sono espanse a Singapore nel bel mezzo della pandemia globale, ma la città-stato non è estranea ai frequenti investimenti delle società tecnologiche poiché ne ospita ad oggi 80 delle 100 più innovative al mondo. Il fattore principale che ha spinto queste società ad espandersi nel Sud-Est asiatico è la presenza di circa 650 milioni di persone, più della metà delle quali ha meno di 30 anni. Uno dei motivi è anche la rapida digitalizzazione dell’ASEAN, la fiorente classe media, la rapida urbanizzazione e industrializzazione e, gli effetti del Covid-19 che stanno facendo crescere la domanda in settori quali l’e-commerce e la robotica. 

Per questo motivo, molte aziende internazionali sono alla ricerca di un hub all’interno dell’ASEAN in cui sia facile fare affari e che contenga un denso ecosistema di clienti, fornitori e partner. Anche le compagnie che hanno già sede in Asia hanno scelto di stabilire una presenza a Singapore, come il colosso tecnologico cinese, Tencent Holdings, che ha annunciato nel settembre 2020 di aver scelto Singapore per supportare la sua espansione nell’ASEAN. 

La leadership globale di Singapore nel campo del digitale è il risultato di anni di iniziative del settore tecnologico supportate attivamente dal governo. A queste si sono accodate anche iniziative private come quella di Google, che ha lanciato lo Skills Ignition SG nel luglio 2020 con l’obbiettivo di formare i partecipanti a lavori relativi al marketing digitale e alla tecnologia cloud. Le tariffe dei programmi di formazione e lo stipendio mensile dei partecipanti sono coperti dal governo di Singapore che, supportando l’industria tecnologica nella creazione di tali iniziative, può garantire che le aziende interessate abbiano accesso a tecnici competenti pronti a supportare le loro esigenze nella città-Stato. 

La digitalizzazione quindi avrà un impatto molto significativo sul mercato del lavoro, e Singapore in qualità di hub finanziario del Sud-Est asiatico, beneficerà della crescita e della trasformazione economica dell’Asia post Covid-19. Per mantenere questo status, però, avrà bisogno di continuare ad essere la sede operativa centrale globale e regionale delle istituzioni finanziarie, attirando tecnici altamente qualificati, assumendo responsabilmente in ogni settore professionale e distribuendo i benefici tra gli abitanti di Singapore, valorizzando anche i talenti locali.