Singapore e la gestione dell’emergenza Covid-19

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La particolarità del caso Singapore rivela la complessità del fenomeno pandemico e l’importanza di un approccio cauto.

Il 25 giugno l’Associazione Italia-ASEAN ha organizzato un incontro su Singapore e la sua risposta alla crisi causata dalla pandemia con l’Ambasciatore d’Italia a Singapore, Raffaele Langella, e il Presidente del Singapore Institute of International Affairs, Simon Tay. 

Quando il 23 gennaio Singapore ha accertato il primo caso di Covid-19 sul suo territorio, il governo ha implementato misure rapide ed efficaci che sono riuscite a contenere il virus e a limitare in modo significativo il numero degli infetti. Successivamente, tra febbraio e marzo, Singapore ha vissuto una seconda moderata ondata di contagi, riconducibili ai flussi di Singaporiani rimpatriati dall’estero. Fino ad inizio aprile, dunque, Singapore contava meno di 1000 casi e solo 3 decessi dovuti al virus. Tuttavia, ad aprile, Singapore è stata colpita da una terza ondata di Covid-19. Questa volta la grande maggioranza dei casi si sono verificati tra gli oltre 300.000 lavoratori immigrati che vivono nei grandi condomini alla periferia della città, e il numero delle infezioni è aumentato rapidamente nel giro di poche settimane. A causa di questa nuova impennata, il governo singaporiano è stato costretto a imporre misure più restrittive sugli spostamenti dei cittadini, che in precedenza non erano state ritenute necessarie. Dal 7 aprile, i cittadini singaporiani hanno dovuto infatti rispettare misure preventive chiamate nel loro insieme ​circuit breaker​, che prevedono la chiusura di tutte le attività non essenziali e l’obbligo di rispettare il distanziamento sociale. 

Sul versante dell’impatto economico, si prevede che il PIL di Singapore si contrarrà quest’anno di un valore tra il -7% e il -4% circa. Pertanto, il governo della città-stato ha risposto con un aumento significativo della spesa pubblica, tramite quattro pacchetti di stimoli economici per sostenere l’economia, per un valore pari a circa il 19% del PIL di Singapore. Gli interventi puntano a sostenere le famiglie, le aziende e i lavoratori con misure quali sussidi, moratorie, deduzioni fiscali e forme di finanziamento agevolato per le imprese più colpite (in particolare turismo e aviazione).  

L’evoluzione della crisi sanitaria nella città-Stato ha mostrato allo stesso tempo i punti di forza e le debolezze del sistema Singapore. Le infrastrutture tecnologiche e la ricerca scientifica di alto livello hanno permesso al governo di rispondere con efficacia ai primi casi di coronavirus nel Paese, rivelando una certa prontezza dal punto di vista scientifico. Questo ha permesso a molte attività economiche di proseguire nonostante la pandemia, riducendo l’impatto del virus sul tessuto produttivo del Paese. La pandemia ha però anche mostrato alcune debolezze del sistema Singapore. Come hub commerciale e finanziario, la sua dipendenza dalle interconnessioni regionali e globali ha pesato e peserà molto sulla capacità del governo di rilanciare il Paese. Il traffico aereo e navale è calato drasticamente, e questo rischia di creare gravi problemi all’economia di Singapore. Inoltre, il caso dei lavoratori immigrati ha fatto emergere uno dei pochi punti deboli della città-Stato: una dipendenza diretta dalla manodopera straniera che è fondamentale per l’efficace funzionamento di una smart-city come Singapore. 

Sarà dunque cruciale per la città-Stato riaprire quanto prima il suo sistema economico agli scambi internazionali, al fine di intercettare nuovi trend e rafforzare la dimensione globale dell’economia singaporiana.

Articolo a cura di Tullio Ambrosone

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