Economia (e moda) circolare in ASEAN

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L’attenzione alle tematiche ambientali è sempre più sentita nel Sud-Est asiatico, uno dei principali poli produttivi di fast fashion e consumo di plastica.

Negli ultimi anni dal settore della moda è partito un crescente interesse verso modelli etici e sostenibili. A livello internazionale, sempre più marchi di moda stanno adottando un’economia circolare, ovvero un quadro di produzione e consumo che promuove l’idea di riutilizzo, riciclaggio e riduzione dei rifiuti al minimo. Questa è in gran parte una risposta alla maggiore consapevolezza dei consumatori sull’impatto negativo del fast fashion e alla maggiore preoccupazione per le questioni ambientali e sociali. Ciò ha permesso una netta crescita del mercato della moda sostenibile. Secondo The Business Research Company, il mercato globale della moda etica – definito come design, produzione e distribuzione di abbigliamento che mira a ridurre al minimo i danni alle persone e all’ambiente – dovrebbe raggiungere gli 11,12 miliardi di dollari entro il 2027. Questo sta avvenendo anche in Thailandia, dove un numero crescente di negozi di abbigliamento locali sta dando il proprio contributo al trend della sostenibilità.

Tra questi vi è l’esempio di Nymph Vintage, un negozio online di abbigliamento riciclato. La fondatrice Krittiga Kunnalekha ha intuito il potenziale nascosto nei ritagli di tessuto. Scarti di tende, vestiti usati e tappeti, grazie alle sue mani creative, si trasformano in una colorata gamma di camicette, abiti e gonne. Krittiga si concentra sul cosiddetto upcycling, dare nuova vita ai tessuti per creare capi unici. Una svolta importante per la reputazione di Bangkok come capitale del fast fashion, sia per quanto riguarda lo shopping che i suoi grandi centri commerciali all’ingrosso riforniti di abbigliamento economico prodotto in serie. 

Marry Melon – il brand fondato da Sarita Prapasawat – rappresenta un’altra storia di successo. Quando ha aperto il suo negozio quattro anni fa, Sarita cuciva personalmente ogni capo utilizzando tessuti di abiti usati acquistati nei mercatini dell’usato in Thailandia o all’estero. Il suo marchio è diventato famoso nel 2022, quando diversi influencer e attrici locali hanno iniziato a indossare i suoi modelli. Questo le è valso un accordo con il marchio di vendita al dettaglio Pomelo con sede a Bangkok, conquistando il proprio posto anche nel loro negozio online.

Anche l’Indonesia risponde alla grave emergenza dei rifiuti in plastica con esempi di imprenditoria virtuosa. Gli imballaggi di plastica – un sottoprodotto del rapido sviluppo economico del Paese – sono sparsi ovunque, inquinando interi paesaggi e corsi d’acqua. È stato questo a spingere la giovane Syukriyatun Niamah a fondare Robries, una startup che mira a trasformare i rifiuti di plastica in mobili e accessori per la casa, evitando che finiscano in mare. L’imprenditrice indonesiana ha studiato design del prodotto prima di fondare la startup nel 2018, applicando le sue competenze alla sperimentazione di processi di riciclo per convertire i rifiuti di plastica in prodotti utili. Da tavoli e sedie a vasi dai colori vivaci. La giovane azienda, che sta cercando un round di finanziamento di serie B di 250.000 dollari, ricicla quattro tipi di rifiuti di plastica: polipropilene, polietilene ad alta densità, polietilene a bassa densità e polistirene ad alto impatto. Gli obiettivi sono ambiziosi: educare le persone a uno stile di vita a zero consumo di plastica, portando i loro prodotti in giro per l’Indonesia; entrare nel mercato globale; potenziare la propria capacità di upcycling con processi più efficienti. 

La plastica è un problema molto grave nel Sud-Est asiatico, dove le bevande da asporto, dal caffè caldo al tè, sono spesso servite in sacchetti di plastica e alcuni venditori ambulanti utilizzano imballaggi difficili da smaltire per i pasti da asporto, anche se alcuni sono passati a cannucce di carta, utensili in legno e contenitori biodegradabili. La dipendenza dalla plastica è diventata ancora più evidente durante la pandemia di COVID-19 che ha fatto aumentare l’uso dei servizi di delivery. 

“Rispetto al resto del mondo, il Sud e il Sud-Est asiatico utilizzano più plastica monouso grazie alla sua convenienza”, ha affermato Prak Kodali, CEO e co-fondatore di pFibre con sede a Singapore, che utilizza ingredienti marini biodegradabili a base vegetale per realizzare pellicole per imballaggi flessibili. 

In linea con l’urgenza da parte dei governi e delle aziende asiatiche di rispondere al cambiamento climatico, sempre più imprese ecologiche stanno cercando di promuovere l’economia circolare in ASEAN, mirando soprattutto a ridurre o eliminare i rifiuti generati dai consumi umani. 

In Vietnam, ReForm Plastic trasforma materie plastiche di basso valore in materiali da costruzione e altri prodotti. Utilizzando tecniche di stampaggio a compressione, converte la plastica in pannelli che possono servire come materiali di base da modellare in articoli di consumo. La sua co-fondatrice, Kasia Weina, ha dichiarato a Nikkei che la startup ha convertito in prodotti oltre 500 tonnellate di plastica di scarso valore, con la capacità di processare fino a 6.000 tonnellate in otto stabilimenti. Sono pronti a una rapida espansione con otto strutture operative o di installazione in Asia e Africa: due in Myanmar, due in Vietnam, una in Bangladesh, una nelle Filippine, una in Ghana e una in Laos, mirando a elaborare oltre 100.000 tonnellate di rifiuti di plastica all’anno entro il 2030.

Tali sforzi hanno un significato globale perché la plastica rappresenta l’80% di tutti i detriti presenti negli oceani del mondo. L’ASEAN genera decine di milioni di tonnellate di rifiuti di plastica all’anno. Un volume di rifiuti solidi e detriti marini destinato ad aumentare insieme all’urbanizzazione in espansione e a una classe di consumatori in crescita. Gli effetti a lungo termine stanno appena emergendo. The Circulate Initiative – un’organizzazione senza scopo di lucro che affronta l’inquinamento da plastica degli oceani nel sud e Sud-Est asiatico – ha osservato che l’eliminazione dell’inquinamento da plastica solo in India e Indonesia entro il 2030 eviterebbe 150 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra, rilasciati durante il processo di decomposizione che può impiegare centinaia di anni. 

La sfida per le startup del settore è raccogliere fondi in un momento in cui gli investitori sono frenati dalle incertezze macroeconomiche globali, dall’aumento dei tassi di interesse e dalle pressioni inflazionistiche. Tuttavia, gli sforzi di finanziamento dedicati continuano a sostenere l’economia circolare. The Incubation Network, che collega investitori e giovani aziende con un programma di sostenibilità, ha affermato di aver aiutato le startup a raccogliere 59 milioni di dollari di capitale da quando è stata creata nel 2019. Lo stesso anno, Circulate Capital ha lanciato il primo fondo di investimento al mondo dedicato alle startup e alle piccole imprese che combattono la minaccia della plastica negli oceani.

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