Acqua bene comune? La privatizzazione a Giacarta e Manila

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Per rimediare ai problemi dei sistemi idrici delle due capitali, negli anni novanta le municipalità hanno scelto di concedere la gestione a società private. Nonostante le premesse simili, però, l’esperimento delle due città non si è svolto allo stesso modo

La privatizzazione del servizio pubblico dell’acqua nelle due megalopoli del Sud Est Asiatico risale agli anni ’90 del secolo scorso. In quel periodo, istituzioni di peso come la Banca Mondiale e molti economisti avevano riposto grandi speranze nel ruolo che il libero mercato avrebbe potuto giocare nei paesi in via di sviluppo, e in settori strategici come l’acqua era opinione prevalente che la privatizzazione fosse la strada giusta da percorrere. Ed è stato così che molte aziende di servizi pubblici sono state completamente o parzialmente privatizzate, spesso con il sostegno degli Stati Uniti o di istituzioni multilaterali di sviluppo. 

Fino a quel momento, i sistemi idrici di Giacarta e Manila erano affidati alle rispettive municipalità e versavano in condizioni molto precarie, con un tasso di utenza tra la popolazione molto basso. Il sistema di acquedotti di Giacarta era stato originariamente costruito dagli olandesi all’epoca del loro dominio nel Paese e, ovviamente, non ha tenuto il passo con la rapida crescita dell’area metropolitana, che oggi conta 11 milioni di abitanti. Il sistema idrico e fognario di Manila è ancora più vecchio di quello di Giacarta, creato nel 1878 dai colonialisti spagnoli e progettato per una città di 300.000 abitanti, che invece oggi ne conta più di 14 milioni.

Gli schemi di privatizzazione dei sistemi idrici delle due città, inizialmente, erano molto simili. In entrambe le città infatti, l’area metropolitana era stata divisa in due settori assegnati a società differenti, ed in entrambi i casi la concessione prevedeva una durata iniziale di 25 anni. Furono coinvolte le più grandi aziende idriche internazionali per offrire assistenza tecnica e schemi di finanziamento alle agenzie governative indonesiane e filippine a sostegno dei programmi di privatizzazione, mentre la fornitura di servizi fu assegnata a grossi conglomerati internazionali assieme a gruppi locali di rilievo e politicamente ben collegati, elemento essenziale per ottenere i contratti di privatizzazione. 

La privatizzazione dell’acqua a Manila iniziò quando l’allora presidente delle Filippine, Fidel Ramos, per combattere la crisi idrica che stava colpendo la capitale bandì una gara d’appalto che fu vinta da due società: Maynilad Water Services a Manila Ovest e Manila Water a Manila Est. Nonostante alcune difficoltà iniziali, aggravate dalla crisi finanziaria che aveva colpito l’Asia in quegli anni, le due società hanno raggiunto ad oggi più del 94% di copertura del servizio nella città rispetto al 58% prima della privatizzazione, e le dispersioni idriche sono state ricondotte al 27% rispetto al 67% circa pre-privatizzazione. Per questi motivi, la privatizzazione dell’acqua nelle Filippine è considerata da molti uno dei partenariati pubblico-privati di maggior successo al mondo.

Diversamente è stato, ahimè, per la capitale indonesiana. Qui l’allora presidente Suharto, cercando di rimediare alla scarsa efficienza del sistema di erogazione pubblico dell’acqua a Giacarta, che non consentiva un equo accesso all’acqua per tutti i cittadini, concesse la gestione della rete idrica a due società straniere senza alcuna gara d’appalto. Si trattava della francese Suez Environment, che insieme al gruppo Salim (di proprietà di un magnate fedelissimo al presidente), aveva costituito la PT PAM Lyonnaise Jaya (Palyja). L’altra società, invece, PT Aetra Air Jakarta, era costituita dalla britannica Thames Water assieme al figlio di Suharto. Nei 25 anni di concessione, le due società hanno subito numerose modifiche societarie e cessioni di quote, e hanno fatto ben pochi progressi nell’espansione della copertura del servizio, come anche nell’aumento dell’efficienza ma soprattutto nell’equità in termini di accesso all’acqua tra i diversi strati della popolazione. Secondo il Jakarta Post, dopo quasi due decenni la copertura ha raggiunto solo il 59% degli abitanti della città, nonostante le tariffe medie dell’acqua siano piuttosto simili a quelle di Manila. Nel 2017 dunque, le due società idriche sono state citate in giudizio per il mancato rispetto dei loro obblighi contrattuali e il tribunale si è pronunciato contro di loro, minacciando la fine dell’esperimento di privatizzazione dell’acqua a Giacarta. Tuttavia, è molto probabile che si proseguirà lungo la strada della privatizzazione, mantenendo le due concessioni, seppur riformulando i termini. 

Resta da vedere, però, se la capitale indonesiana riuscirà, seppur con un po’ di ritardo, a replicare l’esempio di successo del modello filippino.

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