Ambiente, chi sono le Greta dell’ASEAN

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L’attivismo giovanile nel Sud-Est asiatico è una risorsa da valorizzare per combattere il cambiamento climatico.

Il messaggio ambientalista di Greta Thunberg anima i movimenti giovanili del Sud-Est asiatico. In questa regione l’incombenza del cambiamento climatico è particolarmente allarmante, specie per Paesi come Indonesia, Vietnam, Thailandia e Filippine. Ecco perché, in concomitanza con l’inaugurazione delle negoziazioni internazionali di Glasgow sul clima, schiere di giovani attivisti e attiviste si sono organizzate per fare pressioni sui governi nazionali affinché si impegnino di più per l’ambiente, per la riduzione delle emissioni di gas serra e per affrontare le implicazioni sociali che la crisi ambientale comporta. 

La speranza di un futuro sostenibile è davvero nelle mani delle nuove generazioni, e nel caso della lotta per la climate action non si tratta di vuota retorica. “Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa le necessità del presente”, si legge nel noto rapporto ONU “Our Common Future” (1987), pietra miliare della cooperazione internazionale sul tema, “senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”. Questo principio, che prende il nome di inter-generational equity, consiste in una responsabilità collettiva nei confronti del pianeta e di coloro che lo abiteranno, che trova espressione nelle rivendicazioni dell’attivismo giovanile.

Movimenti di informazione e sensibilizzazione sul tema sono proliferati in tutta l’area ASEAN. Nelle Filippine, la 23enne Mitzi Jonelle Tan ha fondato insieme ad alcuni coetanei Youth Advocates for Climate Action, una versione filippina dei Fridays For Future inaugurati da Greta Thunberg. Nelle settimane che precedono l’incontro della UN Climate Change Conference (COP26) che si terrà a Glasgow, gruppi attivisti e attiviste come Tan e il suo collettivo hanno preso parte a numerosi incontri di sensibilizzazione, scioperi e proteste per pretendere un vero cambiamento. In particolare, i giovani nelle Filippine sanno bene che il loro è tra i Paesi più esposti alle conseguenze ambientali e sociali dell’emergenza climatica. Tan ha detto che il Nord globale deve ai Paesi meno ricchi un impegno concreto alla cooperazione climatica, dal momento che loro “hanno causato la crisi climatica”. È quindi opportuno rivendicare un impegno sempre maggiore da parte di questi governi, per avere la sicurezza di “riuscire ad adattarci, ad affrontare le perdite e i danni e a passare alle energie rinnovabili”, ha concluso. 

Anche in Vietnam lo spirito dei Fridays For Future si sta diffondendo. Uno dei primi scioperi per il clima, tenutosi nel settembre 2019, è stato avviato da Huyen Phan. Una volta tornata dagli studi all’estero, questa giovane studentessa ha sentito di dover fare qualcosa per la sua città, Ho Chi Minh, una delle località più esposte ai rischi legati all’innalzamento del livello del mare, oltre che una delle città con la peggiore qualità dell’aria in Vietnam. “Sono rimasta molto sorpresa dal fatto che le persone intorno a me non si preoccupassero affatto del cambiamento climatico o dell’inquinamento atmosferico”, ha dichiarato Huyen, “quando ho sentito dello sciopero globale per il clima, ho provato a trovare un evento a Ho Chi Minh City senza riuscirci, quindi ho deciso di crearne uno io stessa”. Hong Hoang, coordinatore di un’associazione che si occupa di promuovere la rivoluzione energetica sensibilizzando le comunità locali dal basso, ha dichiarato di essere molto orgoglioso dell’evento. “Questa volta lo sciopero non è stato organizzato da nessuna ONG per il clima, ma da individui preoccupati”, ha detto, “questo è il potere popolare che è fondamentale per fare pressione sui leader mondiali affinché prendano le cose più seriamente”.

La determinazione di queste giovani ambientaliste non deve sorprenderci: per le nuove generazioni il cambiamento climatico è una minaccia esistenziale. Ecco perché l’etichetta di “giovane attivista”, impiegata da persone o istituzioni di potere, non è molto apprezzata. L’effetto è quello di sminuire in senso paternalistico l’impegno concreto che questi movimenti giovanili stanno rivendicando davanti ai leader mondiali. Si tratta, come suggeriscono alcuni esperti, di un espediente che rischia di continuare a escludere i giovani dai processi decisionali, che invece esprimono una forza dirompente proprio perché “sono orientate al futuro, orientate alla comunità e disposte a pensare oltre lo status quo”. Quello che rivendicano le nuove generazioni di attivisti nel Sud-Est asiatico è proprio che i governi nazionali e le istituzioni internazionali vadano oltre i paradigmi di sfruttamento delle risorse naturali, e immaginino strade di sviluppo alternative. L’azione dal basso dell’attivismo giovanile ha dimostrato finora di saper essere capillare e radicale, proprio il genere di cambiamento richiesto da circostanze eccezionali come l’attuale emergenza climatica. 

 

 

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