L’ASEAN scommette sul libero scambio

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I negoziati per il RCEP stanno volgendo al termine e l’accordo dovrebbe vedere la luce a fine 2020

Dopo lunghi negoziati, quest’anno i Paesi ASEAN si apprestano a concludere il RCEP, uno degli accordi commerciali più ampi del mondo. L’accordo il cui nome per esteso è  Regional Comprehensive Economic Partnership, coinvolge i dieci Paesi del blocco ASEAN e cinque dei suoi principali partner commerciali, ossia Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda. Insieme questi Paesi costituiscono quasi un terzo della popolazione mondiale e del PIL globale, superando blocchi commerciali come Unione Europea, USMCA o Mercosur.

Il progetto iniziale prevedeva anche il coinvolgimento dell’India, che tuttavia ha preferito non aderire per il timore di danneggiare la produzione nazionale e avvantaggiare la Cina. Diversi analisti e osservatori sostengono infatti che Pechino possa utilizzare il RCEP per contrastare l’influenza americana nella regione e rilanciarsi come garante del libero scambio a livello globale. L’aggressiva politica tariffaria di Donald Trump ha poi contributo a rafforzare questa dinamica, inducendo diversi Paesi a dare maggiore rilievo ai negoziati per il RCEP.

Anche se meno ambizioso di accordi come l’USMCA, il RCEP darà impulso agli scambi commerciali nella regione asiatica abbassando le tariffe, armonizzando regole e procedure doganali, ed estendendo l’accesso al mercato soprattutto ai Paesi membri che non hanno grandi accordi commerciali in vigore. La novità più significativa è la creazione di norme d’origine comuni per l’intero blocco commerciale.

Una volta firmato il patto, i Paesi membri potranno ottenere un unico certificato di origine che consentirà alle aziende di trasferire facilmente prodotti all’interno del blocco, senza doversi preoccupare dei criteri specifici delle norme d’origine di ogni Paese. Tutto ciò ridurrà i costi per le aziende, incoraggiandole a esportare di più verso i Paesi membri del RCEP e a sviluppare catene di valore regionali.

La riduzione delle tariffe e altri benefici non saranno applicati in base alla sede centrale di un’azienda, ma in base alla sede di produzione, consentendo così anche ad aziende americane o europee, che già producono in un Paese RCEP, di esportare in altri stati del blocco alle stesse condizioni.

Tuttavia, va anche sottolineato che l’accordo incoraggerà lo sviluppo di catene produttive regionali, e genererà per le aziende occidentali uno svantaggio in termini competitivi, favorendo la produzione locale. Da segnalare anche che, rispetto ad altri accordi commerciali, il RCEP prevede solo alcune misure limitate su servizi, investimenti e standard comuni e non include riferimenti specifici alla tutela dei lavoratori e dell’ambiente.

Con qualche mese di ritardo rispetto alla data inizialmente prevista, il RCEP dovrebbe entrare in vigore a fine 2020. Nonostante le preoccupazioni per il ruolo della Cina e gli svantaggi per le aziende occidentali, è indubbio che il RCEP rappresenterà un grande risultato sul terreno del multilateralismo e del libero scambio.

Articolo a cura di Tullio Ambrosone

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