Climate Finance: la COP28 vista dall’ASEAN

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Nel tentativo di rispondere alle esigenze regionali, i 10 membri dell’Organizzazione stanno attualmente sviluppando l’ASEAN Climate Finance Access and Mobilization Strategy, strumento volto ad armonizzare l’uso di strutture e quadri di riferimento per il monitoraggio dei flussi finanziari

Di Sibeles Chiari

A meno di un mese dalla COP28 di Dubai, aumentano le aspettative sul raggiungimento di un accordo trasformativo che allontani l’umanità da scenari catastrofici. Allarma notevolmente la situazione nella regione del Sud-Est asiatico, dove si trovano ben 6 dei 20 Stati identificati come i più vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico: Filippine, Indonesia, Malesia, Myanmar, Thailandia e Vietnam. Preoccupazioni basate su previsioni che annunciano perdite economiche maggiori rispetto a qualsiasi altra parte del mondo, con una diminuzione del PIL stimata all’11% entro il 2100. Di fatto, solo con un incremento copioso dei finanziamenti per il clima e uno sforzo congiunto da parte dei governi, investitori, banche centrali e autorità di regolamentazione finanziaria, si riusciranno a limitare perdite di natura economica e umana. Uno sforzo che, a livello globale, dovrà generare circa 2.400 miliardi di dollari di investimenti totali annui entro il 2030 per riuscire a sostenere i mercati emergenti. In effetti, al vertice di Dubai, la finanza climatica sarà al centro del dibattito politico in quanto, la mobilitazione delle risorse finanziarie e l’attivazione dei meccanismi di finanziamento innovativi (p.e Loss and Damage fund) svolgeranno un ruolo fondamentale nella lotta al cambiamento climatico e nell’accelerazione verso un’economia più sostenibile. Ciò posto, non sorprende il fatto che le dinamiche connesse alla disciplina del climate finance avranno un impatto sempre più consistente sull’andamento delle economie dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN). 

Durante le varie COP del UNFCCC, le nazioni ASEAN hanno continuamente sollecitato i Paesi più industrializzati a rispettare l’impegno preso nel 2009 di fornire 100 miliardi di dollari all’anno ai Paesi in via di sviluppo entro il 2020. Un impegno che è stato più verbale che reale, considerando che, tra il 2000 e il 2019, i Paesi ASEAN hanno ricevuto 56 miliardi di dollari dai Paesi sviluppati. Se da un lato, Stati europei come la Germania e la Francia hanno contribuito rispettivamente per l’11,8% e per l’8,4% del totale dei finanziamenti bilaterali per il clima alla regione, dall’altro il Giappone ha destinato ben il 65%. Spicca, infatti, l’influenza del Paese nipponico che ha lanciato congiuntamente ai membri ASEAN il programma SPACE per contrastare il cambiamento climatico, l’inquinamento e la perdita della biodiversità. Ulteriori finanziamenti per il clima arrivano anche dalla Cina che si posiziona come principale fornitore dei flussi Sud-Sud, seguita dall’India. Così come dagli stessi Paesi ASEAN con i loro contributi alla mobilitazione delle risorse del Green Climate Fund (GCF). Ovviamente, nel contesto di finanza climatica, non manca il consistente supporto proveniente dalla Banca Mondiale e dalla Banca asiatica di Sviluppo (AIB), quale più grande fornitore multilaterale di finanziamenti per il clima alla regione. 

In quest’ultimo decennio, più della metà di tutti i finanziamenti per il clima erogati alla regione sono stati destinati ai settori di trasporti e dello stoccaggio (32%), energia (26%) e agricoltura, silvicoltura e pesca (9%). Preme anche evidenziare le crescite elevate registrate in altri settori, quali la sanità (+427%), le imprese e vari servizi (+336%) e la risposta alle emergenze (+218%). Considerando lo spazio ASEAN, l’Indonesia, le Filippine e il Vietnam hanno ricevuto la quota più alta di finanziamenti e, in effetti, la maggior parte dei fondi è stata destinata ai settori dei trasporti, dell’energia e dell’agricoltura. Per esempio: il Vietnam ha attratto investimenti significativi in campo d’energia eolica e solare; l’Indonesia ha ricevuto finanziamenti e sostegno internazionale alle iniziative per combattere la deforestazione e promuovere la riforestazione attraverso il programma REDD+; così come gli accordi di prestito stipulati recentemente tra le Filippine e la Banca Mondiale per un valore di 876 milioni di dollari volti a finanziare tre progetti di agricoltura sostenibile (MIADP, FISHCORE e PRDP). Con dati alla mano, l’Asia riceve la quota più alta di finanziamenti per il clima tra tutte le regioni del mondo. Senza dubbio è un dato che ispira ottimismo, sebbene la quota pro-capite dei Paesi del Sud-Est asiatico rimanga la più bassa.Infine, nel tentativo di rispondere alle esigenze regionali, i 10 membri dell’Organizzazione stanno attualmente sviluppando l’ASEANClimate Finance Access and Mobilization Strategy, strumento volto ad armonizzare l’uso di strutture e quadri di riferimento per il monitoraggio dei flussi finanziari. Pertanto, tale strategia accelererà gli investimenti per l’attuazione delle azioni di mitigazione e adattamento basate sulle esigenze identificate dagli Stati membri. Un’iniziativa che favorirà l’accesso ai finanziamenti per il clima perseguendo come obiettivo finale, nonché speranza comune tra tutti noi, la salute del nostro caro pianeta.

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