Il punto della situazione in Myanmar

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Il numero delle vittime continua a salire e le sanzioni di UE e USA non bastano a fermare l’escalation di violenza in Myanmar.

Da ormai due mesi il Myanmar è teatro di terribili violenze. Il 1° febbraio le forze armate hanno attuato un colpo di stato, arrestando la leader di fatto Aung San Suu Kyi e i vertici della Lega Nazionale per la Democrazia, partito di maggioranza nel Parlamento, che ha vinto le ultime elezioni nel novembre 2020. Il potere è adesso nelle mani del generale Min Aung Hlaing, mentre Suu Kyi è accusata di brogli e irregolarità. 

L’Assistance Association for Political Prisoners ha dichiarato che, dall’inizio del colpo di stato in Myanmar, almeno 521 civili sono stati uccisi durante le proteste, di cui 141 persone nella sola giornata di sabato 29 marzo, il giorno più tragico finora. La situazione è sempre più grave e l’uso della forza letale contro i civili da parte dell’esercito e delle forze di sicurezza non accenna a fermarsi.

La Giornata nazionale delle Forze Armate è diventata l’ennesimo bagno di sangue con oltre 100 morti, tra cui diversi bambini. L’esercito ha continuato a reprimere le manifestazioni civili a colpi d’arma da fuoco, mentre a Naypyidaw si tenevano le parate militari per commemorare la resistenza contro l’occupazione giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale. L’inaudita violenza del “giorno della vergogna” per l’esercito del Myanmar ha infatti scatenato varie reazioni della comunità internazionale. Tom Andrews, relatore speciale ONU per i diritti umani in Myanmar, ha invocato l’urgenza di un summit internazionale, qualora il Consiglio di Sicurezza non potesse agire. Come Stati membri, Russia e Cina potrebbero infatti esercitare il diritto di veto sulle eventuali proposte di intervento volte a ripristinare la democrazia. Entrambe le nazioni erano presenti alla festa delle forze armate, insieme ai rappresentanti militari di Bangladesh, India, Laos, Pakistan, Thailandia e Vietnam; Mosca si è contraddistinta inviando il vice Ministro della Difesa. Tempestiva anche la risposta dei capi di Stato Maggiore della Difesa di 12 Paesi, tra cui l’Italia, che hanno firmato una dichiarazione congiunta per condannare l’uso della forza letale dell’esercito birmano contro persone disarmate, esortando la fine degli attacchi e il rispetto degli standard internazionali di condotta.

Nelle scorse settimane pesanti condanne erano già arrivate dal fronte occidentale. Il 10 febbraio il Presidente Biden aveva annunciato l’imposizione di sanzioni per impedire ai generali birmani di accedere al fondo da loro detenuto negli Stati Uniti, includendo anche il congelamento dei beni USA a beneficio del governo birmano, pur mantenendo il sostegno all’assistenza sanitaria e ai gruppi della società civile. In coordinamento con gli USA, il 22 marzo l’UE ha imposto sanzioni a 11 persone legate al colpo di stato. Il Consiglio d’Europa ha sancito il divieto di viaggio e il congelamento dei beni, unitamente alle precedenti restrizioni relative all’embargo sulle armi e all’esportazione di attrezzature per il monitoraggio delle comunicazioni. Le sanzioni UE hanno colpito il capo della giunta birmana Min Aung Hlain, altri nove alti ufficiali militari e il capo della commissione elettorale. Ciò si configura come l’atto più concreto e ampio dell’Europa nel rimarcare il suo irremovibile sostegno alla transizione democratica del Myanmar. Dopo le orribili violenze dell’ultimo fine settimana, gli USA hanno ha preso in considerazione misure aggiuntive e ordinato la sospensione degli accordi commerciali con il Myanmar, nonché il ritiro del personale non essenziale dell’ambasciata. Le nuove azioni mirano al patrimonio personale della famiglia di Min Aung Hlaing,  incluse le imprese di proprietà statale o delle loro sussidiarie, e conglomerati legati ai militari. 

In relazione all’ambito economico, molti analisti ritengono che la Birmania possa essere in grado di fronteggiare le sanzioni economiche occidentali, dato che la maggior parte degli investimenti  proviene dall’Asia, con Singapore, Cina e Hong Kong in testa. Tuttavia, è atteso un calo significativo degli IDE nei prossimi due anni a causa dei disordini sociali e dell’incertezza politica e dell’impatto delle sanzioni, ma per ora l’impatto sul commercio e sulle esportazioni potrebbe restare contenuto, data la probabile ammortizzazione da altri mercati, in particolare Thailandia e Cina. 

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