I Paesi dell’ASEAN devono risolvere il problema dell’inquinamento marittimo
Da diversi anni l’inquinamento marittimo è diventato uno dei dossier principali per gli Stati e per le organizzazioni internazionali che si occupano di ambiente.
Uno studio del 2015 ha messo in luce una scomoda verità per i Paesi del Sud-Est asiatico: ad oggi sono la causa di oltre il 60% dell’inquinamento marino. Tra i 20 Paesi al mondo con il tasso più alto di inquinamento causato dai rifiuti plastici dispersi in mare, 11 Paesi appartengono all’area asiatica: dopo la Cina troviamo infatti Indonesia (2°), Filippine (3°), Vietnam (4°), Thailandia (6°), Malesia (8°) e Myanmar (17°).
Secondo le statistiche, ogni anno la maggior quantità di inquinamento da plastica proviene dalle industrie di imballaggio e dal settore tessile, le quali sono sempre più presenti in Cina e nei Paesi asiatici: su circa 300 milioni di tonnellate di rifiuti plastici nel mare, più della metà provengono proprio dal settore tessile e da quello dell’imballaggio.
Questi numeri, non solo mettono in cattiva luce i Paesi asiatici agli occhi dell’opinione pubblica, ma dimostrano l’inefficienza di questi Paesi nell’implementare politiche idonee al riciclaggio dei rifiuti: secondo i dati della Banca Mondiale, circa il 75% della plastica in Malesia, Thailandia e nelle Filippine non viene riciclata, facendo si che ogni anno i Paesi del Sud-Est asiatico perdano 7 miliardi di dollari.
Un così elevato tasso di inquinamento di rifiuti plastici è causato principalmente da due fattori: da una parte le correnti marine trasportano i rifiuti di altri Paesi verso le coste del Pacifico, dall’altra parte il fattore dominante sono i fiumi. Tra i dieci più inquinanti del mondo, ben otto si trovano in Asia: i più importanti, per tasso di inquinamento, sono alcuni fiumi che si trovano in Cina (Fiume Azzurro, Xi Jiang, Huangpu), seguiti dal fiume Brantas (Indonesia), dal Pasig (Filippine), dall’Irrawaddy (Myanmar) e dal Mekong (Cina, Myanmar, Laos, Thailandia, Vietnam e Cambogia) che aumentano in maniera considerevole il già ampio problema dell’inquinamento dei mari del Sud-Est asiatico.
Per cercare di ovviare al problema dei rifiuti plastici, negli ultimi anni i Paesi dell’ASEAN hanno trovato accordi per la riduzione dell’inquinamento marittimo: ad esempio a Bangkok nel 2019 è stata adottata la Bangkok Declaration on Combating Marine Debris in the ASEAN Region con l’obiettivo di “rinforzare le azioni a livello nazionale e le azioni di collaborazione affinché si prevenga e si riduca drasticamente l’inquinamento marittimo”. Attualmente i maggiori sforzi sono stati intrapresi da Malesia e Filippine, dove le principali aziende e brand internazionali stanno cercando di ridurre il consumo di plastica. A questi due Paesi si è unita la Thailandia, dove la plastica ricopre un ruolo importante nell’economia del Paese: i proventi delle aziende produttrici di plastica ricoprono da sole il 7% del PIL del Paese.
Recentemente sono stati sviluppati importanti progetti nella regione asiatica: il più importante di questi è il “Closing Loop” istituito dall’ESCAP, la Commissione ONU per l’Economia e il Sociale per l’Asia e il Pacifico, in collaborazione con il Giappone e l’ASEAN. Il progetto, che vede coinvolte Kuala Lumpur (Malesia), Surabaya (Indonesia), Nakhon Si Thammarat (Thailandia) e Da Nang (Vietnam), si pone come obiettivo quello di fornire gli strumenti essenziali e il know-how per sviluppare politiche e strategie di investimento, affinché si sviluppi un approccio verso l’economia circolare e una migliore gestione del riciclaggio della plastica all’interno dei Paesi coinvolti.
Nei prossimi anni i Paesi del Sud-Est asiatico dovranno condurre politiche ambientali sempre più rivolte alla transizione verso l’economia circolare, fattore che potrebbe rivelarsi decisivo per il futuro.
Attraverso l’economia circolare, questi Paesi hanno l’occasione di accrescere le rispettive economie, migliorando da una parte le condizioni del settore ittico, di vitale importanza per i Paesi che si affacciano sul Mar Cinese Meridionale, e dall’altra parte incrementando la domanda del turismo costiero e marittimo.