La competizione regionale e globale sull’automotive ASEAN

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Quello automobilistico è un settore strategico per le economie ASEAN, integrate attraverso complesse catene globali del valore. La pandemia ha trasformato le preferenze di consumatori e produttori, aprendo il settore a nuovi sviluppi

La pandemia da Covid-19 ha costretto le persone a ripensare abitudini e priorità quotidiane. Nel Sud-Est asiatico, centro nevralgico delle catene del valore globali, il settore automobilistico è stato particolarmente sensibile a queste trasformazioni. Da un report della società di consulenza Deloitte, emergono alcune tendenze significative, dal lato di produzione e consumo, che potrebbero incidere fortemente sulla competizione nel settore, con conseguenze anche a livello globale.

Dal lato della domanda, la preferenza per gli spostamenti con veicoli personali è aumentata dopo la pandemia. Prima della crisi sanitaria, una media del 37% dei consumatori preferiva spostarsi con mezzi propri, ma con lo scoppio della pandemia questa percentuale è notevolmente aumentata, raggiungendo il 52%. I consumatori locali, secondo Deloitte, stanno anche ripensando la tipologia di veicolo che sarebbero disposti ad acquistare: veicoli a basso consumo di carburante stanno guadagnando terreno, ma la mancanza di infrastrutture efficienti fa sì che i consumatori continuino a preferire i veicoli elettrici ibridi (HEV) rispetto ai veicoli elettrici a batteria (BEV). Circa il 38% degli intervistati nella regione preferisce veicoli a basso consumo di carburante – in particolare in Indonesia, Filippine e Thailandia, questa preferenza è stata espressa da oltre il 40% del campione analizzato. Inoltre, secondo il rapporto, poiché gran parte della popolazione intervistata non si è detta disposta a pagare di più per l’acquisto di veicoli elettrici, il supporto del governo alla produzione e alle vendite potrebbe essere utile a incoraggiarne la diffusione. 

Per quanto riguarda l’offerta, se dieci anni fa la Thailandia poteva rivendicare il primato indiscusso nella produzione automobilistica nel Sud-Est asiatico, oggi le cose stanno cambiando. Per cogliere appieno questa trasformazione, è bene osservare la crescita dei mercati emergenti locali da un punto di vista genealogico. La produzione di automobili, l’assemblaggio e la creazione di parti intermedie, è da sempre uno dei settori privilegiati dalle economie regionali. Il Sud-Est asiatico rappresenta, a livello macroscopico, uno degli snodi strategici delle catene di approvvigionamento globali. La realizzazione di un’automobile implica un processo lungo e frammentato, che passa per reti transnazionali integrate che forniscono centinaia di migliaia di posti di lavoro, attirano miliardi di dollari di investimenti e richiedono competenze e tecnologie che possono favorire la crescita a lungo termine delle economie della regione. Paesi come la Corea del Sud e il Giappone hanno fondato la loro crescita economica su un modello che si impernia sulla produzione e l’esportazione di automobili, e questo successo li ha resi riferimenti da emulare in Asia orientale. 

La Thailandia è un caso emblematico. Si tratta di uno di quei mercati emergenti del Sud-Est asiatico che ha seguito minuziosamente le istruzioni al libero mercato promosse da Fondo monetario internazionale e Organizzazione mondiale del commercio, aprendo le catene del valore a investimenti esteri e importazioni. Per economie così dipendenti dalle interazioni con l’estero, la crisi sanitaria ha rappresentato un vero shock, e il primato thailandese nel settore automotive è stato messo in discussione dall’emergere di un altro sfidante. L’Indonesia ha seguito una strada diversa per lanciare il suo settore automobilistico e la crescita economica nazionale. Le esportazioni a Giacarta sono decollate grazie alla forte domanda interna, che è incrementata da 486.000 nel 2009 a 1,2 milioni nel 2014. L’esperienza indonesiana, secondo James Guild del The Diplomat, mette in discussione il modello di sviluppo prescritto dalle grandi istituzioni internazionali per la crescita dei mercati emergenti. 

La concorrenza tra case automobilistiche, però, non è solo una questione locale. Tra gli effetti della globalizzazione vi è l’estrema mobilità dei flussi di investimento, che svolgono anche la funzione strategica di canalizzare competizioni geopolitiche. Il Sud-Est asiatico è da sempre una destinazione particolarmente attraente per le case automobilistiche giapponesi: circa il 90% dei veicoli prodotti e venduti in Thailandia proviene da produttori giapponesi. Tuttavia, Tokyo sembra voler rimanere nel solco delle tradizionali alimentazioni a benzina, mentre cresce la predilezione dei consumatori locali a basso consumo di carburante e ibride, specie in Thailandia. Le aziende cinesi sembrano intenzionate a cogliere al balzo questa opportunità. La cinese Great Wall è entrata a pieno titolo nel mercato thailandese lo scorso anno, acquisendo uno stabilimento dalla General Motors su cui ha investito oltre 700 milioni di dollari. L’intera struttura è stata trasformata in una fabbrica all’avanguardia, con linee di produzione alimentate dall’intelligenza artificiale, che ha iniziato a produrre ibridi a giugno e programma di lanciare la produzione di modelli elettrici entro il 2023. La Great Wall avrebbe sfruttato un programma del governo thailandese che offre agevolazioni per la progettazione di veicoli elettrici. Bangkok, infatti, mira a rendere elettrico il 30% dei veicoli prodotti localmente entro il 2030, e la reticenza dei produttori giapponesi di ricorrere alla svolta elettrica sta diversificando la concorrenza.

Il settore automobilistico del Sud-Est asiatico è quindi in fase di transizione. Consumo e produzione si stanno lentamente adattando alle nuove circostanze dell’economia globalizzata post-pandemia, con velocità diverse a seconda delle economie emergenti. Sarà interessante osservare quali direzioni prenderà il settore, che dirà qualcosa dello sviluppo economico dell’intera regione.  

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