Le sfide ancora da vincere per Widodo

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Infrastrutture, industrie manifatturiere e capitale umano sono le tre direttrici che impegnano il Presidente indonesiano nella seconda parte del suo ultimo mandato.

Nel pieno del suo secondo e ultimo mandato, il Presidente indonesiano Joko Widodo, ha una fitta lista di progetti da portare a termine entro il 2024, quando dovrà abbandonare la guida del governo. Conosciuto dagli indonesiani come “Jokowi”, il Presidente si presenta come un uomo del popolo: non si risparmia le visite nei villaggi lontani e persino nei bassifondi. “Devo incontrare la gente per sapere cosa vuole”, ha detto a Nikkei Asia. Sarà per questo che il suo indice di gradimento è quasi sempre al di sopra del 70%, come rivelato da Indikator Politik Indonesia.

Tuttavia, l’indiscussa capacità di Widodo di piacere agli indonesiani è sempre più messa alla prova nel tentativo di inseguire la crescita economica. Se da un lato infatti deve assicurarsi il favore del suo popolo, dall’altro ha bisogno di corteggiare gli investitori e le imprese. L’Indonesia ha un urgente bisogno di investimenti: la sua economia deve espandersi ogni anno per poter assorbire un afflusso annuale di oltre due milioni di nuovi lavoratori, mentre la crescita stagnante alimenta il rischio di instabilità sociale. 

Durante i mandati di Widodo, il Pil è cresciuto solo del 5% circa, quando il Presidente aveva promesso almeno il 7%. Per incentivare la crescita, Jokowi ha deciso di puntare su tre politiche chiave, che saranno i pilastri del suo governo fino alla fine del secondo mandato: infrastrutture, industrie manifatturiere e capitale umano. Lavorando su questi tre aspetti, Widodo è sicuro che “il Pil dell’Indonesia nel 2030 sarà il triplo di quello che è ora”.

La costruzione di infrastrutture come strade, porti, aeroporti e ponti, è stata il segno distintivo della presidenza di Widodo. Nei suoi primi sei anni in carica sono stati costruiti 6240 km di strade, 15 nuovi aeroporti e 124 nuovi porti marittimi. Tutti progetti che impallidiscono di fronte a Nusantara, la nuova capitale che sostituirà Giacarta. Un progetto da 30 miliardi di dollari, da costruire sull’isola del Borneo. Secondo il presidente è una mossa necessaria per incentivare la crescita economica al di fuori della popolosa isola di Giava, che ad oggi rappresenta il 60% del Pil del Paese.

Un’altra priorità del presidente è la riallocazione industriale. In particolare, passare dalla lavorazione alla produzione, anziché concentrarsi solamente sull’estrazione di materie prime. Questa politica è stata accompagnata da una legge che proibisce l’esportazione di minerali non trasformati, per incentivare le aziende estere a spostare le lavorazioni di materiali e la produzione di beni in Indonesia. Inoltre, a partire dal 2020, l’esportazione di nichel – fondamentale per i dispositivi elettronici – è stata vietata. Widodo, nel corso dei suoi mandati, ha insistito molto sull’importanza del divieto di esportazione per generare nuovi e migliori posti di lavoro, puntando quindi anche sulla formazione del capitale umano.

Ma proprio quest’ultimo sembra essere il punto debole della presidenza di Jokowi, che secondo i suoi critici si sarebbe dimostrato molto poco ambizioso nello sviluppo del capitale umano. Certo, alcune misure sono state messe in atto, come il programma per studenti universitari per guadagnare crediti facendo stage presso le aziende. Oppure il programma di aiuti per aiutare le famiglie a basso reddito a pagare le tasse scolastiche. 

Secondo i politologi indonesiani, il problema principale per Widodo è un classico della politica indonesiana: la mancanza di continuità politica tra i diversi presidenti, che provenendo da partiti diversi e avendo ideologie diverse mettono a repentaglio la continuità delle politiche di governo. Un rischio che Jokowi dovrà correre, dal momento che alcuni dei suoi progetti potrebbero essere annullati quando il suo successore prenderà il controllo del Paese nel 2024.

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