Al boom dell’e-commerce ASEAN serve una svolta per la parità di genere

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L’e-commerce è in grande crescita nel Sud-Est asiatico. Ma non sempre le donne ne beneficiano in pieno. Ecco come il settore può diventare un vettore dell’uguaglianza di genere per le lavoratrici asiatiche. 

Il  mercato dell’e-commerce potrebbe guidare la ripresa economica e avere un impatto trasformativo sulla condizione delle lavoratrici del Sud-Est asiatico, secondo un rapporto della International Financial Corporation (IFC). Nelle economie dell’area c’è una forte incidenza di imprenditrici. Sulla piattaforma di e-commerce Lazada, ad esempio, circa un terzo delle imprese indonesiane e due terzi delle imprese nelle Filippine sono di proprietà di donne. Ma queste aziende tendono ad essere più piccole, hanno vendite medie inferiori e hanno meno dipendenti.

L’IFC, membro della Banca mondiale, è la più grande istituzione di sviluppo globale. La scorsa settimana ha pubblicato il report Donne ed e-commerce nel Sud-Est asiatico, che osserva i trend di sviluppo dell’economia digitale nella regione. Il focus è sul fattore trainante della ripresa post-pandemia: la diffusione di transazioni online. “Nel Sud-Est asiatico, l’e-commerce è diventato un’ancora di salvezza per gli i bisogni quotidiani delle persone, nonché un perno naturale della strategia aziendale [per chi è stato colpito] dalle misure di sicurezza di Covid-19”, ha affermato Chun Li, amministratore delegato di Gruppo Lazada. 

Abbiamo già parlato, in generale, dell’effetto ambivalente che la pandemia da Covid-19 ha avuto sulle economie del Sud-Est asiatico. Da una parte, ha soffiato via alcuni settori delle economie tradizionali, che hanno lasciato il posto alla fiorente realtà dell’imprenditoria digitale. Le misure di contenimento hanno richiesto a piccole e grandi attività di adattarsi a nuovi rapporti di lavoro, di produzione e di consumo, e l’e-commerce ne è uscito rafforzato.

D’altra parte, la pandemia ha inasprito le diseguaglianze di genere, pesando sulle lavoratrici asiatiche molto più che sulle loro controparti maschili. A riprova del fatto che il progresso tecnologico non è di per sé un canale di emancipazione sociale: occorrono precisi interventi politici perché disponibilità materiali (e digitali) si convertano in vere e proprie opportunità, soprattutto per le donne. La partecipazione femminile al futuro del lavoro è annoverata infatti tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, che promuovono un’azione sistemica a supporto di uno sviluppo socio-economico che non può prescindere dal pieno coinvolgimento della forza lavoro femminile.  A livello regionale sono stati fatti numerosi passi avanti in termini di politiche all’insegna per l’inclusione femminile, ma questi sforzi non si sono ancora tradotti in progressi verso un incremento del peso economico e professionale delle donne asiatiche. Le sfide più urgenti riguardano la partecipazione alla forza lavoro, la discriminazione di genere in ambito professionale, l’inclusione finanziaria e la rappresentanza nelle posizioni manageriali di alto livello. 

L’economia digitale si presta a una serie di considerazioni. Il mercato dell’e-commerce nel Sud-Est asiatico è triplicatodal 2015 e si prevede che triplicherà di nuovo entro il 2025. Il rapporto dell’IFC si concentra su come allargare la base di beneficiari di questo boom digitale, e ritiene fondamentale superare le barriere discriminatorie che impediscono la piena partecipazione delle donne ai vantaggi dell’economia digitale. Il report suggerisce come l’e-commerce possa offrire una soluzione all’eterno trade-off tra famiglia e lavoro, con cui le donne sono spesso chiamate a fare i conti. Secondo l’Asian Development Bank, aumentare la partecipazione femminile alla forza lavoro e colmare il divario salariale avrebbe un enorme impatto sulla crescita della regione in generale: i benefici stimati sono stati quantificati in 3,2 trilioni di dollari nelle economie dell’Asia-Pacifico. 

Il Sud-Est asiatico è una delle poche regioni in cui la presenza femminile nel mercato del lavoro è in calo, ma presenta almeno una caratteristica in comune con gran parte delle economie del mondo: la maggior parte del lavoro domestico non retribuito è svolto in netta maggioranza da donne. Nel report dell’IFC è riportata la significativa testimonianza di un’imprendrice che racconta: “La mia casa era lontana dal posto di lavoro e il mio piccolo era ancora un bambino. Alla fine, ho deciso di dimettermi dal mio lavoro a tempo pieno. Ma ero abituata a lavorare, quindi ho iniziato a vendere online”. Un esempio che potrebbero seguire in molte.

Se il lavoro di cura impiega per lo più le donne, e per lo più in modo gratuito, l’e-commerce può rappresentare un fattore di cambiamento. Garantirebbe più flessibilità alle lavoratrici asiatiche e consentirebbe loro di emanciparsi economicamente, portando avanti un’attività di business con modelli produttivi più snelli. D’altro canto, senza adeguate misure pubbliche a sostegno di un’inclusione sostanziale delle donne nelle maglie dell’economia digitale, il rischio può essere quello di creare prestazioni digitali remunerative senza mettere in discussione le discriminazioni strutturali, che prevengono la piena inclusione femminile al mercato del lavoro. Le lavoratrici asiatiche chiederanno pure l’e-commerce oltre a “il pane e le rose” (canzone-manifesto per reddito e dignità delle operaie statunitensi all’inizio del secolo scorso), ma la mancanza di un intervento politico oculato ad accompagnarne lo sviluppo potrebbe risultare un’occasione mancata per l’uguaglianza di genere. 

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