Il discorso dell’Ambasciatore Michelangelo Pipan, Presidente dell’Associazione Italia-ASEAN al 20° incontro dell’ASEAN – European Academic University Network
Si svolge a Brescia la ventesima edizione della riunione plenaria dell’ASEAN – European Academic University Network, che ha come titolo “Per uno sviluppo pacifico e sostenibile”. In un fitto programma di incontri che si snoda fino a venerdì 12 settembre, si parlerà di cooperazione tra Europa e ASEAN, a partire dal fronte accademico. Nella cerimonia di apertura di martedì 9 settembre è intervenuto l’Ambasciatore Michelangelo Pipan, il Presidente dell’Associazione Italia-ASEAN. Riportiamo di seguito il testo del suo keynote address.
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Permettetemi innanzitutto di ringraziare il Rettore dell’Università di Brescia per l’invito e di congratularmi con il vostro gruppo per la lungimirante e necessaria iniziativa di dedicare la vostra attenzione alla promozione delle relazioni tra Europa e ASEAN. Ho visitato il vostro sito web e sono rimasto molto colpito dalla lunga lista di progetti, sia completati che in corso, sviluppati in un’ampia gamma di settori. Ho inoltre notato con apprezzamento il tema che avete scelto per questo 20° incontro plenario. Non posso che congratularmi e rallegrarmi per il vostro profondo impegno nel perseguire qualcosa che considero di fondamentale importanza per gli interessi condivisi di Europa e ASEAN e dei loro Paesi membri: vale a dire promuovere l’interazione e la reciproca conoscenza, così da rafforzare le relazioni, anche al di là del mondo accademico, in ogni possibile ambito. Vi è in questo un ampio spazio d’azione e grande valore. Come vedrete, queste poche parole possono servire bene da introduzione, e perfino da sintesi, del senso essenziale del discorso che mi accingo a pronunciare.
Mi è stato chiesto di illustrare le mie opinioni sulle prospettive delle relazioni ASEAN–Europa. Le prospettive dipendono in sé da un insieme di variabili, sia interne, proprie dei protagonisti, sia esterne, legate al contesto generale. Entrambe variano nel tempo, a seconda di molti fattori. In anticipo, posso affermare che in questo particolare momento considero tali prospettive più favorevoli che mai, ed è compito delle parti cogliere l’opportunità quando si presenta e impegnarsi a trarne il massimo.
Rivolgiamo ora la nostra attenzione al quadro generale e consideriamo quelle condizioni globali. Guardando alla situazione geopolitica mondiale, non possiamo non notare che stiamo vivendo tempi senza precedenti, e che questo incontro avviene in un contesto internazionale straordinario.
Siamo tutti consapevoli che dall’inizio dell’anno il mondo sta cercando di affrontare una situazione in continuo cambiamento, inattesa e insolita, carica di presagi minacciosi per l’ordine mondiale e persino per la pace. Come spesso accade in questi casi, però, non mancano le opportunità.
I fondamenti dell’ordine economico internazionale sono stati scossi, se non rovesciati; il commercio mondiale sta precipitando nel disordine e nella frammentazione; le catene di approvvigionamento vengono riorganizzate, mentre il cambiamento climatico incombe come una sfida esistenziale che può essere affrontata solo attraverso gli sforzi comuni della comunità internazionale—una visione condivisa oggi ancora più complessa da raggiungere. Questa —e sottolineo questo punto— sarà la situazione anche se l’amministrazione americana rivedesse completamente la sua posizione. Tutto ciò ovviamente non ha limitato i suoi effetti alla sola sfera economica (non avrebbe potuto) e, mentre osserviamo con preoccupazione la situazione spesso drammatica, non possiamo che sperare che alla fine prevalgano la ragione e la moderazione.
Con questa premessa, Europa e ASEAN hanno certamente nel loro DNA molto da offrire alla comunità internazionale nella ricerca di un esito positivo, così come importanti prospettive per le loro relazioni reciproche. Se, come è stato detto, questo sarà il “Secolo asiatico”, non ci sono ponti migliori per mantenere l’Europa al passo e condividerne i benefici.
L’ASEAN può vantare un impressionante successo nel preservare la pace e sviluppare l’economia, ed ha un curriculum limpido come fermo sostenitore del multilateralismo e del libero commercio, sostenuto da neutralità diplomatica e non allineamento. A questo proposito desidero citare il Segretario Generale delle Nazioni Unite che, al vertice ASEAN dello scorso anno, ha lodato l’Associazione come “costruttrici di ponti e messaggere di pace, che danno priorità al dialogo e al rispetto del diritto internazionale”.
Negli ultimi anni—e proprio in questi giorni—l’ASEAN ha svolto un’ammirevole ed efficace opera di bilanciamento nei confronti delle due superpotenze, Cina e Stati Uniti, che sono anche i suoi due maggiori partner economici, rifiutando di farsi spingere a prendere posizione. Il rischio che l’ASEAN vuole evitare—ora che le relazioni economiche con gli Stati Uniti sono diventate più problematiche—è che il ruolo della Cina diventi predominante. Negli anni l’ASEAN ha costruito una rete di relazioni molto ampia attorno al principio di “centralità ASEAN”, che naturalmente significa considerarsi come il nucleo equidistante del sistema, con lo stesso atteggiamento verso tutti i partner. Questo, insieme al tanto elogiato (e per lo più riuscito) ASEAN WAY—in sostanza un atteggiamento di stretta non interferenza sia verso l’esterno che verso l’interno e una ferma ricerca del consenso lontano dai riflettori—ha rappresentato il fondamento della loro politica internazionale, un potente strumento con cui fronteggiare i turbamenti attuali.
Dal canto suo, anche l’Europa crede nel multilateralismo e persegue pace e libero scambio, dato il ruolo fondamentale delle esportazioni nella sua economia. L’UE è il secondo maggiore attore commerciale al mondo, rappresentando circa il 14% del commercio globale di beni e servizi. Proprio come l’ASEAN, la sua prosperità dipende da mercati aperti e da partenariati diversificati. Questo parallelismo conferisce a Europa e ASEAN una naturale affinità come partner nella difesa—e, se necessario, nella riforma—del sistema commerciale multilaterale.
Per quanto riguarda i fattori interni, cominciamo con qualche parola sull’ASEAN e i suoi Stati membri: comprendendo dieci paesi a vari livelli di sviluppo (molti dei quali appartengono ormai al gruppo a reddito medio), conta circa 670 milioni di persone con un’età media di 30,5 anni e una vasta classe media; la sua economia è destinata a crescere costantemente nei prossimi decenni, quando si prevede che diventerà uno dei quattro maggiori mercati al mondo. Fin dalla sua fondazione nel 1967, la crescita del PIL è stata impressionante, registrando tassi senza pari quasi altrove. Dopo il periodo iniziale, l’integrazione istituzionale è proseguita a un ritmo elevato, con un punto cruciale rappresentato dalla creazione, nel 2015, della Comunità ASEAN basata su tre pilastri: Politico-Sicurezza, Economico e Socio-Culturale. Successivamente, l’adozione di Roadmap (prima la Visione ASEAN 2025 e poi il piano strategico AEC 2026/2030 adottato lo scorso maggio) ha progressivamente definito obiettivi di integrazione sempre più ambiziosi, con l’intento di rafforzare il ruolo geopolitico e la resilienza del gruppo, prestando particolare attenzione allo sviluppo sostenibile e all’inclusività, nell’ottica di “non lasciare indietro nessuno”.
In particolare, il nuovo Piano Strategico AEC 2026–2030 dell’ASEAN fissa obiettivi concreti in materia di integrazione digitale, transizione verde, finanza sostenibile, resilienza climatica e mobilità delle competenze—allineando ulteriormente le priorità dell’ASEAN a quelle dell’Europa.
Stiamo quindi parlando di un insieme di paesi in costante crescita, caratterizzati da:
- economie che in molti casi hanno già raggiunto livelli significativi di sviluppo con settori tecnologici avanzati;
- democrazie in continuo sviluppo, anche se non ancora complete;
- un atteggiamento generalmente positivo verso l’Europa, che precede i recenti cambiamenti geopolitici.
Non si possono negare alcune problematiche non irrilevanti, sia di natura interna che internazionale, e che il cosiddetto “ASEAN WAY” abbia negli ultimi tempi funzionato meno bene che in passato. Il caso più evidente è naturalmente quello del Myanmar e la questione di lunga data del Mar Cinese Meridionale. Sono tuttavia convinto che questi problemi non modifichino il quadro generale e che il cammino dell’ASEAN verso il progresso non verrà ostacolato: non dimentichiamo che tutti questi paesi, tranne la Thailandia, sono stati sotto il dominio coloniale fino a non molti decenni fa, e che alcuni dei problemi che stanno affrontando, come la disputa tra Thailandia e Cambogia, sono un’eredità di quei tempi.
Per quanto riguarda l’Europa, conosciamo bene la lunga strada percorsa dalla Seconda guerra mondiale in poi. La nostra forma di “organizzazione regionale” non ha eguali. Si può sostenere che le sfide con cui l’UE si confronta oggi stiano mostrando i limiti della sua struttura attuale, che vi sia la necessità per l’Unione di un radicale cambio di passo. Non c’è dubbio, tuttavia, che l’UE sia stata un veicolo di crescita, prosperità e pace senza pari per i suoi membri e abbia fornito un contesto prezioso per il successo anche di altri Stati europei non membri, come quelli del gruppo EFTA.
Gli Stati Uniti rappresentano per entrambe le parti il principale partner commerciale e, data la situazione tariffaria in continua evoluzione, l’UE e gli altri paesi europei, similmente all’ASEAN, sono alla ricerca di nuovi orizzonti e, nel farlo, non possono che guardare l’uno verso l’altro. Vale la pena menzionare, anche per inquadrare meglio la situazione, il recente accordo commerciale concluso con il Mercosur, che insieme copre 780 milioni di persone e quasi un quarto del PIL mondiale. Sebbene la ratifica sia ancora in sospeso, il trattato è stato annunciato come un grande successo, poiché il commercio UE-Mercosur si aggirava intorno ai 111 miliardi di euro nel 2023. Ma il commercio ASEAN-UE ha raggiunto 252,5 miliardi di euro di merci nello stesso periodo, ben più del doppio. Queste cifre dimostrano l’impressionante importanza dell’ASEAN, che supera di gran lunga altri grandi blocchi regionali.
Le relazioni Europa–ASEAN sono generalmente eccellenti, sia a livello bilaterale tra singoli paesi, sia tra i due gruppi nel loro complesso. L’elenco delle relazioni e attività di dialogo ASEAN–Unione Europea è impressionante, così come quello con altri paesi europei, come la Svizzera e il Regno Unito, che hanno entrambi ottenuto lo status di Partner di Dialogo dell’ASEAN.
L’UE e l’ASEAN hanno rafforzato i loro legami trasformandoli in un partenariato strategico nel 2020 e sono in vigore molteplici accordi bilaterali di partenariato e cooperazione, tra cui con Indonesia, Vietnam, Filippine e Thailandia.
In seguito ai turbamenti tariffari, è molto probabile che emergeranno nuove “costellazioni” di partenariati economici: l’ASEAN è stata tradizionalmente molto attiva in questa direzione, cercando prospettive più ampie per il proprio commercio, l’esempio più rilevante è il ruolo centrale svolto a favore del trattato RCEP, entrato in vigore nel 2022, che ha eliminato il 90% dei dazi tra 15 paesi che rappresentano il 30% del PIL mondiale.
L’UE e gli altri stati europei possono guardare a qualcosa di simile, soprattutto ora: ci sono segnali che i negoziati in corso sugli accordi di libero scambio (FTA) – al momento ne sono stati conclusi solo due, con Singapore e Vietnam – abbiano ricevuto un impulso dai recenti sviluppi e le prospettive di un FTA globale tra i due blocchi appaiono ora più rosee. I negoziati sono ripresi con Thailandia (2023), Filippine (2024) e Malesia (2025), mentre i colloqui con l’Indonesia proseguono, con l’obiettivo di concluderli entro il 2026. L’UE è già il terzo partner commerciale dell’ASEAN, dopo Cina e Stati Uniti, rappresentando circa l’8-9% degli scambi commerciali dell’ASEAN, mentre lo stock di IDE europei nell’ASEAN è di gran lunga il maggiore, superando i 400 miliardi di euro nel 2022.
Si aprono dunque significative opportunità di cooperazione in nuove traiettorie di crescita: i paesi ASEAN sono impegnati nella colossale impresa di modernizzare le loro economie lungo le linee dei loro Piani d’Azione: hanno la volontà, la determinazione, la spinta, la forza. Cercano partner con competenze che possano contribuire a raggiungere le loro priorità stabilite, vale a dire: creare nuove fonti di competitività; una comunità sostenibile con politiche sensibili al clima; una comunità innovativa in sintonia con le tendenze emergenti; una comunità resiliente, in grado di resistere a shock, stress, crisi e volatilità.
Le società e le economie europee non solo possiedono tali competenze, ma sono anche molto ben posizionate: le nostre capacità sono ben note, molto apprezzate e si inseriscono perfettamente nelle priorità dell’ASEAN: per citarne alcune, in linea con la pianificazione post-2025 dell’ASEAN, energie rinnovabili, automazione industriale, infrastrutture, sviluppo del settore sanitario (inclusi dispositivi medici), spazio e alta tecnologia. L’ASEAN è un gruppo che guarda al futuro e l’Europa ha la capacità di contribuire a questo sforzo.
Un ulteriore punto è fondamentale, e lo traggo dalla mia esperienza personale: il fattore umano. La leadership locale e le persone sono molto aperte verso gli europei e, se posso, ancor più verso gli italiani. Gli europei sono visti con simpatia, ammirazione e rispetto, le cose europee sono di tendenza, l’interazione personale è semplice. Le nostre eccellenze—non solo l’alto contenuto di design e tecnologia dei nostri prodotti, ma anche i risultati europei in materia di sostenibilità, istruzione e ricerca sono ben noti e ammirati.
Se questo era vero già prima dei recenti sconvolgimenti internazionali, lo è diventato ancora di più ora: l’Europa si presenta senza condizioni (beh… non proprio, se guardiamo alle complessità delle negoziazioni sugli accordi commerciali di libero scambio), almeno senza vincoli geopolitici; anzi, può (e dovrebbe) offrirsi come partner senza interessi politici diretti nell’area, e dunque come attore in grado di fornire un supporto prezioso all’ASEAN nel suo delicato bilanciamento tra i due “fratelli che competono per il suo favore.
Con l’avvicinarsi della data del Vertice dell’Asia Orientale, Anwar Ibrahim, primo ministro della Malesia che presiede l’Associazione, ha recentemente ribadito la sua fiducia, affermando che l’ASEAN diventerà “il più grande vincitore nel commercio globale” e aggiungerò che non vi è dubbio che l’Europa avrà un ruolo importante nel perseguire tale obiettivo, poiché in questi tempi di difficoltà economiche e politiche i nostri interessi coincidono, proiettando un futuro di grandi opportunità.
Tutte le considerazioni avanzate finora portano a ritenere molto probabile un significativo aumento delle relazioni economiche, politiche e sociali tra Europa e ASEAN. Ma resta un punto fondamentale: come sbloccare questo potenziale, come trasformare le prospettive in realtà?
Dobbiamo ammettere fin dall’inizio che in Europa—certamente in Italia—c’è un deficit di consapevolezza riguardo alle opportunità offerte dall’ASEAN; nonostante diversi esempi di grande successo, c’è ampio margine per una maggiore presenza europea nella regione. Per dare un’idea delle proporzioni: nel 2024 gli scambi commerciali ASEAN con l’UE hanno rappresentato circa l’8,8% del suo commercio totale, mentre la Cina ha superato il 20%, gli Stati Uniti circa il 12% e il Giappone circa l’8,5%.
Come agire? Cosa fa la Commissione Europea e cosa fanno i singoli paesi? I governi devono assumere la guida in modo concreto, andando oltre la semplice creazione di quadri diplomatici. L’UE, oltre a concludere e negoziare Accordi di partenariato e di libero scambio conclusi e in fase di negoziazione, supporta piattaforme come l’EU-ASEAN Business Council, che organizza ogni anno il Vertice economico UE-ASEAN. La Francia ha rafforzato la sua strategia indo-pacifica con l’ASEAN come partner centrale; la Germania ha intensificato la cooperazione accademica ed economica. Dopo l’uscita dall’UE, il Regno Unito ha rapidamente cercato un quadro formale per il suo rapporto con l’ASEAN ed è stato insignito dello status di Partner di Dialogo dell’ASEAN il 2 agosto 2021. Anche Svizzera e Norvegia intrattengono relazioni molto strette. In modo molto pratico e operativo, molti stanno intensificando la loro presenza e hanno lanciato missioni commerciali incentrate sull’ASEAN; il Presidente Macron ha visitato diversi stati dell’ASEAN nel 2023/24 seguendo le orme dei leader di Giappone, Cina, India e Stati Uniti che hanno tutti visitato le capitali dell’ASEAN negli ultimi mesi, sottolineando la centralità globale della regione.
Il Primo Ministro italiano doveva anch’egli visitare il Vietnam in questi stessi giorni, salvo essere costretto a rinviare a causa della situazione internazionale. Gli incontri politici e d’affari previsti in tale occasione si sono comunque svolti. Nel recentemente adottato Piano d’Azione per l’Export Italiano, l’ASEAN è stato incluso tra le massime priorità, con particolare attenzione a Vietnam, Thailandia e Indonesia, e beneficerà di nuovi strumenti, più potenti, per la promozione delle esportazioni.
Anche il settore non governativo ha un ruolo significativo da svolgere. Sebbene associazioni come quella che presiedo possano arrivare solo fino a un certo punto, noi, come altri in Europa, ci siamo dati questa missione: cercare di raggiungere il pubblico più ampio possibile e promuovere una maggiore consapevolezza sull’ASEAN. Collaborando a stretto contatto con le istituzioni governative, da dieci anni lavoriamo per diffondere una migliore conoscenza dell’ASEAN e incoraggiare sempre più individui, imprese e istituzioni per esplorare quei Paesi e verificarne di persona il potenziale.
Abbiamo fatto tutto questo in molti modi:
- una rassegna stampa quotidiana che copre sviluppi politici ed economici;
- una newsletter settimanale che approfondisce temi selezionati;
- pubblichiamo libri;
- organizziamo incontri e presentazioni;
- siamo ovviamente aperti a collaborazioni con tutte le parti interessate, in Italia e con altre realtà europee.
Permettetemi di segnalare una particolare iniziativa che abbiamo promosso e che si è rivelata lo strumento più importante finora per perseguire la nostra missione. Ogni anno organizziamo, insieme a The European House–Ambrosetti, in una capitale dei paesi ASEAN, un incontro chiamato HIGH LEVEL DIALOGUE sulle RELAZIONI ECONOMICHE ASEAN–ITALIA, finalizzato a favorire i contatti interpersonali tra funzionari di alto livello e imprenditori di entrambe le parti. Ogni Dialogo ha ottenuto un grande successo e ha registrato una partecipazione ampia e significativa. Esistono anche altri esempi europei, sia bilaterali sia multilaterali, come il Europe–ASEAN Business Summit, la EU–ASEAN Higher Education Platform e il EU–ASEAN Business Council. Quest’anno, avendo completato la rotazione delle principali capitali, prevediamo di tornare in Vietnam per la nona edizione.
Un’altra iniziativa importante che abbiamo promosso è stata la conferenza ITALIA–ASEAN sull’Istruzione Superiore e la Ricerca, organizzata dal MAE e tenutasi a Roma nel 2019, che ha raccolto un’ampia partecipazione ed è stata un grande successo, dimostrando come il mondo accademico possa fungere da ponte in questa partnership.
Come ulteriore passo per far crescere la consapevolezza sull’ASEAN in Italia, l’Associazione Italy ASEAN ha proposto al MAECI di co-organizzare una conferenza internazionale dal titolo “ASEAN AWARENESS”, sulla scia di due iniziative simili tenutesi negli anni 2010.
Per concludere, il momento politico generale è favorevole, nuovi strumenti finanziari sono stati messi a disposizione dai Governi, e i paesi ASEAN hanno molte buone ragioni per guardare alle partnership con le aziende europee. In definitiva, però, è l’interesse di ciascuna comunità specifica—economica, culturale, sociale—a contare davvero per far sì che tutti gli elementi si combinino con successo. Le università, in particolare, hanno un ruolo centrale: sono laboratori di innovazione, scambio e consapevolezza, e incarnano la dimensione “people-to-people” che dà profondità e resilienza alle partnership internazionali.
Per quanto brillanti possano essere le prospettive delle relazioni Europa–ASEAN, resta ancora molto lavoro da fare, con i settori pubblico e privato che devono collaborare per concretizzarle. In questo impegno siamo stati attivi negli ultimi dieci anni e continueremo a esserlo, pronti e disponibili a cooperare con tutti coloro che vogliono promuovere relazioni più profonde con l’ASEAN a livello italiano ed europeo.