Asean

L’intelligenza artificiale secondo l’ASEAN

L’ASEAN ha pubblicato a inizio febbraio una guida sull’intelligenza artificiale, intitolata AI Governance and Ethics. Ne pubblichiamo qui uno stralcio

L’intelligenza artificiale (AI) è la disciplina che rende intelligenti le macchine analitiche, permettendo a un’organizzazione di funzionare in modo appropriato e previdente. A differenza di altre tecnologie, alcune forme di IA si adattano da sole, imparando con l’uso, per cui le decisioni che prende oggi possono essere diverse da quelle che prenderà domani. L’IA e l’automazione sono temi caldi, sia per il loro potenziale di trasformazione, sia per la loro capacità di introdurre nuove opportunità, sconvolgendo i vecchi modelli. Il Sud-est asiatico non fa eccezione. I sistemi di IA dovrebbero essere trattati in modo diverso dagli altri sistemi software a causa delle loro caratteristiche e dei loro rischi unici. Le capacità dei sistemi di IA alimentati dall’evoluzione delle tecniche e dalle scoperte stanno rapidamente superando gli strumenti di monitoraggio e validazione. Lo sviluppo dell’IA è inoltre decentralizzato grazie alle basse barriere all’ingresso e alla proliferazione di tecnologie open-source. Considerato il profondo impatto che l’IA può avere sulle organizzazioni e sugli individui dell’ASEAN, è importante che le decisioni prese dall’IA siano allineate con i valori nazionali e aziendali, oltre che con i valori etici più ampi. In questo contesto, i Ministri del Digitale dell’ASEAN hanno identificato l’Azione Abilitante che suggerisce lo sviluppo e l’adozione di una politica regionale per fornire una guida alle migliori pratiche su Governance ed etica dell’IA. Negli ultimi anni, i governi e le organizzazioni internazionali hanno iniziato a emanare principi, quadri e raccomandazioni sull’etica e la governance dell’IA. Ne sono un esempio il Model AI Governance Framework1 e la Raccomandazione del Consiglio dell’OCSE sull’IA2. Tuttavia, non c’è ancora uno standard comune intergovernativo per l’IA che definisca i principi della governance dell’IA e fornisca una guida per i responsabili delle politiche nell’ambito dell’IA. Nel processo di redazione di questa Guida, sono stati presi in considerazione i quadri di riferimento e le linee guida esistenti in materia di IA, come la Raccomandazione dell’UNESCO sull’etica dell’IA e le Linee guida etiche dell’UE per un’IA affidabile. La Guida ASEAN sulla governance e l’etica dell’IA ha l’obiettivo di mettere le organizzazioni e i governi della regione in condizione di progettare, sviluppare e implementare sistemi tradizionali di IA in modo responsabile e ad aumentare la fiducia degli utenti nell’IA.

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Le iniziative dell’ASEAN verso un futuro digitale

Il blocco del Sud-Est asiatico continua a lavorare per tracciare la propria strada verso un futuro digitale sostenibile, mediante audaci progetti e avanzamenti tecnologici

Articolo di Walter Minutella

In questa epoca moderna la tecnologia sta rivestendo un ruolo sempre più imprescindibile per tutte le figure globalmente rilevanti, rivestendo una parte significativa in diverse aree, ed è determinante per lo sviluppo economico delle industrie moderne oltre che al loro impatto sulla concorrenza a livello mondiale, migliorando altresì la qualità di vita dei singoli individui.

Con il panorama sempre più interconnesso che caratterizza il mondo odierno, i paesi dell’ASAN si stanno adattando alla rivoluzione tecnologica incontrando molteplici ostacoli, tra cui la necessità di confrontarsi con una sempre crescente digitalizzazione, di promuovere la formazione di competenze digitali e di garantire una connettività affidabile. In questo specifico quadro di riferimento, l’ASEAN ha continuamente lavorato per tracciare la propria strada verso un futuro digitale sostenibile, mediante audaci progetti e avanzamenti tecnologici.

Il COVID-19 ha certamente dato un contributo essenziale nell’accelerazione del processo di digitalizzazione sociale, dimostrando l’utilità delle competenze informatiche e l’importanza di un ecosistema di apprendimento adatto. Nell’intento di migliorare le abilità tecniche dei propri cittadini, il piano di azione dell’ASEAN si impegna a rendere accessibili le tecnologie digitali in tutti i settori.

Un chiaro esempio di questo progresso è il progetto ASEAN Smart Cities Network (ASCN) che è stato lanciato nel 2018. L’obiettivo di questa iniziativa è di favorire una sinergia tra le città dell’ASEAN attraverso l’utilizzo di tecnologie moderne per affrontare sfide condivise. La priorità dell’ASCN è la promozione della mobilità intelligente attraverso il ricorso a veicoli elettrici, così come l’utilizzo consapevole delle risorse energetiche rinnovabili per minimizzare gli effetti negativi sull’ambiente.

Nell’incontro periodico dell’ASCN, ci si dedica ad esaminare diligentemente queste questioni e ad enfatizzare l’impegno deciso nell’avanzamento del progetto. Il Ministro degli Affari Interni indonesiano durante la sua partecipazione alla sesta riunione ASCN tenuta a Bali di recente, ha enfatizzato l’importanza di continuare a implementare le Smart Cities per affrontare le sfide legate all’urbanizzazione e allo sviluppo in sintonia con i cambiamenti globali, e la necessità di costruire una solida base per affrontare l’era dell’industria 4.0.

Durante la riunione è stata elogiata l’Indonesia per il suo impegno nel progetto e si sono messi in risalto tre punti fondamentali per migliorare i risultati delle attività promosse dall’ASCN: la condivisione di conoscenze, la cooperazione nella pianificazione urbana e la promozione di partenariati. In aggiunta a ciò, si è affrontato l’argomento riguardante l’inclusione di ulteriori attori nel progetto per ampliare i membri dell’ASCN.

Un altro progetto significativo è l’Iniziativa sulla Digitalizzazione che prevede una stretta collaborazione tra i Paesi dell’ASEAN al fine di implementare politiche comuni volte alla trasformazione digitale della regione. Gli Stati Membri si stanno impegnando per promuovere il diffondersi delle nuove tecnologie quali IA, IoT (Internet of Things) e blockchain che hanno già ottenuto una vasta adozione su scala mondiale. Al fine di attuare ciò, l’ASEAN favorisce una sinergia tra il settore pubblico e quello privato, si impegna nello sviluppo delle competenze digitali della forza lavoro ed è attiva nella promozione dell’innovazione tecnologica con equo accesso a tutti i cittadini. Questo progetto mira a diminuire il divario digitale che si verifica tra varie aree geografiche all’interno dell’ASEAN, oltre a favorire l’inclusione delle tecnologie digitali nell’intera comunità.

Il “Master Plan on ASEAN Connectivity 2025” occupa una posizione centrale in queste innovazioni recenti. Questo progetto ambisce a potenziare la connettività infrastrutturale nella regione attraverso migliorie alle reti dei trasporti, all’energia e alle comunicazioni. Il focus principale del progetto riguarda il potenziamento della connettività digitale, con particolare attenzione allo sviluppo di infrastrutture digitalmente avanzate come reti veloci a banda larga e piattaforme tecnologiche integrate. L’obiettivo è quello di stimolare l’integrazione nella regione per favorire una crescita economica sostenibile.

Nella cornice dello sviluppo delle infrastrutture digitali all’avanguardia, va messa in risalto la recente estensione del rapporto tra l’ASEAN e il colosso tecnologico cinese Huawei. Questo rapporto si basa su un forte impegno reciproco nel promuovere uno sviluppo tecnologico sostenibile nell’area.

Per mettere in risalto il talento dei giovani, la Fondazione ASEAN ha lavorato insieme a Huawei in programmi come ASEAN Seeds for the Future, il quale mira a costruire un ecosistema digitale inclusivo, focalizzandosi sullo sviluppo del talento ICT locale e sulla promozione della partecipazione nella società digitale.

Il rinnovo del contratto è una chiara testimonianza dell’impegno dell’ASEAN per la sostenibilità, soprattutto riguardo alla crescita delle reti di ultima generazione. La caratteristica principale della cooperazione con Huawei risiede nel perseguire una crescita digitale sostenibile, facendo attenzione ai suoi impatti sia sul piano ambientale che sociale.

Risulta evidente che l’ASEAN, sul piano internazionale, si stia facendo strada nel campo dell’innovazione tecnologica diventando un protagonista importante. Il panorama odierno è caratterizzato da progetti ambiziosi, collaborazioni internazionali e sforzi per lo sviluppo delle competenze digitali. Anche se riguarda solo un piccolo frammento di questa vasta realtà, la vicenda Huawei pone l’enfasi sull’importanza di considerare gli eventi globali nel contesto delle iniziative regionali per comprendere appieno il ruolo e l’impatto dell’ASEAN nell’era digitale.

ASEAN e UE rafforzano le relazioni

I due blocchi hanno tenuto il 24° incontro ministeriale a Bruxelles, concordando di intensificare i rapporti

Durante il 24° incontro ministeriale ASEAN-UE, tenutosi a Bruxelles il 2 febbraio, si è deciso di intensificare ulteriormente le relazioni commerciali e di investimento tra i Paesi. “Siamo stati incoraggiati dalla solida cooperazione economica tra l’ASEAN e l’UE, che è il terzo investitore estero dell’ASEAN e il terzo partner commerciale nel 2022, e abbiamo ribadito il nostro impegno a sfruttare questo slancio positivo per intensificare ulteriormente le relazioni commerciali e di investimento tra l’ASEAN e l’UE”, si legge nella dichiarazione ministeriale congiunta rilasciata sabato 3 febbraio. All’incontro, cui hanno partecipato i ministri degli Esteri dell’ASEAN e dei Paesi membri dell’UE, il Segretariato dell’ASEAN e la Commissione europea, nonché Timor Est in qualità di osservatore dell’ASEAN, l’ASEAN ha ribadito l’importanza di trovare soluzioni ai problemi di accesso al mercato di lunga data. Entrambe le parti accolgono inoltre con favore le opportunità di aumentare gli scambi e gli investimenti attraverso accordi bilaterali di libero scambio, di rafforzare la connettività e le relazioni economiche tra le due regioni e di incrementare lo sviluppo sostenibile per entrambe le parti, ad esempio attraverso il Gruppo di lavoro congiunto ASEAN-UE sul commercio e gli investimenti (JWG). “Intensificheremo il nostro impegno sulle questioni commerciali ed economiche ed esploreremo altre sedi nel breve e medio termine per promuovere la cooperazione in settori di reciproco interesse, come l’economia digitale, le tecnologie e i servizi verdi, la produzione e il consumo sostenibili di materie prime e la resilienza della catena di approvvigionamento, riaffermando al contempo un futuro accordo di libero scambio ASEAN-UE come obiettivo comune a lungo termine”, si legge nel comunicato. Inoltre, durante l’incontro presieduto dal Ministro degli Esteri filippino Enrique Manalo e dal Vicepresidente della Commissione europea Josep Borrell, l’ASEAN e l’UE hanno riaffermato i valori condivisi e gli interessi comuni che sono alla base dei 47 anni di relazioni di dialogo ASEAN-UE e hanno espresso soddisfazione per la natura completa e diversificata dei partenariati dinamici. Hanno inoltre riaffermato il partenariato strategico e l’interesse comune a mantenere le regioni pacifiche, stabili e prospere, a sostenere e rispettare il diritto internazionale e l’ordine internazionale basato sulle regole e sull’adesione al diritto internazionale e a mantenere la pace, la sicurezza e la stabilità, anche attraverso misure quali la promozione e la protezione dei diritti umani, anche per le persone con disabilità, la parità di genere e le libertà fondamentali.

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La visione dell’ASEAN sul 2024

Pubblichiamo qui uno stralcio del documento finale dell’incontro del 28 e 29 gennaio a Luang Prabang (Laos) tra i Ministri degli Esteri dell’ASEAN 

Il 29 gennaio 2024 si è tenuto a Luang Prabang, nella Repubblica Democratica del Laos, il ritiro dei ministri degli Esteri del Laos. Abbiamo avuto discussioni approfondite sull’attuazione della Visione della Comunità ASEAN 2025 e sulle priorità per la presidenza del Laos nel 2024, nonché sui modi concreti e sostenibili per rafforzare ulteriormente la Comunità dell’ASEAN, l’unità, la centralità e la resilienza dell’ASEAN in mezzo alle sfide regionali e globali. Abbiamo abbiamo anche scambiato opinioni sulle relazioni esterne dell’ASEAN e sui recenti sviluppi regionali e internazionali di interesse e preoccupazione comuni. 

Abbiamo ribadito il nostro forte impegno a sostenere il regionalismo e il multilateralismo e abbiamo sottolineato l’importanza di aderire ai principi chiave, ai valori condivisi e alle norme sancite dalla Carta delle Nazioni Unite, dalla Carta dell’ASEAN, dalla Dichiarazione sulla zona di pace, libertà e neutralità, la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) del 1982, il Trattato sulla Zona libera da armi nucleari nel Sud-Est asiatico (SEANWFZ).

Abbiamo riaffermato il nostro impegno comune a mantenere e promuovere la pace, sicurezza e la stabilità nella regione, nonché alla risoluzione pacifica delle controversie, compreso il pieno rispetto dei processi legali e diplomatici, senza ricorrere alla minaccia o all’uso della forza, in conformità con i principi del diritto internazionale.

Abbiamo discusso gli sviluppi in Myanmar e riaffermato la nostra posizione unitaria che il consenso in cinque punti rimane il nostro principale riferimento per affrontare la crisi politica in Myanmar, con l’unico obiettivo di ristabilire la pace, la stabilità e una risoluzione politica globale guidata dal Myanmar. Abbiamo accolto con favore le revisioni e decisioni dei leader dell’ASEAN sull’attuazione del consenso in cinque punti Consenso in cinque punti, adottate in occasione del 40° e 41° Vertice dell’ASEAN nel 2022 e del 43° Vertice dell’ASEAN nel 2023. 

Abbiamo riaffermato l’impegno dell’ASEAN ad assistere il Myanmar nella ricerca di una soluzione pacifica, globale e duratura al conflitto in corso, poiché il Myanmar rimane parte integrante dell’ASEAN. Gli Stati membri dell’ASEAN hanno accolto con favore la nomina di S.E. Alounkeo KITTIKHOUN, ex Ministro presso l’Ufficio del Primo Ministro della Repubblica Democratica del Laos, quale inviato speciale della presidenza dell’ASEAN per il Myanmar per il 2024, in quanto continuiamo a impegnarci per promuovere i progressi nell’attuazione dell’accordo di partenariato con il Myanmar.

Abbiamo apprezziamo gli sforzi compiuti finora per raggiungere le parti interessate e confidiamo nella sua volontà di aiutare la popolazione del Myanmar a trovare una soluzione guidata dal Myanmar verso un Myanmar pacifico, stabile e unificato che contribuisca alla pace e alla prosperità della regione.

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Manovre rischiose sul mar Cinese meridionale

Nel corso del 2023 si sono acuite le tensioni sulle acque contese tra Cina e Filippine, mentre il Vietnam prova a mantenersi in equilibrio pur approfondendo le relazioni con gli Stati Uniti. Pechino si muove su Cambogia e Thailandia, che hanno entrambe un nuovo premier

Di Sabrina Moles

“Una comunità marittima dal destino condiviso”. Ed ecco che il motto dell’era Xi Jinping sulla “comunità dal destino condiviso” diventa un messaggio lanciato verso il suo vicinato “di mare”. Un vicinato non certo stabile, e ora più che mai oggetto di attenzione per tutte quelle realtà economiche, politiche e sociali che si affacciano su uno specchio d’acqua di 3,6 milioni di chilometri quadrati che interessa il 60% del commercio marittimo globale. Secondo i dati del Center for Strategic and International Studies (Csis) del 2017, su queste acque transitano beni per un valore di oltre 3,37 triliardi di dollari e altrettante opportunità si nascondono ancora nei fondali: metalli, petrolio, gas. 

Se il Pacifico in generale è oggi uno dei punti più caldi delle dinamiche internazionali il mar Cinese meridionale vi si trova come un vulcano attivo che potrebbe eruttare da un momento all’altro. Con la fine della pandemia sono riprese anche le operazioni di monitoraggio e pattugliamento dell’area che ogni governo porta avanti per tutelare la propria sovranità su una parte di queste acque e ogni confronto – in particolare con le imbarcazioni cinesi – potrebbe accendere la miccia. La diplomazia ha fatto pochi passi avanti per tutelare la libertà di navigazione e saranno gli anni futuri a decidere del destino di queste rivendicazioni.

Nel 2016 la Corte permanente di arbitrato dell’Aia ha respinto le rivendicazioni della Cina, a seguito di una denuncia del governo delle Filippine nel 2013. Da allora anche il processo di ridefinizione dei diritti di passaggio e sfruttamento dei giacimenti naturali ha subito continue interruzioni. Da tempo le nazioni dell’area chiedono il rispetto delle norme contemplate dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos), che non contempla il tipo di sovranità “storica” che Pechino sostiene di avere sul mar Cinese meridionale. Un’area circoscritta dalla cosiddetta “linea a nove tratti” sulle sue mappe che racchiude quelle che la Repubblica popolare considera sue acque.

Dagli anni Novanta i paesi della regione hanno cercato di costruire un dialogo che potesse portare alla definizione di regole condivise. Il progresso più significativo risale al 2002 con la ratificazione di una Dichiarazione non vincolante sulla condotta delle parti (Doc), ma da allora l’idea di un Codice di condotta vincolante (Coc) non è mai decollata veramente. Al margine della ministeriale di luglio 2023 la Cina e i paesi dell’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (Asean) hanno stabilito delle “linee guida comuni” per accelerare i negoziati, azione che riflette un tentativo di ridare slancio all’iniziativa ma che vede ancora divisi i paesi del gruppo. 

L’Indonesia, in qualità di presidente per il 2023, ha ospitato le prime esercitazioni marittime congiunte dell’Associazione in prossimità della linea a nove tratti. Segnali che mettono in difficoltà la Cina, ma non troppo. Nell’Asean, al di fuori di Filippine, Vietnam, Indonesia e Malesia, la questione è meno prioritaria e potrebbe tornare ai margini in vista della presidenza di turno del Laos, un paese molto vicino a Pechino. Il principio del consenso inteso come accordo unanime tra le parti non permette, infatti, l’approdo a una strategia più determinata nei confronti della Cina. 

Le aziende e le forze armate cinesi, nel frattempo, continuano a costruire. La Cina ha già piazzato delle basi militari nelle Spratly, al punto che – secondo quanto riportato dalla marina statunitense, tre di questi isolotti si possono definire completamente militarizzati per la presenza di  sistemi missilistici antinave e antiaerei. 

La presenza di navi cinesi rimane costante e “allarmante”, ha dichiarato Manila in merito alla cifra record di 153 imbarcazioni battenti bandiera cinese situate nei pressi della propria zona economica esclusiva. Secondo quanto dichiarato dalla guardia costiera dei paesi dell’area non sono rari i confronti con le navi cinesi che si addentrano fino a 800 mila miglia nautiche oltre la propria zona di competenza. L’elenco include l’avvicinamento a meno di dieci metri nave tra un peschereccio vietnamita pesca e la marina cinese nel marzo 2023, le due collisioni tra imbarcazioni cinesi e navi filippine di ottobre 2023, il confronto tra navi cinesi e guardia costiera filippina con l’apertura di cannoni ad acqua. Il presidente delle Filippine Ferdinand Marcos ha adottato una politica più aggressiva sulla sicurezza marittima, tornando a rafforzare la cooperazione militare con gli Stati Uniti. 

Sono anche in corso i negoziati per un accordo con Hanoi. Proprio la posizione del Vietnam è quella maggiormente sotto attenzione. Lo scorso settembre è stato ad Hanoi Joe Biden, per una visita definita “storica” e che lo ha portato a essere ricevuto nel quartier generale del Partito comunista vietnamita. I rapporti bilaterali sono stati elevati e i contatti sulle forniture militari si sono approfonditi, col Vietnam che dopo la guerra in Ucraina teme un crescente allineamento tra Cina e Russia, con quest’ultima che fatica a mantenere la sua posizione di fornitore di difesa. Ma attenzione a pensare che Hanoi sia pronta a farsi arruolare da qualcuno. Rispetto alle più assertive Filippine, il Vietnam continua a voler bilanciare la propria posizione, come dimostra la visita di dicembre di Xi Jinping. Un segnale di garanzia importante per Pechino.

Dal lato della Thailandia e della Cambogia, invece, l’approccio alla sicurezza marittima appare più morbido nei confronti del gigante cinese. Convalidata l’ascesa di Hun Manet,  figlio dell’ex primo ministro Hun Sen diventato ufficialmente suo erede dopo le elezioni di luglio, è ora davanti agli occhi degli osservatori una prospettiva di continuità delle relazioni di buon vicinato. I primi segnali sono arrivati con l’interdizione all’accesso dei funzionari statunitensi alla base navale di Ream nel 2021, mentre è di dicembre 2023 la notizia del primo attracco di navi cinesi in una delle strutture militari chiave della regione.

Sul piano militare la Cina ha anche recuperato terreno con la Thailandia, con la quale ha da tempo organizzato delle esercitazioni congiunte. Se nel 2017 gli accordi prevedevano l’organizzazione di un’esercitazione navale, nel 2023 la frequenza degli incontri è salita a tre, includendo operazioni di aria e di terra. Washington ha ridotto la portata della cooperazione militare dal colpo di stato del 2014, creando un vuoto che la Cina ha presto cercato di riempire. 

Il ruolo dei militari nella politica del Sud-Est asiatico

La funzione delle forze armate in campo politico non è monolitica, e le variazioni di questo ruolo sono chiaramente evidenti nel contesto del Sud-Est asiatico

Di Aniello Iannone

Per diversi paesi del Sud-Est asiatico, tra cui l’Indonesia e il Myanmar, il ruolo dei militari nella politica interna è stato uno degli elementi più significativi nello sviluppo della storia politica della regione. La storia dell’Indonesia è un esempio eloquente, con un regime militare al potere per diverse decadi nella seconda metà del XX secolo che alla fine ha attraversato un processo di transizione verso la democrazia alla fine degli anni ’90. Anche la Thailandia rappresenta un esempio di un paese in cui i militari hanno influenzato cambiamenti costituzionali per inserirsi nel processo decisionale politico. Ciò ha creato una dinamica politica unica nel Paese, con i militari che svolgono un ruolo di rilievo nella politica nazionale. D’altro canto, ci sono Paesi come il Myanmar, dove i militari hanno tendenzialmente utilizzato anche la forza e l’interferenza nei processi decisionali nazionali. 

L’indonesia e il ruolo dei militari 

L ‘Indonesia ha dichiarato la propria indipendenza alla fine del dominio coloniale olandese e dell’occupazione giapponese nel 1945. Da allora, il Paese ha attraversato una serie di eventi di riforma e trasformazione significativi, inclusi gli sviluppi delle forze armate. Le Forze Armate Nazionali Indonesiane (Tentara Nasional Indonesia, TNI), precedentemente conosciute come ABRI (Angkatan Bersenjata Republik Indonesia), sono state istituite nel 1945 con il compito primario di proteggere e difendere la nazione. Questo ruolo è stato di fondamentale importanza durante la lotta per l’indipendenza contro l’invasione olandese dopo che il Giappone lasciò il paese sconfitto durante la seconda guerra mondiale. Durante questo periodo, è stato enfatizzato il ruolo della TNI, e i leader militari di alto livello hanno sottolineato l’importanza della TNI nella resistenza all’invasione olandese. Questa situazione ha gettato le basi per l’indottrinamento e il coinvolgimento militare-civile nella politica indonesiana.

Tuttavia, quando la TNI fallì nel ottenere un ruolo soddisfacente in linea con le sue aspirazioni nella politica indonesiana sotto la guida di Soekarno, una crisi politica ed economica che negli anni ’50 durante la “democrazia guidata” di Soekarno colpì l’Indonesia, fù un’opportunità per i militari per prendere un’azione per essere coinvolti nella politica indonesiana. Questi eventi si sono verificati contemporaneamente a una serie di tensioni tra militari, gruppi musulmani radicali, la ribellione del Partito Comunista Indonesia (PKI), tensioni anche dovute dalal crisi economica dovuta a politiche economiche inadeguate di Soekarno La situazione ha raggiunto l’apice nel colpo di stato guidato da Soeharto il 30 settembre 1965, che successivamente ha assunto la presidenza nel 1968.

Le principali conseguenze degli eventi del 1965, oltre al genocidio ed eliminazione del PKI, vide l’instaurazione di un regime autoritario dal 1965 al 1998. L’era Soeharto, spesso chiamata Ordine Nuovo, è un esempio di regime autoritario stabilito attraverso un colpo di stato militare. È importante considerare il ruolo significativo svolto dalle forze armate fino alla caduta di questo regime e durante il periodo iniziale della “reformasi”, che fa riferimento al movimento di riforma che è seguito alle dimissioni di Soeharto. Le TNI, conosciute come ABRI (1959-2000), hanno giocato un ruolo chiave come colonna portante dello stato essendo fino alla caduta del regime la più grande organizzazione politica del paese. In Indonesia, l’ABRI ha avuto una forte connessione ideologica basata sul suo coinvolgimento negli affari civili dello stato. Il concetto di “dwifungsi” (doppia-funzione)  si riferisce all’applicazione militare nei settori propri militare a quelli più appartenenti all’apparato burocratico dello stato, ha svolto un ruolo cruciale nei regimi come quello sotto Soeharto in Indonesia, con effetti ancora ben presenti nell’Indonesia contemporanea. 

Il regime politico-militare in Thailandia 

Il ruolo militare nella storia politica della Thailandia è stato un elemento cruciale sin dalla fine della monarchia assoluta nel 1932. Il paese ha vissuto una serie di colpi di stato militari e tensioni politiche che hanno influenzato il percorso della democrazia in questa nazione.

Un periodo significativo nella politica thailandese è stato quando Thaksin Shinawatra salì al potere alla fine degli anni ’90. In quegli anni la Thailandia  fù contrassegnata da una brusca diminuzione dei livelli di democratizzazione anche dovuti alla crisi  finanziaria del 1998 e la vittoria del partito Thai Rak Thai, guidato da Thaksin, nelle elezioni del 2001. Questa vittoria ha creato divisioni sociali che hanno scatenato conflitti tra gruppi pro-monarchia, come la People’s Alliance for Democracy (PAD), e gruppi pro-democrazia, come la United Front for Democracy Against Dictatorship (UDD). Le tensioni politiche hanno portato al primo colpo di stato militare nel 2006, che ha visto l’intervento diretto dei militari per fermare il processo elettorale che avrebbe riportato Thaksin al potere. Questi conflitti sociali hanno ostacolato la stabilità politica e le elezioni per diversi anni. Solo nel 2011, attraverso un accordo tra i gruppi anti-regime, i militari e la monarchia, Yingluck Shinawatra, sorella di Thaksin, è diventata primo ministro. La crisi politica del 2013-2014, comprese le proteste anti-governative Shinawatra e l’emergere di movimenti come il People’s Democratic Reform Committee (PDRC) a favore della monarchia, ha portato allo scioglimento del parlamento e a elezioni anticipate. Tuttavia, le elezioni non si sono svolte a causa del colpo di stato militare del National Council for Peace and Order (NCPO), guidato dal Generale Prayuth Chan-o-Cha. La Thailandia è rimasta sotto un regime militare  fino al 2019.

È importante notare che il colpo di stato del 2014 è stato diverso da quello del 2006 a causa del forte coinvolgimento militare nel governo e dei cambiamenti costituzionali del 2017 che hanno conferito notevoli vantaggi ai militari nelle elezioni del primo ministro. Ciò riflette l’evoluzione del ruolo militare nel processo politico della Thailandia. Questo ruolo significativo dei militari è ancora evidente nelle elezioni generali del 2019 e del 2023, dove la selezione del Primo Ministro continua a dipendere dal Senato, composto da membri non eletti direttamente, molti dei quali provengono dalle forze armate e dalla polizia. Ciò riflette la persistenza del forte ruolo militare nella politica thailandese e la complessità del panorama politico in questo Paese.

Il regime militare in Myanmar

L’analisi dello sviluppo politico ed economico in Myanmar rivela un quadro complesso e interessante meritevole di approfondimento. Dal colpo di stato del 1962, durante il quale il governo di U Nu fu rovesciato dai militari, l’azione fu vista come una risposta alle politiche economiche di U Nu considerate un tradimento dei principi socialisti. Questa valutazione deriva dalla percezione che le misure economiche adottate dal governo di U Nu fossero in contrasto con i fondamenti ideologici del regime, basati sul socialismo che portò il  Myanmar attraversò una trasformazione politica basata su un  regime monopartitico controllato dai militari.

Durante questo periodo, i militari svolsero un ruolo significativo nel controllo degli aspetti economici del paese. Oggi, la storia politica di Myanmar si è ulteriormente complicata con una serie di eventi che hanno lasciato il paese indietro, sia in termini di sviluppo che di partecipazione politica,  rispetto al resto del sud-est asiatico.

L’instabilità politica e una serie di colpi di stato militari sono stati fattori che hanno ostacolato il processo di sviluppo economico in Myanmar. Tuttavia, la lente attraverso cui osservare la lentezza di questo sviluppo dovrebbe essere più ampia, includendo la comprensione del perché vi sia un intervento militare. Il confronto con la Thailandia offre un’interessante analogia. Nonostante entrambi abbiano subito lo stesso numero di colpi di stato, la Thailandia ha sperimentato uno sviluppo economico molto più robusto rispetto a Myanmar.

Il ruolo dei militari nei due paesi ha dinamiche differenti. In Thailandia, il ruolo militare è passato da “custode” a “governante”, soprattutto dopo il colpo di stato e le elezioni del 2019. Al contrario, in Myanmar, i militari mantengono una posizione di “pretorianesimo”, specialmente dopo il 2011 e il colpo di stato del 2021. Questo indica un intervento diretto dei militari nei processi politici e nello sviluppo del paese. Queste condizioni non sono influenzate solo dal ruolo militare, ma anche dal significativo contributo delle élite, in particolare durante il governo di Aung San Suu Kyi. Questo governo riflette un fallimento in vari aspetti delle politiche politiche interne di Myanmar, soprattutto riguardo alle gravi questioni di genocidio coinvolgenti l’etnia Rohingya.

Conclusione 

Il ruolo militare nella gestione dei regimi, in particolare nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale, è stato il focus principale nell’analisi politica teorica. È importante notare che il ruolo militare non è monolitico, e le variazioni di questo ruolo sono chiaramente evidenti nel contesto del Sud-Est asiatico. Ad esempio, in Indonesia e in Thailandia, le forze armate non solo svolgono il ruolo di mantenitori della sicurezza, ma agiscono anche come governatori  (Thailandia) o semi-governatori. Nel contempo, in Myanmar, il ruolo militare è puramente di natura praetoriana, manifestando una propensione a preservare lo status quo senza alcun dialogo sostanziale con l’opposizione. Questa decisione riflette una determinazione forte di mantenere la politica in linea con la visione e gli interessi detenuti dalle forze armate di Myanmar.

ASEAN, meno povertà e più uguaglianza

I Paesi membri dell’Associazione continuano a registrare passi avanti sugli obiettivi dell’agenda 2030

L’Agenda 2030 dell’ASEAN per lo sviluppo sostenibile si propone di porre fine alla povertà in tutte le sue forme ovunque e di ridurre le disuguaglianze all’interno dei Paesi e tra di essi. I progressi verso questi obiettivi possono essere monitorati, tra l’altro, esaminando la misura in cui i Paesi membri dell’ASEAN riducono l’incidenza della povertà e la disuguaglianza di reddito. La povertà viene definita come l’incapacità di soddisfare uno standard di vita minimo, mentre la disuguaglianza si riferisce alle disparità in un’ampia gamma di aree, che includono non solo il reddito e la ricchezza, ma anche l’istruzione, la salute e l’alimentazione, tra gli altri. Gli ultimi dati disponibili indicano che la maggior parte dei Paesi membri dell’ASEAN ha sperimentato una diminuzione dell’incidenza della povertà. La Repubblica Democratica del Laos e le Filippine hanno assistito a un calo significativo dei loro tassi di povertà, scendendo dal 24,0% al 18,3% nel 2018 e dal 23,5% nel 2016 al 18,1% nel 2021. Un calo significativo è stato registrato anche dal Vietnam con il tasso di povertà che si è attestato al 4,2% nel 2022. Allo stesso modo, anche Indonesia e Thailandia hanno registrato

un calo dei loro tassi di povertà, raggiungendo rispettivamente il 9,5% (2022) e il 6,8% (2020). D’altra parte, il tasso di povertà nazionale della Cambogia è invece aumentato dal 13,5% del 2016 al 21,5% del 2021. Importanti passi avanti hanno portato a un miglioramento anche sul fronte dell’uguaglianza dei redditi nella maggior parte degli Stati membri dell’ASEAN. La Thailandia ha ridotto con successo il suo indice di Gini da 0,49 nel 2010 a 0,43 nel 2021. Allo stesso modo, anche il Vietnam e la Cambogia hanno compiuto progressi significativi, con una diminuzione da 0,43 nel 2010 a 0,38 nel 2022 e da 0,34 nel 2010 a 0,29 nel 2017. Anche Thailandia, Malesia e Singapore hanno registrato una riduzione della disuguaglianza di reddito, anche se a un ritmo più lento. Filippine e Singapore hanno registrato il più alto livello di disuguaglianza di reddito ma anche per loro il livello si è nettamente abbassato negli ultimi anni. L’ASEAN guarda al 2030 con sempre maggiore fiducia.

Qui il report integrale sui dati del 2023 dell’ASEAN

ASEAN e Cina: il legame resta profondo

Il Sud-Est asiatico e Pechino sono legati da profondi intrecci commerciali. E questo non cambierà nemmeno nel 2024

Articolo di Lorenzo Riccardi

Ad ottobre 2023, l’Indonesia ha inaugurato la sua prima rete ferroviaria ad alta velocità, con un viaggio del presidente Joko Widodo sul bullet train tra la capitale Jakarta e la città di Bandung. Un investimento da 7.3 miliardi di dollari per una rotta di 140 chilometri costruita da aziende cinesi e indonesiane che permette di viaggiare alla velocità di punta di 350 chilometri all’ora, facilitando il commercio e la logistica nella regione.

A novembre 2023 è stato lanciato il primo treno passeggeri ad alta velocità che collega la città di Pechino, capoluogo cinese, e Vientiane, capitale del Laos.

Si tratta di un lungo itinerario turistico sulla ferrovia Cina-Laos che si aggiunge alle rotte tra la provincia dello Yunnan e la regione ASEAN inaugurate nei due anni precedenti. Un progetto simbolo delle relazioni tra il Sud-Est asiatico e la Repubblica Popolare Cinese che fa parte dell’iniziativa Belt and Road, con l’obiettivo di promuovere il movimento di persone e beni tra la Cina meridionale e il Sud-Est dell’Asia. 

Queste infrastrutture sono parte di un progetto più grande che porterà a collegare con 5.500 chilometri di rete ad alta velocità Pechino con Singapore attraverso Laos, Thailandia, Malaysia e collegando le capitali Vientiane, Bangkok, Kuala Lumpur e Singapore per promuovere la logistica della regione, il commercio e il turismo.

L’iniziativa Belt and Road, da cui Roma è da poco uscita, comprende in Asia 42 delle 49 nazioni del continente e tutti e dieci i paesi del Sud-Est asiatico, dal Brunei all’Indonesia.

Per la Cina la regione ASEAN occupa una posizione geopolitica fondamentale, fungendo da crocevia per le principali rotte marittime e attirando l’interesse di ogni potenza globale. 

Dal punto di vista economico, il prodotto interno lordo aggregato della regione supera 3.600  miliardi di dollari, trainato da una crescita tra le più elevate: 4,2 per cento nel 2023 e 4,6 per cento nel 2024 in base alle stime del Fondo Monetario Internazionale (FMI).

Il ruolo del Sud-Est asiatico nelle catene globali di approvvigionamento, le ricche risorse naturali e gli accordi commerciali evidenziano l’importanza strategica della regione, mentre lo sviluppo delle infrastrutture e le iniziative di connettività ne aumentano la rilevanza globale.

Secondo le stime del FMI dell’outlook di ottobre, la Cina registrerà una crescita al 5 per cento nel 2023 e al 4,2 per cento nel 2024, mentre si osservano variazioni nei trend del PIL per i paesi dell’ASEAN con Cambogia, Filippine, Indonesia e Vietnam che presentano i tassi di crescita più alti per il biennio 2023-2024.

Brunei è l’economia minore della regione e mostra un calo dello 0,8 per cento nel 2023, con una notevole ripresa al 3,5 nel 2024, indicando un’inversione di tendenza. La Cambogia registra la migliore performance, con un aumento del prodotto interno lordo pari al 5,6 per cento nel 2023 e un ulteriore incremento del 6,1 per cento nel 2024.

Le Filippine, prevedono una variazione del 5,3 per cento nell’anno in corso, e un ulteriore aumento al 5,9 per cento nel 2024, confermando la maggior crescita nel Gruppo ASEAN-5 dei cinque paesi a maggior popolazione e PIL.

Indonesia e Laos mantengono un trend costante, con Jakarta al +5 per cento sia per il 2023 che per il 2024 e Vientiane al 4 per cento nel biennio. La Malaysia mostra dati incrementali al 4 per cento nell’anno corrente e al 4,3 per cento per il prossimo anno.

Per la Birmania si stima un aumento del 2,6 per cento sia nel 2023 che nel 2024, mentre per Singapore che ha il maggior PIL pro capite si valuta un’espansione al 1 e al 2,1 per cento nel biennio 2023-2024.

Infine, il Fondo Monetario Internazionale prevede un aumento graduale nei due anni per la Thailandia, con una crescita del 2,7 e 3,2 per cento; il Vietnam, tra le grandi economie della regione, registra il maggior delta con PIL + 4,7 per cento nel 2023 e una proiezione del 5,8 per cento nel 2024.

ASEAN e Pechino crescono oltre la media globale che si ferma al +3 per cento nel 2023 e 2,9 per cento nel prossimo anno. 

La Cina ha nel Sud Est Asiatico il suo primo partner commerciale con 826 miliardi di dollari di scambi a novembre 2023, sopra al volume di import ed export aggregato registrato da Pechino con Unione Europea (716 miliardi di dollari) e Stati Uniti (607 miliardi di dollari) nei primi undici mesi dell’anno. 

Kuala Lumpur, che ha appena siglato accordi per mutua esenzione da visto di ingresso con la Cina è il maggior esportatore con 94 miliardi di dollari nei dati delle dogane cinesi di novembre (quasi quattro volte il volume dell’export italiano verso la Cina che si attesta a 24,9 miliardi di dollari) mentre Hanoi è il maggior importatore di prodotti cinesi con circa 124 miliardi di dollari.

Per promuovere la partnership nel commercio, la Cina e l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico hanno firmato una serie di accordi sulla cooperazione economica con moltissimi trattati bilaterali e multilaterali siglati negli ultimi 20 anni.

-Accordo quadro sulla cooperazione economica globale tra ASEAN e Cina: Firmato nel 2002, questo accordo è servito come fondamento per la cooperazione economica tra Pechino e i paesi membri dell’ASEAN. Ha delineato i principi e le aree di collaborazione, inclusi il commercio, gli investimenti e l’integrazione economica.

-Area di libero scambio ASEAN-Cina (ACFTA): Implementata in diverse fasi tra il 2005 e il 2010, l’ACFTA ha promosso la creazione di un’area di libero scambio tra la Cina e l’ASEAN con la riduzione o l’eliminazione dei dazi su una vasta gamma di beni, favorendo maggiori flussi commerciali.

-Accordo sul commercio di beni e sulla cooperazione economica globale tra ASEAN e Cina: Firmato nel 2004, questo accordo ha introdotto disposizioni specifiche per la riduzione e l’eliminazione dei dazi su vari beni scambiati tra la Cina e i paesi dell’ASEAN.

-Accordo sugli investimenti ASEAN-Cina: Firmato nel 2009, mira a promuovere i flussi di investimenti bilaterali stabilendo un quadro per la protezione e la facilitazione degli investimenti.

-Protocollo di aggiornamento dell’Area di libero scambio ASEAN-Cina: Firmato nel 2015, questo protocollo ha potenziato ulteriormente le relazioni commerciali tra la Cina e l’ASEAN con riduzioni tariffarie e affrontando questioni legate al commercio di beni, servizi e agli investimenti.

-Protocollo di modifica dell’Accordo quadro sulla cooperazione economica globale tra ASEAN e Cina: Firmato nel 2015 con l’obiettivo di approfondire l’integrazione economica affrontando questioni quali le procedure doganali, le regole dei certificati di origine e la facilitazione del commercio.

-Accordo di libero scambio ASEAN-Hong Kong, Cina: in vigore dal 2019.

-Partenariato Economico Globale Regionale: (RCEP, Regional Comprehensive Economic Partnership) entrato in vigore nel 2022 è un accordo di libero scambio multilaterale nella regione dell’Asia-Pacifico. È considerato uno dei più grandi accordi commerciali al mondo in quanto coinvolge un vasto numero di Paesi: i 10 membri dell’ASEAN e i loro sei partner commerciali: Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda e India.

L’ASEAN si avvicina anche all’Africa

Non solo Europa, Americhe e Golfo. Il Sud-Est asiatico rafforza i legami anche col continente africano

L’ASEAN e il Sudafrica hanno svolto lo scorso 30 novembre, presso la sede centrale dell’ASEAN, la riunione inaugurale del Comitato congiunto di cooperazione settoriale ASEAN-Sudafrica (ASA-JSCC). L’incontro ha segnato il lancio del primo partenariato formale di dialogo settoriale del continente africano e realizza così l’espansione delle relazioni esterne dell’ASEAN a tutti i continenti del mondo. I Ministri degli Esteri dell’ASEAN hanno conferito lo status di partner di dialogo settoriale al Sudafrica in occasione del 56° incontro dei ministri degli Esteri dello scorso luglio a Giacarta. La riunione della scorsa settimana ha adottato il mandato dell’ASA-JSCC e ha deliberato su diverse aree di cooperazione futura. Sul fronte economico, l’incontro ha incoraggiato il Sudafrica a esplorare la cooperazione pratica in aree di reciproco interesse e beneficio, tra cui il commercio e gli investimenti, il partenariato pubblico-privato, il rafforzamento delle micro, piccole e medie imprese, il turismo, i trasporti, l’energia, il settore dei minerali critici e le risorse minerarie, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, la sicurezza alimentare, l’industria halal, l’agricoltura sostenibile, l’economia blu, l’economia digitale, la pesca, l’acquacoltura e la silvicoltura, la ricerca e l’innovazione, nonché la scienza e la tecnologia. L’incontro ha inoltre preso atto delle quattro priorità chiave del partenariato economico che l’ASEAN vorrebbe portare avanti con il Sudafrica, ovvero (1) il rafforzamento dell’integrazione del mercato dell’ASEAN; (2) la sostenibilità e la decarbonizzazione; (3) la trasformazione digitale; e (4) l’inclusività dei sistemi economici e scambi people-to-people. Per quanto riguarda la sfera socio-culturale, si intende esplorare la cooperazione nei settori della salute, dell’emancipazione femminile, dell’istruzione e del cambiamento climatico, ma anche  intensificare gli sforzi per migliorare i contatti interpersonali attraverso programmi di scambio che coinvolgano giovani, studenti, media e artisti, nonché programmi di borse di studio. Entrambe le parti hanno inoltre concordato di sviluppare le Aree di cooperazione pratica ASEAN-Sudafrica, che serviranno come quadro di riferimento per raggiungere gli obiettivi condivisi e le relative priorità nei prossimi anni. Lo sviluppo è molto significativo perché testimonia la rafforzata interconnessione tra l’ASEAN e diverse aree del mondo con ampio potenziale di crescita, Africa compresa.

Verso una strategia italiana per l’Indo-Pacifico

L’Italia si muove per formalizzare il proprio impegno nella regione

Editoriale a cura di Gabriele Abbondanza, Università di Madrid e Università di Sydney

L’Italia è sempre più vicina all’Indo-Pacifico. A dispetto della distanza geografica e di importanti sfide prossime ai confini, Roma potrebbe formulare una strategia italiana per l’Indo-Pacifico, rafforzando così i legami con questa macro-regione.

Come evidenziato dalle più recenti ricerche, l’Italia si avvicina all’Indo-Pacifico da circa 20 anni. Nel frattempo molto è cambiato: le economie della regione crescono a ritmi invidiabili, dispute territoriali si sono manifestate in molte regioni – il Mar Cinese Meridionale è emblematico – e la crisi economica e la pandemia da COVID-19 hanno sottolineato le fragilità della comunità internazionale.

Ciononostante, l’Italia ha continuato a perseguire il proprio “approccio informale” all’Indo-Pacifico. Gli interscambi commerciali sono aumentati di più di un sesto in 10 anni, e quelli relativi al comparto della difesa di quasi il 45%. La collaborazione strategica ha rinsaldato l’addestramento congiunto, la difesa del diritto di navigazione e sorvolo, l’interoperabilità, e i progetti strategici (si pensi a IPOI, GCAP, e IMEC, tra i vari esempi). Infine, Roma ha stretto partnership con numerosi attori chiave della regione, inclusi PIF, Vietnam, Corea, IORA, ASEAN, Emirati Arabi, Giappone e India. 

Dati i tempi indubbiamente maturi, l’Italia si sta muovendo per formalizzare il proprio impegno. Tale potenziale strategia, attualmente in fase di discussione, razionalizzerebbe l’approccio italiano, ufficializzandolo a beneficio degli alleati europei e nordamericani e dei partner dell’Indo-Pacifico, e garantirebbe la costanza di tale impegno anche in futuro.

Questo percorso ha avuto inizio con la creazione di un Comitato Indo-Pacifico presso la Commissione Esteri della Camera dei Deputati, grazie agli sforzi dell’On. Paolo Formentini, sostenuto in questo ambito anche da rappresentanti dell’opposizione come l’On. Lia Quartapelle Procopio. Le attività del Comitato – cui ho avuto il piacere di contribuire con l’audizione inaugurale – garantiranno il parere di esperti a supporto dei dibattiti parlamentari.

Altri eventi a supporto di una strategia italiana – di natura inclusiva, multilaterale, e rispettosa delle molte sensibilità esistenti – includono un convegno al Senato che ha visto il Sen. Francesco Giacobbe, l’On. Formentini, il sottoscritto, la Dott.ssa Karolina Muti, e il Dott. Alessio Piazza esporre i benefici di tale obiettivo ad un pubblico di esperti. Gli ambasciatori presenti, in particolare, hanno sottolineato l’importanza di una strategia italiana con queste caratteristiche per le relazioni con l’Indo-Pacifico.

La strada è ancora lunga e diversi sono gli sviluppi che potrebbero distrarre l’attenzione del governo, che ha sempre l’ultima parola in tema, tuttavia i presupposti sono favorevoli ed è dunque con cauto ottimismo che possiamo guardare al futuro dei rapporti dell’Italia con l’Indo-Pacifico.

Le PMI dell’ASEAN nell’economia circolare

Considerando che le PMI sono la spina dorsale delle economie ASEAN, costituendo l’85% dell’occupazione e contribuendo per il 44,5% al PIL della regione, il loro ruolo risulta cruciale per la transizione energetica

Di Sibeles Chiari

Più che un semplice modello di produzione, l’economia circolare potrebbe presentarsi come una strategia di sopravvivenza mirata a frenare la deriva distruttiva dell’ecosistema terrestre. Si tratta di un sistema produttivo alternativo a quello del “take-make-dispose” in quanto si basa sui concetti di riduzione, riutilizzo e riciclaggio delle risorse impiegate nel ciclo di vita del prodotto. Quindi, che il futuro del business debba essere circolare è una condicio sine qua non per mantenere il pianeta vivibile. Assodati i benefici che l’ambiente e la salute dell’uomo ne ricaverebbero, il passaggio all’economia circolare presenta anche una serie di opportunità economiche, dalla creazione di posti di lavoro, allo sviluppo di industrie sostenibili e allo stimolo dell’imprenditorialità. Considerando che le PMI sono la spina dorsale delle economie ASEAN, costituendo l’85% dell’occupazione e contribuendo per il 44,5% al PIL della regione, il loro ruolo risulta cruciale per la transizione verso l’economia delle “3 R”. Coinvolgendo le PMI nelle strategie nazionali, questi Paesi possono affrontare le sfide ambientali, favorire la crescita economica e la competitività in un mercato globale sempre più attento alla sostenibilità. Per la riuscita di questa transizione, le PMI dovranno sempre più focalizzarsi sullo sviluppo di nuovi prodotti o servizi che contribuiscano alla mitigazione e all’adattamento climatici e alla riduzione dei rifiuti generati. Proprio per il fatto che le PMI sono un agente vitale verso la decarbonizzazione, alcuni Paesi ASEAN come Cambogia, Malesia e Myanmar, hanno già stabilito obiettivi di stampo qualitativo mirati a fornire informazioni, sviluppo di capacità e sostegno finanziario e tecnologico per l’adozione di pratiche e tecnologie industriali verdi. Preme ricordare che, l’area geografica in questione ricopre una posizione importante per le dinamiche internazionali, specie in seguito ai cambiamenti degli equilibri geoeconomici degli ultimi tempi, essendo la terza area più popolosa del mondo con un PIL che aumenta del 4-5% annuo e con un ruolo sempre più significativo nella supply chain globale. In effetti, oltre all’aspetto ambientale ed economico, il passaggio a un’economia circolare nei Paesi ASEAN è guidato da una combinazione di fattori geopolitici, politici e di riconoscimento della tendenza globale verso la sostenibilità. Tendenza che si concretizza nel Forum Globale sulla Economia Circolare (WCEF), ovvero uno dei principali eventi al mondo dedicato al progresso della circolarità che riunisce leader aziendali, politici ed esperti per presentare le migliori soluzioni di economia circolare del mondo volte ad affrontare le crisi planetarie. A livello regionale, l’ASEAN ha compiuto passi significativi per promuovere la collaborazione sulla transizione all’economia circolare. Ne sono un esempio le seguenti iniziative: il Quadro per l’Economia Circolare per la Comunità economica dell’ASEAN (2021), integrato da un Piano di attuazione e da un Programma di lavoro; il Quadro per il Consumo e la Produzione sostenibili dell’ASEAN (2022); la Piattaforma delle parti interessate all’economia circolare (2023); infine, le Linee guida sul cambiamento climatico per le PMI (2023). Definire soluzioni che aumentino la resilienza delle PMI rispetto ai cambiamenti climatici e accelerare il passaggio ad una crescita sostenibile sono alla base degli sforzi a livello regionale, come lo ha enfatizzato il primo forum dell’ASEAN sulla Economia Circolare tenutosi l’8-9 novembre 2023 a Giacarta che ha riunito rappresentanti del mondo politico, imprenditoriale, accademico e del terzo settore. Come si può notare, si tratta di iniziative alquanto recenti verso le quali sforzi congiunti di vari stakeholders si stanno concentrando per spingere la transizione alla circular economy e creare sinergie tra di esse. I tentativi di innovare l’intero processo produttivo arrivano anche dal basso. Di fatto, negli ultimi tempi sono nate varie imprese sociali, come Bambuhay (Filippine) che produce cannucce e spazzolini da denti in bambù per sostituire i prodotti in plastica, o CoFarm (Laos) piattaforma agricola che mette in contatto gli agricoltori urbani direttamente con i ristoranti, rivoluzionando la catena di approvvigionamento di verdure fresche. O ancora, Rubysh (Indonesia) che ha utilizzato centinaia di kg di rifiuti come materiale di ricambio per i gioielli. Infine, per elencare un’ulteriore azienda tra le tante esistenti, MoreLoop (Thailandia) vende tessuti in eccedenza che altrimenti andrebbero sprecati e, mediante l’upcycling, prende i tessuti in eccesso e li trasforma in prodotti nuovi, dando loro una seconda vita quindi riducendo l’impatto ambientale. In conclusione, ciò che forse da più speranza e ottimismo, al di là di tutte le iniziative politiche, è proprio la forte ascesa di una nuova generazione di imprenditori appassionati e orientati ai principi green, e seriamente intenzionati a cambiare la rotta dell’economia mondiale, quindi le sorti del nostro pianeta.

Italia e ASEAN, Partenariato sempre più forte

Alla Farnesina nuovo incontro di alto livello con la leadership del blocco dei Paesi del Sud-Est asiatico

Editoriale di Maria Tripodi, Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale

Il 7 dicembre ho ricevuto alla Farnesina il Vice Segretario Generale dell’ASEAN, Michael Tene. Il colloquio si inserisce nell’ambito della costante collaborazione del nostro paese con l’ASEAN per l’attuazione del Partenariato di Sviluppo avviato alla fine del 2020.  In poco più di tre anni, il nostro Partenariato con l’ASEAN ha fatto registrare significativi risultati, permettendo di realizzare molteplici iniziative di formazione a favore dei Paesi del Sud-Est asiatico in un’ampia gamma di settori strategici: dalla sicurezza all’ambiente, e dalla tutela del patrimonio culturale allo sviluppo sostenibile. Con il Vice Segretario Generale Tene ho rinnovato il comune impegno ad arricchire il Partenariato di nuove progettualità – molte delle quali già oggetto di negoziato con il Segretariato e gli Stati membri -, con una modalità di ownership condivisa e in ambiti di comune interesse. Tra questi, molti campi essenziali per la stabilità e la sicurezza degli Stati nella realtà contemporanea: cybercrime, lotta al crimine transnazionale, promozione della legalità, spazio, sicurezza alimentare, transizione energetica, prevenzione e gestione dei disastri naturali. Ciò nella consapevolezza che solamente insieme si potranno affrontare in modo efficace le crescenti minacce alla pace, alla tutela dell’ordine internazionale basato sulle regole e allo sviluppo sostenibile, alimentate anche dal moltiplicarsi dei teatri di crisi nel mondo. L’ASEAN rappresenta infatti un modello di integrazione regionale in una posizione geo-strategica chiave per il mantenimento della pace e di una prosperità condivisa nell’Indo-Pacifico. In tale contesto, l’Italia è pronta a collaborare con la prossima Presidenza laotiana dell’ASEAN, incentrata sui temi della connettività e della resilienza, con l’auspicio che il Paese possa mettere a frutto gli importanti risultati ottenuti dall’attuale Presidenza indonesiana, soprattutto in materia di integrazione regionale e di investimenti. Confidiamo che il Laos assicuri continuità anche agli sforzi compiuti dall’Indonesia nella gestione della grave crisi che da quasi tre anni affligge il Myanmar, dopo il colpo di Stato del 1° febbraio 2021, con possibili ripercussioni sulla stabilità dell’area.