Elezioni nelle Filippine: gli sfidanti e i temi del voto

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Lunedì 9 maggio, l’arcipelago del sud-est asiatico sceglie il suo nuovo presidente. Alcune informazioni per capire la sfida elettorale e le sfide che attendono la leadership entrante.

Manca poco al giorno delle elezioni nelle Filippine. Il 9 maggio i cittadini votano per le presidenziali, oltre a esprimere la preferenza per legislatura ed esecutivo a livello nazionale e provinciale. Una sfida che vede soprattutto i cinque candidati per la presidenza protagonisti di una fase complessa per il destino dell’arcipelago. Tra i fattori che erediterà la nuova dirigenza: sei anni di amministrazione Duterte segnati dalla lotta alla criminalità senza compromessi, l’emergenza Covid-19, il rallentamento dell’economia e una crescente instabilità geopolitica nel Pacifico. Come vengono trattati questi temi oggi, quali misure verranno effettivamente prese dal nuovo governo, sarà decisivo per il futuro dei suoi cittadini e dell’ASEAN. Lo stesso presidente uscente, Rodrigo Duterte, non parteciperà al summit USA-ASEAN del 12-13 maggio a Washington per “non prendere posizioni che potrebbero risultare inaccettabili alla nuova amministrazione”.

Sfide e opportunità 

Il nuovo corso degli eventi non potrà prescindere da quelli che sono i temi del momento. Il nuovo presidente ha solo un mandato a disposizione per agire nei confronti degli elettori e preparare la strada per favorire la continuità delle riforme. Tra questi, proprio l’immobilità della classe politica rimane una delle maggiori preoccupazioni per la salute della democrazia filippina: qualsiasi carriera importante ha radici nel network di conoscenze (fino al nepotismo e all’esistenza di vere e proprie dinastie politiche) e nella corruzione. Da qui una certa frustrazione e disillusione nei confronti della classe politica, poiché la percezione generale è che chi possiede denaro e contatti ha già in mano un grande potere sulla politica locale e nazionale. Secondo il Corruption perception index del 2021, l’81% dei filippini pensa che la corruzione sia un serio problema interno all’élite politica del paese, mentre il 19% dei funzionari pubblici avrebbe ricevuto almeno una volta all’anno delle tangenti. 

A questo clima socio politico si aggiunge il problema sempre più grave della disinformazione. La famiglia dell’ex dittatore Marcos e dell’attuale candidato Ferdinand ‘Bongbong’ Marcos Jr., per esempio, ha lavorato assiduamente per “ripulire” la propria immagine. Oggi i social media offrono un’ampia varietà di contenuti propagandistici su Marcos Jr., o inneggiano a un passato glorioso attraverso gli inni e i simboli del regime del 1965. Quasi l’intera popolazione è esposta all’informazione su Facebook, YouTube e TikTok e la maggior parte di questi utenti sono giovani nati negli anni successivi alla caduta dell’autocrate (1986). Gli stessi giovani che, oggi, costituiscono un terzo dell’elettorato.

Una ricerca pubblicata da Publicus Asia segnala, inoltre, che il 51% dei rispondenti ritiene la campagna vaccinale e la crisi economica post-Covid i due principali problemi delle Filippine. Secondo gli ultimi dati sulla pandemia, i casi sono stabili e le vaccinazioni sembrano procedere di buon passo (il 74,3% della popolazione vaccinabile ha ricevuto almeno due dosi). Per quanto riguarda l’economia, le stime della Asia Development Bank (ADB) prevedono un trend positivo di crescita al 6% per il 2022, ma la guerra in Ucraina e i rallentamenti lungo le catene di approvvigionamento (soprattutto a causa del lockdown cinese) potrebbero cambiare le carte in tavola.

Ma le elezioni del 2022 potrebbero essere decisive anche per il futuro della politica estera filippina. Situate in un contesto geografico sempre più teso tra Cina e Stati Uniti, le Filippine sono da tempo combattute tra i vantaggi della partnership commerciale con Pechino e l’assertività delle sue navi nel mar Cinese meridionale. Se Marcos Jr. vincesse le elezioni, in molti ritengono ci si possa aspettare un allineamento verso la Repubblica popolare. Da un punto di vista dei valori alla base della sua campagna elettorale, invece, Leni Robredo otterrebbe un supporto maggiore dagli Usa nella sua lotta alla sopravvivenza delle istituzioni democratiche nel Sud-Est asiatico.

Chi sono i candidati

I candidati alle elezioni presidenziali nelle Filippine sono cinque, ma secondo i sondaggi il testa-a-testa decisivo sarà tra Ferdinand ‘Bongbong’ Marcos Jr. e Maria Leonor “Leni” Gerona Robredo. I due si trovano ancora una volta rivali davanti all’elettorato, che li aveva visti correre per la vicepresidenza nel 2016, quando Robredo vinse con solo lo 0,34% di vantaggio contro Marcos.

Il primo, come anticipato, è figlio del dittatore che ha guidato il Paese per oltre vent’anni (1965-1986) – undici dei quali imponendo la legge marziale. Lo spettro di Marcos padre non oscura la fama del figlio: per molti, al contrario, i Marcos rappresentano un’istituzione. A favorirlo potrebbe essere il nord (la regione di Ilocos Norte è storicamente considerata il “feudo” dell’ex famiglia presidenziale, e proprio lì si è consolidata la carriera politica di Marcos Jr.), che anche nel 2016 aveva preferito la coalizione d’opposizione di Jejomar Binay. Al momento sembra essere il favorito dai sondaggi. La sua candidata alla vicepresidenza è nientemeno che Sara Duterte, figlia del presidente uscente che ha rinunciato alla corsa per il posto del padre (nonostante le analisi e il sentiment popolare l’avessero messa al primo posto tra i favoritissimi per la corsa alla presidenza).

Maria Leonor “Leni” Gerona Robredo, dei Liberali, ha fatto della difesa della democrazia e della lotta al nepotismo le sue armi in campagna elettorale. Avvocata per i diritti umani, si è presto distaccata dal presidente Duterte durante la sua vicepresidenza, complice la sanguinosa campagna contro la droga che ha portato alla morte di oltre seimila persone dall’inizio del suo mandato. È la seconda candidata favorita dai sondaggi, attestandosi intorno al 24% e ottenendo una discreta ripresa su Marcos Jr. Sta avendo successo su parte dell’elettorato per i suoi atteggiamenti di “umiltà” in un paese dove l’accesso alla politica si ottiene spesso con il denaro e le conoscenze: tra questi, l’aver tolto i tacchi alti in pubblico e l’utilizzo dei mezzi pubblici per spostarsi. Alcune recenti analisi sembrano inoltre vederla in vantaggio tra gli investitori, che diffidano della capacità di Marcos Jr. nel portare avanti politiche economiche e fiscali efficaci. Se eletta, sarebbe la terza presidente donna del paese dopo Corazon Aquino e Gloria Macapagal Arroyo.

Gli altri candidati alle presidenziali sono il sindaco di Manila e attore Isko Moreno, l’ex campione di pugilato e senatore Manny “PacMan” Pacquiao e l’ex dirigente della Polizia nazionale delle Filippine Panfilo Lacson.

Le elezioni e l’ASEAN

L’elezione di un nuovo capo di stato è sempre determinante nel contesto delle relazioni regionali. Nel caso delle Filippine, il problema diventa ancora più urgente davanti a un panorama geopolitico in mutazione. Un ambiente, quello odierno, che per la sua complessità necessiterebbe della massima coesione interna al gruppo ASEAN.
In uno degli ultimi dibattiti della campagna elettorale in corso, Leni Robredo ha sottolineato la necessità per Manila di guidare il dialogo ASEAN sull’assertività cinese nel tratto di mare comune. Per Robredo, il Codice di condotta per il Mar cinese meridionale non può essere posticipato ulteriormente. E le Filippine “devono spingere gli altri Paesi membri” ad approvarlo in modo da consolidare la propria posizione davanti alle rivendicazioni territoriali cinesi. L’Associazione osserva con attenzione quanto accadrà nelle urne filippine anche per il proprio bilanciamento interno, quanto mai fondamentale in un momento globale così delicato tra coda pandemica e guerra in Ucraina.

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