I chipmaker ASEAN traggono vantaggio dallo scontro tech USA-Cina

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Lo scontro tecnologico tra USA e Cina si intensifica. Paesi terzi e aziende cercano di fare meno affidamento sui fornitori cinesi di semiconduttori per evitare rotture improvvise delle catene di approvvigionamento. I Paesi ASEAN possono trarre vantaggio dalla situazione.

A Singapore, l’azienda francese Soitec investirà 400 milioni di euro per raddoppiare il suo impianto di produzione di wafer. L’americana Applied Materials spenderà un po’ di più, 405 milioni, per costruire un nuovo impianto. Un’altra azienda americana, Global Foundries, sta già costruendo un impianto da 3,6 miliardi sempre nella Città del Leone. La lista della spesa delle aziende europee, americane e asiatiche che stanno investendo nell’isola e in alcuni altri Paesi ASEAN è lunga e da capogiro. Ed è destinata ad aumentare, se la tensione tra Stati Uniti e Cina non diminuirà. 

Lo scontro tra le due grande potenze del Pacifico si consuma soprattutto nel settore tecnologico. Washington sta cercando di rallentare la crescita del settore dei semiconduttori in Cina bloccando l’esportazione di prodotti ad alta tecnologia verso la il Paese di Mezzo e incoraggiando le aziende a comprare i chip altrove. Le politiche americane condizionano anche le aziende dei Paesi terzi. L’azienda neerlandese ASML, leader mondiale nella produzione di macchine litografiche (uno dei molti “anelli” della catena di approvvigionamento), sarà sottoposta a regole di controllo delle esportazioni molto più rigide dopo che L’Aia ha scelto di seguire la linea americana. Anche se il provvedimento del governo neerlandese non fa nomi, il bersaglio implicito della misura è la Cina.

Non è necessario però ricorrere a vincoli giuridici per riorientare le strategie delle aziende. I toni sempre più accesi tra Washington e Pechino, e le crescenti tensioni intorno a Taiwan, spingono le aziende a spostare le loro commesse dalla Cina ad altri Paesi asiatici. Il decoupling economico e tecnologico auspicato dagli USA sta già avvenendo in piccola parte, ma rimane difficilmente praticabile visto che le due più grandi economie del mondo ricoprono ruoli molto diversi nei flussi commerciali (e finanziari) globali e, in particolare, del Pacifico.  Ciascuno dei due contendenti non sembra poter rinunciare all’altro e lo stesso vale per i Paesi terzi, dall’ASEAN all’UE, senza dover affrontare durissime conseguenze economiche. E difatti i Paesi ASEAN cercano di mantenere una cordiale e pragmatica equidistanza tra USA e Cina.

Collaborare con entrambe le potenze, senza rinunciare ai legami con nessuna delle due. Questa strategia, seguita dalla maggior parte dei Paesi della regione, ha ragioni diplomatiche ed economiche. Sul piano diplomatico, i governi ASEAN preferirebbero una Pechino meno assertiva nel Mar Cinese Meridionale (e infatti stanno aumentando anche la spesa nella difesa), ma non isolata, come desidererebbero a Washington: mantenere buoni rapporti con la Cina sembra essere il modo migliore per garantire la sicurezza della regione, secondo le cancellerie ASEAN. Sul piano economico, sia i dollari che gli yuan sono necessari per finanziare lo sviluppo della regione. Consumatori e aziende statunitensi e cinesi sono interessati ai prodotti elettronici made in ASEAN, specie se acquistare le merci prodotte dal rivale diventa più difficile, ma anche gli investimenti in impianti e infrastrutture hanno un certo peso. Pechino e Washington fanno anche in questo caso a gara, rispettivamente con la Belt and Road Initiative e il piano Build Back Better World.

Le prospettive sembrano insomma rosee per i produttori dei semiconduttori dei Paesi ASEAN (Singapore, Vietnam e Malesia, ma anche Indonesia e Thailandia). Lo scontro per il dominio tecnologico del XXI secolo tra l’aquila e il dragone assegna alle nuove ‘tigri ASEAN’ il ruolo di alternativa fabbrica del mondo, capace però di scambiare prodotti e cooperare con entrambe le parti. A meno che le due potenze non esigano dai governi dei Paesi terzi di schierarsi da una parte o dall’altra o di rinunciare a cooperare con il rivale. Una scelta impossibile per i Paesi ASEAN, ma forse anche per le stesse parti della contesa sulla tecnologia. In questo scenario, il rafforzamento dell’integrazione regionale dell’ASEAN, sul piano politico ed economico, potrebbe rafforzare l’autonomia diplomatica dei suoi membri e favorire lo sviluppo delle catene del valore dei chip.

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