Indonesia: COP26 e road to G20 2022

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Speciale G20 Indonesia /

Dagli impegni presi durante la conferenza sul clima di Glasgow agli obiettivi della presidenza di turno del G20: ecco quale può essere il futuro di Giacarta

Quest’anno il vertice COP26 è stato ospitato dai governi del Regno Unito e dell’Italia nella città scozzese di Glasgow. Come ogni anno, la COP è un momento importante che riunisce quasi tutti i Paesi con l’obiettivo di garantire un’azione tempestiva sui cambiamenti climatici. Nonostante le sfide poste dalla pandemia, i cambiamenti climatici continuano a generare gravi conseguenze ambientali, sociali ed economiche. Il vertice di quest’anno ha avuto l’arduo compito di affrontare il fallimento dell’ultima COP25 tenutasi a Madrid nel 2019, e ha presentato alcune sfide, tra cui interessi in competizione tra Paesi in via di sviluppo e Paesi sviluppati, la questione del finanziamento del clima e le regole irrisolte per i mercati internazionali del carbonio che figuravano nell’articolo 6 dell’accordo di Parigi.

L’agenda della conferenza è stata suddivisa in cinque sessioni:

  1. Adattamento allo scaling-up;
  2. Mantenere in vita 1,5°C;
  3. Perdita e danno;
  4. Finalizzazione del Regolamento di Parigi – Articolo 6;
  5. Mobilitazione delle finanze.

Sin dall’inizio della Conferenza è emersa la forte (ma soprattutto necessaria) volontà politica dei leader mondiali a raggiungere gli obiettivi ambientali globali, ma l’Indonesia, data la sua posizione tra i principali contributori al cambiamento climatico globale, quali sforzi climatici sta compiendo e quali strategie sta mettendo in atto per influenzare positivamente il suo impatto ambientale interno e internazionale?

“L’Indonesia è un Paese super potente nel campo della mitigazione dei cambiamenti climatici”, queste le parole di Alok Sharma, presidente designato per la 26a Conferenza delle parti sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite, al Ministro dell’ambiente indonesiano Siti Nurbaya durante l’attesissimo incontro di Glasgow. Il governo inglese ha affermato che la collaborazione con l’Indonesia è stato uno degli elementi più importanti del successo della Gran Bretagna come host della COP26 ed ha espresso il desiderio di una continuità tra i due soggetti, realizzata e rafforzata attraverso la leadership congiunta nell’ambito del dialogo relativo alla silvicoltura, all’agricoltura e al commercio delle materie prime (FACT).

Il vertice sul clima ha offerto al presidente indonesiano Joko Widodo (“Jokowi”) l’opportunità di dare voce alla sua visione dell’Indonesia come “costruttore di ponti” e risolutore di problemi globali. Il presidente ha sottolineato la serietà del governo nel voler controllare il cambiamento climatico, che ha affermato essere tra i principali interessi nazionali del Paese; ha incoraggiato i leader mondiali a promuovere lo sviluppo verde e ad aumentare la resilienza climatica, come si evince dall’aggiornamento del Nationally Determined Contribution (NDC) presentato alla Conferenza delle Nazioni Unite nel luglio di quest’anno.

Finora, l’Indonesia ha presentato diversi documenti alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), 8 in tutto, che vanno da quelli relativi all’adattamento a quelli inerenti al finanziamento di soluzioni nature-based. In ognuno di questi documenti, il governo indonesiano ha ribadito il suo impegno a ridurre le emissioni del 29% rispetto allo scenario Business As Usual (BAU) nel 2030. In sede di Conferenza, il Ministro per l’ambiente indonesiano, Siti Nurbaya Bakar, ha aggiunto che col supporto internazionale, si potrebbe ottenere uno scenario più ambizioso arrivando ad abbattere il 41% delle emissioni e rispettare, in questo modo, il Low Carbon Compatible with Paris Agreement (LCCP). Entro il 2030, l’Indonesia si avvicinerà allo stato di essere un pozzo di carbonio netto nel settore della silvicoltura e dell’uso del suolo: il governo ha in programma di ridurre gradualmente l’uso del carbone fino al 60% entro il 2050 e procederà verso una condizione di emissioni nette pari a zero entro il 2070.

In qualità di capo della delegazione della Repubblica di Indonesia per la COP26, alla Conferenza il ministro Siti ha introdotto la Road Map governativa per l’adattamento ai cambiamenti climatici fino al 2030. Questo nuovo percorso ha previsto (e prevede per il futuro) diverse iniziative: la prima ha visto il coinvolgimento attivo della comunità attraverso il Climate Village Program (ProKlim), Ecoriparian: un programma che mira al ripristino dell’ecosistema di mangrovie e agro-forestazione sociale come fase di lavoro per l’adattamento climatico. Il programma ha coinvolto e integrato anche i programmi di lavoro di Ministeri e Agenzie, i governi locali, il settore privato e i leader delle comunità locali.

La seconda iniziativa nell’azione per il controllo del cambiamento climatico è “Indonesia FoLU Net-sink 2030“. Questo ambizioso obiettivo sarà accompagnato da un manuale di operatività, il cui completamento è previsto entro la fine del 2021, con finalità di supervisione e controllo. L’azione indonesiana sui cambiamenti climatici nel settore energetico mira alla graduale eliminazione delle centrali elettriche a carbone, all’implementazione dei termovalorizzatori, allo sviluppo di energia da biomassa, energia idroelettrica, solare e fotovoltaica, all’energia geotermica e alla conversione di centrali diesel ad alto costo con gas e NRE.

Nella sessione dedicata al “Finalising the Paris Rulebook – Article 6”, il viceministro indonesiano Alue ha presentato una proposta per trovare una soluzione comune per mettere in atto l’articolo 6 dell’Accordo di Parigi:

  • aumentare l’ambizione e l’attuazione dei risultati del NDC (Nationally Determined Contriution) attraverso un approccio cooperativo e il sostegno finanziario tra gli Stati membri continuando a garantire il raggiungimento dell’integrità ambientale dalle azioni di mitigazione svolte;
  • al fine di evitare una doppia pretesa nella riduzione delle emissioni, l’Indonesia propone di utilizzare la migliore metodologia nella preparazione della linea di base, trasparente nella rendicontazione e basata sulle circostanze nazionali;
  • in termini di erogazione di fondi per le attività di adattamento possono essere effettuati previo accordo delle due parti che cooperano;
  • l’Indonesia incoraggia anche l’adozione dell’articolo 6 dell’accordo di Parigi alla COP 26 di Glasgow, considerando la sua importanza nel sostenere l’aumento dell’ambizione e l’attuazione degli NDC per raggiungere l’obiettivo a lungo termine di ridurre le temperature globali a 1,5°C.

La COP26 di Glasgow è anche stata il punto d’inizio della discussione sul New Collective Quantified Goal (NCQG). Per l’Indonesia, l’NCQG deve riflettere i bisogni reali e garantire che le finanze affluiscano effettivamente ai Paesi in via di sviluppo. Il processo di discussione del NCQG può essere avviato da una prospettiva politica e tecnica. Riunioni multilaterali o bilaterali formali e informali possono essere utilizzate per ottenere input e opinioni dalle parti, che possono essere parte del processo. L’intero processo deve essere inclusivo e trasparente. Il NCQG deve anche essere più ambizioso e comprensibile sia per i Paesi sviluppati che per quelli in via di sviluppo e più equilibrato in termini di utilizzo dei finanziamenti per il clima per la mitigazione e l’adattamento.

Il Ministro Siti Nurbaya Bakar ha posto particolare attenzione ed enfasi sull’aspetto economico e finanziario esortando i Paesi sviluppati ad assumere la guida nel fornire ai Paesi in via di sviluppo le risorse finanziarie necessarie per attuare i programmi climatici. Il trade-off tra economia e ambiente è un problema. Il coordinamento tra governo centrale e leader locali è un’altra sfida che l’Indonesia deve risolvere per raggiungere i suoi obiettivi climatici. Essendo un grande Paese in via di sviluppo, con la quarta popolazione mondiale, l’Indonesia avrà bisogno di 5,7 miliardi di dollari ogni anno per finanziare la sua transizione verso l’energia verde. La sfida non sta nella redazione o firma di accordi e decreti, ma nel coordinamento e nell’esecuzione necessari per attuarli efficacemente. Le azioni per il clima richiedono politiche strategiche e cooperazione finanziaria tra le parti interessate a livello nazionale e globale. Pertanto, la speranza del governo indonesiano è quella di continuare a spingere per un sostegno all’aumento dei finanziamenti per il clima, anche attraverso la politica fiscale e l’aumento dell’accesso alle finanze globali.

Il Ministro Siti ha voluto concludere il suo discorso con una nota positiva in riferimento alle giovani generazioni, le quali nutrono una grande preoccupazione per l’ambiente e spingono il governo indonesiano a prendere più seriamente il cambiamento climatico. Un sondaggio del 2020 dell’Indonesia Bright Foundation ha rilevato che il 97% dei millennials indonesiani vede che gli impatti dei cambiamenti climatici sono ugualmente o più pericolosi della pandemia di COVID-19. Il 63% degli intervistati ha affermato che le prestazioni del governo sono state il principale ostacolo agli sforzi per il clima. Anche il principale gruppo di politica estera indonesiana, la Foreign Policy Community of Indonesia, ha recentemente lanciato un forte appello al governo per proteggere la nazione in occasione del centenario d’oro (2045) dalla minaccia della crisi climatica. La consapevolezza del cambiamento climatico in Indonesia sta crescendo e potrebbe supportare uno sforzo del governo più robusto.

L’Indonesia alla presidenza del G20 nel 2022

Per la prima volta dalla fondazione del G20 nel 1999, l’Indonesia è stata nominata per assumere la presidenza del G20 dal 1° dicembre 2021 al 30 novembre 2022. Il modus operandi che il Paese adotterà per il Summit del prossimo anno sarà quello di concentrare il dialogo internazionale sugli sforzi per raggiungere un recupero economico sostenibile, stabile ed equilibrato nel mondo post-pandemico.

Il Ministro degli Esteri indonesiano Retno Marsudi ha anticipato che il Summit del prossimo anno sarà ospitato sull’isola di Bali nel rispetto di stretti protocolli sanitari e si intitolerà: “Recover Together, Recover Stronger”.

Il tema scelto (in italiano: “Recuperare insieme, recuperare più forte”) ha lo scopo di incoraggiare gli sforzi congiunti per la ripresa economica mondiale. Una crescita inclusiva, incentrata sulle persone, rispettosa dell’ambiente e sostenibile è il principale impegno dell’Indonesia come presidente del G20. “Questi sforzi devono essere portati avanti attraverso una più forte collaborazione globale e un’innovazione incessante. Il G20 deve essere il motore dello sviluppo dell’ecosistema che guida la collaborazione e l’innovazione”, ha aggiunto il Presidente Widodo.

All’epoca della creazione del G20, la crisi finanziaria asiatica degli anni 1997-98 ebbe forti conseguenze sull’Indonesia: il crollo del Pil (-13,1% nel 1998) e le sempre più forti potreste popolari portarono alla caduta del regime di Suharto. Sotto la guida del suo successore, Habibie, il Paese intraprese un percorso di democratizzazione e riforme economiche che l’hanno portato a diventare una delle più dinamiche economie del Sud-Est asiatico. Insieme all’Arabia Saudita e alla Turchia, Jakarta è un membro G20 a maggioranza islamica, ma porta avanti istanze ben diverse dagli altri due soggetti citati. Sin dall’inizio infatti, Giacarta si è assegnata il ruolo di mediatrice all’interno del Gruppo dei 20 tra le economie occidentali ed i Paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica). La mediazione indonesiana è stata importante anche nel sensibilizzare il forum alle problematiche dei Paesi emergenti e delle economie esterne al Gruppo dei 20. L’esperienza indonesiana ha permesso a Giacarta di fornire al G20 il punto di vista di un Paese emergente e di individuare uno schema di supporto per le nazioni che, come spesso accade nel caso delle economie in via di sviluppo, hanno un ridotto margine di manovra fiscale.

Oltre al ruolo di mediatore, l’Indonesia nel G20 ha svolto la funzione fondamentale di rappresentante dell’ASEAN all’interno del Gruppo. Giacarta è infatti l’unico membro G20 appartenente all’unione economica che comprende anche Brunei, Cambogia, Thailandia, Laos, Filippine, Vietnam, Malesia, e Myanmar. In virtù di ciò, l’Indonesia ha dunque sempre partecipato al G20 facendosi portatrice anche delle posizioni dell’ASEAN.

La presenza dell’Indonesia all’interno del G20 è, quindi, sia dovuta al peso economico e demografico di Giacarta, ma anche alla necessità di inserire nel Gruppo dei Venti un rappresentante di una regione di crescente importanza nel commercio globale. Giacarta ha sempre visto nel G20 l’opportunità per portare sul piano globale le istanze del Sud-Est asiatico, in particolare la preservazione di un’architettura regionale stabile e l’integrazione della regione nell’economia globale.

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