Muhyiddin Yassin: fuori dall’ombra sotto il sole di agosto

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Con la fine dello stato di emergenza, il Primo Ministro malese ha un mese a disposizione per lanciare la campagna vaccinale che gli potrebbe garantire la sopravvivenza politica.

Fino allo scorso anno, il politico più popolare della Malesia, Muhyiddin Yassin, era sconosciuto ai più. Divenuto Primo Ministro il 1° marzo 2020, Muhyiddin, oggi settantaquattrenne, non è esattamente un ‘uomo nuovo’ nella politica malese. Entrato nella United Malays National Organisation (UMNO), l’ex partito dominante, nel 1971, Muhyiddin, “un uomo molto serio e noioso”, è riuscito a sopravvivere alle maggiori transizioni politiche che si sono succedute nel Paese negli ultimi cinquant’anni. 

Nel 2016 è stato cacciato dall’UMNO per aver criticato l’allora premier Najib Razak, coinvolto in un caso di corruzione internazionale. Alle elezioni del maggio 2018 ha contribuito alla vittoria dell’Alleanza della Speranza (Pakatan Harapan, PH), il patto tra opposizioni che ha sconfitto l’UMNO per la prima volta dall’indipendenza della Malesia nel 1957. Dopo appena 22 mesi di governo, approfittando delle lotte di potere all’interno della coalizione e degli errori di calcolo del novantaquattrenne Mahathir Mohamad, ex uomo forte malese tornato al potere con la rivoluzione democratica del 2018, Muhyiddin è emerso come candidato di compromesso e ha ottenuto la premiership grazie al sostegno degli ex alleati dell’UMNO.

Muhyiddin, all’anagrafe Mahiaddin, è nato nel 1947 nello stato di Johor, all’estremità meridionale della penisola malese, allora colonia britannica. Suo padre, Muhammad Yassin, era un influente religioso musulmano appartenente alla maggioranza etnica malese. Dopo la laurea in economia e studi malesi presso la University of Malaya, la più antica del Paese, Muhyiddin ha cominciato la sua carriera all’interno dell’UMNO, unendosi alla nuova generazione di politici nazionalisti guidati da Anwar Ibrahim che si stava affermando all’interno del partito promuovendo politiche pro-malesi di ispirazione religiosa.

Nel 1978 Muhyiddin è entrato in parlamento come rappresentante del distretto di Pagoh, mentre nel 1986 è stato nominato Menteri Besar, una sorta di governatore, dello stato di Johor, dove si è creato la sua base elettorale. Nel 1995 è diventato ministro della gioventù e dello sport nel primo governo di Mahathir (1981-2003) e da quel momento è rimasto al governo per circa vent’anni, alla guida di diversi dicasteri sotto vari primi ministri, fino alla rottura con Najib nel 2015 e l’espulsione dall’UMNO l’anno successivo.

Come ha osservato Oh Ei Sun, senior fellow all’Istituto Singaporiano di Affari Internazionali, era quello il momento in cui la maggior parte dei suoi colleghi di gabinetto ancora sosteneva Najib, ma Muhyiddin si era reso conto della crescente indignazione della società per lo scandalo 1MDB, aveva denunciato “la nascita di una nuova dittatura”, e intravisto l’opportunità di un cambiamento politico. Cinque anni dopo, da presidente del neonato Partito Indigeno Unito della Malesia (BERSATU) e ministro dell’interno nel governo guidato da Mahathir, Muhyiddin ha saputo capitalizzare sul suo intuito politico, credenziali di ‘uomo delle istituzioni’, ed amicizie trasversali per presentarsi alla nazione come l’uomo che poteva “salvare il paese dal prolungato disordine politico”.

La nomina di Muhyiddin a Primo Ministro non è stata però sufficiente a risolvere la crisi aperta da Mahathir per sbarazzarsi di Anwar nel febbraio 2020. Mahathir e Anwar, le due personalità più in vista del PH, hanno definito Muhyiddin un opportunista e un traditore, rispettivamente, accusandolo di essersi compromesso sui principi facendo un governo con gli stessi “cleptocrati” contro i quali si era scagliato anni prima. Eppure, proprio le rivalità personali tra Mahathir ed Anwar hanno fatto sì che l’Alleanza della Speranza non fosse in grado di presentare una vera alternativa all’ex alleato. La dichiarazione dello stato di emergenza per far fronte alla pandemia di Covid-19 ha poi permesso a Muhyiddin di sospendere il parlamento e di governare per decreti, evitando così di dover mettere alla prova la risicata maggioranza su cui si regge il suo governo.

Dopo il duplice richiamo da parte del Sultano Abdullah di Pahang, Yang di-Pertuan Agong, il capo di stato della Malaysia, lo scorso 5 luglio, Muhyiddin ha accettato di convocare una seduta speciale del parlamento per presentare il piano di ripresa nazionale. All’inizio della seduta, il 26 luglio, il Primo Ministro ha chiesto a tutti i partiti di restare uniti per far fronte alla pandemia, impedendo però l’apertura di un dibattito sulle misure annunciate dal governo e dichiarato la revoca delle ordinanze d’emergenza senza l’assenso del Sultano. Se la gestione disastrosa della cosiddetta seconda ondata di infezioni e i ripetuti contrasti con la casa reale hanno alzato la pressione su Muhyiddin, la divisione dell’opposizione e la sospensione del parlamento gli hanno permesso di prendere tempo prezioso. Per il momento, il Primo Ministro sembra ignorare le critiche e concentrare l’attenzione sull’ambizioso piano vaccinale che, secondo autorevoli commentatori, potrebbe assicurargli la sopravvivenza politica. Con la fine dello stato di emergenza e la prossima seduta dell’assemblea prevista all’inizio di settembre, il destino di Muhyiddin, il politico che ha sempre lavorato nell’ombra, si potrebbe decidere sotto il sole di agosto.

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