A Singapore, il ministro di stato per il Commercio e l’Industria Alvin Tan ha parlato al parlamento di opzioni energetiche alternative come quelle ad idrogeno, geotermiche e nucleari
Diversi paesi dell’Asia orientale stanno prendendo in considerazione l’opzione nucleare per reagire alla carenza dell’offerta globale di energia determinata dal conflitto russo-ucraino. Si tratta di una soluzione allettante per molti governi regionali, che per promuovere la crescita interna si trovano a fare i conti con le conseguenze economiche della crisi sanitaria.
L’ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sul Cambiamento climatico (IPCC) è molto chiaro sull’emergenza ambientale e sociale che attende la comunità internazionale nel prossimo futuro. È urgente ricorrere a misure decisive per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra entro il 2025 se si vuole tentare di raggiungere l’obiettivo degli Accordi di Parigi e contenere il riscaldamento globale a 1,5 °C sopra i livelli pre-industriali. In occasione della COP26 di Glasgow, che si è tenuta lo scorso novembre 2021, i paesi partecipanti sono stati incoraggiati ad abbandonare rapidamente i combustibili fossili per evitare il disastro climatico, e a prendere in considerazione il ricorso all’energia nucleare.
L’Asia orientale – per caratteristiche geografiche e strutture socio-economiche – è tra le regioni più sensibili al deterioramento ambientale e climatico. Le conseguenze del riscaldamento globale si abbattono già con inclemenza sulle condizioni di vita delle comunità regionali, costringendo molte persone a migrare e altre a fare i conti con l’innalzamento del livello del mare e con fenomeni climatici estremi.
Per queste ragioni i governi nazionali hanno fatto della sostenibilità e della de-carbonizzazione imperativi imprescindibili dei loro programmi politici. Le difficoltà economiche che hanno fatto seguito alla pandemia e le contingenze geopolitiche in Europa orientale hanno messo in crisi questi buoni propositi, poiché al di là delle istanze ambientaliste la crescita economica resta l’obiettivo principale di questi mercati emergenti.
Chi sono i sostenitori della svolta nucleare
La Cina ha approvato da poco la costruzione di sei nuovi reattori nucleari per portare avanti la sua politica di de-carbonizzazione. La grave carenza di energia elettrica sperimentata lo scorso autunno 2021 aveva costretto le amministrazioni locali cinesi a razionare l’accesso alla corrente. Questo avrebbe messo le autorità nazionali di fronte alla necessità incalzante di trovare soluzioni energetiche che soddisfino l’imponente domanda nazionale senza sacrificare gli impegni per il clima.
Il Giappone, pur essendo rimasto scottato dal disastro di Fukushima del 2011, sta pensando di ricorrere al nucleare per sopportare le conseguenze sui prezzi dell’energia determinate dalla guerra in Ucraina. Il nuovo primo ministro Fumio Kishida è abbastanza favorevole a questa transizione, secondo Nikkei Asia. L’8 aprile avrebbe dichiarato ad alcuni giornalisti di avere l’obbiettivo di “massimizzare l’uso delle energie rinnovabili e dell’energia nucleare in seguito al divieto di importazione del carbone russo”.
Il neoeletto presidente della Corea del Sud, il conservatore Yoon Suk-yeol ha promesso una svolta nucleare per emancipare l’economia nazionale dal carbonio. Il progetto di revisione del mix energetico è stato definito “inevitabile” affinché la Seul raggiunga i suoi obiettivi climatici.
A Singapore, il ministro di stato per il Commercio e l’Industria Alvin Tan ha parlato al parlamento di opzioni energetiche alternative come quelle ad idrogeno, geotermiche e nucleari. Anche se uno studio del 2012 aveva stabilito che le convenzionali tecnologie dei grandi reattori nucleari non erano appropriate per la piccola città-stato asiatica, oggi le infrastrutture possono essere molto più piccole e sofisticate, e anche Singapore potrebbe trarre vantaggio da questa industria.
Anche le Filippine accarezzano l’idea di virare verso il nucleare. Il segretario dell’Energia Alfonso Cusi è un forte sostenitore di questa opzione energetica, e ha dichiarato l’anno scorso al canale televisivo ANC che si tratta di un’alternativa strategica per ridurre le importazioni di petrolio. A febbraio, il presidente Rodrigo Duterte ha firmato un ordine esecutivo che prevede l’inclusione dell’energia nucleare nel mix energetico nazionale.
Altri paesi della regione, tra cui Indonesia, Malesia, Thailandia e Vietnam, stanno vagliando o implementando piani per produrre energia nucleare, anche se molti progetti restano in stand-by per questioni di costi e sicurezza.