Nichel, l’oro indonesiano

Giacarta ne è ricchissima e l’elemento ha assunto una rilevanza strategica per via dell’avanzamento della produzione di veicoli elettrici. Attirando l’interesse delle grandi potenze

Che vi sia unanimità verso l’esigenza di abbandonare i combustibili fossili entro il 2050 è un fatto ormai assodato, specie in seguito all’accordo storico della COP28. Tuttavia, quando si tratta di considerare il passaggio alle fonti di energia rinnovabile come un’opportunità di crescita sostenibile per le economie in via di sviluppo, l’unanimità lascia spazio ad una visione permeata sia di ottimismo sia di pessimismo. L’Indonesia, con l’utilizzo del nichel come driver della transizione green e il conseguente danno ambientale, ne è un esempio. 

Negli ultimi anni, il nichel (specie quello di classe1) ha assunto una rilevanza strategica per via dell’avanzamento della produzione di veicoli elettrici (EV), le cui vendite annuali raggiungeranno almeno 41 milioni entro il 2030, secondo l’IEA. Grazie alle sue eccezionali proprietà e all’elevata efficienza di riciclaggio, il nichel contribuisce all’economia circolare, e in senso lato al raggiungimento di vari SDGs. Non sorprende che l’Indonesia, quale più grande produttore di nichel al mondo con il 52% delle riserve totali a livello globale, ambisca a diventare un hub indispensabile per l’industria dei EV. In effetti, il paese presenta vantaggi in termini di costi e relativa facilità di sviluppo di nuovi progetti rispetto ad altri paesi produttori di tale metallo, tra cui Filippine, Russia e Australia. Inoltre, con l’adozione di normative che ne hanno vietato l’esportazione, il governo è riuscito ad attirare massicci investimenti, prevalentemente cinesi. 

Tuttavia, se è vero che il progressivo abbandono delle auto a gas è una parte rilevante della transizione energetica, è altrettanto vero che la lavorazione del nichel per l’utilizzo nelle batterie dei EV comporta un significativo impatto ambientale. Preme, infatti, sottolineare che la maggior parte della produzione indonesiana è costituita da nichel di classe2 che necessita processi di lavorazione per essere trasformato in classe1. E, purtroppo, le attività di estrazione e lavorazione hanno generato grandi volumi di rifiuti tossici, causato deforestazione e perdita di biodiversità. Fa discutere il fatto che il danno ambientale sia interamente a carico del luogo in cui si effettua l’estrazione mineraria, e in ultima analisi, delle comunità che vi vivono. Così come fa riflettere che questi impianti siano fortemente energivori, rifornendosi perlopiù da centrali elettriche a carbone. 

Ciò nonostante, lo sfruttamento del nichel rappresenta una significativa opportunità per l’Indonesia ai fini di sostenere la propria crescita economica, consolidare il suo ruolo di leadership nella regione e aspirare ad essere un high-income country. Trattandosi di un settore critico per gli equilibri industriali, il nichel influisce inevitabilmente sulle dinamiche geopolitiche, rendendo Giacarta una preda sempre più ambita da Pechino e Washington. Da un lato, la Cina quale leader mondiale nella produzione di EV, ha investito 8 miliardi di dollari nel 2022 accrescendo la sua influenza nel paese, quale crocevia tra l’Oceano Indiano e Pacifico. Effettivamente, molti operatori di raffinazione del nichel sono di proprietà della società cinese Jiangsu Delong Nickel Industry, così come è di proprietà sino-indonesiana il parco industriale Morowali (IMIP). Dall’altro, i legami strategici tra Washington e Indonesia sono stati elevati a un Comprehensive Strategic Partnership (CSP) nel novembre 2023, anche se rimangono ancora superficiali e mancano di una cooperazione economica. Infatti, l’assenza di accordi bilaterali di libero scambio tra gli USA e Indonesia e le conseguenti barriere commerciali renderanno difficile la realizzazione di programmi chiave per il CSP, tra cui proprio la possibilità di un accordo sui minerali critici. In conclusione, così come la sola transizione verso i EV non basterà a garantire uno sviluppo sostenibile, anche gli atteggiamenti persuasivi delle due grandi potenze nei confronti dell’Indonesia non basteranno ad ottenere l’abbandono della politica di non-allineamento perseguita dal presidente uscente Joko Widodo e, a quanto pare, anche dal prossimo leader Prabowo Subianto.

I rifiuti diventano fonte di energia

Si moltiplicano i progetti di economia circolare nei Paesi del Sud-Est asiatico

Di Tommaso Magrini

Mentre la crescente popolazione del Sud-Est asiatico genera sempre più rifiuti, l’uso di questi ultimi come fonte di energia sta facendo progressi, con le aziende giapponesi e il loro know-how in materia di incenerimento a fare da apripista. Un impianto di incenerimento dei rifiuti nel distretto sud-occidentale di Singapore, Tuas, è già in grado di trattare circa il 35% della spazzatura generata quotidianamente dalla città-stato. Circa 500-600 camion della spazzatura trasportano 24 ore su 24 i rifiuti all’impianto, la cui capacità di produzione di energia raggiunge i 120 megawatt. Nel 2022 Mitsubishi Heavy Industries ha annunciato di aver acquistato tutte le azioni di TuasOne, gestore dell’impianto di termovalorizzazione dei rifiuti. TuasOne era una joint venture tra Hyflux, un’importante società di trattamento delle acque di Singapore che nel frattempo è crollata, e Mitsubishi Heavy, che ha trasformato TuasOne in una società interamente controllata. Mitsubishi Heavy ha progettato e costruito quattro impianti di termovalorizzazione a Singapore e afferma di avere il più ampio curriculum del settore nel Sud-Est asiatico. Anche un consorzio guidato dal conglomerato Keppel, affiliato al governo di Singapore, ha ricevuto ordini per progettare e costruire impianti di termovalorizzazione nel Paese, che possono anche generare elettricità utilizzando il calore prodotto durante l’incenerimento. La società di ricerca indiana Mordor Intelligence prevede che il mercato della termovalorizzazione dei rifiuti nel Sud-Est asiatico crescerà da 3,3 miliardi di dollari nel 2023 a 6,1 miliardi di dollari nel 2028, con un aumento di circa l’80%. I piani per la creazione di almeno sei impianti di questo tipo in Malesia sono stati avviati tra il 2020 e il 2021, e tutti dovrebbero essere completati entro il 2025. In Thailandia, nel 2020 è iniziata la costruzione di un impianto per incenerire circa 144.000 tonnellate di rifiuti all’anno e generare 6 megawatt di energia.

ASEAN e diplomazia minilaterale

Secondo Richard Heydarian dell’Università delle Filippine, la cooperazione tra Paesi membri è utile anche a livello bilaterale o trilaterale

Durante una visita di Stato in Vietnam di qualche settimana fa, il Presidente filippino Ferdinand Marcos Jr. ha firmato un accordo per espandere la cooperazione bilaterale in materia di sicurezza marittima. I due governi hanno segnalato che collaboreranno più strettamente per proteggere gli interessi comuni nel Mar Cinese Meridionale, soprattutto con le loro forze di guardia costiera. L’annuncio ha fatto seguito a un analogo faccia a faccia sulla cooperazione in materia di sicurezza avvenuto in precedenza a Manila tra Marcos e il presidente indonesiano Joko Widodo, che ha fatto tappa anche in Vietnam e in Brunei. “Queste visite sono più che simboliche”, sostiene Richard Heydarian, docente senior presso il Centro Asiatico dell’Università delle Filippine, in un commento pubblicato nei giorni scorsi su Nikkei Asia. Secondo Heydarian, considerando il fatto che l’ASEAN si concentra sul processo decisionale per consenso, “il blocco è stato talvolta lento e poco reattivo alle grandi crisi nel proprio cortile”. In questo contesto, Heydarian sostiene che la cooperazione “minilaterale” tra membri chiave con interessi strategici comuni “ha il potenziale per rendere il Sud-Est asiatico una forza molto più efficace nella regione indo-pacifica”. Non una sostituzione al ruolo del blocco, ma una sua estensione e forse un suo potenziamento. Si legge nel commento dell’esperto: “Sebbene Filippine, Indonesia e Vietnam siano nazioni in via di sviluppo con capacità militari relativamente limitate, il trio può contribuire collettivamente alla centralità dell’ASEAN nella definizione dell’architettura di sicurezza regionale e con un maggiore coordinamento strategico”. Quest’anno è già iniziato come un anno produttivo per il minilateralismo dell’ASEAN. Nell’ambito della cooperazione strategica, Hanoi e Manila collaboreranno allo sviluppo di infrastrutture e alla coproduzione di batterie per veicoli elettrici, sfruttando le grandi riserve di rame, nichel e cobalto delle Filippine. Il Vietnam è in particolare la fonte di circa il 90% delle importazioni di riso delle Filippine. Nel corso dell’anno, Filippine, Indonesia e Giappone si uniranno probabilmente al Vietnam per l’annuale esercitazione sull’inquinamento marino Marpolex. Il minilateralismo può dunque essere utile, secondo Heydarian, anche in altri settori oltre a quello della sicurezza.

“Capitalismo con caratteristiche indonesiane”: il ruolo delle aziende di Stato nella politica di Giacarta

L’economia indonesiana cresce a ritmi elevati, seguendo un modello economico che unisce libero mercato e pianificazione. Durante il governo di Jokowi le società statali hanno acquisito ancora più centralità. Come intenderà usare questo strumento il suo successore Prabowo?

Nei prossimi vent’anni, l’Indonesia potrebbe diventare la quarta economia mondiale. Al momento si trova al settimo posto, se misuriamo il suo PIL a parità di potere d’acquisto. L’arcipelago dispone di risorse naturali in abbondanza e di forza lavoro giovane e numerosa. Due fattori chiave per la crescita, ma che da soli non bastano. Serve anche aprire la porta agli investimenti stranieri e rimuovere gli ostacoli all’attività di impresa. L’amministrazione Jokowi ha provato a farlo in un colpo solo, e deciso. Nel 2020 è approvata la Omnibus Law, un testo legislativo monstre di circa mille pagine che ha toccato moltissimi settori. Anche la politica commerciale segue il solco del liberismo economico. Giacarta ha intensificato i suoi sforzi diplomatici per concludere un ambizioso accordo di libero scambio con l’Unione Europea e alza la voce ogni volta che delle misure straniere minacciano i suoi export, come quelle di Bruxelles sull’olio di palma.

Eppure, nonostante la decisa spinta liberalizzatrice, le imprese statali continuano ad avere un ruolo centrale nell’economia indonesiana, un ruolo che si è ulteriormente rafforzato negli ultimi dieci anni. Il Jokowismo, come viene chiamata la dottrina economica del governo uscente, è una fusione di libero mercato e robusto intervento statale. In Europa o negli Stati Uniti, dove il mercato è per principio più efficiente dello Stato, tale mix apparirebbe contraddittorio e persino economicamente irrazionale. Non agli indonesiani e nemmeno agli altri Paesi del Sud Est asiatico. Tale modello economico, premiato negli ultimi decenni da una stabile e vigorosa crescita del PIL, precede Widodo e, come accennato, si manifesta anche nel resto della regione. In forme diverse, come ha descritto Gianmatteo Sabatino, ricercatore della Zhongnan University of Economics and Law di Wuhan, nell’eccellente articolo The emerging trends of the modernization of state-controlled economy in the ASEAN space. The case of Indonesian State-Owned Enterprises (Rivista di Diritti comparati, numero 1/2023). 

Sabatino ricostruisce come il modello indonesiano di impresa statale si sia evoluto partendo dal diritto commerciale dei Paesi Bassi, trapiantato in Indonesia nel periodo coloniale, passando poi dai regimi di opposto segno di Sukarno e Suharto. Il processo di indipendenza, ufficialmente sancito dalla Costituzione del 1945, prevedeva anche la nazionalizzazione delle proprietà del Regno e dei cittadini neerlandesi. L’articolo 33 della Costituzione indonesiana, tuttora in vigore, sancisce che “i settori di produzione (…) importanti per il Paese e (che) influenzano la vita del Popolo devono essere sotto il potere dello Stato”, come anche l’acqua e le risorse naturali, che devono essere “sfruttate per il massimo beneficio del Popolo”. Sempre l’articolo 33 fissa la “democrazia economica” come stella polare dell’economia indonesiana. Per declinare tali principi, Sukarno guardava al modello di pianificazione economica socialista, in linea anche con la sua politica estera di graduale avvicinamento all’Unione Sovietica. Tale corso è bruscamente interrotto dal golpe di Suharto, supportato dagli Stati Uniti per evitare che l’Indonesia entrasse definitivamente nell’orbita sovietica. 

Dopo aver brutalmente eliminato ogni esponente socialista (o presunto tale), Suharto inverte la rotta promuovendo un modello economico liberista, senza però molto successo. Le sue riforme introducono schemi giuridici di governo d’impresa più vicini a quelli europei e americani, ma si scontrano con il corporativismo radicato nella società indonesiana. La caduta di Suharto apre per l’Indonesia la fase di Reformasi politico-economica, con il principio costituzionale della democrazia economica che torna in auge e l’emergere di un nuovo modello di sviluppo “nazionale”. Nonostante le richieste da più parti, in particolare dal Fondo Monetario Internazionale, di proseguire con liberalizzazioni e privatizzazioni, a Giacarta preferiscono mantenere forte il ruolo dello Stato nell’economia. Una azienda pubblica ben amministrata può stimolare lo sviluppo e anche facilitare la nascita di nuove aziende private. Jokowi lo sa bene. La sua carriera di imprenditore di successo è iniziata come manager di una fabbrica statale di cellulosa e, dopo essersi messo in proprio, il futuro presidente è stato più volte aiutato da aziende pubbliche nel momento del bisogno.

Il capitalismo di Stato indonesiano è però esposto a due gravi rischi. Le imprese private hanno bisogno di contatti personali e politici nel governo per poter fare affari e cooperare con le loro controparti statali. Una buona rete di contatti può tenere a galla un’azienda altrimenti destinata a fallire. Questa dinamica produce poi il secondo problema: il rischio che sorgano coalizioni di interessi tra ministeri e aziende che degenerano in corruzione o paralizzano i processi decisionali. Un problema non da poco, visto che un sistema politico corrotto e instabile può dissuadere gli investitori stranieri, così preziosi per il Paese. Un ministero potrebbe dimenticare i suoi obiettivi politici e privilegiare la protezione delle aziende che possiede, anche a costo di scontrarsi con gli altri ministeri. Per esempio, i negoziati con l’UE per l’accordo commerciale sono stati molto rallentati dalle divisioni interne al gabinetto di Widodo, con ciascun ministero schierato pro o contro certe questioni, a sostegno dell’elettorato di riferimento del ministro e delle sue aziende. Magari il ministero dell’agricoltura vorrebbe respingere ogni richiesta europea sull’olio di palma, anche a costo di bloccare interamente i negoziati. Il ministro dell’industria invece avrebbe fretta di chiuderli favorevolmente per conquistare maggiore accesso al mercato europeo per le sue aziende manifatturiere. 

Il successore di Widodo, l’ex generale Prabowo Subianto, potrà contare sulle aziende statali per promuovere le sue politiche, a meno che non intenda cambiare dottrina economica. È improbabile che lo faccia, visto che il Jokowismo è estremamente popolare e permettere di mobilitare le crescenti risorse economiche del Paese per altri scopi. Più difficile anticipare quali saranno tali scopi. Realizzare il principio costituzionale della democrazia economica? Far crescere l’economia, in modo equo e sostenibile oppure badando solo alla crescita percentuale del PIL? O magari, rafforzare il proprio sistema di potere? Il moltiplicarsi delle imprese di Stato sotto Jokowi ricorda la tendenza simile osservata nella Cina di Xi Jinping. Con la differenza chiave che, in Indonesia, l’operato dei ministeri, quindi delle loro aziende, può essere oggetto di dibattito politico e cambiare da una legislatura all’altra. Come rileva sempre Sabatino, i tempi della pianificazione dello sviluppo sono opportunamente sincronizzati dalla legge indonesiana con le elezioni. I risultati elettorali hanno un impatto nelle scelte imprenditoriali delle aziende statali. Prendendo in prestito una celebre espressione legata proprio alla Cina, il “capitalismo con caratteristiche indonesiane” presenta elementi unici e di sicuro interesse, dato che è alternativo e quasi opposto alle pratiche del capitalismo “occidentale”, nonché destinato a guidare l’arcipelago verso il podio delle economie mondiali.

ASEAN verso un boom del solare

Grazie alla presenza di risorse naturali rinnovabili, il Sud-est asiatico ha un ampio margine di crescita nella produzione di energia rinnovabile

Di Tommaso Magrini

Il Sud-Est asiatico vuole triplicare la produzione di energia rinnovabile, in linea con l’impegno assunto l’anno scorso dalle Nazioni Unite. E per farlo riceverà probabilmente una spinta dalle installazioni solari record della Cina, la quale ha aggiunto 216,9 gigawatt di energia solare nel 2023, superando i 175,2 gigawatt generati negli Stati Uniti, il secondo mercato mondiale dell’energia solare. Il forte aumento ha favorito un crollo dei prezzi delle apparecchiature rinnovabili, aiutando il resto dell’Asia. Il risultato è che la Cina ha una capacità di esportazione di moduli solari nettamente superiore nel 2024 e nel 2025, e l’eccesso di offerta globale che ne deriva sta facendo scendere drasticamente i prezzi dei moduli. “Tutto ciò sta aumentando la redditività commerciale dell’energia solare rispetto alle fonti alternative di elettricità, sia all’interno della Cina che nei mercati asiatici più ampi e a livello globale”, hanno affermato gli esperti interpellati dal South China Morning Post. Paesi del sud-est asiatico come la Thailandia, il Vietnam e Singapore stanno accelerando la capacità di produzione di energia rinnovabile in linea con i loro obiettivi di emissioni nette zero entro il 2050 o il 2060, ma hanno trovato difficile ridurre la loro dipendenza dal carbone e dal gas. Le sfide per gli altri Paesi asiatici sono “molto diverse” da quelle della Cina, a causa della mancanza di accesso ai finanziamenti e dell’inadeguatezza delle infrastrutture di rete e dei sistemi di stoccaggio delle batterie. Ma grazie alla presenza di risorse naturali rinnovabili, il Sud-est asiatico ha un ampio margine di crescita nella produzione di energia rinnovabile. La Cina sta sviluppando e finanziando progetti di energia solare nella regione. Tra questi, il Mekong River Floating Solar Project in Thailandia da 2,2 gigawatt, il Don Sahong Dam Solar Project in Laos da 168 megawatt e il Cirata Floating Solar Project in Indonesia da 140 megawatt.

ASEAN e India, il legame si rafforza

Il viaggio a Nuova Delhi del Segretario generale dell’Associazione avvicina il blocco al gigante asiatico

Su invito del governo della Repubblica dell’India, S.E. Dr. Kao Kim Hourn, Segretario generale dell’ASEAN, ha effettuato una visita di lavoro in India dal 12 al 15 febbraio 2024. febbraio. La visita ha avuto lo scopo di far progredire ulteriormente il Partenariato Strategico Complessivo (CSC) ASEAN-India partenariato strategico globale (CSP), riattivando gli impegni attraverso lo spettro dei tre pilastri comunitari dell’ASEAN e promuovendo la diplomazia e la visibilità dell’ASEAN in India. Radicato in secoli di legami civili, connettività marittima e scambi interculturali, il Partenariato Strategico Complessivo ASEAN-India ha continuato a guadagnare slancio. Durante la visita, l’India ha riaffermato al Segretario generale dell’ASEAN il suo impegno a collaborare con l’ASEAN e i suoi partner a sostegno della pace, della stabilità e della prosperità della regione. L’India ha espresso il suo incrollabile sostegno alla centralità dell’ASEAN e alle prospettive dell’ASEAN per l’Indo-Pacifico (AOIP) come principio e quadro di riferimento per la promozione della cooperazione nella regione. La visita ha messo in evidenza la posizione dell’India come ottavo partner commerciale dell’ASEAN, con un commercio totale di 113,08 miliardi di dollari, pari al 2,94% del commercio totale dell’ASEAN. Nel frattempo, i flussi di investimenti diretti esteri dall’India all’ASEAN sono stati pari a 0,68 miliardi di dollari nel 2022. Per massimizzare ulteriormente il potenziale della cooperazione economica ASEAN-India e al contempo delle incertezze geo-economiche, il Segretario generale dell’ASEAN ha comunicato all’India la necessità per entrambe le parti di incrementare ulteriormente gli scambi e gli investimenti, anche attraverso l’utilizzo pieno ed efficace dell’area di libero scambio ASEAN-India (AIFTA), un rapido utilizzo della AIFTA (ASEAN-India Free Trade Area), la rapida conclusione dei negoziati di revisione dell’Accordo ASEAN-India sul commercio di beni (AITIGA) e la potenziale partecipazione dell’India al Partenariato economico globale regionale (RCEP). Nel frattempo, nel settore del turismo, le discussioni durante la visita hanno rilevato un aumento significativo del numero di arrivi di visitatori dall’India all’ASEAN, che si è attestato a 2,38 milioni nel 2022. Questo riflette i segnali positivi della ripresa post-COVID-19, che si prevede porterà ulteriori benefici ad entrambe le parti attraverso lo sviluppo di un turismo sostenibile e la collaborazione su iniziative di marketing per presentare l’ASEAN come una destinazione turistica unica per il mercato indiano.

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L’Occidente apre a Hun Manet

I rapporti tra i Paesi europei e il nuovo Premier cambogiano iniziano col piede giusto

Di Tommaso Magrini

Diventato premier della Cambogia la scorsa estate, Hun Manet sta ampliando la sua presenza sulla scena internazionale. Il figlio dell’ex premier Hun Sen è stato di recente a Davos per il World Economic Forum e si è poi recato in Francia, dove ha incontrato il Presidente Emmanuel Macron. Il viaggio a Parigi è stato visto come un successo per Manet, che è tornato con 235 milioni di dollari in accordi di sviluppo con la Francia per costruire infrastrutture energetiche e di acqua potabile e sostenere la formazione professionale in Cambogia e l’impegno a lavorare per un “partnership strategica”. Il viaggio ha inoltre evidenziato come, a vari livelli, i Paesi occidentali abbiano visto l’amministrazione di Manet, salita al potere ad agosto, come un’opportunità per migliorare le relazioni dopo quasi quattro decenni di governo del padre. I cambiamenti di tono post-elettorali non si sono limitati alla Francia. Gli Stati Uniti avevano inizialmente “sospeso” un pacchetto di aiuti da 18 milioni di dollari dopo le elezioni, che un funzionario del Dipartimento di Stato descrisse come “né libere né giuste”. Ma la decisione di sospendere gli aiuti è stata revocata due mesi dopo per “incoraggiare il nuovo governo a tener fede alle sue intenzioni dichiarate di essere più aperto e democratico”. Al forum economico di Davos, la direttrice dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale, Samantha Power, ha postato sui social una foto con Manet affermando che hanno discusso “dell’importanza della protezione dell’ambiente, della società civile e della lotta alla corruzione”. Manet, che ha studiato in Occidente e ha un dottorato in economia, è visto come un vero miglioramento rispetto a Hun Sen, sostengono fonti diplomatiche citate da Nikkei Asia. Certo, non mancano i punti critici ma per ora in molti sembrano disposti a sperare in un progressivo cambio di passo col nuovo leader.

L’intelligenza artificiale secondo l’ASEAN

L’ASEAN ha pubblicato a inizio febbraio una guida sull’intelligenza artificiale, intitolata AI Governance and Ethics. Ne pubblichiamo qui uno stralcio

L’intelligenza artificiale (AI) è la disciplina che rende intelligenti le macchine analitiche, permettendo a un’organizzazione di funzionare in modo appropriato e previdente. A differenza di altre tecnologie, alcune forme di IA si adattano da sole, imparando con l’uso, per cui le decisioni che prende oggi possono essere diverse da quelle che prenderà domani. L’IA e l’automazione sono temi caldi, sia per il loro potenziale di trasformazione, sia per la loro capacità di introdurre nuove opportunità, sconvolgendo i vecchi modelli. Il Sud-est asiatico non fa eccezione. I sistemi di IA dovrebbero essere trattati in modo diverso dagli altri sistemi software a causa delle loro caratteristiche e dei loro rischi unici. Le capacità dei sistemi di IA alimentati dall’evoluzione delle tecniche e dalle scoperte stanno rapidamente superando gli strumenti di monitoraggio e validazione. Lo sviluppo dell’IA è inoltre decentralizzato grazie alle basse barriere all’ingresso e alla proliferazione di tecnologie open-source. Considerato il profondo impatto che l’IA può avere sulle organizzazioni e sugli individui dell’ASEAN, è importante che le decisioni prese dall’IA siano allineate con i valori nazionali e aziendali, oltre che con i valori etici più ampi. In questo contesto, i Ministri del Digitale dell’ASEAN hanno identificato l’Azione Abilitante che suggerisce lo sviluppo e l’adozione di una politica regionale per fornire una guida alle migliori pratiche su Governance ed etica dell’IA. Negli ultimi anni, i governi e le organizzazioni internazionali hanno iniziato a emanare principi, quadri e raccomandazioni sull’etica e la governance dell’IA. Ne sono un esempio il Model AI Governance Framework1 e la Raccomandazione del Consiglio dell’OCSE sull’IA2. Tuttavia, non c’è ancora uno standard comune intergovernativo per l’IA che definisca i principi della governance dell’IA e fornisca una guida per i responsabili delle politiche nell’ambito dell’IA. Nel processo di redazione di questa Guida, sono stati presi in considerazione i quadri di riferimento e le linee guida esistenti in materia di IA, come la Raccomandazione dell’UNESCO sull’etica dell’IA e le Linee guida etiche dell’UE per un’IA affidabile. La Guida ASEAN sulla governance e l’etica dell’IA ha l’obiettivo di mettere le organizzazioni e i governi della regione in condizione di progettare, sviluppare e implementare sistemi tradizionali di IA in modo responsabile e ad aumentare la fiducia degli utenti nell’IA.

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Le iniziative dell’ASEAN verso un futuro digitale

Il blocco del Sud-Est asiatico continua a lavorare per tracciare la propria strada verso un futuro digitale sostenibile, mediante audaci progetti e avanzamenti tecnologici

Articolo di Walter Minutella

In questa epoca moderna la tecnologia sta rivestendo un ruolo sempre più imprescindibile per tutte le figure globalmente rilevanti, rivestendo una parte significativa in diverse aree, ed è determinante per lo sviluppo economico delle industrie moderne oltre che al loro impatto sulla concorrenza a livello mondiale, migliorando altresì la qualità di vita dei singoli individui.

Con il panorama sempre più interconnesso che caratterizza il mondo odierno, i paesi dell’ASAN si stanno adattando alla rivoluzione tecnologica incontrando molteplici ostacoli, tra cui la necessità di confrontarsi con una sempre crescente digitalizzazione, di promuovere la formazione di competenze digitali e di garantire una connettività affidabile. In questo specifico quadro di riferimento, l’ASEAN ha continuamente lavorato per tracciare la propria strada verso un futuro digitale sostenibile, mediante audaci progetti e avanzamenti tecnologici.

Il COVID-19 ha certamente dato un contributo essenziale nell’accelerazione del processo di digitalizzazione sociale, dimostrando l’utilità delle competenze informatiche e l’importanza di un ecosistema di apprendimento adatto. Nell’intento di migliorare le abilità tecniche dei propri cittadini, il piano di azione dell’ASEAN si impegna a rendere accessibili le tecnologie digitali in tutti i settori.

Un chiaro esempio di questo progresso è il progetto ASEAN Smart Cities Network (ASCN) che è stato lanciato nel 2018. L’obiettivo di questa iniziativa è di favorire una sinergia tra le città dell’ASEAN attraverso l’utilizzo di tecnologie moderne per affrontare sfide condivise. La priorità dell’ASCN è la promozione della mobilità intelligente attraverso il ricorso a veicoli elettrici, così come l’utilizzo consapevole delle risorse energetiche rinnovabili per minimizzare gli effetti negativi sull’ambiente.

Nell’incontro periodico dell’ASCN, ci si dedica ad esaminare diligentemente queste questioni e ad enfatizzare l’impegno deciso nell’avanzamento del progetto. Il Ministro degli Affari Interni indonesiano durante la sua partecipazione alla sesta riunione ASCN tenuta a Bali di recente, ha enfatizzato l’importanza di continuare a implementare le Smart Cities per affrontare le sfide legate all’urbanizzazione e allo sviluppo in sintonia con i cambiamenti globali, e la necessità di costruire una solida base per affrontare l’era dell’industria 4.0.

Durante la riunione è stata elogiata l’Indonesia per il suo impegno nel progetto e si sono messi in risalto tre punti fondamentali per migliorare i risultati delle attività promosse dall’ASCN: la condivisione di conoscenze, la cooperazione nella pianificazione urbana e la promozione di partenariati. In aggiunta a ciò, si è affrontato l’argomento riguardante l’inclusione di ulteriori attori nel progetto per ampliare i membri dell’ASCN.

Un altro progetto significativo è l’Iniziativa sulla Digitalizzazione che prevede una stretta collaborazione tra i Paesi dell’ASEAN al fine di implementare politiche comuni volte alla trasformazione digitale della regione. Gli Stati Membri si stanno impegnando per promuovere il diffondersi delle nuove tecnologie quali IA, IoT (Internet of Things) e blockchain che hanno già ottenuto una vasta adozione su scala mondiale. Al fine di attuare ciò, l’ASEAN favorisce una sinergia tra il settore pubblico e quello privato, si impegna nello sviluppo delle competenze digitali della forza lavoro ed è attiva nella promozione dell’innovazione tecnologica con equo accesso a tutti i cittadini. Questo progetto mira a diminuire il divario digitale che si verifica tra varie aree geografiche all’interno dell’ASEAN, oltre a favorire l’inclusione delle tecnologie digitali nell’intera comunità.

Il “Master Plan on ASEAN Connectivity 2025” occupa una posizione centrale in queste innovazioni recenti. Questo progetto ambisce a potenziare la connettività infrastrutturale nella regione attraverso migliorie alle reti dei trasporti, all’energia e alle comunicazioni. Il focus principale del progetto riguarda il potenziamento della connettività digitale, con particolare attenzione allo sviluppo di infrastrutture digitalmente avanzate come reti veloci a banda larga e piattaforme tecnologiche integrate. L’obiettivo è quello di stimolare l’integrazione nella regione per favorire una crescita economica sostenibile.

Nella cornice dello sviluppo delle infrastrutture digitali all’avanguardia, va messa in risalto la recente estensione del rapporto tra l’ASEAN e il colosso tecnologico cinese Huawei. Questo rapporto si basa su un forte impegno reciproco nel promuovere uno sviluppo tecnologico sostenibile nell’area.

Per mettere in risalto il talento dei giovani, la Fondazione ASEAN ha lavorato insieme a Huawei in programmi come ASEAN Seeds for the Future, il quale mira a costruire un ecosistema digitale inclusivo, focalizzandosi sullo sviluppo del talento ICT locale e sulla promozione della partecipazione nella società digitale.

Il rinnovo del contratto è una chiara testimonianza dell’impegno dell’ASEAN per la sostenibilità, soprattutto riguardo alla crescita delle reti di ultima generazione. La caratteristica principale della cooperazione con Huawei risiede nel perseguire una crescita digitale sostenibile, facendo attenzione ai suoi impatti sia sul piano ambientale che sociale.

Risulta evidente che l’ASEAN, sul piano internazionale, si stia facendo strada nel campo dell’innovazione tecnologica diventando un protagonista importante. Il panorama odierno è caratterizzato da progetti ambiziosi, collaborazioni internazionali e sforzi per lo sviluppo delle competenze digitali. Anche se riguarda solo un piccolo frammento di questa vasta realtà, la vicenda Huawei pone l’enfasi sull’importanza di considerare gli eventi globali nel contesto delle iniziative regionali per comprendere appieno il ruolo e l’impatto dell’ASEAN nell’era digitale.

La strada del Vietnam verso la ricchezza

Il Paese del Sud-Est asiatico è uno di quelli posizionati meglio per aumentare il suo benesse

Di Tommaso Magrini

La crescente rilevanza geopolitica del Vietnam si basa sulla sua forte performance economica, oltre che sulla geografia. Quando il Vietnam iniziò ad aprirsi, a metà degli anni ’80, il reddito annuo pro capite era la metà di quello del Kenya. Grazie a politiche pragmatiche e sempre più favorevoli alle imprese, da allora è cresciuto di sei volte fino a raggiungere i 3.700 dollari. Oggi, l’ambizione del governo di trasformare il Vietnam in un paese ricco entro il 2045 è plausibile, sostiene l’Economist. Dal punto di vista economico, il Vietnam probabilmente non ha mai dovuto affrontare un contesto globale più favorevole. La geopolitica sta spingendo gli investimenti verso questo obiettivo, mentre l’America cerca di sganciarsi dalla Cina e le aziende private di tutte le nazionalità intuiscono la direzione in cui soffia il vento. La maggior parte dei produttori non può semplicemente ritirarsi dalla Cina. Ma per mitigare il costo delle barriere commerciali attuali e future, possono coprire le loro scommesse facendo cose anche altrove (una strategia nota come “Cina + 1”). Le aziende che esportano in Occidente stanno spostando la produzione in Vietnam. Marchi come Samsung e Apple stanno realizzando gadget lì. Intorno a loro si stringono i fornitori, compresi quelli cinesi. Nei primi tre trimestri del 2023 gli afflussi di investimenti diretti esteri in Vietnam in percentuale del Pil sono stati due volte più grandi che in Indonesia, Filippine o Thailandia. Secondo l’Economist, i numerosi e giovani lavoratori del settore manifatturiero del Vietnam sono diligenti, ragionevolmente istruiti e costano la metà di quelli delle zone costiere cinesi. Bene anche sul fronte della sicurezza. Il Vietnam, a differenza dell’Indonesia e delle Filippine, non ha problemi con il terrorismo islamico. Offre peraltro grossi incentivi agli investitori stranieri, a partire da agevolazioni fiscali, terreni a buon mercato.

ASEAN e UE rafforzano le relazioni

I due blocchi hanno tenuto il 24° incontro ministeriale a Bruxelles, concordando di intensificare i rapporti

Durante il 24° incontro ministeriale ASEAN-UE, tenutosi a Bruxelles il 2 febbraio, si è deciso di intensificare ulteriormente le relazioni commerciali e di investimento tra i Paesi. “Siamo stati incoraggiati dalla solida cooperazione economica tra l’ASEAN e l’UE, che è il terzo investitore estero dell’ASEAN e il terzo partner commerciale nel 2022, e abbiamo ribadito il nostro impegno a sfruttare questo slancio positivo per intensificare ulteriormente le relazioni commerciali e di investimento tra l’ASEAN e l’UE”, si legge nella dichiarazione ministeriale congiunta rilasciata sabato 3 febbraio. All’incontro, cui hanno partecipato i ministri degli Esteri dell’ASEAN e dei Paesi membri dell’UE, il Segretariato dell’ASEAN e la Commissione europea, nonché Timor Est in qualità di osservatore dell’ASEAN, l’ASEAN ha ribadito l’importanza di trovare soluzioni ai problemi di accesso al mercato di lunga data. Entrambe le parti accolgono inoltre con favore le opportunità di aumentare gli scambi e gli investimenti attraverso accordi bilaterali di libero scambio, di rafforzare la connettività e le relazioni economiche tra le due regioni e di incrementare lo sviluppo sostenibile per entrambe le parti, ad esempio attraverso il Gruppo di lavoro congiunto ASEAN-UE sul commercio e gli investimenti (JWG). “Intensificheremo il nostro impegno sulle questioni commerciali ed economiche ed esploreremo altre sedi nel breve e medio termine per promuovere la cooperazione in settori di reciproco interesse, come l’economia digitale, le tecnologie e i servizi verdi, la produzione e il consumo sostenibili di materie prime e la resilienza della catena di approvvigionamento, riaffermando al contempo un futuro accordo di libero scambio ASEAN-UE come obiettivo comune a lungo termine”, si legge nel comunicato. Inoltre, durante l’incontro presieduto dal Ministro degli Esteri filippino Enrique Manalo e dal Vicepresidente della Commissione europea Josep Borrell, l’ASEAN e l’UE hanno riaffermato i valori condivisi e gli interessi comuni che sono alla base dei 47 anni di relazioni di dialogo ASEAN-UE e hanno espresso soddisfazione per la natura completa e diversificata dei partenariati dinamici. Hanno inoltre riaffermato il partenariato strategico e l’interesse comune a mantenere le regioni pacifiche, stabili e prospere, a sostenere e rispettare il diritto internazionale e l’ordine internazionale basato sulle regole e sull’adesione al diritto internazionale e a mantenere la pace, la sicurezza e la stabilità, anche attraverso misure quali la promozione e la protezione dei diritti umani, anche per le persone con disabilità, la parità di genere e le libertà fondamentali.

Clicca qui per leggere il comunicato in integrale

Chi sono i candidati alla presidenza dell’Indonesia

Prabowo, Ministro della Difesa e generale in pensione, è il favorito. Il suo vice è Gibran, figlio del suo storico rivale e Presidente uscente Joko Widodo

Di Tommaso Magrini

Ci siamo. Pochi giorni e si terranno le elezioni presidenziali in Indonesia. Il 14 febbraio una delle più grandi democrazie del mondo va alle urne per scegliere il suo prossimo leader. Secondo la commissione elettorale, circa 205 milioni degli oltre 270 milioni di indonesiani hanno diritto di voto e circa un terzo di questi ha meno di 30 anni. Lo scrutinio presidenziale si terrà lo stesso giorno delle elezioni parlamentari nazionali e gli elettori sceglieranno anche i rappresentanti esecutivi e legislativi a tutti i livelli amministrativi in ​​tutta l’Indonesia.

Il favorito appare Prabowo Subianto. Genero di Suharto e già capo delle forze speciali, il generale in pensione è stato in passato accusato di essere tra i responsabili della repressione delle proteste degli studenti, delle sparizioni e degli omicidi extragiudiziali degli oppositori, delle violazioni dei diritti umani contro le minoranze di Papua e Timor Est. Dopo l’allontanamento dall’esercito e alcuni anni di autoesilio in Giordania per un tentato colpo di Stato, Prabowo è ora convinto che alle elezioni del 14 febbraio riuscirà a diventare presidente della prima economia dell’Asia sud-orientale. Negli ultimi dieci anni, per due volte Prabowo aveva tentato la corsa per il palazzo presidenziale di Giacarta, venendo però sconfitto dal riformatore Joko Widodo.

Stavolta Prabowo ci crede davvero, dopo essere entrato a far parte del governo nel 2019 come ministro della Difesa. Secondo il presidente Widodo, Prabowo è stato scelto come ministro della Difesa perché “ha una vasta esperienza in quel campo”. Come spiega Francesco Radicioni, corrispondente di Radio Radicale da Bangkok, “archiviata la posa machista da militare legge-e-ordine, ora Prabowo condivide con i suoi milioni follower su Instagram e TikTok post dai toni rilassati e accattivanti che gli hanno fatto conquistare una valanga di like e commenti entusiasti: la parola più usata online è «gemoy», un’espressione che suona come «adorabile»”. 

Il vero colpo di scena, però, c’è stato quando Prabowo ha annunciato che il suo candidato alla vice-presidenza sarebbe stato Gibran Rakabuming Raka: classe 1987, giovane sindaco di una piccola città sull’isola di Giava, ma soprattutto figlio dello stesso presidente Widodo. Una mossa davvero a sorpresa, visto che in Indonesia la legge fissa a 40 anni l’età minima per correre alla vice-presidenza. Alla vigilia della presentazione dei candidati, la Corte Costituzionale ha però deciso che quel limite non si doveva applicare a quelli che hanno già vinto un’elezione locale. 

E gli sfidanti? Ganjar Pranowo è il candidato del Partito Democratico di Lotta indonesiano al potere. La sua lunga carriera nel servizio pubblico, più recentemente come governatore di Giava Centrale, gli ha fatto guadagnare un seguito fuori dalla capitale Giacarta. Nei sondaggi di opinione è lui il secondo in classifica dietro Prabowo. E poi c’è la candidatura indipendente di Anies Baswedan, già alla guida del governo della capitale e per qualche mese anche ministro dell’amministrazione di Jokowi, prima di passare all’opposizione. 

Anche se oggi Prabowo è considerato il favorito, gli analisti si interrogano se davvero l’ex-generale riuscirà a conquistare gli elettori che negli ultimi dieci anni hanno voluto premiare l’agenda liberale e riformista di Widodo. Se mercoledì 14 febbraio nessuno riuscirà a ottenere la maggioranza assoluta dei voti, l’Indonesia tornerà alle urne a giugno per il ballottaggio. Ad agosto, invece, la capitale si sposterà da Giacarta a Nusantara, nel Borneo: l’ultima eredità di Widodo, che spera però di vedere continuare la sua dinastia politica col figlio alla vicepresidenza.

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