Asean

La partnership strategica tra UE e ASEAN

Accrescere la cooperazione tra le due regioni sarà utile per affrontare le emergenti sfide globali

La partnership UE-ASEAN risale al 1972, quando la Comunità Economica Europea divenne il primo partner formale di dialogo dell’ASEAN. Negli ultimi 48 anni, la cooperazione tra i due soggetti è notevolmente migliorata, includendo aree sempre più strategiche e promuovendo il dialogo su tematiche inerenti all’economia, alla politica, alla sicurezza e socioculturali in senso più ampio.

Questi temi sono diventati sempre più centrali nelle relazioni UE-ASEAN. Per affrontarli adeguatamente, quindi, le due regioni hanno promosso diverse iniziative tra cui meeting tecnici, incontri ministeriali periodici e grandi eventi, come i Dialoghi di alto livello su argomenti specifici, rafforzando il coordinamento e la cooperazione sulla base di interessi e valori comuni. 

La cooperazione economica, in particolare, è diventata sempre più rilevante e sta generando vantaggi significativi per entrambi gli attori. Il commercio interregionale e gli investimenti si sono notevolmente intensificati negli ultimi decenni. Ad oggi, l’UE è il secondo partner commerciale dell’ASEAN e l’ASEAN è il terzo partner commerciale dell’UE. Nel 2018 gli scambi complessivi di merci hanno raggiunto i 237 miliardi di euro, il doppio rispetto al 2008, mentre gli scambi di servizi – 88,3 miliardi di euro – sono più che raddoppiati nel 2017 rispetto al 2007. L’UE rimane il maggiore fornitore di investimenti diretti esteri nell’ASEAN con un valore di 330 miliardi di euro, sulla base dei dati del 2017. Inoltre, la metà dei fondi di cooperazione dell’UE all’ASEAN per il periodo 2014-2020 è stata destinata all’integrazione economica del Sud-Est asiatico e all’ASEAN Economic Community, con progetti specifici volti a promuovere il dialogo e la cooperazione in ambito economico e commerciale. Singapore e Vietnam hanno già firmato un accordo di libero scambio con l’UE e i negoziati stanno gradualmente evolvendo con diversi altri Stati membri dell’ASEAN, in vista della possibile definizione di un accordo commerciale tra i due blocchi. Nonostante l’impatto della pandemia globale dunque, entrambe le organizzazioni sembrano decise a continuare ad investire nella cooperazione economica per rafforzare la resilienza del sistema globale. 

Per quanto riguarda le tematiche di sicurezza, invece, anche se il coordinamento tra i due attori è migliorato negli ultimi anni, devono ancora essere compiuti progressi significativi. La prima missione della Politica europea di sicurezza e di difesa comune nel Sud-Est asiatico, la missione di monitoraggio di Aceh – incentrata sul processo di pace in Aceh, Indonesia – ha inizialmente avuto un discreto successo ma non è stata poi in grado di produrre risultati concreti. Tuttavia, la cooperazione UE-ASEAN in questo ambito si è notevolmente ampliata nel campo delle questioni di sicurezza “non tradizionali”, quali sicurezza informatica, deradicalizzazione, minacce chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari. A questo proposito, l’iniziativa dell’UE per il lancio di Centri di eccellenza per la riduzione dei rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari (CBRN) è stata istituita proprio con l’obiettivo di rafforzare il coordinamento con i Paesi partner, tra cui gli Stati membri dell’ASEAN, e di ridurre i rischi CBRN a livello nazionale, regionale e internazionale. Per il futuro, un partenariato globale UE-ASEAN che metta l’accento anche sul rafforzamento delle capacità comuni in materia di sicurezza sarà fondamentale per rafforzare gli interessi di entrambi gli attori nella regione del Pacifico. 

Inoltre, le due regioni stanno lavorando insieme per migliorare la cooperazione anche in altri campi, tra cui la cultura, l’istruzione e l’innovazione. La cooperazione UE-ASEAN mira infatti a costruire società in cui venga dato il giusto peso al benessere comune. Tra le varie iniziative, è stata posta maggiore enfasi sull’istruzione superiore, come area tematica chiave della cooperazione UE-ASEAN. Dal 2014, oltre 5500 studenti e personale delle università del Sud-Est asiatico si sono recati in Europa, finanziati dall’UE e dai suoi Stati membri, e quasi 3000 studenti e componenti del personale europee hanno lavorato o studiato in ASEAN nell’ambito del programma Erasmus+. La cooperazione accademica comprende anche il programma Horizon 2020, che sostiene la ricerca e l’innovazione con progetti di collaborazione nella regione ASEAN, coprendo aree che includono salute, cibo, ambiente e nanotecnologie. 

Essendo i due più importanti progetti di integrazione regionale al mondo, l’ASEAN e l’Unione Europea appaiono come partner naturali, legati da valori e interessi condivisi nel promuovere la pace, la stabilità e la prosperità per i loro cittadini. Entrambi sono impegnati ad affrontare le sfide attuali con un approccio multilaterale, incentrato sul dialogo e sulla cooperazione. Il 22 gennaio 2019, la riunione dei Ministri degli Esteri dei due blocchi ha deciso di elevare le relazioni UE-ASEAN al livello di partenariato strategico, riconoscendo gli impressionanti progressi compiuti nell’attuazione del piano d’azione UE-ASEAN per il periodo 2018-2022. Ciò consentirà un maggiore impegno sulle principali questioni regionali e sulle sfide globali più urgenti di questo secolo, compresa la risposta all’emergenza climatica e la promozione della pace e della sicurezza. Saranno necessari ulteriori sforzi in questa delicata fase caratterizzata dalla pandemia, al fine di rafforzare le relazioni tra le due regioni e ottenere risultati concreti nell’adeguamento del processo di globalizzazione a beneficio del maggior numero possibile di cittadini ma sempre nel rispetto dell’ambiente e a tutela delle classi più deboli della società.

A cura di Ngoc lien Tran 

Agri-food e Made in Italy al centro degli scambi commerciali con l’ASEAN

Le eccellenze italiane attirano nuovi consumatori nel Sud-Est asiatico

A seguito dell’incontro del 13 ottobre riguardo le nuove opportunità per la filiera agro-alimentare dell’Emilia-Romagna in ASEAN, è emerso, con un certo grado di consenso, quanto i Paesi della regione siano affascinati dal marchio “Made in Italy” e dal nostro Paese.  

Il nuovo trattato di libero scambio con il Vietnam, entrato in vigore il 1° agosto, promuove nuove possibilità di interazioni commerciali tra le due regioni e sottolinea la crescente attenzione che il Paese ha mostrato nei confronti dei prodotti italiani. A tal proposito, la creazione di accordi di libero scambio tra UE e ASEAN sarebbe utile a eliminare fenomeni di Italian Sounding. Si tratta di una pratica abbastanza diffusa da parte delle aziende estere che hanno l’obiettivo di attrarre nuovi consumatori proponendo loro delle riproduzioni delle eccellenze enogastronomiche italiane. 

La Dott.ssa Formentini, addetta all’ASEAN Desk presso la Commissione Europea, ha spiegato come riconoscerle, riservando particolare attenzione ai mezzi di identificazione quali i marchi IGP (Indicazione Geografica Protetta) e DOP (Denominazione di Origine Protetta). L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a Denominazione di Origine Protetta e Indicazione Geografica Protetta riconosciuti dall’Unione Europea, per un totale di 299 prodotti, e ancora oggi ci sono prodotti che continuano a ricevere gli ambiti riconoscimenti, uno su tutti l’Olio Lucano che fa salire a 18 i prodotti d’eccellenza della Basilicata. 

I Paesi ASEAN non sono indifferenti a questi traguardi e mostrano un grande interesse nei confronti dei prodotti agro-alimentari di origine italiana, anche in virtù della loro rinomata reputazione a livello internazionale. Tuttavia, è bene non sottovalutare i rischi legati al libero commercio sui beni sostituti. L’apertura delle barriere e la crescente importazione di merci possono avere delle conseguenze negative sui prodotti autoctoni appartenenti alle medesime catene di produzione. Basti pensare alle opinioni che circolavano nel 2017 circa le conseguenze dell’esportazione di mozzarelle di bufala dall’Italia sul commercio dei formaggi freschi in Canada o la possibile imitazione del celebre latticino campano successivamente all’entrata in vigore del CETA. Si tratta di tutele che devono essere garantite anche ai prodotti IGP e DOP provenienti dall’Emilia-Romagna. La regione, infatti, ha mostrato grande interesse per cogliere le opportunità derivanti da eventuali accordi di libero scambio, al fine di ampliare la propria rete di contatti commerciali e garantire una ripresa agile delle aziende dopo la crisi innestata dalla pandemia da Covid-19. Gli imprenditori stanno dimostrando una grande capacità di reazione nei confronti di questo momento critico e un forte senso di apertura nei confronti di una regione del mondo in costante sviluppo. 

L’ASEAN è una delle poche aree del globo ad aver mostrato prontezza nella gestione dell’emergenza sanitaria e si rivela similarmente disposta a mettersi in contatto con nuovi interlocutori. Si è, infatti, tenuta il 9 agosto in Thailandia la fiera “Food and Hotel” organizzato da Bellavita Expo con la partecipazione della Camera di Commercio Italo-Thailandese. Si tratta della principale fiera commerciale nei settori dell’ospitalità e della gastronomia in Thailandia e nel Sud-Est asiatico, durante la quale sono stati descritti e pubblicizzati i migliori prodotti di food and beverage italiani per oltre 29.000 professionisti del settore. L’evento ha voluto dare un impulso deciso per segnalare la crescita del settore alimentare e dell’ospitalità in Thailandia, con l’auspicio di offrire opportunità eccezionali alle imprese Italiane di arricchire le proprie conoscenze con professionisti del settore, promuovendo le proprie imprese sul territorio. 

Gli ultimi sviluppi pongono, dunque, delle previsioni ottimistiche circa la popolarità dei prodotti di origine italiana e fanno ben sperare sul progredire delle relazioni commerciali tra UE e Sud-Est asiatico, nonchè sulla diffusione delle eccellenze enogastronomiche italiane nel mondo.

A cura di Hania Hasim 

Partire col Phad Thai giusto

Il Sud-Est asiatico si afferma sempre più in Italia ed Europa anche grazie alla sua ricca offerta gastronomica

“Non mangiate niente che la vostra bisnonna non riconoscerebbe come cibo”, direbbe lo scrittore statunitense Michael Pollan. Una regola d’oro osservata con rigore specialmente dagli italiani, famosi per essere pronti a scrutare con occhio critico qualsiasi piatto proveniente dall’estero. Eppure, negli ultimi anni la cucina del Sud-Est asiatico sta riuscendo a superare i limiti imposti dalla geografia e ad aggiudicarsi anche il cuore dei più scettici. Ne sono una prova non solo i numerosissimi ristoranti di cucina thailandese e vietnamita che stanno facendo la loro comparsa in tutta Italia, ma anche la produzione di nuove serie tv che raccontano i profumi, il gusto e i colori della cucina asiatica. Ma quali sono i piatti più apprezzati in Europa e in Italia oggi, che conquisterebbero persino la vostra bisnonna? 

Libri interi non basterebbero a spiegare la ricchezza e la varietà di ingredienti della cucina del Vietnam. Ancor prima della colonizzazione francese, che avrebbe dato via all’Unione Indocinese nel 1887 e influenzato in maniera importante le abitudini alimentari di questa regione, è la vicina Cina a dare un contributo fondamentale allo sviluppo di piatti popolari vietnamiti: non solo wonton e noodles di grano, ma anche ingredienti come peperoncini piccanti e granoturco si ritrovano, infatti, in entrambe le cucine. Con l’arrivo dei francesi, la lista degli ingredienti disponibili si è ampliata fino a comprendere patate, cipolle, asparagi, caffè. E sorprendentemente oggi due dei piatti più amati della cucina tipica vietnamita, sia dai locali che dagli europei, vengono proprio dall’influenza dei nostri cugini d’oltralpe! 

Il primo è il Bánh mì, un gustoso panino farcito nei modi più fantasiosi, come per esempio carne arrostita, coriandolo, verdure e salse. Il pane utilizzato è simile nella forma ad una baguette, ma al posto della farina di grano viene utilizzata quella di riso. Il secondo invece è il celeberrimo Pho, una zuppa di brodo di carne e spaghetti di riso. Si pensa che il nome Pho (pronuncia: fuh) venga dal francese pot au feu (stufato di carne), e proprio la presenza della carne di manzo, raramente presente in altri piatti tipici della cucina asiatica, è un altro indice del lascito coloniale. 

E che dire della cucina thailandese? Amata sempre di più in terra nostrana, come sottolineano i numerosi ristoranti che stanno nascendo dappertutto, non solo a Roma o a Milano, ma anche in altre città italiane. Oltre al classico Phad Thai (noodles di riso saltati in padella con verdure fresche, uova, arachidi tostati, salsa di pesce, salsa al tamarindo, aglio, peperoncino, zucchero di palma e lime), la grande varietà di sapori e ingredienti combinati con estro e creatività della cucina thailandese conquista l’occidente giorno dopo giorno: tanto che il thailandese Massaman curry, il “re dei curry”, si è aggiudicato il primo posto nella classifica “The world’s 50 best foods” rilasciata da CNN appena due settimane fa per l’anno 2020. Il motivo? “Persino la sua versione da supermercato sarebbe in grado di trasformare il più incapace dei cuochi in un potenziale Michelin”.

Sebbene sia più difficile trovare in Italia ristoranti di cucina indonesiana, singaporiana, o di altri Paesi del Sud-Est asiatico, l’interesse verso di essi in occidente rappresenta un trend in costante crescita. Basti pensare che molti altri piatti che si sono aggiudicati un posto nella classifica citata poco fa provengono da Paesi ASEAN. O che ben due serie tv (Street Food Asia e Chef’s Table) Netflix, il gigante mediatico sempre attento alle esigenze di mercato specialmente dei giovanissimi, dedicano molti episodi alla cucina di Bali, Yogyakarta, Cebu, e altre sue città. 

Tutti segnali incoraggianti che dimostrano, ancora una volta, come il Sud-Est asiatico, la sua storia, la sua tradizione, e (ovviamente) la sua ricca cucina, suscitino l’interesse sempre più vivo in Europa e nel mondo.

A cura di Valentina Beomonte Zobel

L’importanza della sicurezza comune per l’ASEAN

Per affrontare le nuove sfide geopolitiche, l’ASEAN dovrebbe progredire verso forme di cooperazione più concrete nel settore della difesa 

Nella dichiarazione di Bangkok, documento fondante dell’Associazione, si legge che la pace e la stabilità della regione sono tra gli obiettivi primari dell’ASEAN. Tuttavia, la struttura stessa dell’organizzazione, rende difficile fare progressi significativi e concreti in materia di sicurezza e difesa comune. 

L’ASEAN nasce infatti dal raccordo di una serie di principi cardine che sono alla base della fiducia tra i Paesi membri. Questo approccio – definito The ASEAN Way – è fondato sul rispetto della sovranità nazionale, la non interferenza negli affari interni, la rinuncia all’uso della forza come strumento per sedare le dispute e l’unanimità nelle procedure decisionali. Il tema della sicurezza e della difesa comune è dunque sempre stato delicato da trattare, e i progressi in questo settore sono sempre stati modesti.  

Negli ultimi decenni, l’Indonesia è stato il Paese che più si è speso per accelerare il processo di integrazione in questo campo. Nel 2003, a margine del 9° ASEAN Summit a Bali, il governo indonesiano riuscì nel suo intento di inserire la ASEAN Security Community tra i tre pilastri fondamentali della struttura dell’Associazione. L’ASEAN Political-Security Community – come viene chiamata dal 2015 – ha rappresentato un passo in avanti notevole verso il rafforzamento dei legami tra i vari Paesi, costituendo una piattaforma utile a risolvere dispute e a favorire il dialogo e la cooperazione in materia di difesa e politica estera. A partire dal 2010 poi, hanno acquisito importanza e centralità anche i Meeting dei Ministri della Difesa dei Paesi ASEAN con i diversi partner internazionali dell’Associazione, dalla Cina, e il Giappone, fino all’Australia e gli USA. 

Nonostante i progressi degli ultimi anni però, l’ASEAN fatica ancora ad avanzare verso una comunità concreta nel settore della difesa. La cooperazione al momento è orientata alla consultazione dei partner e al dialogo, e i Paesi membri sono poco inclini alla formulazione di una strategia di lungo periodo comune e condivisa. Sul delicato tema del Mar Cinese Meridionale, che vede coinvolte diverse nazioni dell’ASEAN tra cui Indonesia, Malesia, Filippine e Vietnam, stenta a nascere la strategia comune di lungo periodo che sarebbe necessaria ad affrontare la sfida. 

Oggi infatti, il continuo evolvere del contesto geopolitico globale rende chiara la necessità per l’ASEAN di approfondire il discorso sulla sicurezza comune. Il ruolo degli USA nel Pacifico sta cambiando, la Cina avanza nel Mar Cinese Meridionale, lo scontro tra Washington e Pechino apre nuovi scenari e la crisi pandemica ha generato stravolgimenti senza precedenti negli equilibri regionali e globali. Dimensione economica e geopolitica vanno oramai di pari passo, ed è tempo per l’ASEAN di investire nella direzione di maggiori forme di cooperazione anche in materia di difesa. 

Il 2020 è un anno particolarmente importante per il settore della sicurezza nei Paesi del Sud-Est asiatico. Ben due nazioni dell’ASEAN, Indonesia e Vietnam, sono infatti membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Un’opportunità unica per far avanzare le priorità della regione ai tavoli diplomatici più rilevanti. La regione del Sud-Est asiatico sta acquisendo sempre maggiore importanza a livello economico e commerciale, ma dovrebbe ora iniziare a costruire anche una dimensione geopolitica per affrontare le nuove sfide con strumenti efficaci. Sarà dunque fondamentale per i Paesi ASEAN continuare nel percorso avviato verso la definizione di una vera e propria comunità di difesa e sicurezza, con l’obiettivo di garantire il principio di pace e stabilità che è alla base dell’Associazione stessa. 

A cura di Tullio Ambrosone e Luca Menghini 

2° Digital Round Table sulle relazioni economiche tra Italia e ASEAN

Al centro della discussione tecnologia e innovazione, con un focus sulle possibilità di investimento nei Paesi ASEAN

Si è svolta mercoledì 30 settembre la 2° tavola rotonda del digital High Level Dialogue organizzato da The European House Ambrosetti in collaborazione con l’Associazione Italia-ASEAN sul tema delle relazioni tra l’Italia e l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico. Ora che l’Italia è ufficialmente diventata Partner di Sviluppo dell’ASEAN infatti, cresce l’importanza della regione del Sud-Est asiatico per il commercio e l’export del nostro Paese. In particolare, nei settori della manifattura, della tecnologia e della connettività, Italia e ASEAN hanno ora un’occasione unica per avanzare le relazioni e raggiungere importanti obiettivi comuni. 

Preponderante dallo scoppio della pandemia è stato il tema della rivoluzione digitale. Durante le fasi più acute della crisi, il ruolo della connettività è stato fondamentale per assumere un approccio resiliente, permettendo di non interrompere il ciclo produttivo e spingendo le aziende a ripensare il proprio modello di sviluppo anche per il futuro. Nonostante il calo delle attività economiche a livello complessivo, il settore digitale è cresciuto in maniera significativa durante la pandemia e risulta oggi uno dei settori più dinamici, soprattutto nel Sud-Est asiatico. Sempre più aziende puntano ad ampliare l’offerta di servizi digitali nella regione, investendo su intelligenza artificiale e big data, e i governi ASEAN sembrano intenzionati ad accompagnare questo processo per raccogliere i frutti della rivoluzione digitale. Nella fase post-pandemica sarà dunque fondamentale aumentare gli investimenti nel settore digitale per sostenere la ripresa economica. 

In particolare, durante l’evento, diversi speaker hanno evidenziato la necessità di diversificare gli investimenti in tecnologia per sfruttare tutte le possibilità che questo settore può offrire. Particolarmente interessante il tema delle smart-cities e lo sviluppo tecnologico dei centri urbani. In quanto Paesi densamente popolati, diversi membri dell’ASEAN si trovano ad avere grosse difficoltà a gestire le sempre più caotiche e dinamiche megalopoli della regione. La tecnologia offre in questo senso strumenti estremamente interessanti, dalla gestione della mobilità, fino alle infrastrutture, l’approvvigionamento energetico e il settore alimentare. Secondo diversi esperti che sono intervenuti, maggiori investimenti in digitalizzazione saranno fondamentali per accrescere la competitività e la produttività delle aziende, e per creare ecosistemi sociali più innovativi e sostenibili. Lo spazio per intervenire è ampio e anche le aziende italiane dovrebbero puntare sul ricco mercato dell’Asia sud-orientale per diversificare gli investimenti e cavalcare l’onda della crescita dei Paesi ASEAN. 

Infine, particolare attenzione è stata posta al tema dello sviluppo del settore dell’aviazione, tra i più colpiti dalle conseguenze della crisi pandemica. I divieti di ingresso per i cittadini stranieri imposti in molti Paesi durante la fase più grave della pandemia, insieme alle misure restrittive ancora in vigore per contenere la diffusione del virus, hanno messo a dura prova le compagnie aree e dunque tutto il settore dell’aviazione. Tra gli speaker, Emanuele Lourier, Sales Manager di Leonardo, ha presentato due possibili scenari per il prossimo futuro. Il primo vedrebbe un recupero del traffico aereo a partire dal 2022, con un graduale ritorno ai livelli del 2019; il secondo invece, più pessimista, prevede un recupero del settore nel 2023, con un ritorno alla crescita effettiva solo nel 2024. Tuttavia, nonostante le difficoltà degli ultimi mesi e le sfide del futuro, il traffico aereo nel Sud-Est asiatico è destinato a crescere di diversi punti percentuali nei prossimi dieci anni, in linea con la crescita della popolazione. Anche questo settore dunque può ancora offrire opportunità interessanti per le aziende disposte a puntare sul lungo periodo. 

Nonostante la pandemia stia complicando i rapporti e le relazioni internazionali, Italia e ASEAN continuano a puntare sul multilateralismo e sul libero scambio per uscire da questa crisi. Solo attraverso maggiori forme di cooperazione le due regioni potranno rilanciare la crescita e costruire un modello economico innovativo e sostenibile. I prossimi anni saranno fondamentali in questo senso, toccherà ai governi e alle imprese gettare le basi per la ripresa, consapevoli delle potenzialità che la cooperazione tra Italia e ASEAN può offrire.

 A cura della Redazione 

Italia, Asia e la botanica: una lunga storia

Il 2020 celebra i 100 anni dalla morte di Odoardo Beccari, un botanico che ha contribuito enormemente alla conoscenza della biodiversità del Sud-Est asiatico 

Il 2020 segna due eventi importanti che collegano l’Italia ed il Sud-Est asiatico. Si celebrano i 500 anni della circumnavigazione del globo da parte del portoghese Ferdinando Magellano, con i rapporti del giovane italiano Antonio Pigafetta che descrissero agli europei le città, i popoli ed i costumi del Sud-Est asiatico. Quest’anno poi, si celebra anche il centenario dalla morte del botanico Odoardo Beccari. 

Anche se Odordo Beccari non è un nome famoso ai molti, i suoi lavori scientifici e le numerose piante descritte fanno di lui uno dei più importanti botanici tropicali a cavallo tra ottocento e novecento, sia in Italia che in Europa. I suoi scritti furono fonte di ispirazione per gli ambienti, i nomi e le avventure dei pirati di Sandokan di Emilio Salgari.

Toscano di nascita, con il Marchese Giacomo Doria, organizzarono il loro primo viaggio esplorativo nel Regno di Sarawak (Borneo) nel 1865. Il viaggio li portò nello Sri Lanka, quindi Singapore fino ad arrivare a Kuching, capitale del Sarawak. Dopo una prima permaneza, come ospiti del Rajah James Brooke, i due si spostarono sul monte Battang a circa 300 metri di altezza, cominciando da qui le loro collezioni. A questa prima spedizione ne seguirono altre, nel Sud-Est asiatico e in Africa, con altri importanti scienziati italiani. Le collezioni di Beccari si trovano oggi presso l’erbazio nazionale di Firenze, mentre le collezioni zoologiche ed antropologiche presso il Museo di Storia Naturale di Genova.

Con il centenario della morte sono state organizzate diverse iniziative in suo onore sia in Italia che nel Sud-Est asiatico. L’erbario di Firenze è prossimo ad inaugurare una mostra sulla vita e l’opera di Beccari (25 ottobre 2020 – 28 febbraio 2021). Per l’occasione verrà presentata la ristampa anastatica del libro Nelle foreste di Borneo

La città di Kuching (Sarawak) che vide il giovane ventenne affrontare le foreste tropicali, organizza ben quattro eventi di commemorazione. Il 25 luglio è stato inaugurato il ‘Beccari Discovery trail’ un percorso di 3.2 km sul monte Batang, lo stesso monte dove Beccari costruì il suo campo base (Villa Vallombrosa). A settembre verrà inaugurata la ‘Hidden Valley of the Rattans’ presso il Kubah National Park in collaborazione con il Corpo Forestale del Sarawak. Per il 2021 (eventi posticipati a causa del Covid), sono in programma una conferenza in onore di Beccari dal titolo ‘Wanderings in the Forests of Borneo’ in collaborazione con il Sarawak Biodiversity Centre ed una mostra a lui dedicata. 

Beccari scrisse i suoi racconti di viaggio nel libro: Nelle foreste di Borneo, l’opera tradotta in inglese: Wanderings in the Great Forests of Borneo, divenne l’unico best-seller scientifico italiano conosciuto all’estero. In quel libro egli scrisse che con il futuro sviluppo della Malesia, quelle foreste sarebbero state studiate da botanici locali. Oggi quegli stessi botanici lo celebrano per il suo grande contributo alla conoscenza della biodiversità. 

A cura di Daniele Cicuzza 

Crescono i rapporti tra Italia e ASEAN

Dopo la Germania, anche l’Italia (e la Francia) diventa Partner di Sviluppo dell’ASEAN, evidenziando l’intenzione del nostro sistema Paese di puntare sul Sud-Est asiatico

La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, insieme alle severe conseguenze della pandemia, stanno contribuendo a ridisegnare il panorama commerciale e geopolitico globale. In Europa così come in Asia, le élite politiche sono alla ricerca di nuove partnership commerciali con l’obiettivo di far fronte agli sconvolgimenti degli equilibri economici degli ultimi anni. A tale proposito, L’Italia e l’Europa guardano con sempre maggiore interesse alla regione dell’Indo-Pacifico, considerata un’area giovane, dinamica e ricca di opportunità. 

Sin dalla prima visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Segretariato dell’ASEAN nel 2015, l’Italia si è impegnata a fortificare le relazioni con la regione. Attraverso l’organizzazione di incontri ed eventi, rappresentati delle istituzioni italiane ed ASEAN hanno lavorato per favorire il dialogo e gli scambi commerciali tra le due parti. Il 9 settembre di quest’anno poi, l’Italia è ufficialmente diventata Partner di Sviluppo dell’ASEAN, coronando un processo di avvicinamento portato avanti con successo negli ultimi anni. Inoltre, la recente entrata in vigore dell’accordo di libero scambio tra UE e Vietnam (dopo l’accordo con Singapore del 2019) rappresenta un ulteriore fattore positivo che segnala il processo di avvicinamento in corso tra Italia, Europa e Sud-Est asiatico. 

Anche dal punto di vista commerciale le relazioni tra Italia e ASEAN sono cresciute negli ultimi anni. Secondo i dati del Segretariato generale dell’ASEAN, dal 2009 al 2019 le esportazioni italiane verso i Paesi ASEAN sono passate da 7,14 a 13,29 miliardi di dollari, mentre le importazioni sono passate da 5,27 a 9,65 miliardi di dollari. Tra le principali merci italiane esportate, i macchinari, le attrezzature e i prodotti chimici, mentre i Paesi ASEAN hanno esportato in Italia soprattutto computer, prodotti elettronici e alimentari. Tuttavia, vale la pena sottolineare che il volume degli scambi tra Italia e ASEAN resta ancora piuttosto basso, soprattutto in relazione ad altri Paesi europei. Il blocco ASEAN è il 14° partner commerciale dell’Italia in termini di export, import e investimenti diretti esteri, mentre l’Italia è oltre il 20° posto tra i partner dell’ASEAN, molto dopo Germania, Francia, Regno Unito e persino Paesi Bassi e Svizzera. 

Alla luce di questi dati, risulta evidente come la notizia della partnership tra Italia e ASEAN segnali l’intenzione dell’establishment politico italiano di voler recuperare il ritardo accumulato rispetto ai partner europei e ai competitor a livello globale. Del resto, l’ASEAN è una delle regioni più dinamiche al mondo, con una popolazione di oltre 600 milioni di abitanti, la quinta economia a livello globale e un crescita media negli ultimi 10 anni attestata attorno al 5% del PIL complessivo. 

La partnership appena avviata risulta dunque non un punto d’arrivo, ma un punto di partenza per migliorare e approfondire le relazioni politiche, economiche e culturali tra l’Italia e i Paesi del Sud-Est asiatico. Nei prossimi mesi, sarà necessario monitorare e valutare i progressi fatti per capire la portata di questo processo e per cogliere le innumerevoli opportunità che ne emergeranno. 

L’Italia diventa Partner di Sviluppo dell’ASEAN

Dopo la Germania, anche Italia (e Francia) puntano sul Sud-Est asiatico guardando alle innumerevoli opportunità che la regione offre

L’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico, ASEAN, ha concesso, il 9 settembre, all’Italia lo status di Development Partner dell’organizzazione. 

Con una lettera inviata al Ministro degli Esteri Luigi di Maio, il Segretario Generale dell’ASEAN Dato Lim Jock Hoi ha comunicato che, a margine del 53esimo ASEAN Foreign Ministers’ Meeting, è stato riconosciuto all’Italia lo status di Partner di Sviluppo. Durante lo stesso meeting anche la Francia ha ricevuto il riconoscimento di Development Partner. Roma e Parigi raggiungono Berlino nel livello di dialogo con l’organizzazione con sede a Jakarta.

Enrico Letta, Presidente dell’Associazione Italia-ASEAN, commenta così questo importante traguardo: “E’ un momento cruciale per le relazioni tra l’ASEAN e il nostro Paese. La notizia evidenzia il grande lavoro fatto negli ultimi anni da tutto il Sistema Paese per approfondire il legame tra due aree distanti a livello geografico e culturale, ma che condividono valori fondamentali come il libero scambio e il multilateralismo. Complimenti alla Farnesina, al Ministro degli Esteri e al Presidente Mattarella, primo capo di stato del G7 ad andare in visita presso il Segretariato Generale dell’ASEAN nel 2015. L’ASEAN è infatti già oggi la quinta potenza economica globale e le proiezioni indicano chiaramente che entro il 2050 raggiungerà il quarto posto, dietro solamente a Cina, India e Stati Uniti.”

La Development Partnership è una forma di partenariato che prevede il rafforzamento della cooperazione tra Italia e ASEAN, e il coordinamento di progetti comuni volti a valorizzare le potenzialità delle due regioni. In qualità di Partner di Sviluppo, il Segretariato dell’ASEAN e la Farnesina lavoreranno insieme in settori quali connettività, lotta al cambiamento climatico e sviluppo sostenibile, gestione dei disastri naturali, tutela del patrimonio culturale, potenziamento del ruolo delle donne, peacekeeping e contrasto alla diffusione del Covid-19. 

Alessia Mosca, Segretario Generale dell’Associazione Italia-ASEAN, sottolinea l’importanza di creare nuove alleanze per l’Italia e il sistema Europa: “La nuova situazione globale da ancora più valore al rapporto tra Italia e ASEAN che in questi ultimi anni si è molto rafforzato. Grazie a questo riconoscimento e grazie ai risultati conseguiti dai negoziati della politica commerciale europea, le aziende Italiane possono adesso competere meglio in una delle aree più dinamiche del pianeta.”

Nei prossimi mesi l’Ambasciata d’Italia a Jakarta avrà il compito di coordinarsi con il Segretariato dell’ASEAN per dare seguito agli sforzi fatti sinora e sviluppare la partnership appena annunciata.

A cura della Redazione

La Germania spinge l’UE verso il Sud-Est asiatico

Con un nuovo documento ufficiale, la Germania presenta la sua strategia per l’Asia: meno dipendenza dalla Cina e focus sui Paesi della regione indo-pacifica

La cancelliera tedesca Angela Merkel ha le idee chiare: l’Europa deve ridurre la dipendenza dalle catene di approvvigionamento cinesi e rafforzare i legami con i Paesi dell’Indo-Pacifico per rilanciare il libero scambio e il multilateralismo a livello globale. Sulla scia della Francia, il governo tedesco ha adottato una serie di linee guida per la politica estera che mettono in primo piano le relazioni con i Paesi della regione indo-pacifica. 

Non è una novità. Anche l’amministrazione di Donald Trump negli Stati Uniti sta portando avanti simili manovre di politica estera per fronteggiare le ambizioni cinesi nello scontro politico ed economico in corso. Tuttavia, se il focus dell’America di Trump è su sicurezza e unilateralismo con un approccio economico quasi mercantilista, la Germania della Merkel punta invece a rilanciare il multilateralismo e il libero scambio, invocando un dialogo europeo con l’ASEAN o Paesi come Giappone, Corea del Sud e Australia.

E’ importante sottolineare infatti che la Germania punta a trasmettere questa visione a livello europeo. Nel programma del trio di Presidenze del Consiglio dell’Unione Europea composto da Germania, Portogallo e Slovenia, che guiderà l’UE fino alla fine del 2021, emerge in maniera evidente la volontà di orientare la politica estera dell’Unione verso il continente asiatico, con particolare riguardo per la regione ASEAN. Il nuovo approccio avrebbe quindi il duplice obiettivo di ridurre la dipendenza del mercato europeo dalla Cina e rilanciare il commercio internazionale multilaterale, pilastro dell’Unione Europea. Alla luce dello scontro tra Washington e Pechino e dell’evolversi del nuovo contesto globale caratterizzato dalla pandemia, i leader europei sono sempre più convinti della necessità di diversificare le proprie partnership e approfondire i rapporti con i Paesi dell’Indo-Pacifico. La regione ospita infatti più della metà della popolazione globale e contribuisce a circa il 40% dell’economia globale, rappresentando un polo di attrazione giovane e dinamico per gli investitori di tutto il mondo. Usando le parole della cancelliera stessa, riferite all’Europa: “La nostra prosperità e la nostra influenza geopolitica degli anni a venire dipenderanno da come collaboreremo con l’Indo-Pacifico”.  

L’idea del governo tedesco, sempre più popolare tra i governi e le istituzioni europee, è che risulterà fondamentale disegnare una politica estera comune e coerente, focalizzata sulla centralità del multilateralismo e del libero scambio, in contrapposizione all’unilateralismo degli Stati Uniti di Trump o alle ambizioni egemoniche della Cina. E per fare ciò sarà necessario investire nei rapporti con organizzazioni internazionali come l’ASEAN o con Paesi asiatici orientati al libero scambio come Giappone, Corea del Sud o Indonesia.

Una maggiore apertura alla regione dell’Indo-Pacifico potrebbe quindi contribuire a rilanciare le potenzialità dell’Unione Europea. Il governo tedesco proverà a stimolare i partner europei a porre maggiore enfasi sulla dimensione geopolitica dell’Unione, conferendo un ruolo di prim’ordine alla regione dell’Indo-Pacifico e all’ASEAN in particolare. Nel nuovo e complesso scenario internazionale sembra dunque che i Paesi dell’Asia orientale assumeranno un peso sempre maggiore. 

A cura di Tullio Ambrosone e Hania Hashim

Le potenzialità della digital economy nel Sud-Est asiatico: i casi Grab e GoJek

Partite dal ride-hailing, le due società puntano ora a monopolizzare il mercato digitale ampliando l’offerta di servizi

Le misure restrittive imposte per contrastare l’avanzare della pandemia di Covid-19 stanno facendo emergere le potenzialità dell’economia digitale a livello globale in tutti i settori dei consumi. Nel Sud-Est asiatico, questa dinamica è ulteriormente rafforzata dal notevole aumento dei consumatori digitali degli ultimi anni, raggiunto grazie a una più capillare diffusione della connessione internet nei diversi Paesi della regione. Le grandi aziende locali sono ormai pienamente consapevoli di questa evoluzione e stanno puntando con decisione sul mercato digitale, che si stima crescerà fino a circa 200 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni. 

Interessanti sono i casi di Grab e Gojek, tech start-up leader nel settore del ride-hailing. Nata nel 2010 a Giacarta offrendo servizi di telefonia per motociclisti, Gojek ha poi ampliato la sua gamma di servizi raggiungendo ad oggi un valore di 12,5 miliardi di dollari. Grab invece, fondata in Malesia nel giugno 2012, è rapidamente cresciuta in tutto il Sud-Est asiatico, con una valutazione corrente di quasi 14 miliardi di dollari. Partite entrambi dal settore della mobility, le due aziende hanno progressivamente ampliato la rete di servizi offerti, dal car-sharing e la consenga di cibo a domicilio fino a servizi finanziari e assicurativi. L’obiettivo di entrambe le giovani aziende è quello di diventare la prima everyday super app, sviluppando un ecosistema di imprenditori, driver e clienti collegati attraverso l’app per soddisfare tutte le necessità della vita quotidiana. 

In particolare, Grab sta sviluppando strumenti di pagamento digitale senza l’uso del contante come GrabPay, che permette di effettuare pagamenti utilizzando crediti interni all’app. Oltre a servizi finanziari e assicurativi, l’azienda offre anche servizi come GrabFood e GrabFresh per ordinare generi alimentari a domicilio. Grab ha anche iniziato a collaborare con i governi e i piccoli produttori e commercianti dell’area per digitalizzare segmenti tradizionalmente offline dell’ecosistema agroalimentare, portandoli sulla sua piattaforma. L’azienda ha  recentemente lanciato GrabMart, GrabFood, GrabExpress e GrabAssistant, stringendo a marzo e aprile 2020 rapporti con oltre 78mila commercianti e 115mila fra autisti e rider. Negli ultimi dodici mesi, Grab ha ottenuto un aumento del 21% delle entrate online arrivando a contribuire all’economia ASEAN per circa 8,5 miliardi di dollari. 

Anche GoJek sta espandendo il proprio business in diversi settori di consumo, sfruttando la crescita esponenziale del settore digitale. GoFood, GoClean, GoAuto, GoLaudry e GoGlam sono solo alcuni dei servizi lanciati negli ultimi anni, dal settore alimentare ai servizi di lavanderia. Inoltre, l’azienda sta investendo massicciamente per offrire corsi di formazione di gestione aziendale, finanza e informatica a oltre 35mila imprenditori con l’obiettivo di accompagnare la trasformazione digitale anche nella società civile. 

Entrambe le aziende rappresentano dunque esempi concreti di uno dei trend più significativi che sta caratterizzando il mercato del Sud-Est asiatico. Con una popolazione giovane e dinamica, la regione si appresta a osservare un incremento considerevole della domanda di servizi digitali, lasciando ampio spazio alla proattività di aziende tecnologiche e  innovative, in grado di cavalcare l’onda della digitalizzazione. 

Articolo a cura di Tullio Ambrosone e Gabriel Zurlo Sconosciuto

India e ASEAN, un immenso potenziale

Nonostante un avvio relativamente tardivo, i rapporti India-ASEAN sono sempre più floridi e godono di un potenziale di crescita senza eguali.

I rapporti tra l’India e l’ASEAN sono relativamente recenti, specialmente se paragonati alle relazioni ben più longeve che i Paesi del Sud-Est asiatico hanno stabilito già a partire dagli anni ’70 con i grandi player regionali e globali, dagli Stati Uniti al Giappone passando per l’Unione Europea. La decisione da parte dell’ASEAN di ammettere l’India come proprio interlocutore a pieno titolo è avvenuta soltanto nel 1995, dopo lunghi ritardi e aspre discussioni tra i Paesi ASEAN. Gli Stati membri di cultura islamica, in particolare la Malesia e l’Indonesia, chiedevano, infatti, che qualora fosse stata ammessa l’India, anche il Pakistan avrebbe dovuto entrare a far parte del ristretto circolo dei Paesi partner dell’Associazione. Gli altri Paesi ASEAN, invece, mostravano preoccupazione circa l’eventualità che una partecipazione congiunta dell’India e del Pakistan alle riunioni dell’ASEAN avrebbe trascinato le tensioni tra i due Paesi in seno all’Associazione. Alla fine, grazie alla raffinata mediazione politica di Singapore, fu concesso soltanto all’India di entrare. Tuttavia, da allora, tutti gli Stati membri dell’ASEAN, anche i più reticenti, hanno cominciato a rivalutare l’importanza sia economica che geopolitica dell’India per l’interesse strategico del Sud-Est asiatico. 

Ad oggi, l’India rappresenta il sesto maggior partner economico-commerciale dell’ASEAN e, a sua volta, l’ASEAN costituisce il terzo principale partner commerciale dell’India, subito dopo l’UE e gli USA ma prima della Cina, con uno scambio totale di beni di oltre 96 miliardi di dollari nel solo 2019. Dopo la firma dell’accordo di libero scambio India-ASEAN nel 2009, infatti, l’interscambio commerciale tra i due blocchi è cresciuto costantemente anno dopo anno e l’obiettivo, piuttosto ambizioso, è quello di raggiungere un volume di scambi bilaterali dal valore di oltre 200 miliardi di dollari entro il 2022. L’enorme bacino collettivo di circa 1,8 miliardi di potenziali consumatori che abitano le due regioni, molti dei quali fanno parte di una classe media in rapidissima crescita, offre un immenso, quasi impareggiabile, potenziale di sviluppo economico-commerciale non solo in Asia, ma anche a livello mondiale. Le opportunità di crescita tra l’India e l’ASEAN, tuttavia, non sono solo commerciali. La cultura indiana ha avuto e continua ad avere un incredibile ascendente sugli abitanti dei Paesi del Sud-Est asiatico. In passato, infatti, la civiltà indiana ha gettato le basi culturali nella stragrande maggioranza dei Paesi ASEAN, in maniera non dissimile al contributo che la civiltà greco-romana ha dato alla cultura occidentale odierna e, ancora oggi, il soft power indiano, con l’industria cinematografica di Bollywood in testa, esercita un ruolo cruciale nel Sud-Est asiatico. L’attuale Primo Ministro dell’India, Narendra Modi, ha espresso l’intenzione di usare questo profondo legame culturale che unisce l’India e i Paesi ASEAN per forgiare un’alleanza che vada ben oltre i meri interessi economico-commerciali. Per usare le parole dello stesso Modi, “la partnership India-ASEAN avrà anche solo 25 anni, ma i legami dell’India con il Sud-Est asiatico risalgono a più di due millenni fa.” Ed è proprio in virtù di questo rapporto privilegiato, che affonda le radici in oltre duemila anni di storia, che “l’ASEAN è al centro della politica indiana nell’Asia-Pacifico e lo sarà sempre. Un’ASEAN integrata, coesa e sviluppata economicamente serve gli interessi fondamentali dell’India.” I leader dei Paesi del Sud-Est asiatico hanno risposto con grande entusiasmo alla proposta di Modi di lavorare ad una sempre crescente cooperazione tra l’India e l’ASEAN e hanno anch’essi espresso il desiderio di approfondire i legami strategici con il gigante indiano. Prova ne sia la 20esima riunione dell’ASEAN-India Joint Cooperation Committee, tenutasi online il 12 giugno scorso, durante la quale i rappresentati dell’India e dell’ASEAN hanno concordato il finanziamento di numerosi progetti in comune, tra cui anche una linea di credito del governo indiano da oltre un miliardo di dollari per sostenere progetti infrastrutturali e di connettività digitale tra i Paesi del Sud-Est asiatico e l’India. 

Malgrado un avvio relativamente lento, le relazioni tra l’India e l’ASEAN godono oggi di ottima salute e sono in costante miglioramento. Le opportunità di crescita, sia sul versante economico-commerciale che su quello geopolitico, sono immense e un ulteriore approfondimento dei rapporti tra i Paesi del Sud-Est asiatico e l’India non potrà far altro che portare ad un maggiore equilibrio di potere nella regione Asia-Pacifico.

A cura di Andrea Dugo 

L’ASEAN del futuro

Intraprendenti e dinamiche, le nuove generazioni nel Sud-Est asiatico sono pronte a diventare protagoniste

Dai dati relativi al 2018 risulta che circa il 60% della popolazione dei Paesi ASEAN ha meno di 35 anni. Una percentuale destinata a crescere e che segnala quanto i giovani del Sud-Est asiatico occupino un ruolo considerevole non solo nello spazio politico e sociale, ma anche in quello economico, costituendo, infatti, buona parte dei lavoratori e dei consumatori della regione. Ma quali sono gli orizzonti e le opportunità che l’ASEAN offre loro? Come possono i giovani trasformare l’ASEAN del futuro?

Il Youth Development Index (YDI) delle Nazioni Unite​ considera diversi indicatori che misurano lo sviluppo economico, sociale e culturale dei giovani tra i 15 e i 29 anni, in una scala da 0 (nessuno sviluppo per i giovani) a 1 (grandi opportunità per i giovani). Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2015 l’indice complessivo dei Paesi ASEAN era 0.6, un dato promettente e indicativo delle buone condizioni di crescita dei giovani nella regione. Nel periodo compreso tra il 2011 e il 2015, il Paese con l’indice di sviluppo più alto è risultato Singapore, seguito in ordine da Brunei, Malesia, Vietnam, Myanmar, Filippine, Indonesia, Thailandia, Cambogia e Laos. Per quanto, dunque, i giovani stiano assumendo un ruolo sempre più rilevante nelle società del Sud-Est asiatico, le prospettive e le risorse a cui possono accedere differiscono tra i vari Paesi. 

Da un punto di vista economico, nonostante le differenze nei livelli di istruzione, le tendenze comportamentali e di consumo dei giovani in ASEAN presentano caratteristiche similari. Le nuove generazioni mostrano un forte interesse per l’innovazione, l’imprenditorialità e la tecnologia. Sta crescendo enormemente il mercato digitale, che dovrebbe raggiungere i 150 miliardi di dollari di valore entro il 2025, dai 44 miliardi del 2019. I giovani consumano e socializzano sempre di più online, e molte aziende della regione, come i colossi Grab e Gojek, stanno intercettando le nuove modalità di consumo dei più giovani ottenendo grandi profitti. Per quanto concerne, invece, l’orientamento lavorativo​, gli under-35 in ASEAN mostrano una forte motivazione a sviluppare nuove competenze che li rendano pronti ad affrontare le sfide dell’innovazione e i cambiamenti tecnologici del futuro. Sono intraprendenti, dinamici, aperti a nuovi settori e a nuove possibilità lavorative, in particolare nell’ambito della tecnologia e dello sviluppo digitale. 

Sul piano del coinvolgimento nella vita politica della regione, passi in avanti significativi sono stati fatti attraverso l’organizzazione di incontri e summit locali e internazionali, come l’India-ASEAN Youth Dialogue 2020 o l’ASEAN Youth Interface with ASEAN Leaders, allestito a margine del 36esimo ASEAN Summit del 26 giugno. Questo genere di incontri ha infatti l’obiettivo di favorire l’inclusione dei più giovani nei processi decisionali, poiché è anche l’occasione per dare risalto alle prospettive delle nuove generazioni. In particolare, L’ASEAN Youth Interface with ASEAN Leaders 2020 ha offerto a venti giovani della regione la possibilità  di incontrare virtualmente i propri capi di Stato e di governo, gettando così le basi per una discussione aperta e duratura riguardo a temi chiave quali innovazione, imprenditorialità, industria 4.0 e ambiente. Questa e diverse altre iniziative dimostrano come l’ASEAN miri a incoraggiare il dialogo con i giovani e ad aumentare il loro coinvolgimento nei processi decisionali. 

Risulta quindi fondamentale per lo sviluppo e l’economia del Paesi ASEAN sfruttare le enormi potenzialità offerte dalle nuove generazioni, investendo in capitale umano e offrendo loro opportunità formative e lavorative. Con una popolazione così giovane e dinamica, il Sud-Est asiatico si candida a diventare uno dei protagonisti della fase di ripresa post-Covid-19. 

A cura della Redazione