L’ASEAN punta sull’economia blu

L’ASEAN ha recentemente adottato il Blue Economy Framework per coordinare lo sfruttamento sostenibile delle risorse marine. Il mare è una risorsa vitale, ma poggia su un equilibrio delicato. Ambientale… e politico.

Il mare ha un ruolo essenziale nella storia del Sud Est asiatico. La pesca e i commerci marittimi sono da secoli attività chiave dell’economia regionale. Tutti i Paesi ASEAN, eccetto il Laos, si affacciano sul mare. Persone, merci e idee, circolando per nave, hanno reso la regione molto più che una mera espressione geografica, creando legami culturali e politici tra questi Paesi. Negli ultimi decenni, oltre a una crescita senza precedenti del commercio marittimo, si sono anche affermate nuove forme di sfruttamento economico del mare – il turismo ma anche l’estrazione di risorse come il petrolio e il gas naturale. Allo stesso tempo, a causa del cambiamento climatico e dell’innalzamento del livello degli oceani, il mare è diventato anche una minaccia. Aree e città densamente abitate come Giacarta rischiano di essere sommerse nel corso dei prossimi decenni, con costi sociali ed economici immensi. Non a caso, il Governo indonesiano ha spinto per l’approvazione di un Blue Economy Framework durante la sua presidenza dell’ASEAN con l’obiettivo di rendere lo sfruttamento delle risorse marine più sostenibile ed efficace. 

Ma cos’è la blue economy? La Banca Mondiale la definisce come “l’uso sostenibile delle risorse dell’oceano per la crescita economica, un migliore tenore di vita, posti di lavoro e la salute dell’ecosistema oceanico”. Il concetto di “sostenibilità” si deve intendere in modo tripartito e unisce la sostenibilità economica, sociale ed ambientale. Sul piano concreto, il modello dell’economia blu spinge i governi a progettare in modo integrato le loro politiche, agendo su settori economici diversi.  Ad esempio, il Framework ASEAN prevede interventi per raggiungere la neutralità carbonica delle attività marittime, migliorare la capacità di risposta ai disastri naturali, favorire lo sviluppo di nuove tecnologie per i settori coinvolti, facilitare la cooperazione e il coordinamento tra governi nazionali per monitorare il consumo delle risorse. Sono inoltre incluse iniziative per ridurre l’inquinamento da rifiuti e sviluppare il turismo sostenibile legato al patrimonio paesaggistico. 

Uno dei principali elementi di novità del Framework è l’inclusione delle risorse acquatiche terrestri, ossia fiumi, laghi e bacini artificiali. D’altronde la regione è attraversata da grandissimi fiumi – come il Mekong, l’Irrawaddy e il Chao Phraya – che ne hanno plasmato la storia e che continuano a sostenere la vita di milioni di persone. Alla luce di questa innovazione, la blue economy torna utile anche per uno Stato senza sbocchi sul mare come il Laos. Altro elemento d’interesse è che l’ASEAN è il secondo blocco di Paesi, dopo l’Unione Europea, a iniziare coordinare le proprie politiche verso le risorse acquatiche al di sopra del livello nazionale. La cooperazione in questo campo è necessaria, visto che le scelte dei singoli Stati hanno un impatto limitato sulla salute degli oceani. Negoziare a livello multilaterale è più complicato, come dimostra l’accordo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) sui sussidi alla pesca che favoriscono l’esaurimento delle risorse alieutiche. Raggiungere un accordo tra così tanti Paesi, con interessi molto diversi, ha richiesto negoziati difficili e 21 anni di trattative – il tempo trascorso tra la quarta Conferenza Ministeriale OMC di Doha del 2001 e la dodicesima tenutasi a Ginevra nel 2022, dove è stato concluso l’accordo. 

Trovare un accordo tra membri ASEAN può essere più facile, ma può essere comunque difficile da mettere in pratica. Innanzitutto, il Framework non è vincolante e stabilisce strategie di ampio respiro che dovranno poi essere concretizzate in numerose politiche a livello regionale e nazionale. Queste politiche richiedono know-how, risorse amministrative e condivisione d’intenti tra i diversi gruppi di interesse. Gli Stati ASEAN dispongono già di una buona rete di cooperazione internazionale da cui possono ricevere supporto nella definizione di tali politiche: l’UE potrebbe essere un partner essenziale, dato che è l’attore internazionale più simile all’ASEAN e ha già sviluppato un suo approccio all’economia blu. Inoltre, gli Stati che si affacciano sullo stesso mare devono rispettare gli interessi e la sovranità dei vicini. Un tema delicato per i membri ASEAN rivolti verso il Mar Cinese Meridionale, le cui acque sono rivendicate anche da Cina e Taiwan. Non a caso, il Framework ripete con una certa insistenza che la UNCLOS, la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare che stabilisce i confini delle acque territoriali, costituisce una delle sue basi legali essenziali. Per poter cooperare nella protezione dei mari, gli Stati ASEAN devono prima mettere da parte eventuali rivalità residue sul loro controllo.

Il successo spaziale della Thailandia

Grazie al costo relativamente basso della manodopera, il Paese è un candidato interessante per la produzione avanzata nel settore spaziale

Di Tommaso Magrini

Il satellite thailandese in orbita terrestre bassa, Theos-2, è stato lanciato con successo lo scorso 9 ottobre dal Centro spaziale della Guyana. Il satellite di osservazione della Terra Theos-2 è stato sviluppato congiuntamente dall’Agenzia per lo sviluppo della geoinformatica e della tecnologia spaziale (GISTDA) e Airbus per registrare immagini dallo spazio, proseguendo la missione di Theos-1, lanciato nel 2008. Ci vorranno ancora alcune settimane per controllare i vari sistemi del satellite, compresa la capacità di fotografare, prima che possa iniziare la sua missione. Theos-2 può scattare immagini ad alta risoluzione fino a 50 centimetri e scansionare circa 74.000 chilometri quadrati al giorno. Le agenzie spaziali thailandesi stanno inoltre lavorando per sviluppare un satellite al 100% di produzione autoctona, chiamato “Theos-3”. Sì, perché il programma spaziale di Bangkok procede a grande ritmo. La Thailandia è sede di una produzione avanzata di componenti per veicoli e di una serie di prodotti elettronici. Grazie al costo relativamente basso della manodopera, il Paese è un candidato interessante per la produzione avanzata in generale. Di conseguenza, il GISTDA ha spinto per sviluppare un centro di assemblaggio, integrazione e test satellitare nel Paese, sfruttando questi punti di forza.All’inizio di quest’anno, la Thailandia e la Corea del Sud hanno annunciato l’intenzione di effettuare uno studio di fattibilità congiunto per un sito di lancio. Un giorno potremmo vedere i razzi partire dal Paese del sorriso. La Thailandia non è l’unico Paese del Sud-Est asiatico a condurre un ambizioso programma spaziale. L’Indonesia è stata un pioniere delle comunicazioni satellitari tra i Paesi dell’Asia-Pacifico, avendo lanciato il suo primo satellite Palapa a metà degli anni Settanta. Negli ultimi anni, però, gli indonesiani hanno superato loro stessi: il programma BAKTI, gestito dal Ministero delle Telecomunicazioni (KOMINFO), ha l’ambizione di collegare circa 150.000 siti alla banda larga satellitare nei prossimi anni. 

La Thailandia si avvicina al matrimonio LGBTQ+

Il nuovo Premier thailandese spinge in direzione della legalizzazione delle nozze tra persone dello stesso sesso. Sarebbe il primo Paese del Sud-Est asiatico a dare il via libera

Di Tommaso Magrini

La Thailandia potrebbe diventare il primo Paese del Sud-Est asiatico a legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Il via libera era uno dei temi in agenda di Move Forward, il partito vittorioso alle elezioni dello scorso maggio ma rimasto poi fuori dal governo. Un tema che ora è stato raccolto dal nuovo Primo Ministro del partito Pheu Thai, Srettha Thavisin. Il Premier ha rilanciato l’iniziativa a ottobre, con il suo governo che ha preparato tre proposte di legge per l’uguaglianza matrimoniale, il cambio di sesso e la depenalizzazione della prostituzione. 

Il Primo Ministro thailandese ha “sottolineato che si tratta di una questione molto urgente”, dando ai ministeri competenti alcune settimane di tempo per tenere audizioni pubbliche sul disegno di legge e trasmetterlo al Parlamento, ha dichiarato il 31 ottobre il portavoce del governo Chai Watcharong. Il disegno di legge sarà discusso nella prossima sessione parlamentare di dicembre, mentre il governo di coalizione guidato dal Pheu Thai è sotto pressione per ottenere risultati, dato che si sta avvicinando al traguardo dei 100 giorni e deve dimostrare di aver rispettato almeno in parte le principali promesse della campagna elettorale, come l’elargizione di 280 dollari ai cittadini thailandesi.

L’anno scorso la precedente Camera dei rappresentanti ha approvato in prima lettura un disegno di legge sull’uguaglianza matrimoniale proposto da Move Forward, nonché un disegno di legge concorrente che sancisce le unioni civili tra persone dello stesso sesso proposto dal governo conservatore dell’ex primo ministro Prayuth Chan-ocha. Ma nessuna delle due proposte di legge è andata avanti prima che il Parlamento venisse sciolto per le elezioni generali di maggio.

I sostenitori si aspettano che la proposta del governo di Srettha sia simile al progetto di legge Move Forward, in modo da ottenere i voti del maggiore partito di opposizione. La proposta modificherebbe il codice civile e commerciale della Thailandia, cambiando parole di genere come “marito” e “moglie” in “coniuge”, mentre “uomo” e “donna” passerebbero a “individuo”. Prachachat, un partito della coalizione guidata dal Pheu Thai e la cui base è nel profondo Sud musulmano del Paese, ha chiesto di introdurre deroghe religiose, come l’esenzione per i chierici musulmani e i sacerdoti cristiani dal celebrare matrimoni omosessuali. Srettha ha anche appoggiato la candidatura di Bangkok a ospitare il WorldPride del 2028, un evento internazionale biennale che contribuirebbe a incrementare le entrate del turismo e dei consumi in Thailandia.

Nel frattempo, la proposta di legge sul riconoscimento di genere consentirebbe ai transgender thailandesi di cambiare il proprio sesso ufficiale, cosa che attualmente non è possibile, anche se il Paese è diventato un centro di riferimento per gli interventi di riassegnazione del sesso. Gli oppositori hanno detto che consentire il cambio ufficiale di sesso darebbe agli uomini una via d’uscita dalla coscrizione militare, una preoccupazione che potrebbe essere superata dal fatto che il governo Pheu Thai ha in programma di passare all’arruolamento volontario. 

Sempre più ricchezza a Singapore

 Il numero di family office – società che gestiscono le vite e i patrimoni dei clan più ricchi – è salito a 1.100 alla fine dello scorso anno, da appena 400 nel 2020

Articolo di Tommaso Magrini

Singapore è sempre più ricca. Il patrimonio gestito dall’industria del risparmio gestito della città-Stato è raddoppiato in soli sei anni, raggiungendo circa 4.000 miliardi di dollari e circa l’80% di questo patrimonio è estero. BlackRock Inc. si sta espandendo a Singapore, così come l’Ontario Teachers’ Pension Plan. Anche le banche svizzere si stanno espandendo: gli uffici di UBS Group AG dominano un intero isolato in un quartiere commerciale di primo piano, con uno staff di 3.000 persone, una palestra privata e un bar per il cappuccino. La rapida ascesa della gestione del denaro è frutto di un progetto ben preciso. Nel 2020 il governo ha introdotto un nuovo tipo di struttura giuridica, chiamata società a capitale variabile, che fornisce incentivi fiscali e legali alle società di hedge fund, venture capital e private equity che si stabiliscono a Singapore, in modo simile ai programmi di hub offshore. A partire dallo scorso ottobre, più di 600 società hanno usufruito del nuovo programma. Alcuni dei più grandi gestori di denaro del mondo si sono stabiliti a Singapore, tra cui Marshall Wace, Citadel Enterprise Americas di Griffin e D.E. Shaw. Point72 Asset Management del miliardario Cohen ha ampliato il suo team di Singapore di oltre il 50%, arrivando a 100 persone. Complessivamente, gli asset degli hedge fund sono cresciuti del 30% nel 2021, raggiungendo i 191 miliardi di dollari.  Il numero di family office – società che gestiscono le vite e i patrimoni dei clan più ricchi – è salito a 1.100 alla fine dello scorso anno, da appena 400 nel 2020. Tra gli incentivi ad aver contribuito ci sono le modifiche fiscali del 2019 e un programma che prevede una corsia preferenziale per la residenza per gli ultra ricchi. Singapore sta beneficiando anche della volontà di parecchie aziende che cercano una diversificazione nella regione o una base per operazioni asiatiche più ampie oltre la Cina continentale e Hong Kong.

Italia e Vietnam rafforzano i legami

Nei giorni scorsi, il Sottosegretario Maria Tripodi ha co-presieduto l’VIII Commissione Economica Mista tra Roma e Hanoi

Continuano gli scambi diplomatici ad alto livello tra Italia e Vietnam, in un anno particolarmente importante anche a livello simbolico per le relazioni bilaterali, che nel 2023 celebrano i loro primi 50 (fruttuosi) anni. Lo scorso 25 ottobre, infatti, il Sottosegretario Maria Tripodi ha co-presieduto alla Farnesina, insieme il Vice Ministro dell’Industria e del Commercio del Vietnam Nguyen Sinh Nhat Tan, l’VIII Commissione Economica Mista, alla presenza di ministeriali e rappresentanti del settore privato. L’edizione di quest’anno avviene in una fase molto positiva e in costante crescita della collaborazione con il Vietnam, partner chiave nella regione dell’Indo-pacifico e nell’area ASEAN. Quest’anno non si celebra infatti solo il 50° anniversario delle relazioni diplomatiche, ma anche il decimo anniversario del partenariato strategico tra l’Italia e il Vietnam. I lavori hanno permesso di rinnovare l’impegno a rafforzare le già eccellenti relazioni tra i due Paesi, anche alla luce del successo della visita di Stato in Italia del Presidente del Vietnam, Vo Van Thuong, lo scorso luglio. Un’attenzione particolare è stata data ai principali settori di comune interesse, tra cui: commercio e investimenti, industria, energia, ambiente, infrastrutture, salute, agricoltura, scienza e tecnologia, cultura, turismo. Il Sottosegretario Tripodi e il Vice Ministro Tan si sono dati appuntamento al prossimo anno a Hanoi per la tenuta della IX edizione della Commissione Economica Mista. La riunione è stata preceduta da un breve colloquio bilaterale in cui si è colta l’occasione per promuovere la candidatura di Roma a EXPO 2030. L’Italia e il Vietnam registrano una costante crescita negli scambi bilaterali. Nel 2022 sono stati registrati i 6,2 miliardi di dollari di interscambio, in aumento dell’11% rispetto all’anno precedente, con il Vietnam che è attualmente il primo partner commerciale dell’Italia nella regione dell’ASEAN, mentre l’Italia rappresenta uno dei principali partner del Vietnam in Europa. Nello specifico, le esportazioni del Vietnam verso l’Italia lo scorso anno sono state pari a 4,4 miliardi di dollari, in crescita del 14% rispetto all’anno precedente, e le sue importazioni dall’Italia sono state pari a 1,7 miliardi di dollari, in crescita del 3,6%. Ad oggi, l’Italia occupa anche il 33° posto su 143 Paesi e territori che investono direttamente in Vietnam, mentre il Vietnam è una delle dieci principali destinazioni degli investimenti italiani tra i Paesi in via di sviluppo. Il legame sembra destinato solo a rafforzarsi.

Climate Finance: la COP28 vista dall’ASEAN

Nel tentativo di rispondere alle esigenze regionali, i 10 membri dell’Organizzazione stanno attualmente sviluppando l’ASEAN Climate Finance Access and Mobilization Strategy, strumento volto ad armonizzare l’uso di strutture e quadri di riferimento per il monitoraggio dei flussi finanziari

Di Sibeles Chiari

A meno di un mese dalla COP28 di Dubai, aumentano le aspettative sul raggiungimento di un accordo trasformativo che allontani l’umanità da scenari catastrofici. Allarma notevolmente la situazione nella regione del Sud-Est asiatico, dove si trovano ben 6 dei 20 Stati identificati come i più vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico: Filippine, Indonesia, Malesia, Myanmar, Thailandia e Vietnam. Preoccupazioni basate su previsioni che annunciano perdite economiche maggiori rispetto a qualsiasi altra parte del mondo, con una diminuzione del PIL stimata all’11% entro il 2100. Di fatto, solo con un incremento copioso dei finanziamenti per il clima e uno sforzo congiunto da parte dei governi, investitori, banche centrali e autorità di regolamentazione finanziaria, si riusciranno a limitare perdite di natura economica e umana. Uno sforzo che, a livello globale, dovrà generare circa 2.400 miliardi di dollari di investimenti totali annui entro il 2030 per riuscire a sostenere i mercati emergenti. In effetti, al vertice di Dubai, la finanza climatica sarà al centro del dibattito politico in quanto, la mobilitazione delle risorse finanziarie e l’attivazione dei meccanismi di finanziamento innovativi (p.e Loss and Damage fund) svolgeranno un ruolo fondamentale nella lotta al cambiamento climatico e nell’accelerazione verso un’economia più sostenibile. Ciò posto, non sorprende il fatto che le dinamiche connesse alla disciplina del climate finance avranno un impatto sempre più consistente sull’andamento delle economie dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN). 

Durante le varie COP del UNFCCC, le nazioni ASEAN hanno continuamente sollecitato i Paesi più industrializzati a rispettare l’impegno preso nel 2009 di fornire 100 miliardi di dollari all’anno ai Paesi in via di sviluppo entro il 2020. Un impegno che è stato più verbale che reale, considerando che, tra il 2000 e il 2019, i Paesi ASEAN hanno ricevuto 56 miliardi di dollari dai Paesi sviluppati. Se da un lato, Stati europei come la Germania e la Francia hanno contribuito rispettivamente per l’11,8% e per l’8,4% del totale dei finanziamenti bilaterali per il clima alla regione, dall’altro il Giappone ha destinato ben il 65%. Spicca, infatti, l’influenza del Paese nipponico che ha lanciato congiuntamente ai membri ASEAN il programma SPACE per contrastare il cambiamento climatico, l’inquinamento e la perdita della biodiversità. Ulteriori finanziamenti per il clima arrivano anche dalla Cina che si posiziona come principale fornitore dei flussi Sud-Sud, seguita dall’India. Così come dagli stessi Paesi ASEAN con i loro contributi alla mobilitazione delle risorse del Green Climate Fund (GCF). Ovviamente, nel contesto di finanza climatica, non manca il consistente supporto proveniente dalla Banca Mondiale e dalla Banca asiatica di Sviluppo (AIB), quale più grande fornitore multilaterale di finanziamenti per il clima alla regione. 

In quest’ultimo decennio, più della metà di tutti i finanziamenti per il clima erogati alla regione sono stati destinati ai settori di trasporti e dello stoccaggio (32%), energia (26%) e agricoltura, silvicoltura e pesca (9%). Preme anche evidenziare le crescite elevate registrate in altri settori, quali la sanità (+427%), le imprese e vari servizi (+336%) e la risposta alle emergenze (+218%). Considerando lo spazio ASEAN, l’Indonesia, le Filippine e il Vietnam hanno ricevuto la quota più alta di finanziamenti e, in effetti, la maggior parte dei fondi è stata destinata ai settori dei trasporti, dell’energia e dell’agricoltura. Per esempio: il Vietnam ha attratto investimenti significativi in campo d’energia eolica e solare; l’Indonesia ha ricevuto finanziamenti e sostegno internazionale alle iniziative per combattere la deforestazione e promuovere la riforestazione attraverso il programma REDD+; così come gli accordi di prestito stipulati recentemente tra le Filippine e la Banca Mondiale per un valore di 876 milioni di dollari volti a finanziare tre progetti di agricoltura sostenibile (MIADP, FISHCORE e PRDP). Con dati alla mano, l’Asia riceve la quota più alta di finanziamenti per il clima tra tutte le regioni del mondo. Senza dubbio è un dato che ispira ottimismo, sebbene la quota pro-capite dei Paesi del Sud-Est asiatico rimanga la più bassa.Infine, nel tentativo di rispondere alle esigenze regionali, i 10 membri dell’Organizzazione stanno attualmente sviluppando l’ASEANClimate Finance Access and Mobilization Strategy, strumento volto ad armonizzare l’uso di strutture e quadri di riferimento per il monitoraggio dei flussi finanziari. Pertanto, tale strategia accelererà gli investimenti per l’attuazione delle azioni di mitigazione e adattamento basate sulle esigenze identificate dagli Stati membri. Un’iniziativa che favorirà l’accesso ai finanziamenti per il clima perseguendo come obiettivo finale, nonché speranza comune tra tutti noi, la salute del nostro caro pianeta.

Più cooperazione tra ASEAN e Paesi del Golfo

ASEAN e Consiglio di Cooperazione del Golfo stanno valutando un potenziale accordo di libero scambio, tema peraltro affrontato due anni fa dall’Associazione Italia-ASEAN a Dubai. Qui pubblichiamo uno stralcio del comunicato congiunto pubblicato al termine del vertice bilaterale di venerdì 20 ottobre

Ispirati dagli interessi comuni e dai legami storici profondamente radicati tra le due parti, i leader hanno scambiato opinioni su questioni regionali e internazionali comuni e hanno discusso i modi per migliorare e sviluppare la loro partnership per trarre vantaggio dalle opportunità di crescita che possono essere sfruttate attraverso la cooperazione tra le due regioni, sulla base delle visioni condivise per il futuro del loro partenariato e dei valori incarnati nella Carta delle Nazioni Unite. I leader si impegnano a:

  1. Unire gli sforzi per promuovere la pace, la sicurezza, la stabilità e la prosperità, attraverso il rispetto reciproco e la cooperazione tra i Paesi e le regioni per raggiungere lo sviluppo e il progresso e mantenere l’ordine internazionale basato sulle regole e sull’adesione alla Carta delle Nazioni Unite.
  2. Intraprendere consultazioni ed esplorare la cooperazione su aree specifiche di interesse comune per attuare le quattro aree prioritarie dell’ASEAN Outlook on the Indo-Pacific (AOIP): cooperazione marittima, connettività, Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), economica.
  3. Riconoscere l’importanza degli oceani e dei mari come fattori chiave per la crescita e la prosperità della regione e riaffermare l’importanza di mantenere e promuovere la pace, stabilità, sicurezza marittima, libertà di navigazione e di sorvolo nella regione, e di altri usi legittimi dei mari e di un commercio marittimo legittimo e senza ostacoli, nonché di promuovere la risoluzione pacifica delle controversie, in conformità con i principi universalmente riconosciuti del diritto internazionale, tra cui la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) del 1982.
  4. Rafforzare i legami tra le due parti, a livello multilaterale e bilaterale, e in forum globali, perseguendo opportunità per lo sviluppo sostenibile, la pace, la sicurezza e la stabilità e per affrontare le sfide e i rischi globali e regionali; per garantire catene di approvvigionamento sostenibili, interconnessione dei trasporti e rafforzare la sicurezza alimentare, energetica e idrica, nonché costruire una cooperazione in materia di fonti e tecnologie energetiche verdi e rinnovabili, infrastrutture turistiche, creazione di fonti energetiche.
  5. Condurre ulteriori consultazioni per esplorare nuove opportunità di commercio, investimenti e cooperazione tecnica tra l’ASEAN e il CCG, compresa la possibilità di sviluppare un accordo quadro sulla cooperazione economica, commerciale e di investimento.

Testo integrale qui.

Così l’ASEAN può sconfiggere l’oceano di plastica

L’inquinamento da plastica è una sfida cruciale per il futuro della regione ASEAN, con oltre 31 milioni di tonnellate di rifiuti plastici generati ogni anno in 6 Paesi su 10. Ma ci sono le potenzialità per risolvere il problema

Di Tommaso Magrini

La plastica è uno dei principali problemi del Sud-Est asiatico e uno dei principali ostacoli alla transizione della regione verso un’economia green. Dei dieci Paesi più inquinanti, sei si trovano nel Sud-est asiatico, secondo i dati del World Economic Forum. Le Filippine da sole hanno riversato nell’oceano 356.371 tonnellate metriche di rifiuti plastici in un anno, circa il 35% della cifra globale. Seguono Malesia (73.098), Indonesia (56.333), Myanmar (40.000), Vietnam (28.221) e Thailandia (22.806). Insieme, questi Paesi sono responsabili di oltre la metà dell’inquinamento da plastica negli oceani. 

L’ASEAN sembra comunque decisa ad affrontare il problema con decisione. Gli Stati membri hanno riconosciuto il loro dovere di collaborare per proteggere le loro coste, i loro mari e i loro mezzi di sussistenza dall’inquinamento marino da plastica già nel 2019, quando hanno adottato la Dichiarazione di Bangkok sulla lotta ai detriti marini nella regione ASEAN. Sulla base di questo impegno, nel 2021 hanno lanciato il Piano d’azione regionale per la lotta ai detriti marini. Questo piano quinquennale mira a sostenere le politiche regionali e a migliorare il coordinamento in tre aree principali: ridurre l’uso e la produzione di plastica, migliorare la raccolta e il riciclaggio e promuovere il riutilizzo.

Nelle scorse settimane è stato fatto un passo ulteriore, per la precisione al summit ASEAN di settembre in Indonesia, al termine del quale è arrivata la pubblicazione dell’ASEAN Blue Economy Framework. I divieti sui prodotti di plastica monouso sono un esempio di politiche nazionali che vengono sviluppate da un numero sempre maggiore di Paesi della regione. 

Un altro strumento politico che si sta introducendo è costituito dagli schemi di “responsabilità estesa del produttore” (EPR). Questi richiedono ai produttori di ripensare il modo in cui progettano e sviluppano i prodotti, assumendosi la responsabilità dell’intero ciclo di vita, compreso lo smaltimento e il riciclaggio. I produttori sono chiamati a rispettare gli obiettivi di riduzione dei rifiuti e a pagare tasse che finanzieranno il sistema di raccolta e riciclaggio dei rifiuti in plastica.

Nel 2022, il Vietnam è stato il primo Paese del Sud-Est asiatico a emanare un decreto che impone obblighi di imballaggio, riciclo e trattamento dei rifiuti a produttori e importatori. Le Filippine hanno seguito, emanando la legge sull’EPR nel luglio 2022. In molti casi, le iniziative sono solo volontarie, come nel caso della Thailandia. Le aziende sono anche sollecitate a sviluppare prodotti riutilizzabili, a ridurre l’uso di plastica vergine da un lato e a contribuire alla raccolta e al riciclaggio post-consumo dall’altro. Affinché gli obiettivi siano ambiziosi e raggiungibili, è importante considerare il contesto locale, assicurandosi che tutti gli attori della catena del valore della plastica siano in grado di rispettarli.

La collaborazione regionale, come sottolinea sempre il World Economic Forum, diventa fondamentale per sviluppare politiche migliori. Facilitare il dialogo tra i Paesi è vantaggioso per i governi e le imprese. Offre l’opportunità di condividere gli insegnamenti tratti dai progetti pilota e di diffondere le soluzioni di successo sviluppate a livello locale. Una forte azione integrata per combattere l’inquinamento da plastica può aprire la strada a una nuova era per l’ASEAN: dall’essere conosciuta come la regione più colpita dall’inquinamento da plastica negli oceani, può diventare la regione con le più audaci ambizioni verdi.

L’Australia si butta sull’ASEAN

L’anno scorso gli investimenti diretti dell’Australia nel Sud-Est asiatico sono stati pari a 28 miliardi di dollari australiani, una cifra che Canberra vuole nettamente aumentare

Di Tommaso Magrini

Al recente summit ASEAN hanno partecipato anche diversi partner, molti dei quali hanno sottoscritto importanti accordi di cooperazione col blocco dei Paesi del Sud-Est asiatico. Tra questi c’è senz’altro l’Australia. A Giacarta, sede del vertice, Canberra ha presentato un piano economico per incrementare gli affari con l’area ASEAN, che comprende un impegno immediato di 44,7 milioni di dollari per la creazione di un nuovo “team per gli affari” australiano con sede nella regione. Il piano, intitolato “Invested: Australia’s Southeast Asia Economic Strategy to 2040” afferma che gli investimenti australiani nella regione sono “sottopesati”. Scritto dall’inviato speciale dell’Australia nel Sud-Est asiatico, Nicholas Moore, contiene 75 raccomandazioni, tra cui l’istituzione di un gruppo di lavoro per individuare e facilitare un maggior numero di investimenti reciproci. Il Primo Ministro Anthony Albanese lo ha definito “un rafforzamento del nostro impegno, atteso da tempo, che riflette la velocità della trasformazione in atto e la portata delle opportunità che ci attendono”. Canberra ha inoltre immediatamente stanziato quasi 20 milioni di dollari australiani per una Southeast Asia Business Exchange che incrementerà gli scambi commerciali, nonché 6 milioni di dollari australiani per un programma pilota di collocamento e tirocinio per i giovani professionisti della regione. “Entro il 2040, l’ASEAN sarà il quarto mercato più grande dopo Stati Uniti, Cina e India. È un’opportunità enorme per il Sud-Est asiatico, è un’opportunità enorme per l’Australia”, ha dichiarato la Ministra degli Esteri Penny Wong. L’anno scorso gli investimenti diretti dell’Australia nel Sud-Est asiatico sono stati pari a 28 miliardi di dollari australiani, una cifra che Canberra vuole nettamente aumentare. I nuovi progetti appena annunciati individuano anche alcuni settori specifici su cui si intende rafforzare i legami: agricoltura e alimentazione, risorse, transizione energetica verde, infrastrutture, istruzione e competenze, economia dei visitatori, sanità, economia digitale, servizi professionali e finanziari e industrie creative.

La lingua italiana in Vietnam

Fitto calendario di eventi ad Hanoi per la Settimana della Lingua Italiana. Edizione particolarmente significativa visto il 50esimo anniversario delle relazioni bilaterali

Dal 14 al 20 ottobre si è celebrata ad Hanoi la XXIII Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, dedicata quest’anno al tema “L’italiano e la sostenibilità”. La manifestazione, che si svolge sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, ha avuto un ricco programma di eventi e iniziative volte a promuovere la conoscenza e la diffusione dell’italiano in Vietnam, organizzate in collaborazione con il Dipartimento di Italianistica dell’Università di Hanoi e con Uni-Italia Vietnam. Lunedì 16 ottobre si è svolta l’apertura ufficiale dell’evento. Nel corso della cerimonia, sono intervenuti l’Ambasciatore d’Italia in Vietnam Marco della Seta, il Rettore dell’Università di Hanoi Nguyen Van Trao e la Direttrice del Dipartimento di Italianistica Pham Bich Ngoc. I media vietnamiti hanno dato ampia copertura all’evento. “In Vietnam ci sono poche scuole superiori che insegnano l’italiano. Spero che nei prossimi tempi promuoveremo più scuole superiori per l’insegnamento di questa lingua”, ha detto l’Ambasciatore Della Seta a Dan Tri. Ma l’Italia ha previsto pacchetti di supporto che comprenderanno borse di studio per studenti, materiale didattico e corsi professionali per docenti che insegnano italiano in Vietnam. L’Università di Hanoi conta attualmente 500 studenti che studiano italiano e 50 studenti italiani che studiano in Vietnam: secondo l’Ambasciatore i due Paesi hanno ancora molto spazio per la cooperazione allo sviluppo in questo campo. Il precedente accordo 2019-2022 sul fronte della formazione è destinato a essere ulteriormente rafforzato. Secondo Dan Tri, nei prossimi anni, insieme alla trasformazione dell’economia del Paese, la scuola e il Dipartimento di lingua italiana continueranno a fornire una formazione professionale orientata agli standard internazionali “Si spera che in futuro il Dipartimento di lingua italiana continui ad essere supportato dall’Ambasciata e dagli enti governativi italiani ad Hanoi nelle sue attività professionali, in particolare nello svolgimento della missione di diffusione e sviluppo dell’insegnamento e dell’apprendimento”, ha detto il Rettore Nguyen Van Trao. “Obiettivo: imparare la lingua italiana, conosciuta come linguaggio dell’amore, in Vietnam”.

Sull’onda del K-Pop: l’influenza della cultura sudcoreana in Vietnam

Da quando Vietnam e Corea del Sud hanno stabilito rapporti diplomatici formali nel 1992, la cultura popolare si è però rivelata la migliore ambasciatrice di Seul nel Paese del Sud-Est asiatico

A cura di Annalisa Manzo 

Il cosiddetto “Korean Wave” – hallyu in coreano – l’incremento della diffusione globale della cultura sudcoreana ha ormai raggiunto tutti gli angoli del globo e in Vietnam si estende a un’ampia gamma di settori: intrattenimento, affari, moda e persino calcio. I legami economici tra i due paesi sono profondi. La Corea del Sud è stato il più grande o il secondo più grande investitore in Vietnam quasi ogni anno per più di un decennio. Choi Bundo, presidente della Camera di Commercio e Industria coreana per il Vietnam centrale e meridionale, ha dichiarato a Nikkei Asia che gli accordi fiscali e commerciali hanno contribuito ad alimentare i legami economici tra i due Paesi. Inoltre, l’elevata soddisfazione per la forza lavoro di alta qualità del Vietnam e le aspettative che possa assumere il ruolo attualmente ricoperto dalla Cina – a causa delle relazioni instabili tra Stati Uniti e Cina – sono ragioni altrettanto importanti per cui le aziende coreane scelgono il Vietnam, ha affermato Choi. 

Da quando Vietnam e Corea del Sud hanno stabilito rapporti diplomatici formali nel 1992, la cultura popolare si è però rivelata la migliore ambasciatrice di Seul nel Paese del Sud-Est asiatico. Tutto è iniziato alla fine degli anni Novanta, quando le serie televisive coreane – i cosiddetti K-dramas – cominciarono ad essere trasmesse dalla televisione locale grazie agli sponsor di alcune società coreane, suscitando l’interesse del pubblico per la musica pop, K-pop e altre esportazioni culturali coreane come film, cibo, viaggi, moda e cosmetici. Ora, dopo più di due decenni, questa “onda coreana” continua ad essere molto popolare in Vietnam e in tutto il Sud-Est asiatico. 

Molti studiosi ritengono che ciò sia in parte il risultato della politica del governo coreano di promuovere la Corea del Sud come “un’economia da sogno fatta di icone ed esperienza estetica”. Le tracce estetiche della cultura pop coreana in Vietnam sono tangibili. Immagini di artisti coreani pervadono i luoghi pubblici, decorando cartelloni pubblicitari, grandi magazzini e saloni di bellezza.

La popolarità di tutto ciò che riguarda la Corea – cibo, cellulari e marchi di cosmetici in particolare – riflette un atteggiamento generale che vede la Corea del Sud come una cultura moderna e intrigante. Sebbene i vietnamiti si mostrino molto aperti anche alla cultura occidentale, permangono tuttavia le differenze culturali sottostanti. La Corea del Sud risulta invece un modello di modernità asiatica più vicina, il cui sviluppo sembra quindi più alla portata del pubblico vietnamita. Dopo tutto, la miracolosa crescita economica della Corea del Sud è piuttosto recente, e la Corea condivide chiare somiglianze culturali con il Vietnam, tra cui un patrimonio culturale confuciano, un’enfasi sui legami familiari e il rispetto per gli anziani, e un valore collettivista che mette in primo piano il conformismo.

Molti vietnamiti intravedono negli stili di vita metropolitani e glamour incarnati dalle star coreane sugli schermi un futuro seducente e desiderabile. Le storie di successo proposte dai K-drama fungono da ispirazione per riflettere sulla propria vita e lottare per raggiungere il proprio successo. La rappresentazione dell’instancabile ricerca di status e denaro da parte dei personaggi dei K-drama fa breccia in molti spettatori vietnamiti, incoraggiati a essere autosufficienti dalla recente politica sociale neoliberista del governo vietnamita. Decenni dopo il Doi Moi (“rinnovamento”) del 1986, segnato dalla transizione del Vietnam verso un’economia di mercato e dall’integrazione nel commercio globale, il governo ha trasferito alcune responsabilità in materia di welfare al mercato e ora promuove la ricchezza e il successo autoprodotti come patriottismo. Inoltre, alcuni hanno notato che il predominio della cultura pop sudcoreana in Vietnam si sta unendo ai recenti sviluppi socio-culturali del Paese. I K-drama romantici e le ballate sentimentali K-pop, che enfatizzano l’amore romantico puro e ideale, l’amor proprio e la consapevolezza di sé, hanno toccato le corde di una società vietnamita in cambiamento, che sta portando nei propri media una svolta verso l’ordinario e il privato.

Nella diffusione della cultura pop coreana, la musica K-pop svolge un ruolo predominante. Da tendenza locale a fenomeno globale, il K-pop si è diffuso in tutto il mondo dall’inizio degli anni Duemila, partendo dal mercato musicale giapponese e diffondendosi nei Paesi dell’Asia orientale fino alla metà degli anni 2010. In particolare, il 2012 ha visto il genere debuttare nell’industria musicale globale. Nell’estate 2012 Psy ha infatti stabilito record senza precedenti nelle classifiche musicali, guadagnando la fama internazionale con la sua mega hit “Gangnam Style”. In seguito, la parola “K-pop” è stata inserita nell’Oxford English Dictionary per designare la “musica pop coreana”.

È passato un decennio e il K-pop non è più considerato solo un genere musicale regionale che ha temporaneamente catturato l’attenzione di un pubblico globale. Si è radicato come un importante genere sottoculturale e sta guadagnando importanza sulla scena internazionale come nuovo standard per il settore. Uno dei fattori chiave che definiscono il K-pop, e che continua a mostrare il potenziale di crescita di questo genere, è la sua ricettività a cambiamenti e nuove fonti. Ha dimostrato infatti un’eccezionale vigilanza nell’adattare e utilizzare i progressi tecnologici per sviluppare un modello di business altamente redditizio.

Proprio come ha dimostrato il recente concerto del famosissimo girl group sudcoreano Blackpink, uno dei tanti modi in cui l’influenza sudcoreana ha travolto il Paese. Il concerto delle superstar ha dato al Vietnam la più grande dose di K-pop finora, per la gioia del fandom locale in rapida crescita. 

Secondo i dati della Korea Foundation, che conduce sondaggi annuali sull’hallyu in tutto il mondo, nel 2022 il Vietnam contava 13,3 milioni di fan di questa cultura, il terzo più alto al mondo, dopo Cina e Thailandia.

Il prezzo dei biglietti non è servito a scoraggiare i fan, anche se lo stipendio medio mensile di un lavoratore vietnamita si aggira intorno ai sette milioni di dong, sebbene il numero dei ricchi vietnamiti è aumentato del 110% dal 2016 al 2021, la quarta crescita più alta dell’Asia, riporta il Knight Frank Wealth Report.

I biglietti più economici partivano da 1,2 milioni (68,30 dollari) fino a 9,8 milioni di dong vietnamiti per i posti VIP. La mattina del secondo concerto, il 30 luglio scorso, i media locali hanno riferito che alcuni biglietti VIP venivano venduti fino a 30 milioni di dong ciascuno. Come ultima tappa in Asia del loro tour mondiale in corso, la richiesta è stata elevata fin dall’uscita delle date. Circa 67.000 spettatori hanno gremito lo stadio My Dinh per quello che gli operatori del settore hanno descritto come il “più grande evento musicale” mai organizzato in Vietnam.

Tran Tuan Tai, docente di finanza alla Massey University of New Zealand, ha notato che il costo del biglietto in Vietnam, rispetto al PIL pro capite, era il più alto tra le altre tappe del Born Pink World Tour. È interessante notare che il biglietto più costoso in Vietnam – pari a 9,8 milioni di dong – era superiore a un biglietto simile in altri Paesi come Indonesia (3,8 milioni di rupie – 335 dollari) e Singapore (398 dollari), che hanno entrambi un PIL pro capite più elevato rispetto al Vietnam. Secondo Tai, ad alimentare la domanda in Vietnam è il fatto che il Paese di solito non è una destinazione comune per spettacoli musicali globali; le mete più gettonate del Sud-Est asiatico restano Thailandia e Singapore. Il Vietnam, con una popolazione di 100 milioni di abitanti, ha una classe media ampia e in crescita, che ha voglia di spendere in attività culturali e di intrattenimento come i concerti K-pop, ha aggiunto Tai. Secondo il World Data Lab, si stima che la popolazione della classe media del Vietnam sarà una delle popolazioni in più rapida crescita al mondo tra il 2020 e il 2030. “Pagare prezzi elevati per i biglietti dei concerti non significa che i vietnamiti siano ricchi, ma piuttosto sottolinea la loro disponibilità a spendere”, ha affermato Nguyen Cuong Bach, amministratore delegato dell’agenzia di marketing focalizzata sul turismo Asia Lion. “Ciò dimostra un mercato turistico per l’intrattenimento più maturo in Vietnam”. 

I due concerti delle Blackpink hanno avuto un impatto molto positivo sull’economia del Vietnam. Il Dipartimento del Turismo di Hanoi ha affermato che la città ha ricevuto 170.000 visitatori durante i due giorni degli spettacoli, di cui 30.000 stranieri. In tutto hanno speso circa 630 miliardi di dong. Il tasso medio di occupazione degli hotel ad Hanoi nel mese di luglio è stato stimato al 60,8%, con un aumento del 19,2% rispetto a luglio 2022. Anche il numero di visitatori nelle destinazioni turistiche di Hanoi nel fine settimana del 29-30 luglio è aumentato dal 15 al 20% rispetto al fine settimana precedente. Nelle settimane precedenti e subito dopo i concerti, è stato osservato un aumento significativo delle prenotazioni da parte di visitatori sudcoreani e cinesi per crociere nella baia di Ha Long, sito patrimonio mondiale dell’UNESCO a circa 160 chilometri da Hanoi.

Dopo lo spettacolo delle Blackpink, Tran Sy Thanh, presidente del Comitato popolare di Hanoi, ha inviato una lettera di ringraziamento alla band, sottolineando che i loro concerti hanno migliorato l’immagine e la posizione di Hanoi come destinazione pacifica, sicura e amichevole. 

Lang Minh, docente di alfabetizzazione mediatica e digitale e consulente educativo presso MindX, ha affermato che l’approccio del governo vietnamita all’industria culturale è un modo per esercitare il “soft power” – la capacità di influenzare gli altri con mezzi non coercitivi. “Il Vietnam soffre di enormi pressioni orizzontali derivanti dai Paesi circostanti con industrie culturali in rapido sviluppo, Thailandia, Corea del Sud, Cina e Giappone. Questo spinge il Vietnam a prestare attenzione al miglioramento della propria industria culturale, non solo per guadagnare denaro ma anche per sottolineare i suoi valori nazionali”. Si fanno quindi spazio alcune opinioni secondo cui il Vietnam voglia trarre vantaggio dalla popolarità del K-pop per sfruttare i vantaggi economici – sia soft che hard – con la Corea del Sud, uno dei suoi partner commerciali più importanti. Lo scorso dicembre, le relazioni bilaterali tra Corea del Sud e Vietnam sono state trasformate in un partenariato strategico globale.Cavalcando l’onda hallyu, i due Paesi sono pronti a scrivere un nuovo futuro.

Il miglior posto per la pensione? La Malesia

Al quarto posto c’è un altro Paese dell’area ASEAN, il Vietnam, seguito dall’Indonesia e dalla Cambogia

Di Tommaso Magrini

La Malesia è al primo posto nella classifica dei 10 luoghi più sicuri per andare in pensione in Asia stilata dalla società di servizi finanziari statunitense Nasdaq. In un articolo pubblicato di recente nella sua sezione GoBankingRates, la società ha dichiarato che la classifica si basa sui dati del Gruppo delle Nazioni Unite per la Regione Pacifico-Asia e sul prodotto interno lordo (PIL) di World Population Review. Ha inoltre ottenuto i dati sul costo della vita da Numbeo e l’indice di pace globale dall’Institute for Economics and Peace Global Peace Index 2022 Report. In cima alla lista c’è appunto la Malesia, con un indice di pace globale di 1,471 e un costo medio mensile della vita di 1.066 dollari. La Malesia occupa il primo posto con un indice del costo della vita di 22,9 e un PIL di 481,9 trilioni di dollari. Con una spesa media mensile di poco superiore a 1.000 dollari, è un luogo eccellente da prendere in considerazione per i pensionati. Al secondo posto della classifica c’è il Kuwait, con un indice di pace globale di 1,739 e un costo medio mensile della vita di 1.741 dollari. Secondo il Nasdaq, al terzo posto c’è la Mongolia, con un indice di pace globale di 1,775 e un costo medio mensile della vita di 940 dollari, aggiungendo che l’indice del costo della vita della Mongolia è a pari merito con quello dell’Indonesia (20,2), ma il suo PIL è il più basso della lista, con 21.000 miliardi di dollari (RM98.000 miliardi). Al quarto posto c’è un altro Paese dell’area ASEAN, il Vietnam, con un indice di pace globale di 1,786 e un costo medio mensile della vita di 1.117 dollari, seguito dall’Indonesia e dalla Giordania, poi dalla Cambogia.

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