Global Lens

In arrivo altri accordi commerciali tra UE e ASEAN

Dopo l’intesa siglata con l’Indonesia, Bruxelles punta a concludere altri negoziati. Nel 2026 si potrebbe chiudere con Thailandia, Filippine e Malesia

Di Alessandro Forte

Il 23 settembre 2025 aggiunge un altro tassello al longevo e complesso puzzle di relazioni bilaterali tra l’Unione Europea e i Paesi ASEAN: la presidente della Commissione Von der Leyen ed il Presidente Indonesiano Subianto hanno chiuso un accordo di libero scambio (FTA) e protezione degli investimenti (IPA) dopo nove anni di negoziati, in attesa di un consenso formale da parte degli Stati Membri e Parlamento Europeo. Tale intesa si inserisce all’interno di un ben più ampio quadro politico e commerciale per Bruxelles, che vede nella regione un solido partner economico, ma soprattutto un’opportunità strategica. L’ASEAN, infatti, non solo si conferma terzo partner commerciale per l’Unione nel 2024, con un interscambio di beni pari a €258.7 miliardi (9,6% del commercio totale dell’organizzazione asiatica), ma anche uno snodo manifatturiero e logistico cruciale per l’accesso all’area indo-pacifica, ponte fra economie avanzate ed in via di sviluppo, ed hub in filiere chiave – tra cui elettronica ed automotive. 

In questo contesto, Jakarta e Bruxelles hanno concordato di rimuovere dazi su più del 90% dei prodotti appena dopo l’entrata in vigore dell’accordo, inclusi i dazi al 50% sulle auto provenienti dall’UE, che andranno incontro ad una graduale rimozione entro 5 anni; il presidente indonesiano, a questo proposito, si dice fiducioso che queste condizioni portino a raddoppiare l’interscambio commerciale fra i due attori nel primo quinquennio. 

Inoltre, l’accordo appena sancito è il terzo traguardo che premia l’approccio bilaterale dell’Unione verso i paesi ASEAN; difatti, dopo il tentativo nel 2007 di negoziare un accordo intraregionale, il processo si è arenato e sospeso nel 2009, a causa dell’eterogeneità regolatoria interna ai diversi paesi del Sud-est asiatico. Questo, tuttavia, non ha impedito a Bruxelles di siglare accordi di libero scambio con Singapore nel 2019 – con un IPA in attesa di ratifica – e Vietnam nel 2020, aprendosi ad una maggiore diversificazione di prodotti e servizi nella regione. Da un punto di vista strategico, il binomio Singapore – Indonesia, quali rispettivamente campione dei servizi, e grande potenza demografica produttrice di materie prime, lancia inevitabilmente un segnale positivo per i negoziati rimasti in panchina. 

Per la Thailandia, hub automotive dell’ASEAN, il precedente indonesiano sullo smantellamento progressivo dei dazi nel settore costituisce un facilitatore regolatorio, riducendo l’incertezza degli investimenti e aprendo ad una più realistica e larga integrazione delle catene del valore a livello regionale; per la Malesia, seconda produttrice mondiale di olio di palma, proprio dietro Jakarta, la rimozione di dazi da parte di Bruxelles sul prodotto apre ad uno scenario più appetibile sul tavolo dei negoziati, fermo restando il mantenimento degli standard europei su sicurezza alimentare e sostenibilità; per le Filippine, i cui servizi costituiscono il 63,2% del PIL, un accordo di libero scambio sulla falsa riga dell’intesa con Singapore porterebbe interoperabilità nei servizi digitali, procedure più snelle per licenze e pagamenti, e cornici comuni per fintech e open banking, rendendo più immediato l`accesso degli operatori filippini al mercato UE.

Resta ancora una domanda aperta: ha ancora senso un accordo regionale UE-ASEAN? La risposta breve è sì, ma non nell’immediato. Tuttavia, la via bilaterale non è da intendersi come alternativa ad un accordo intraregionale, ma come una strada pragmatica per allineare, passo dopo passo, gli accordi con gli altri paesi del Sud-Est asiatico, costruendo una cornice più ampia che riduce i costi di conformità per le imprese, e rafforza l’integrazione tra i Paesi ASEAN. Questo, nel medio-periodo, potrebbe senz’altro creare terreno fertile per un’intesa regionale credibile. Il contesto globale, oltretutto, spinge nella stessa direzione: tra gli aumenti tariffari statunitensi, e le persistenti dipendenze dal mercato cinese, per UE e ASEAN la diversificazione delle catene del valore non è più un’opzione, ma una necessità strategica. Da qui, l’urgenza di trasformare i progressi bilaterali in una tabella di marcia condivisa, con obiettivi concreti e tempi definiti.

Indo-Pacifico? Per l’Italia significa soprattutto ASEAN

La particolarità più significativa dell’approccio italiano all’Indo-Pacifico risiede nella profondità con cui si punta a estendere le relazioni coi Paesi del Sud-Est Asiatico: quasi un unicum in Europa

Di Emanuele Ballestracci

Quando nel 2008 l’amministrazione Obama inaugurò una nuova era della politica estera americana con l’ormai celebre formula del “Pivot to Asia”, pochi avrebbero immaginato che poco più di un decennio dopo anche l’Europa ne avrebbe in parte seguito i passi. La regione dell’Indo-Pacifico – la cui precisa delimitazione geografica varia a seconda dei parametri adottati da ciascun attore – si colloca infatti sempre più al centro degli interessi strategici dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri. Dal 2018, anno della pubblicazione della strategia francese per l’Indo-Pacifico, tali interessi si sono tradotti in documenti programmatici elaborati dai governi europei. Paesi Bassi, Germania, Regno Unito, Repubblica Ceca e Lituania, nonché la stessa Unione Europea, hanno infatti seguito l’esempio francese. L’Italia, invece, ancora priva di una strategia ufficiale, ha avviato nel 2023 i lavori parlamentari per definirla.

Sebbene non disponga ancora di principi codificati organicamente e non possieda risorse paragonabili a quelle di potenze con presenza stabile come Regno Unito e Francia, l’impegno italiano nell’Indo-Pacifico ha nondimeno contribuito a posizionare Roma come partner credibile per gli attori regionali. Da oltre quindici anni l’Italia ha infatti approfondito i propri legami con la regione seguendo un approccio multidimensionale e costante, nonostante la proverbiale discontinuità dei suoi esecutivi.

Un punto di svolta fondamentale nella traiettoria indo-pacifica dell’Italia è giunto nel 2007, quando Roma è entrata a far parte del Pacific Islands Forum come Dialogue Partner – dopo Francia e Regno Unito, ma prima di Germania e Spagna. Da allora, l’Italia ha ampliato una rete di partnership strategiche con gli storici alleati regionali: con la Corea del Sud nel 2018 e con India e Giappone nel 2023, cui sono seguiti nel 2024 i Piani d’Azione Strategici Congiunti con Nuova Delhi e Tokyo. Nel 2019 ha inoltre aderito all’Indian Ocean Rim Association (IORA) come Dialogue Partner, uno dei soli tre Paesi europei a farlo.

Sul piano della difesa, la cooperazione industriale e quella militare sono emerse come ambiti cruciali, in particolare con il lancio nel 2022 del Global Combat Air Programme (GCAP), un partenariato trilaterale con Regno Unito e Giappone per lo sviluppo di un caccia di sesta generazione. Negli ultimi dieci anni, la Marina Militare ha inoltre effettuato regolari missioni nell’area: la fregata Carabiniere nel 2017, l’ITS Morosini nel 2023, l’ITS Montecuccoli e gli F-35A in Giappone nel 2024, e l’ITS Antonio Marceglia nel 2025. A ciò si aggiunge la partecipazione italiana alla Operazione AGENOR – l’iniziativa europea di sicurezza marittima nello Stretto di Hormuz – dal luglio 2022 al gennaio 2023, assumendo il comando e contribuendo con due fregate e assetti aerei.

La particolarità più significativa dell’approccio italiano risiede tuttavia nella profondità con cui Roma ha esteso le proprie relazioni con i Paesi del Sud-Est Asiatico, quasi un unicum rispetto agli orientamenti di altri Paesi europei come Paesi Bassi e Germania. Quest’ultimi tendono infatti a enfatizzare la cooperazione con “like-minded partners” — Stati Uniti, Giappone, Corea del Sud, India e Australia — per ampliare la propria presenza regionale, mentre il Regno Unito fa ampio affidamento su forum minilaterali che escludono l’ASEAN.

L’Italia ha invece rafforzato in modo significativo il proprio impegno con il Sud-Est asiatico, avviando collaborazioni e consolidando partnership su più livelli. Memoranda of Understanding di natura economica sono stati firmati con Indonesia e Thailandia, mentre nel 2020 Roma è diventata ASEAN Development Partner. Le imprese italiane hanno inoltre collaborato con Vietnam, Indonesia e Thailandia nella fornitura di macchinari e attrezzature industriali per la modernizzazione manifatturiera, oltre a sviluppare progetti con Filippine e Malaysia nei settori delle energie rinnovabili e della transizione climatica. L’ASEAN è stata inoltre identificata come priorità strategica nel “Piano d’Azione per le Esportazioni Italiane nei Mercati Extra-UE ad Alto Potenziale” presentato nel giugno 2025, con le esportazioni italiane che hanno raggiunto 10,7 miliardi di euro nel 2024: una crescita del 10,3% rispetto all’anno precedente.

In questo quadro, il rafforzamento dei legami con la Malaysia costituisce un tassello emblematico: la visita del primo ministro Anwar Ibrahim a Roma nel luglio 2025, culminata in un vertice con la premier Giorgia Meloni, ha sancito l’evoluzione delle relazioni con Putrajaya in partnership strategica. I rapporti italo-malaysiani si sono infatti consolidati su tutti i livelli, grazie anche al contributo del settore privato e dei giganti italiani come Leonardo, Fincantieri ed Eni. Inoltre, le relazioni con l’Indonesia hanno registrato un’altrettanta significativa crescita: nel 2024 il Paese è divenuto il principale importatore di armamenti italiani, con acquisizioni per 1,25 miliardi di euro e un contratto storico con Fincantieri e Leonardo per due pattugliatori multiruolo. Sono inoltre circolate indiscrezioni su possibili nuovi accordi, tra cui la vendita della portaerei Garibaldi.

L’approfondimento delle relazioni con i Paesi ASEAN costituisce quindi un architrave del rinnovato interesse italiano verso l’Indo-Pacifico. Parallelamente alla cooperazione con i partner tradizionali, Roma ha infatti saputo rafforzare significativamente i rapporti con le capitali del Sud-Est asiatico a livello diplomatico, economico e di difesa. Tale approccio differisce da altri attori europei, nonostante UE e ASEAN siano accomunati dal supporto a principi quali multilateralismo e centralità del diritto internazionale. 

ITALIA E MALESIA: UNA VISITA STORICA RILANCIA IL PARTENARIATO STRATEGICO

Articolo a cura di Massimo Rustico, Ambasciatore d’Italia in Malesia (2021-2025)

Dopo 37 anni, la visita ufficiale in Italia il 2-3 luglio u.s. del Primo Ministro malese YAB Dato’ Seri Anwar Ibrahim, accompagnato da cinque Ministri, ha segnato un punto di svolta nei rapporti bilaterali. L’incontro si è svolto durante la presidenza malese dell’ASEAN, rafforzando il dialogo e la cooperazione tra l’Unione Europea e i paesi del Sud-Est asiatico.

Il Primo Ministro Anwar Ibrahim ha incontrato il Presidente del Consiglio, On. Giorgia Meloni, e il Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri, On. Antonio Tajani. Durante la bilaterale tra i due Premier, alla presenza dei Ministri della Difesa e degli Esteri, sono state affrontate le principali tematiche di politica estera e sicurezza internazionale. Il Presidente del Consiglio ha accolto l’invito del Primo Ministro a effettuare una visita ufficiale a Kuala Lumpur. Significativi anche i colloqui dei Ministri della Difesa e del MIMIT con i loro omologhi malesi.

La Malesia si conferma per l’Italia un partner chiave nel Sud-Est asiatico, per stabilità e apertura economica. Gli incontri hanno evidenziato ampie convergenze su priorità condivise, che le due parti intendono rafforzare in modo strutturato, in particolare: energia, transizione verde e digitale, difesa, microelettronica, supply chain e industria avanzata.

Particolarmente significativa è stata la Tavola Rotonda Economica Italia-Malesia, inaugurata dal Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri, On. Antonio Tajani, alla presenza del Primo Ministro e dei Ministri malesi. L’incontro ha riunito i vertici di decine di grandi aziende italiane e malesi, attive in settori strategici, insieme ai rappresentanti del sistema Italia (CDP, SACE, SIMEST, ICE).

Sono emerse forti complementarietà, soprattutto nei settori ad alta tecnologia, che confermano una chiara convergenza di visioni tra i due Paesi. Nel settore della difesa, la Malesia si conferma un partner affidabile e strategico per le principali aziende italiane, mentre nel settore energetico si aprono nuove opportunità grazie alla partnership tra Eni e Petronas, destinata a trasformare il panorama energetico regionale. L’attenzione si estende anche alle infrastrutture di rete, energetiche e digitali, fondamentali per sostenere la crescita e la competitività globale, così come alle tecnologie per la transizione energetica. Le imprese italiane e malesi, supportate dal sistema Italia e da una rinnovata collaborazione con le maggiori istituzioni finanziarie locali, dispongono così di una piattaforma efficace per consolidare rapporti industriali, tecnologici e finanziari, rafforzando la strategia di internazionalizzazione italiana in un Paese chiave dell’ASEAN. L’attrazione di investimenti finanziari malesi è stata anche oggetto di incontri bilaterali a margine.

La Tavola Rotonda ha aperto nuove prospettive, ponendo le basi per il rafforzamento della cooperazione economica in una regione sempre più strategica per gli equilibri globali futuri. Con il ruolo crescente di quest’area, l’Italia conferma il proprio impegno a mantenere un ruolo attivo, consolidando legami e promuovendo investimenti in progetti condivisi volti a sicurezza, innovazione e sviluppo sostenibile. L’incontro ha inoltre sottolineato le ampie opportunità offerte dai rapporti bilaterali, il cui rilancio si inserisce nel più ampio quadro della cooperazione Italia-ASEAN, evolvendosi parallelamente al riavvio dei negoziati sul Free Trade Agreement tra la Malesia e l’Unione Europea, fattore chiave nelle relazioni UE-ASEAN.

La visita ha evidenziato come la Malesia, insieme all’Asia del Sud-Est, rappresenti non solo un mercato, ma un orizzonte politico sempre più rilevante per l’Italia e la sua strategia nell’Indo-Pacifico, in sintonia con l’Europa. Oggi Kuala Lumpur e Roma non si limitano più a dialogare come capitali amiche, ma si riconoscono come partner, legati da una visione condivisa e interessi convergenti, in particolare nel rispetto del diritto internazionale e nella salvaguardia della libertà di navigazione.

Nel contesto di un rafforzato rapporto bilaterale, si inserisce la realizzazione della nuova sede demaniale dell’Ambasciata d’Italia a Kuala Lumpur, la più moderna del Sud-Est asiatico, inaugurata il 6 giugno u.s., a testimonianza dell’impegno italiano a consolidare senza sosta la propria presenza in una delle aree più dinamiche a livello internazionale.

Massimo Rustico
Ambasciatore d’Italia in Malesia
(18 ottobre 2021 – 8 giugno 2025)

ASEAN-USA: si avvicina la fine della tregua commerciale

I dazi trumpiani hanno preso di mira anche il Sud-Est asiatico, spingendo i Paesi della regione a correre ai ripari cercando accordi con Washington

Di Anna Affranio

Con la scadenza della tregua commerciale fissata simbolicamente per l’8 luglio, Stati Uniti e ASEAN si trovano in un momento cruciale. L’annuncio dello scorso 2 aprile, definito “Liberation Day” dalla retorica dell’amministrazione Trump, ha riacceso nuove tensioni: Washington ha infatti comunicato l’intenzione di introdurre dazi su un’ampia gamma di prodotti provenienti dai Paesi, tra gli altri, del Sud-est asiatico. 

Nel dettaglio, i dazi riguarderebbero la Cambogia, Paese più colpito (con dazi fino al 49%), il Laos (48%), il Vietnam (46%), il Myanmar (44%), la Thailandia (36%) e l’Indonesia (32%). Malaysia, Brunei, Filippine e Singapore sarebbero invece soggetti a tariffe più contenute, tra il 10% e il 24% (secondo una fonte ufficiale). Le misure, per lo meno secondo Washington, servono a correggere squilibri commerciali e proteggere l’industria nazionale, in particolare nei settori dell’elettronica, dell’agroalimentare e dell’automotive.

Per molti Paesi ASEAN però, dazi di tale entità rappresentano un rischio concreto per il loro modello economico, largamente basato sulle esportazioni. Per molti di questi Paesi infatti, gli Stati Uniti sono il principale mercato di esportazione. Inoltre, negli ultimi anni, a causa delle tensioni commerciali tra Pechino e Washington, la regione ha attratto massicci investimenti da parte di multinazionali interessate a ridurre la propria dipendenza dalla Cina, posizione strategica che ora è minacciata dalla recente introduzione dei dazi. 

Per cercare di ridurre i danni in vista della scadenza, sono in corso negoziati sia multilaterali sia bilaterali. Si è lavorato a un vertice multilaterale tra gli Stati Uniti e l’intero blocco ASEAN, con Singapore, Indonesia e Vietnam che stanno spingendo per una proroga della tregua tariffaria, almeno nei settori tecnologici più sensibili. Parallelamente, la Malaysia, che detiene la presidenza di turno dell’ASEAN, ha proposto un summit straordinario con Donald Trump, con l’obiettivo di trovare un’intesa politica di alto livello.

Sul fronte bilaterale, invece, Stati Uniti e singoli Paesi come Cambogia, Vietnam e Thailandia stanno conducendo negoziati separati per gestire i dazi in modo più mirato e flessibile.  Per quanto riguarda il Vietnam, si sono svolti già molteplici round negoziali che hanno toccato i temi delle esportazioni tessili e dell’elettronica. Hanoi ha promesso maggiori controlli contro il transshipment illegale di merci cinesi e ha mostrato apertura verso l’aumento delle importazioni di prodotti statunitensi. Il leader del Partito comunista vietnamita To Lam è stato tra i primi leader stranieri a parlare con la Casa Bianca dopo il “LIberation Day” ed è coinvolto direttamente nei negoziati. Anche la Thailandia si è attivata. Il governo è stato tra i primi a mettere in campo un team tecnico per trattare la riduzione dei dazi, attualmente fissati al 36%. Bangkok ha presentato una proposta che include l’ampliamento dell’accesso al mercato per i prodotti americani ma anche investimenti thailandesi negli USA, offrendo dunque la possibilità di creare a loro volta opportunità lavorative per gli statunitensi. Secondo visione ottimistica del Ministro del Commercio thailandese, i negoziati potrebbero riuscire a ridurre l’importo della tariffa fino al 10%. Tuttavia, al momento non sono stati firmati accordi ufficiali. Molto simile la reazione della Cambogia, la principale vittima dei dazi nella regione, con esportazioni verso gli Stati Uniti che rappresentano circa il 38% dell’export totale, principalmente costituito da abbigliamento e calzature. Il Governo punterà probabilmente a un alleggerimento graduale, ma temendo gravi conseguenze economiche e sociali ha già avviato due round di colloqui virtuali con Washington e mira a negoziati diretti a breve. In cambio, Phnom Penh come segnale di buona volontà ha tagliato a sua volta le tariffe d’importazione su 19 categorie di prodotti statunitensi, riducendole dal massimo 35 % fino al 5 % circa e rafforzato i controlli interni per evitare potenziali pratiche di esportazioni fraudolente.

Nel frattempo, la Cina osserva e si muove. Pechino ha recentemente aggiornato il suo accordo di libero scambio con l’intero blocco ASEAN, e continua a rafforzare la cooperazione con la regione su infrastrutture, logistica ed energia. L’obiettivo è chiaro: proporsi come partner stabile e prevedibile, in contrasto con l’approccio americano più umorale e aggressivo sul piano commerciale.

Tre gli scenari più probabili: una proroga tecnica della tregua per alcuni mesi, un ritorno immediato alle tariffe, oppure una soluzione intermedia con esenzioni settoriali e monitoraggio trimestrale. In ogni caso, il rischio è che l’ASEAN esca da questa fase più frammentato, per la possibilità che ogni singolo Paese intavoli negoziati separati e autonomi con gli USA. con ricadute, in quest’ultimo scenario, assai ampie per ciò che riguarda catene di fornitura, investimenti esteri ma anche sullo stesso posizionamento geopolitico della regione.

Le scelte che verranno prese nelle prossime settimane avranno effetti nel lungo termine non solo per l’economia dell’ASEAN, ma per l’intera architettura commerciale della regione dell’ Asia-Pacifico.

Aumenta l’export italiano in ASEAN

I dati del 2024: record per la crescita delle esportazioni Made in Italy in Vietnam

Il rialzo dei dazi da parte degli Stati Uniti potrebbe avere effetti positivi per l’export italiano, soprattutto da parte dei mercati emergenti. Secondo un approfondimento messo a punto dalla Farnesina, dopo la riunione presieduta dal ministro Antonio Tajani con alcuni rappresentanti del tessuto produttivo italiano, un ruolo importante potrebbe avere l’apprezzamento del dollaro sull’euro, verificatosi negli ultimi mesi, unito all’aumento delle scorte di merci da parte delle imprese americane. Anche misure tariffarie più elevate contro Cina e Messico potrebbero avere effetti opposti, aprendo spazi competitivi per il Made in Italy. In particolare, segnala la Farnesina, importanti opportunità per l’export italiano vengono dai mercati emergenti: Mercosur, India, ASEAN, Paesi del Golfo, Africa e Balcani. Le esportazioni italiane nella regione ASEAN hanno raggiunto 9,7 miliardi di euro nel 2023, con una crescita del 5,1%, confermata da un’ulteriore +11% nel 2024. I settori trainanti sono macchinari, chimica, tessile e agroalimentare. Sebbene il saldo commerciale sia negativo, il deficit si è progressivamente ridotto grazie alla crescente competitività del Made in Italy. Nello specifico, nel 2024 l’aumento più significativo è quello verso il Vietnam, dove si registra un ragguardevole +25%. La crescita riguarda anche gli altri Paesi dell’ASEAN e il dato è una chiara testimonianza della crescente apertura del mercato asiatico, che continua a rappresentare una frontiera chiave per l’industria italiana. Il trend si sta addirittura intensificando, visto che il solo dato di dicembre 2024 è addirittura di un aumento del 39,9%. Negli ultimi sei anni, l’interscambio commerciale complessivo tra Italia e ASEAN è cresciuto circa del 40%, più di Regno Unito, Germania e Francia, evidenziando il grande dinamismo delle relazioni economiche Italia-ASEAN. Gli strumenti di cooperazione economica tra l’ASEAN e l’Italia sono diversi e sfaccettati. Comprendono accordi commerciali, trattati di investimento, joint venture e programmi di cooperazione economica e tecnica. Questi strumenti mirano a ridurre le barriere commerciali, a promuovere gli investimenti, a favorire il trasferimento di tecnologia e a rafforzare i legami economici tra le due regioni. Insieme, costruiscono partenariati economici resistenti e reciprocamente vantaggiosi. Ad oggi, gli IDE italiani nell’ASEAN valgono 7,7 miliardi di euro, mentre gli IDE ASEAN ammontano a più di 800 milioni di euro. Si tratta di aumenti esponenziali da quando è stata fondata l’Associazione Italia-ASEAN. 

Affari, prosperità e pace sul Pacifico

Il discorso del Presidente indonesiano Prabowo Subianto al summit della Cooperazione Economica Asia-Pacifico (APEC) a Lima

Come tutti sappiamo, la pace e la prosperità sono guidate dall’attività economica, dal ruolo della comunità imprenditoriale, dal ruolo degli imprenditori, dal ruolo dell’industria. Senza la partecipazione dinamica del settore economico, fondamentalmente non possiamo avere crescita e prosperità. Senza crescita, non possiamo alleviare la povertà, non possiamo creare occupazione. La regione del Pacifico è una delle aree più dinamiche del mondo. La crescita economica, i potenziali risultati tecnologici, la demografia, le risorse disponibili  lasciano presagire un futuro economico brillante per tutti. Al momento ci sono tensioni geopolitiche, ma io sono un ottimista nell’interesse dell’umanità. Credo che i leader delle grandi potenze del mondo, in ultima analisi, opteranno sempre per il bene comune. La rivalità è storica, ci sarà sempre, ma il nostro pianeta è diventato più piccolo. Le enormi scoperte tecnologiche richiedono che i leader siano più saggi, più pazienti, più accomodanti, perché il potere della tecnologia può portare progressi significativi alla vita umana, ma il potere della tecnologia può anche distruggere la vita umana molto velocemente. Pertanto, scelgo sempre la strada della collaborazione, dell’impegno, della comunicazione, della negoziazione. Certo, dobbiamo rispettare e vivere secondo le leggi comuni, le regole internazionali, ma dobbiamo anche avere una comprensione comune degli interessi di tutti. Vengo da un Paese, l’Indonesia , che è uno dei più grandi Paesi del mondo, il quarto per popolazione. Il nostro territorio, da ovest a est, è lungo quasi quanto l’Europa. L’Europa ha 27 Paesi o più, noi siamo un solo Paese. Abbiamo le nostre sfide importanti, ma siamo benedetti da risorse abbondanti e abbiamo la fortuna di poter essere in pochi anni completamente autosufficienti dal punto di vista energetico. Saremo forse uno dei pochi Paesi in grado di raggiungere il 100% di energia rinnovabile entro pochi anni. Possiamo sostituire i combustibili fossili con le energie rinnovabili. Abbiamo il più grande potenziale geotermico e di energia solare, ma la nostra forza principale verrà dalla bioenergia, dal carburante di origine vegetale che possiamo produrre. L’Indonesia è aperta a fare affari. Sono determinato a proteggere tutti gli investimenti, a creare una condizione economica favorevole, a partecipare alle principali organizzazioni economiche del mondo e a lavorare insieme a tutti voi per creare prosperità reciproca. Credo che la prosperità possa venire solo dalla pace. La pace viene dalla comprensione. La comprensione deriva dall’impegno e dalla negoziazione. Invito alla cooperazione tra tutti voi, il settore privato del Pacifico, per raggiungere insieme la prosperità. Prosperità che, alla fine, garantisce pace e stabilità.

L’ASEAN alla COP29

Il documento programmatico approvato dall’ASEAN sul contrasto al cambiamento climatico, apripista alla partecipazione al vertice in corso a Baku

I Paesi membri dell’ASEAN esprimono profonda preoccupazione per il continuo aumento delle emissioni globali di gas a effetto serra e per la conseguenza dell’aumento dei rischi climatici e degli impatti sui sistemi naturali e umani, che rimane una minaccia significativa per la diversità ecologica nella regione dell’ASEAN e, in generale, per la sostenibilità dei guadagni di sviluppo che abbiamo raggiunto finora. Vogliamo richiamare l’attenzione sul costo dei cambiamenti climatici per le economie dell’ASEAN, che rappresenta una perdita economica stimata di 97,3 miliardi di dollari tra il 2009-2020 e un costo di adattamento stimato in 422 miliardi di dollari fino al 2030 per la regione. Vogliamo evidenziare i progressi significativi e le nuove opportunità offerte dalla COP28 e dal Consenso degli Emirati Arabi Uniti per garantire un clima stabile, che costituisce una base importante per sostenere i guadagni in termini di sviluppo nella regione dell’ASEAN, tenendo conto delle responsabilità comuni ma differenziate degli Stati Parte dell’ASEAN. Per questo motivo, chiediamo che venga accelerata l’attuazione delle azioni per il clima e dei meccanismi finanziari previsti dall’UNFCCC, come prova dell’impegno a favore di un’azione per il clima e di una transizione energetica rapida ed equa. Chiediamo di riconoscere le persistenti lacune nell’attuazione delle ambiziose azioni concordate in materia di clima, tra cui la mitigazione, l’adattamento e la finanza. E auspichiamo l’adempimento dei mezzi di attuazione, come da impegni assunti dai Paesi sviluppati, ossia finanziamenti, sviluppo e trasferimento di tecnologie e sviluppo di capacità, compreso lo sviluppo e l’attuazione di tecnologie a basse emissioni e di infrastrutture abilitanti, che sono fondamentali per la nostra transizione verso un’economia regionale a basse emissioni di carbonio e per garantire la capacità dell’ASEAN e dei Paesi in via di sviluppo di accedere ai finanziamenti per il clima. Auspichiamo inoltre l’attuazione delle decisioni adottate nelle precedenti COP per rafforzare il sostegno finanziario all’azione per il clima nei Paesi in via di sviluppo. Chiediamo poi di riconoscere i contributi potenziali degli Stati membri dell’ASEAN attraverso l’evitamento delle emissioni, la riduzione delle emissioni, l’eliminazione delle emissioni e l’aumento dello stock di carbonio, in funzione dei progressi scientifici e tecnologici, della cooperazione internazionale e di un maggiore sostegno da parte dei Paesi sviluppati, comprese le iniziative pertinenti relative ai mercati del carbonio da parte degli Stati membri dell’ASEAN per fungere da modello per un approccio integrato allo sviluppo sostenibile e alla resilienza climatica nella regione.

Italia e Singapore, visione comune

Il discorso del Vice Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Valentino Valentini, al Villaggio Italia di Singapore durante la visita della nave Amerigo Vespucci

Singapore è uno dei porti più importanti di tutta l’Asia, una delle piazze finanziarie più importanti e qui non solo portiamo l’Italia e quello che rappresenta ma con il Villaggio Italia portiamo l’esperienza italiana. Questo serve non soltanto come messaggio di amicizia e collaborazione ma anche a favorire sempre di più gli investimenti reciproci che in questo momento si stanno svolgendo dalle due parti degli oceani. L’arrivo dell’Amerigo Vespucci in questo straordinario porto simboleggia l’incontro di due nazioni con storie ricche e intrecciate. Italia e Singapore sono geograficamente distanti, ma vicine nella loro visione di progresso e di sviluppo sostenibile. L’importanza del libero scambio e dei commerci internazionali rimane fondamentale per la prosperità delle nostre nazioni. In un mondo in rapida evoluzione, o piuttosto in pericolosa involuzione, Italia e Singapore rappresentano portali di accesso privilegiati all’Asia, e all’ Europa e attraverso il Mediterraneo al continente africano, facilitando non solo lo scambio di merci, ma anche di idee, tecnologie vettori di pace e stabilità. Italia e Singapore intendono rappresentare un modello per un commercio internazionale che sia al contempo dinamico ma equo, responsabile ed orientato al futuro. Nei prossimi giorni, attraverso una serie di eventi mirati, esploreremo le molteplici opportunità di cooperazione nei settori dell’economia blu, dello spazio, delle tecnologie avanzate e dell’innovazione sostenibile. Le nostre economie, caratterizzate da un tessuto di piccole e medie imprese dinamiche e innovative, trovano in questa collaborazione un terreno ideale per crescere e prosperare. Lo scambio di conoscenze, tecnologie e capitale umano tra i nostri paesi può catalizzare l’innovazione e aprire nuove frontiere in settori strategici come la digitalizzazione, le scienze della vita e le tecnologie pulite. L’Italia, con la sua ricca tradizione manifatturiera, il suo patrimonio culturale e la sua creatività nel design si combina armoniosamente con Singapore, hub globale di innovazione, finanza e tecnologia. Questa sinergia offre opportunità uniche per entrambi i paesi di espandere i propri orizzonti economici e culturali.

Il quadro delle relazioni economiche Italia-ASEAN

Negli ultimi anni, l’interscambio commerciale bilaterale e gli investimenti diretti sono aumentati in modo esponenziale, anche grazie all’HLD. Ora ci sono spazi per crescere ancora

Le relazioni economiche tra Italia e ASEAN sono in continuo approfondimento. L’High Level DIalogue on ASEAN Italy Economic Relations 2024, che si è svolto il 5 e 6 novembre a Manila, è stato un’occasione per mettere in evidenza lo stato attuale delle relazioni e discutere di come rafforzarle ulteriormente. Come si evince dal position paper pubblicato da The European House Ambrosetti in occasione dell’evento, l’interscambio commerciale ASEAN-Italia vale oltre 20 miliardi di dollari, di cui 9,7 miliardi sono rappresentati dall’export italiano verso l’ASEAN e 12 miliardi si riferiscono all’export ASEAN verso l’Italia. Negli ultimi sei anni, l’interscambio commerciale complessivo tra Italia e ASEAN è cresciuto del 38%, più di Regno Unito, Germania e Francia, evidenziando il grande dinamismo delle relazioni economiche Italia-ASEAN. 

Gli strumenti di cooperazione economica tra l’ASEAN e l’Italia sono diversi e sfaccettati. Comprendono accordi commerciali, trattati di investimento, joint venture e programmi di cooperazione economica e tecnica. Questi strumenti mirano a ridurre le barriere commerciali, a promuovere gli investimenti, a favorire il trasferimento di tecnologia e a rafforzare i legami economici tra le due regioni. Insieme, costruiscono partenariati economici resistenti e reciprocamente vantaggiosi. Ad oggi, gli IDE italiani nell’ASEAN valgono 7,7 miliardi di euro, mentre gli IDE ASEAN ammontano a più di 800 milioni di euro. Si tratta di aumenti esponenziali da quando sono iniziate le edizioni dell’HLD e da quando è stata fondata l’Associazione Italia-ASEAN. 

Come evidenzia Lorenzo Tavazzi, Senior Partner e Board Member di The European House Ambrosetti, nel suo position paper, i risultati concreti raggiunti negli ultimi anni sono ragguardevoli. Qualche esempio? L’apertura di unità produttive, centri di progettazione e di assistenza in Vietnam, Thailandia e Indonesia da parte di un’azienda italiana operante nel settore metallurgico; l’apertura di uno stabilimento di produzione da parte di 2 produttori italiani di motocicli in Thailandia e Indonesia; l’inaugurazione di un nuovo impianto di produzione di pneumatici in Thailandia; l’acquisizione di una quota di minoranza di un’azienda italiana produttrice di cosmetici da parte di un fondo sovrano di proprietà del governo di Singapore; l’aumento delle esportazioni di prodotti Made in Italy nell’ASEAN, in particolare a Singapore, Malesia, Thailandia e Vietnam; l’introduzione di corsi di formazione e di business per l’accesso al mercato ASEAN offerti da agenzie governative italiane.

In alcuni settori ci sono enormi potenzialità di crescita. Per esempio sul digitale. L’ASEAN presenta oggi diversi livelli di preparazione digitale e ambientale e sta dando priorità alla crescita verde e all’adozione di tecnologie, con l’obiettivo di migliorare la competitività regionale, soprattutto attraverso la diffusione dell’intelligenza artificiale, un solido ecosistema di startup e l’infrastruttura 5G. L’Italia, con la sua forte base industriale e le sue tecnologie avanzate, sta puntando sull’energia pulita, sulle pratiche sostenibili e sulla digitalizzazione per stimolare la crescita economica e la resilienza e può contribuire ad aumentare la competitività dell’ASEAN. Poiché i Paesi ASEAN continuano a dare priorità alla resilienza e all’innovazione, i settori ad alta tecnologia come quello spaziale offrono un supporto fondamentale per garantire la continuità aziendale, la stabilità regionale e la cooperazione in un settore altamente strategico. L’Italia, rinomata per le sue competenze in materia di tecnologia avanzata e ricerca, ha molto da contribuire alla crescita dell’ASEAN in questi settori. Il potenziale per i progetti congiunti, il trasferimento di tecnologia e la condivisione delle conoscenze è significativo e offre a entrambe le regioni vantaggi unici di collaborazione. Non a caso, proprio nelle scorse settimane si è concluso con un evento presso la sede dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) a Roma il progetto ASEAN-Italy Cooperation Initiative on Space and Smart Technologies. L’iniziativa, finanziata dal Ministero degli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale, Direzione Generale per la Mondializzazione e le Questioni Globali, rientra nel quadro formale della partnership stipulata tra il MAECI e il Segretariato ASEAN e denominata ASEAN-Italy Development Partnership (2022-2026). E mira tra le altre cose a creare opportunità di business, aumentare la presenza internazionale, migliorare la conoscenza scientifica sulla base di esperienze condivise, best practices e lessons learned. 

Nuovo slancio al libero scambio Indonesia-UE

Le amministrazioni entranti a Bruxelles e a Giacarta offrono la speranza di un progresso nei negoziati

Dopo quasi un decennio di negoziati, la proposta di un accordo di libero scambio tra Unione europea e Indonesia potrebbe farsi più realizzabile. È quanto sostiene Alif Alauddin in un’analisi pubblicata su The Diplomat. L’Indonesia mira infatti concludere i negoziati sotto l’amministrazione del nuovo Presidente Prabowo Subianto, entrato ufficialmente in carica domenica 20 ottobre. Allo stesso tempo, l’Unione Europea ha presentato una nuova squadra della Commissione Europea sotto il secondo mandato di Ursula von der Leyen, iniziato il 17 settembre. L’ultima tavola rotonda tra Bruxelles e Giacarta, svoltasi a luglio, ha dimostrato che le questioni ancora aperte sono in gran parte legate agli interessi interni di entrambe le parti, preoccupate di proteggere le industrie nazionali da eventuali svantaggi una volta che l’accordo entrerà in vigore. Dall’inizio dei negoziati nel 2016, l’UE è rimasta ferma nel far rispettare gli standard di sostenibilità, mentre l’Indonesia ha incontrato difficoltà nel soddisfare queste aspettative. “Entrambe le parti devono ora considerare in modo più ampio il cambiamento del panorama geopolitico”, sostiene The Diplomat, secondo cui Prabowo desidera cercare partner occidentali per il commercio e gli investimenti. Ciò include l’accelerazione degli sforzi per ottenere la certificazione ambientale, di sostenibilità e di governance (ESG) per i siti di estrazione del nickel, al fine di conformarsi agli standard di mercato dell’UE e degli Stati Uniti. L’ambizione di raggiungere una crescita economica annua dell’8% durante il suo primo mandato sarà in gran parte guidata dagli investimenti esteri, con particolare attenzione all’energia verde, alla produzione di veicoli elettrici, alla tecnologia avanzata e al settore dei servizi digitali. “L’insediamento di Prabowo dovrebbe quindi essere accolto dall’UE come un’opportunità per rilanciare i colloqui sull’accordo di libero scambio” si legge. “Allo stesso modo, garantire l’accesso al mercato indonesiano è una priorità della Commissione UE”, visto che Giacarta potrebbe aiutarla a diversificare le sue relazioni economiche, riducendo la dipendenza da Pechino. Peraltro, sottolinea the Diplomat, “rispetto all’imposizione di misure unilaterali come per dettare le condizioni sui principali prodotti indonesiani, un accordo di libero scambio può essere uno strumento più efficace di influenza esterna per soddisfare gli standard globali di sostenibilità”. 

Thailandia e Malesia in prima fila per i BRICS

Bangkok e Kuala Lumpur sono i primi due governi del Sud-Est asiatico ad aver manifestato interesse ad aderire al gruppo

Di Silvia Zaccaria

Con l’acronimo BRICS si intende il raggruppamento che comprende le economie emergenti Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Nel 2024 si sono uniti Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Solo i cinque Paesi membri originari costituiscono circa il 26% della superficie terrestre, il 30% dell’economia globale e il 43% della popolazione globale, dato in continua crescita. Così come i BRICS hanno tra i loro propositi l’obiettivo di riunire le economie del Sud Globale, anche l’ASEAN contribuisce allo sviluppo economico, sociale e culturale dei Paesi del Sud-Est asiatico, assicurandone la stabilità, favorendone la promozione economica, la riduzione della povertà e incoraggiando gli scambi tra Paesi con livelli economici e di sviluppo profondamente diversi. In virtù della sempre maggiore importanza economica e politica che i BRICS stanno conquistando, molti membri ASEAN, hanno espresso interesse più o meno concreto su una loro possibile entrata nel raggruppamento, già dal summit 2023 di Johannesburg. Il 28 maggio scorso, la Thailandia ha approvato la lettera che manifesta ufficialmente l’intenzione di aderire ai BRICS. Pronta a seguire la Malesia, il cui Primo Ministro Anwar Ibrahim ha espresso un forte interesse sul possibile ingresso. Anche l’Indonesia, che ha partecipato come ospite al Summit dei BRICS del 2023, tramite la Ministra degli Esteri Retno Marsudi ha affermato di essere in fase di valutazione dei possibili benefici derivanti dall’entrata nel gruppo. Da ultimo, anche il Vietnam ha asserito che prendendo in seria considerazione l’entrata nei BRICS. Paesi come la Thailandia e la Malesia puntano all’entrata nei BRICS per importanti obiettivi di crescita economica e sociale di interesse nazionale. Il governo di Bangkok ritiene che “l’adesione ai BRICS gioverebbe alla Thailandia sotto molti punti di vista, ad esempio accrescendo il suo ruolo sulla scena internazionale e aumentando le sue prospettive di essere uno dei responsabili della politica economica internazionale”.

“ASEAN way significa successo”

Il discorso di Thongloun Sisoulith, Presidente del Laos, in apertura del summit ASEAN di Vientiane

Quest’anno la Repubblica Democratica Popolare del Laos ha l’onore di assumere la presidenza dell’ASEAN per la terza volta dalla nostra adesione all’ASEAN il 23 luglio 1997. Ogni volta, abbiamo ricevuto un sostegno inestimabile e assistenza da parte della nostra famiglia ASEAN, dei partner del dialogo e delle nazioni amiche. L’ASEAN è definita dalla sua diversità. Nel corso della sua evoluzione, ha superato con successo numerose sfide, che hanno portato alla creazione della Comunità ASEAN nel 2015. Oggi, l’ASEAN è casa di quasi 700 milioni di persone, il che la rende la terza economia più grande in Asia e la quinta  a livello mondiale. Le proiezioni indicano che l’ASEAN diventerà la quarta economia mondiale entro il 2030. Nel prossimo futuro, l’ASEAN comprenderà tutte le nazioni del Sud-Est asiatico con l’adesione di Timor Est come membro a pieno titolo, riaffermando la sua diversità e creando allo stesso tempo nuove opportunità per le sue relazioni esterne. I risultati conseguiti dall’ASEAN nel corso degli anni hanno apportato benefici tangibili alle persone, riflettendo le aspirazioni, le intenzioni, l’unità e la solidarietà condivise della regione in mezzo alla diversità. Questi risultati dimostrano ulteriormente che la cooperazione, guidata dall’ASEAN way, risuona con l’obiettivo condiviso di mantenere e promuovere la pace, la stabilità, e uno sviluppo socioeconomico sostenibile. Gli ambienti regionali e internazionali stanno attraversando una fase rapida e complessa di cambiamenti e nuove sfide. In questo contesto, l’ASEAN deve continuare a sostenere la sua causa comune di pace, stabilità e sviluppo sostenibile, così come il suo impegno per un multilateralismo basato sull’uguaglianza e sul vantaggio reciproco. La RDP del Laos ha costantemente perseguito una politica estera di “pace, indipendenza, amicizia e cooperazione”. La RDP del Laos è orgogliosa di essere un membro della famiglia ASEAN, i cui risultati, comprese le sue fiorenti relazioni esterne, hanno contribuito in modo significativo allo sviluppo socio-economico del nostro Paese. Sotto il tema “ASEAN: Enhancing Connectivity and Resilience”, questa presidenza si allinea con all’obiettivo di promuovere la connettività e la resilienza, e mostra la nostra aspirazione a trasformare il Laos da un Paese senza sbocco sul mare in un hub regionale dotato di connettività internazionale. Credo fermamente, con la lunga tradizione di cooperazione e sostegno reciproco all’interno della famiglia ASEAN e dai nostri partner esterni, che il summit e i vertici correlati di questi giorni saranno un grande successo.